La Via Crucis dell’Erede.
Davide Casaleggio arriva a Roma furioso, ma nello stesso tempo sa di
essere debole. La prima tappa è a Palazzo Chigi per parlare con il
premier Giuseppe Conte, il quale però quasi tutti i giorni sente Beppe
Grillo, che a sua volta ha interrotto da tempo le comunicazioni con il
figlio del co-fondatore. La geografia M5s sta mutando e Casaleggio prova
a dimostrare che al timone c’è ancora lui, portando a Conte quello che è
il testamento identitario lasciato da Gianroberto Casaleggio per M5s:
democrazia diretta, beni comuni e soprattutto niente alleanze.
Conte
lo riceve. Parlano per un paio d’ore. I rapporti di forza sono
platealmente mutati e infatti è stato Davide Casaleggio a chiedere un
incontro all’ex avvocato del popolo. I due fino ad ora non avevano mai
parlato faccia a faccia così a lungo. Ma il figlio del co-fondatore è in
una fase di estrema difficoltà, tanto che i parlamentari reagiscono in
malo modo: “A che titolo va a parlare da Conte?”.
Quasi tutti nei
gruppi parlamentari gli hanno voltato le spalle e lo dimostra il fatto
che molti pentastellati non stiano più versando da mesi il contributo
alla piattaforma Rousseau. Ma quello che temono di più è l’azione
destabilizzatrice che sta facendo l’Erede sul Movimento in questa fase:
“Vuole rompere con il Pd”, dicono molti di loro. E in questo –
aggiungono – si sente figlio di suo padre, che la sinistra storica non
l’ha mai potuta sopportare. Ma proprio perché debole, il figlio del
co-fondatore prova a riprendersi il Movimento che negli ultimi tempi gli
è sfuggito di mano. Mentre domani incontra Luigi Di Maio, per capire
bene da che parte sta.
Casaleggio inizia il suo cammino, non privo
di insidie, chiedendo un incontro al premier, ufficialmente per parlare
del piano che porta il nome del padre, Gianroberto, ma il discorso
finisce inevitabilmente anche sulle elezioni regionali. Il presidente
del Consiglio nei giorni scorsi aveva espresso la necessità di
un’alleanza Pd-M5s anche sui territori, parole che non sono andate giù a
Casaleggio che a differenza di Grillo, il quale con Conte è in ottimi
rapporti, ritiene che i grillini debbano correre da soli alle elezioni
regionali di settembre. Oggi Conte ha in parte corretto il tiro,
chiarendo che non ha intenzione di interferire o “forzare la mano” sulle
regionali ma che spera che si dia continuità al progetto di governo
anche a livello locale.