Archive for Luglio, 2020

Il cambio di passo inciampa sulla Libia

martedì, Luglio 7th, 2020

Contrordine compagni, la parentesi aperta da Zingaretti – il “cambio di passo”, la concretezza, la “svolta” – è stata già chiusa da Franceschini: Conte è bravo, bravissimo, dunque bene così, anzi non è neanche un tabù discutere la riduzione dell’Iva, considerata, fino a qualche giorno dal Pd, sia al Tesoro che al Nazareno, una specie di bestemmia. E l’alleanza con i Cinque Stelle è strategica, serve solo, dopo un anno di Governo assieme, un “surplus di riflessione”, se sulle Regionali le forze che si sono messe insieme per arginare Salvini, e con esso la minaccia fascista, non trovano un accordo nemmeno davanti a un candidato nostalgico della marcia su Roma. E non lo trovano neanche in Liguria, la terra del capo morale dei Cinque Stelle e del vicesegretario del Pd.

Si riparte così, con l’orizzonte schiacciato sulla quotidianità di una verifica iniziata a gennaio e mai conclusa, ripartita dopo la grande emergenza e ancora in corso, con la solita riunione sui decreti Sicurezza prevista per giovedì, il cui cambio era stato dato per imminente tre settimane fa e un’incidente annunciato sul capitolo “immigrazione”. Già, perché domani approda in Senato il decreto per il rifinanziamento delle missioni internazionali. E sul capitolo Libia un pezzo di maggioranza chiederà il voto per “parti separate”, perché contraria agli accordi di cooperazione vigenti: non solo Leu, ma c’è un pezzo di Pd e dei Cinque stelle che già in commissione ha espresso la sua indignata contrarietà al rifinanziamento dei “trafficanti di esseri umani”, ovvero la Guardia costiera libica al centro di inchieste giornalistiche e giudiziarie.

È dunque probabile che, quantomeno su questo specifico capitolo, si manifesterà un dato politico non irrilevante. E cioè che, senza centrodestra, non c’è maggioranza, proprio su uno dei temi più delicati dell’azione di Governo. E non c’è maggioranza perché non c’è una “politica”, una “strategia complessiva sull’immigrazione”, per parafrasare, vox clamantis in deserto l’ex ministro Minniti, uno che aveva sia una strategia sia un certo polso. Questo accade proprio nel momento in cui sarebbe ancora più urgente coniugare la tutela della salute e il principio di solidarietà, a meno che non si consideri una visione riempire il Mediterraneo di navi quarantena. O procedere col “modello” Ocean Viking, arrivata oggi – proprio oggi alla vigilia del voto in Parlamento, singolare coincidenza – a porto Empedocle dopo una decina di giorni di peregrinazioni, con 180 migranti salvati in acque internazionali cui non è stato assegnato un porto sicuro. Diciamoci la cose come stanno: con Salvini al Viminale, sarebbero saliti a bordo in nome delle esigenze umanitarie gli stessi che oggi volgono lo sguardo da porto Empedocle per ragioni di governo.

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Nastri d’argento, il miglior film è ‘Favolacce’. Sei premi a ‘Pinocchio’. Benigni: “Ennio quanto ci mancherai”

martedì, Luglio 7th, 2020

di CHIARA UGOLINI

“Grazie maestro per essere stato la colonna sonora della nostra vita e aver portato la magia nelle nostre case”, inizia così il monologo di Anna Ferzetti che dà l’avvio alla serata dei Nastri d’argento, la festa del cinema italiano con i riconoscimenti assegnati dal Sindacato Nazionale giornalisti cinematografici, che è dedicata al Maestro Ennio Morricone, morto oggi all’età di 91 anni. I giornalisti cinematografici lo hanno voluto ricordare attraverso le parole con le quali Morricone concluse lo scorso 11 gennaio la cerimonia per il premio alla carriera ricevuto in Senato: “Io credo che la prossima stagione sarà bellissima”. Parole che tanto più in questa stagione e in questa serata sono il migliore augurio per il cinema italiano.

‘Favolacce’ vite di periferia nel secondo film dei gemelli D’Innocenzo


Il miglior film di questa edizione così particolare è Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo (già premiato a Berlino per la sceneggiatura), mentre Pinocchio di Matteo Garrone ottiene il riconoscimento per la regia insieme al premio per l’attore non protagonista (Roberto Benigni), per la scenografia (Dimitri Capuani), il montaggio (Marco Spoletini), il sonoro (Maricetta Lombardo) e i costumi di Massimo Cantini Parrini che riceve il premio anche per Favolacce. E il primo che riceve il Nastro è Roberto Benigni che arriva al Maxxi ridendo: “un premio magnifico – dice l’attore – un premio inaspettato e graditissimo. Voglio fare un omaggio agli altri attori non protagonisti, dedico questo premio – nel giorno triste della scomparsa di chi ha reso squillante il suo dell’Italia nel mondo, un vero genio e regolatezza. Ennio quanto ci mancherai –  a tutti coloro che hanno sofferto per questo momento difficile con l’uso delle mascherine, le maestranze e tutti i lavori che hanno avuto dolore che spero finirà”. Una menzione speciale anche per Federico Ielapi, il giovanissimo protagonista del film di Matteo Garrone: “era come un sogno che si realizzava, non ti capita tutti i giorni di vivere una storia come quella di Pinocchio”. Garrone ha inviato un video dall’estero in cui ha ringraziato per il premio e si è augurato “che il pubblico torni a vedere i film sul grande schermo”.

‘Pinocchio’, il trailer del nuovo film di Matteo Garrone

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Salvini: “Candidarmi a sindaco di Milano? A fine carriera sicuramente sì”. Sala: “Se mi ripresento non mi preoccupo degli avversari”

martedì, Luglio 7th, 2020

“Candidarmi sindaco di Milano? Alla fine della mia carriera ci penserò, assolutamente”. E’ uno dei tormentoni milanesi degli ultimi mesi (ma forse anche degli ultimi anni): e se a candidarsi a Palazzo Marino, per riportare il governo della città al centrodestra, fosse proprio il leader della Lega Salvini, che in consiglio comunale a Milano è politicamente nato negli anni Novanta? A margine di un incontro con la federazione degli autotrasportatori a Milano, il segretario della Lega ha sottolineato l’intenzione per la Lega di riprendere la guida della città, dopo “l’immobilismo” della giunta attuale del sindaco Beppe Sala. “Adesso ho voglia di riprendere per mano questo Paese” ha aggiunto spiegando “siccome prima o poi ci dovranno far votare a livello nazionale, c’è bisogno di concretezza. Stiamo preparando la squadra. La via maestra sono le elezioni, speriamo che questo governo tolga il disturbo il prima possibile”.

Milano, Salvini e la corsa a sindaco: “Io candidato? A fine carriera, se i milanesi vorranno”

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Btp Futura, conviene? Cos’è, durata e rendimento del titolo di Stato anti Covid

martedì, Luglio 7th, 2020

Roma – Parte con il botto il Btp Futura, il nuovo titolo di Stato dedicato ai piccoli risparmiatori che servirà a finanziare la ripresa post Covid-19. Nelle prima giornata di offerta sono stati superati i due miliardi di euro. Come aveva spiegato nei giorni scorsi Davide Iacovoni, responsabile della Direzione Debito pubblico del ministero dell’Economia, “i proventi saranno interamente destinati a finanziare le diverse misure previste per il post Covid”. Ecco i dettagli della nuova emissione.

Che cos’è

Il Btp Futura è un titolo di Stato annunciato nell’aggiornamento delle Linee Guida per la gestione del debito pubblico 2020 di aprile, per diversificare l’offerta dei titoli del debito. L’emissione è rivolta al retail, cioè al pubblico dei piccoli risparmiatori (dunque non agli investitori istituzionali). Avrà una scadenza decennale.

​Caratteristiche e tassi

Il collocamento andrà avanti fino a venerdì 10 luglio, salvo chiusura anticipata (ma solo dopo il terzo giorno). Tra le caratteristiche che la differenziano da altre emissioni di Btp, le cedole step up, cioè cedole nominali semestrali calcolate sulla base di tassi prefissati e crescenti nel corso del tempo. Queste saranno pagate con cadenza semestrale e il calcolo avverrà sulla base di un tasso cedolare fisso per i primi 4 anni, che aumenterà una prima volta per i successivi 3 anni e una seconda volta per gli ultimi 3 anni. I tassi minimi garantiti di questa prima edizione: 1,15% dal primo al quarto anno, 1,30% dal quinto al settimo, 1,45% dall’ottavo al decimo.

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I difficili rapporti con gli Stati Uniti

martedì, Luglio 7th, 2020

di Angelo Panebianco

Facciamo l’ipotesi che Trump perda le prossime elezioni presidenziali e che alla Casa Bianca si insedi un’amministrazione democratica guidata da Joseph Biden. Non è sicuro. Però è possibile. In tal caso, riapparirebbe il sereno nei rapporti fra Europa e Stati Uniti? Le due sponde dell’Atlantico tornerebbero ad avvicinarsi? In parte, sicuramente sì: Trump ha antagonizzato a tal punto i governi e le opinioni pubbliche del Vecchio Continente che una sua uscita di scena avrebbe l’effetto immediato di riconciliare molti europei con l’America. Ma in parte forse no. Di sicuro, non avrebbe effetti su quel segmento del mondo europeo che ha sempre coltivato l’antiamericanismo. Il problema è: con un Biden alla Casa Bianca quale spazio politico potrebbe avere la «storica», antica, ostilità nei confronti degli americani presente in certi settori delle elite (non solo politiche ma anche culturali, della comunicazione, eccetera) europee? Le suddette elite avrebbero ancora — una volta estromesso Trump — margini di manovra sufficientemente ampi per influenzare in senso antiamericano porzioni rilevanti dell’opinione pubblica?

I risultati dei sondaggi non vanno scambiati per oro colato ma offrono comunque indizi utili per chi voglia interpretare le tendenze in atto. Si consideri, ad esempio, un sondaggio Gallup effettuato (in epoca pre-Trump) nel corso del 2012 e del 2013 in molti Paesi europei ed extraeuropei. Quel sondaggio registrava il forte declino, sia rispetto ai tempi della Guerra fredda che rispetto al primo decennio del nuovo secolo, della fiducia e del consenso delle opinioni pubbliche nei confronti delle politiche degli Stati Uniti. Le opinioni pubbliche percepivano il declino di potenza, sia pure relativo, degli Usa. Era ancora in atto la crisi economico-finanziaria iniziata nel 2007 e pesavano le non-vittorie statunitensi in Afghanistan e in Iraq. Succede sempre così: quando una potenza egemone si indebolisce il consenso di cui ha in precedenza goduto si assottiglia vistosamente.

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Non mangiate le marmotte

martedì, Luglio 7th, 2020
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di   Massimo Gramellini

Perché l’estate si è portata via la paura? Le spiagge registrano ammucchiate di corpi degne di un raduno hippy del secolo scorso e i pochi asociali che si ostinano a indossare la mascherina lo fanno per timidezza, avendo cura di non coprirsi troppo il naso. Persino il famigerato doppio bacetto di saluto sulle guance, la cui scomparsa sembrava una delle poche conquiste felici di quest’anno disgraziato, sta tornando alla ribalta come gesto trasgressivo. E sì che nel mondo i contagi non sono mai stati tanto alti, in Mongolia è addirittura tornata la peste bubbonica (con il conseguente divieto di mangiare le marmotte) e in Italia i litigi nel Pd. Ogni giorno i virologi aumentano la dose, disegnando scenari da incubo: quello di ieri descriveva un Covid col turbo capace di sfrecciare nell’aria senza autovelox. Per molto meno, a marzo ci saremmo nascosti dentro un armadio. Adesso non funzionano nemmeno le minacce di Zaia contro gli sciagurati che violano «l’isolamento fiduciario», altra espressione strepitosa della neolingua del virus.

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Riapertura scuole a settembre, test sierologici a docenti e bidelli: «In 15 giorni due milioni di esami»

martedì, Luglio 7th, 2020

di Fiorenza Sarzanini

Prima dell’inizio dell’anno scolastico gli insegnanti e il personale dovranno effettuare il test sierologico. A due settimane dall’avvio delle lezioni in tutti gli istituti italiani sarà necessario effettuare le analisi e chi risulterà positivo sarà sottoposto al tampone.

È questa l’indicazione che il Comitato tecnico scientifico ha consegnato al governo. La scelta finale per far ripartire in sicurezza uno dei settori fondamentali del Paese. Già nelle scorse settimane — quando era stata ventilata la possibilità di effettuare controlli sanitari su docenti e impiegati — il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la titolare dell’Istruzione Lucia Azzolina e quello della Salute Roberto Speranza, ne avevano condiviso la necessità. Adesso si dovrà prendere la decisione finale, ma appare scontato che si procederà con uno screening a tappeto sui dipendenti. Tanto che il commissario Domenico Arcuri sarebbe già pronto ad attivare la gara d’appalto per la fornitura di due milioni di test.

Diversa l’indicazione sugli studenti: secondo gli scienziati le verifiche dovranno essere fatte «a campione» durante il corso di tutto l’anno. Ora si dovranno mettere a punto i dettagli del piano suggerito dal Cts, ma nella proposta che sarà formalizzata in queste ore molti punti sono già stati affrontati .

Test in 15 giorni

Secondo gli esperti è necessario che gli accertamenti vengano effettuati a ridosso dell’avvio dell’anno scolastico per avere la garanzia che al momento di entrare in classe non ci siano problemi. Si spera che a settembre la morsa del Covid-19 possa essersi ulteriormente allentata, ma il rischio che un insegnante o un dipendente positivo possa trasmettere il virus o addirittura creare un focolaio rimane alto. E dunque si dovrà procedere per tempo. Gli scienziati ritengono indispensabile che tutti siano sottoposti al test sierologico che fornisce risposta quasi immediata. Per chi risulterà positivo, si procederà con il tampone e, in caso di conferma, scatterà la quarantena.

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Morricone, il ricordo di Benigni: «La semplicità del genio, Ennio quanto ci mancherai»

martedì, Luglio 7th, 2020
L’omaggio dell’attore ai Nastri d’Argento | CorriereTv
«È un giorno triste per il cinema. Dedico questo premio a Ennio Morricone, colui che ha reso squillante il suono dell’Italia nel mondo». Lo ha detto Roberto Benigni ritirando al Maxxi di Roma il Nastro d’oro come miglior attore non protagonista con «Pinocchio» di Garrone. «Era genio vero e regolatezza, una persona precisa e ordinata – ha aggiunto il premio Oscar -. Va a lui il mio pensiero». Benigni ha quindi dedicato il premio a coloro che hanno sofferto per la pandemia, in particolare «a tutte le maestranze del cinema che non hanno potuto lavorare e a tutti quelli che hanno passato un momento di dolore che abbiamo sopportato tutti insieme e che presto finirà, spero»
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Semplificazioni, dal Cdm via libera “salvo intese” al decreto | Ok anche al Programma nazionale di riforma

martedì, Luglio 7th, 2020

Dopo un vertice andato avanti tutta la notte, il Consiglio dei ministri ha approvato “salvo intese” il testo del decreto Semplificazioni. Fonti di governo precisano che si tratta di “intese tecniche”, non politiche. Via libera anche al Programma nazionale di riforma, al disegno di legge di assestamento di Bilancio e al Rendiconto dello Stato. Opere prioritarie, ferroviarie e stradali potranno essere commissariate con appositi dpcm fino a dicembre.

Fino all’ultimo hanno tenuto banco le divergenze sulle deroghe alle norme sugli appalti e anche sulle opere pubbliche da affidare a commissari, nonché sull’abuso d’ufficio, su cui Iv esprime la sua riserva, e su norme come quella dell’interoperabilità dei dati, su cui discutono i ministri Pisano e Gualtieri. I grandi nodi alla fine, assicurano più fonti di governo lasciando Palazzo Chigi, vengono sciolti: il “salvo intese” riguarda pochi aspetti “tecnici”. 

L’elenco delle opere da sbloccare non entra nel dl Ma la discussione sulle opere da sbloccare sembra destinata a tenere ancora banco, anche perché l’elenco – che dovrebbe includere tra le 40 e le 50 opere – non entra nel testo del decreto e ci sarà comunque tempo fino a fine anno per nominare i commissari. Una prima intesa ci sarebbe, ma la lista compare solo nel piano Italia veloce del ministero delle Infrastrutture, che è un allegato al Pnr.

Ok anche al Piano nazionale di riforma Il Cdm notturno, lungo in tutto sei ore, dà il via libera al Programma nazionale di riforma, con le direttrici che il governo seguirà nei prossimi mesi, e anche al ddl di assestamento di bilancio e al rendiconto dello Stato. Ma è sul testo del dl Semplificazioni, di una cinquantina di articoli e lungo quasi 100 pagine, che il governo fa nottata: quattro ore di discussione articolo su articolo. Il premier Giuseppe Conte ottiene il via libera a quella che considera “la madre di tutte le riforme” e che nei prossimi giorni illustrerà ai partner europei nei contatti in vista del Consiglio Ue sul Recovery fund.

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Ennio Morricone e la moglie Maria: «Con lei una storia lunga 70 anni: la convinsi quando era in ospedale…»

lunedì, Luglio 6th, 2020

di Aldo Cazzullo

Ennio Morricone e la moglie Maria: «Con lei una storia lunga 70 anni: la convinsi quando era in ospedale...»

Dalle finestre della sua casa di un tempo, tra il ghetto e il Campidoglio, si sentiva il rumore del traffico di Roma: ogni clacson, ogni sgommata. Quando il frastuono si faceva insopportabile, Ennio Morricone si sedeva al pianoforte, e iniziava a suonare, a comporre, a cercare le sue musiche. Non aveva perso l’accento di Trastevere, dov’era nato novantuno anni fa. Ma era un romano di una volta: cortese, disponibile, semplice.
«Sono cattolico, votavo Dc, ma ho sempre considerato Gesù il primo comunista – diceva -. Mi sento dalla parte dei poveri, anche se ho una bella casa; ma i soldi non li ho rubati…».

Nei suoi ricordi c’era quasi un secolo di storia italiana: «Nella mia famiglia, il fascismo non l’abbiamo vissuto come un dramma. Però quando il Duce annunciò la dichiarazione di guerra mia madre, che lo ascoltava alla radio, scoppiò in lacrime, e io con lei. Mio padre suonava la tromba. Non eravamo poveri, ma con la guerra arrivò la fame: i surrogati, il pane appiccicoso, la mollica che sembrava colla. Mio zio aveva una falegnameria, e io impolveratissimo andavo con il triciclo a prendere sacchi di trucioli per portarli dal fornaio: ogni dieci sacchi, un chilo di pane. Le notizie arrivavano come attutite. Al mattino studiavo al conservatorio, la sera suonavo la tromba per gli ufficiali tedeschi, riuniti al Florida di via Crispi, a ballare i valzer di Strauss con le ragazze romane. Un giorno in piazza Colonna incontrai un prete partigiano, don Paolo Pecoraro, che mi disse: tra poco ne sentirete delle belle. Seguì un botto. Era la bomba di via Rasella». Poi arrivarono gli americani; «e suonavo per loro negli alberghi di via Cavour. Non ci davano soldi ma cibo – pane bianco, cioccolata, anche pietanze cucinate – e sigarette; io non fumavo, rivendevo le sigarette e portavo i soldi a casa. La notizia della morte del Duce mi lasciò indifferente. Però quando vidi le sue foto, appeso al distributore di piazzale Loreto, mi commossi. Piansi anche per il re, quando perse il referendum e fu costretto all’esilio. Certo, sapevo che Vittorio Emanuele III se l’era squagliata, ma per me la monarchia era l’Italia del Risorgimento, che finiva per sempre».

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