Archive for Settembre 14th, 2020

COMUNICATO STAMPA – 14 SETTEMBRE FESTE DI SETTEMBRE LANCIANO

lunedì, Settembre 14th, 2020

Nessun fuoco di apertura, grande apprezzamento per gli appuntamenti alle Torri Montanare

E da stasera al via 3 giorni di concerti

LANCIANO (14/09/20) – Come annunciato, non c’è stato alcuno sparo, né dalla Torre civica, né dall’area dell’Ex Ippodromo o qualsiasi altro luogo, da parte del Comitato Feste di Settembre 2020.

A chiarirlo è il presidente Maurizio Trevisan, dopo alcuni rumors relativi a degli spari sentiti nella notte tra il 13 e 14 settembre, tradizionalmente dedicata all’Apertura delle Feste di settembre.

“Come annunciato nei giorni scorsi – sottolinea Trevisan – avremmo voluto organizzare uno sparo, seppur simbolico, alle 4 di mattina, ma a seguito del diniego da parte della Questura cittadina, abbiamo dovuto rinunciare”.

Quelli avvertiti, probabilmente, sono stati fuochi d’artificio ‘casalinghi’, organizzati da qualcuno privatamente.

A caratterizzare la serata di ieri, 13 settembre, sono stati invece i due appuntamenti alle Torri Montanare: il professor Remo Rapino, accompagnato dalla professoressa Paola Marrocco, ha presentato il suo libro, premio Campiello, “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”; mentre l’associazione cinema “Ameno” e Silvio Luciani hanno proiettato il corto “Cuore Italiano”. Nel cast degli attori protagonisti, oltre ai noti Simone Montedoro, Matteo Carlomagno ed al giovane Giovanni Pelliccia, l’attrice Lancianese Chiara Tascione, ed altri due abruzzesi nel cast tecnico come Silvio Luciani per il parrucco e Marika Zinni per il trucco. Entrambi gli appuntamenti, sold out, hanno ricevuto grandissimo apprezzamento dal pubblico presente.

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Silvio Berlusconi dimesso dal San Raffaele dove era ricoverato per Covid: «La prova più difficile»

lunedì, Settembre 14th, 2020

«È stata la prova più difficile e lo dico con emozione. Grazie alla professionalità dei medici». Sono state queste le prime parole di Silvio Berlusconi, dimesso questa mattina intorno alle 11.30 dal San Raffaele di Milano. L’ex premier era ricoverato nella struttura dalla notte di giovedì 3 settembre dopo essere risultato positivo al test Covid-Sars2. Resterà in isolamento, secondo quanto apprende l’Ansa, probabilmente nella sua residenza di Arcore, fino a quando non avrà un secondo tampone negativo.

Berlusconi «ha dato grandi soddisfazione e credo abbia personalmente contribuito a dimostrare che, segendo delle regole codificate e precise, riusciremo ad avere ragione del virus e riusciremo a rasserenare tutti, visto che c’è molta ansia e preoccupazione», aveva detto domenica sera Alberto Zangrillo, responsabile dell’Unità operativa di Terapia intensiva generale e cardiovascolare del San Raffaele e medico personale dell’ex premier, in collegamento con L’Aria che tira su La7.

CORRIERE.IT

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Coronavirus: nel mondo 307mila casi nelle ultime 24 ore, mai così tanti | Oms: “Autunno sarà duro, morti saliranno”

lunedì, Settembre 14th, 2020

Nuovo record di positivi di coronavirus a livello globale: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i positivi sono stati 307.930 nelle ultime 24 ore, il livello più alto in assoluto. Allo stesso tempo, riporta l’Oms, vi sono stati oltre 5.500 nuovi decessi, per un totale di 917.417 vittime. Nel mondo i casi confermati si avviano verso quota 29 milioni. Il precedente picco era stato il 6 settembre con 306.857 nuovi casi. Coronavirus, da Wuhan a Londra: la riapertura delle scuole nel mondo

Coronavirus, da Wuhan a Londra: la riapertura delle scuole nel mondo

Dal Canada alla Francia passando per Londra e per Wuhan, epicentro della pandemia di coronavirus. Gli studenti di molti Paesi sono tornati a scuola tra mascherine e distanze di sicurezza da rispettare per le norme Covid. In alcune classi, tra i banchi, sono apparsi i plexiglass divisori mentre in altre parti del mondo, come in Russia, viene misurata la temperatura agli alunni. 

Nuovo record di positivi di coronavirus a livello globale: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i positivi sono stati 307.930 nelle ultime 24 ore, il livello più alto in assoluto. Allo stesso tempo, riporta l’Oms, vi sono stati oltre 5.500 nuovi decessi, per un totale di 917.417 vittime. Nel mondo i casi confermati si avviano verso quota 29 milioni. Il precedente picco era stato il 6 settembre con 306.857 nuovi casi.

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Italia in ritardo sul Recovery. Piano ancora tutto da scrivere

lunedì, Settembre 14th, 2020

Lodovica Bulian

Gli altri Paesi corrono. Sul Recovery Fund la Francia, che otterrà solo un quarto dei fondi invece destinati all’Italia, ha già le idee chiare.

E le cifre. Il «France Relance», il piano nazionale di ripresa, è già stato presentato. Si tratta di 100 miliardi di cui 50 provenienti dal fondo europeo. Il presidente Emmanuel Macron ha deciso di destinare 30 miliardi alla transizione green, 35 miliardi per la competitività delle imprese e 35 per la cessione sociale. Ed è «il piano più ampio presentato finora in Europa», ha detto anche il primo ministro, Jean Castex.

In Italia invece per ora il Recovery Fund si è materializzato in sole ventotto pagine inviate al Parlamento. Non contengono «il piano», ma delle linee guida sul «piano» e su come utilizzare i 209 miliardi messi a disposizione dall’Unione europea. Non ci sono i progetti – finora si parla di almeno 600 idee esistenti – che dovranno essere inviati a gennaio a Bruxelles, condizione per accedere concretamente ai fondi. Ci sono invece i criteri in base ai quali andranno individuati i programmi su cui investire: si dice solo che genericamente non avranno semaforo verde quelli «storici che hanno noti problemi di attuazione pur avendo già avuto disponibilità di fondi». Saranno finanziati solo quelli di «rapida attuazione». La tabella di marcia prosegue per ora a rilento, nonostante i moniti arrivati dallo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha già invitato a fare presto: «I cittadini vivono con ansia e incertezza questo momento. Il processo di approvazione del Recovery fund deve proseguire con la più grande rapidità per rendere le risorse disponibili già all’inizio del 2021, e velocemente piani nazionali di rilancio. Si tratta di una possibilità unica e forse irripetibile di interventi per assicurare prosperità».

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Franco Bruni: “Il potere economico mondiale vuole un ritorno dell’inflazione. Attenti, colpisce pensionati e dipendenti”

lunedì, Settembre 14th, 2020

Tornerà l’inflazione? E per chi sarà un bene e per chi invece un male? In questi giorni molti operatori tornano a interrogarsi sulla possibilità che dopo tanti anni di tassi a zero o sottozero e di prezzi stabili o calanti, possa ricominciare la giostra dell’inflazione. Ad accendere la miccia è stato il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che ha reso nota la nuova politica della banca centrale americana: lasciare che nei prossimi mesi o anni l’inflazione salga oltre il limite considerato fisiologico, ovvero il 2 per cento, senza intervenire: E già le aspettative degli operatori, misurate da precisi indici (il 5-Year5-Year Forward Inflation Expectation Rate, che misura le attese a 5 anni), sono cresciute sia in Usa che in Europa. “Sembra quasi che tutti attendano che torni l’inflazione per risolvere se non tutti, molti problemi”, spiega in questa intervista Franco Bruni, professore emerito all’Università Bocconi di Milano e vicepresidente dell’Ispi. “Ma l’inflazione è una brutta bestia, soprattutto quando – come dimostrano le esperienze del passato – se ne perde il controllo, cosa che in certe circostanze può avvenire facilmente. Eppure ci sono molte forze potenti nel mondo che spingono per questa soluzione, ma diciamolo con chiarezza: la maggior parte dei comuni cittadini avrebbe soltanto da perdere da un’inflazione accentuata, superiore al 2-3 per cento, che infatti è il limite che si sono date le banche centrali Usa ed europee”.

Professor Bruni, quali sarebbero le potenti forze che spingono per il ritorno dell’inflazione?

“Tutti i grandi debitori, il cui debito in termini reali diminuirebbe automaticamente se i prezzi aumentassero. Per fare un esempio semplice, se faccio un debito di 100 e dopo un anno il potere di acquisto di 100 euro si è svalutato del 5 per cento, perché i prezzi sono del 5% più alti, come debitore sono contento. Ovviamente i creditori no. I grandi debitori sono tutti i governi, che tra l’altro adesso hanno anche dovuto ulteriormente aumentare il loro debito pubblico per far fronte al Covid; e molti intermediari bancari e finanziari. Insomma, come vede, tutti i grandi protagonisti del potere economico mondiale”.

Se governi e finanzieri in tutto il mondo sono così interessati all’inflazione, perché in questi anni i prezzi sono rimasti sostanzialmente fermi? Eppure le banche centrali, comprese la Federal Reserve e la Bce, ci hanno provato in tutti i modi in questi anni, abbassando i tassi e immettendo liquidità nel mercato per aiutare un’economia tendenzialmente stagnante e far rialzare l’inflazione.

“Essendo stati anni di crescita difficile, i prezzi non sono saliti come ci si poteva attendere, come le banche centrali desideravano. L’associazione fra crescita e inflazione non è più come una volta. Anche per questo si sono rivelate inutili tutte le mosse delle banche centrali che anzi hanno creato altri problemi”.

Cos’è cambiato?

“Ci sono almeno due fattori che hanno modificato lo scenario. La globalizzazione è il primo. Glielo spiego molto semplicemente: è difficile far salire i prezzi da una parte del mondo se qualcuno, da un’altra parte, li fa scendere. L’inflazione è diventata un fenomeno mondiale, poiché tutti importano ed esportano nel mondo. Se ci sono cause specifiche d’inflazione in un paese o in un’area, l’interconnessione mondiale le smussa rapidamente. Faccio un esempio: se l’area Euro riuscisse a far salire i prezzi, basterebbe la loro discesa nell’Europa dell’Est a smussare l’inflazione”.

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C’è voglia di rimpasto anche in M5s

lunedì, Settembre 14th, 2020

“Se non vogliamo crollare dobbiamo cambiare radicalmente”. Sono le parole di un esponente di governo del Movimento 5 stelle a far scattare il segnale che qualcosa in effetti si sta muovendo. Il tema è quello trito del rimpasto dopo le regionali, eppure qualcosa si sta chiaramente muovendo. Un suo collega, perennemente in linea di collisione con il primo, su questo concorda: “Non possiamo restare fermi, qualcosa andrà fatto”. Sono le parole del vicesegretario del Pd Andrea Orlando a scoperchiare il vaso di Pandora: “Credo che per il governo sia necessario fare un tagliando per affrontare una fase nuova – ha detto ai microfoni di Radio24 – Non escludo che dopo il voto possa esserci un effetto sull’assetto dell’esecutivo”.

Raccontano che ai dirigenti Dem che hanno affrontato l’argomento con Giuseppe Conte, il premier abbia risposto in modo abbastanza chiaro: salvaguardare la tenuta della maggioranza, ma nessun veto preventivo se questi dovessero essere i desiderata dei partiti. Che è un po’ quel che va pensando Dario Franceschini, per cui l’opzione è da considerarsi solamente se l’esito delle urne consentirà di governarla e gestirla, altrimenti significherebbe solo un’accelerazione verso il burrone.

Nel Pd le parole di Orlando sono accolte con un misto di veleni e manovre per il dopo. “Eh, certo, ci vuole entrare lui”, risponde un senatore. Che poi argomenta: “E’ rimasto l’unico a sostenere Zingaretti, vuole portare la discussione su quel terreno per disinnescare quella sul congresso”. Che è poi la lettura data dalla maggior parte dei Dem non di osservanza zingarettiana, mentre il segretario continua a negare che sia un suo obiettivo.

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Il voto negli Stati Uniti e l’America che serve all’Europa

lunedì, Settembre 14th, 2020
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di   Angelo Panebianco

Nelle elezioni il cui esito influenzerà i destini del mondo per molti anni a venire, niente appare più scontato man mano che avanza la campagna elettorale. Il candidato democratico Joe Biden è ancora in vantaggio (stando ai sondaggi) ma il presidente uscente Donald Trump è in recupero. Forse, almeno in parte, perché le rivolte urbane di questi mesi hanno spaventato molti elettori. Per aver chiaro quale sia la posta in gioco servono due premesse. La prima è che un europeo, posto di fronte alle elezioni statunitensi, dovrebbe solo chiedersi quale sia, per noi europei, l’esito migliore. Non lo comprendono, nel Vecchio Continente, né quelli che tifano Trump perché si sentono ideologicamente vicini a lui né quelli che gli preferiscono Biden per la stessa ragione. La seconda premessa è che chi apprezza l’ordine liberale (la democrazia rappresentativa, l’economia di mercato, le libertà civili) che vige nel mondo occidentale dalla fine della Seconda guerra mondiale è tenuto anche a sapere che quell’ordine può perpetuarsi soltanto se sono presenti certe condizioni culturali, sociali, economiche. Ma anche geopolitiche: le scelte future degli Stati Uniti influenzeranno le sorti dell’ordine liberale occidentale, contribuiranno alla sua perpetuazione oppure al suo dissolvimento. Qualcuno sostiene, con ragione, che, contrariamente a ciò che molti dicono, la politica estera (l’unica di cui qui mi occupo) di Trump non è solo un insieme di sbagli.

Ci sono ambiti nei quali Trump ha rimediato a errori del suo predecessore Barack Obama. Per esempio, il duro confronto di Trump con una Cina che per troppo tempo ha giocato a sfruttare (e gioca tuttora a sfruttare) le debolezze del mondo occidentale, non merita di essere trattato con disdegno: nel rapporto fra Occidente e Cina c’è un problema reale e Trump ha avuto il merito di sollevarlo e di agire di conseguenza. Sempre a merito di Trump si può citare la svolta in Medio Oriente su un crinale delicatissimo: il nuovo posizionamento degli Stati Uniti (che poi è un ritorno all’antico) rispetto alla divisione fra musulmani sunniti e sciiti. I suoi due predecessori — Bush con la guerra in Iraq che liberò la maggioranza sciita del Paese dalla tirannia di una minoranza sunnita, e Obama con il trattato sul nucleare con l’Iran — avevano scelto di dialogare con gli sciiti a scapito della più antica e tradizionale alleanza con il mondo sunnita. Valutato alla distanza, questo rovesciamento di alleanze non sembra avere generato i benefici che ci si poteva attendeva, non è servito a dare più stabilità alla regione né a mettere definitivamente fuori gioco il jihadismo sunnita. Né ha ridotto le minacce all’esistenza di Israele. Invece, la politica di Trump sembra aver dato alcuni importanti frutti: il più spettacolare riguarda il contributo alla normalizzazione dei rapporti fra Israele e gli Emirati arabi (cui si è aggiunto ora il Bahrein), un evento che può anticipare ulteriori avvicinamenti fra Israele e le potenze sunnite (Turchia esclusa). Nemmeno il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte di Trump, che tanto scandalizzò a suo tempo gli europei, ha impedito questa positiva evoluzione.

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Elezioni 2020, Zingaretti avverte gli alleati (e il Pd). Sale pressing per il rimpasto

lunedì, Settembre 14th, 2020

di ETTORE MARIA COLOMBO

Svolta nell’azione del governo, cui chiede “rigore assoluto” e che – come ha detto il suo vice, Andrea Orlando – si traduce con una parola: rimpasto. Basta con gli attacchi degli “alleati” (M5s e Iv). Appello, mai così netto e aperto, al voto disgiunto rivolto “agli elettori dei partiti alleati” (sempre M5s e Iv) per le Regionali. Infine, ciliegina sulla torta: “Altro che subalterni, combatteremo per il Mes“.

M5S: Di Maio strappa con Casaleggio

Il segretario dem, Nicola Zingaretti, chiude la Festa nazionale dell’Unità di Modena – davanti a un folto pubblico e al gotha dem – con un discorso forte, imperioso e che ad alcuni appare persino “un po’ disperato”. Come quell’autocritica sulla mancata innovazione e quell’invito ai giovani a “prendersi il partito”. Il Pd è a un bivio e la leadership di ‘Zinga’ pure: se il risultato delle Regionali sarà un pareggio (3 a 3), che per il Nazareno equivale a una vittoria (la tenuta, oltre che della Toscana ‘rossa’, della Puglia, oltre la Campania), il Pd alzerà la voce e chiederà, a Conte, di imprimere la sua di linea a un governo che, evidentemente, non decolla.

Se, invece, la sconfitta sarà di 4 a 2 o, peggio ancora, di 5 a 1 (con la rovinosa perdita della Toscana), lo stesso primato di Zingaretti dentro il partito potrebbe vacillare, messo a dura prova dai contestatori interni (Bonaccini, Gori) ed esterni (Saviano, le Sardine). Un congresso anticipato, a quel punto, diventerebbe inevitabile. Zingaretti lascerebbe, restando governatore del Lazio, e Orlando ne prenderebbe il testimone candidandosi in sua voce e sfidando sicuramente le minoranze interne ribelli e, forse, lo stesso Bonaccini. Il governo, ovviamente, ne risentirebbe, forse in modo grave, ma il terremoto avrebbe più l’epicentro nel Pd che a Chigi. Ma, almeno per ora, il Pd scaccia i cattivi pensieri e, anzi, da ieri, mette su la ‘faccia feroce’.

Si diceva del rimpasto. Se tre indizi fanno una prova, come diceva Agatha Christie, le uscite prima, giorni fa, di Goffredo Bettini, ideologo del segretario, ieri mattina del vicesegretario, Andrea Orlando, e, a sera, pur se sotto forma di warning agli alleati, di Zingaretti, a quello puntano. Orlando parla apertamente di rimpasto, pur fingendo di non puntare ai posti: “Non si tratta tanto di cambiare questo o quel ministro, ma di aprire una fase nuova. Con chi (fare il rimpasto, ndr) – continua – lo deciderà Conte, ma che si tratti di disporre la squadra in assetto diverso è un’esigenza che deriva da questa fase”.

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Inizio scuola, una ripartenza zoppicante. Eppur si muove

lunedì, Settembre 14th, 2020

di GABRIELE CANÈ

Intanto mettiamoci d’accordo sulle definizioni, non solo per un problema di forma, ma anche e soprattutto di sostanza. Bene. Se diciamo che oggi “riapre la scuola”, diamo un’immagine inesatta. Sbagliata. Se invece osserviamo che oggi in molte parti d’Italia ricominciano in qualche modo le lezioni, beh, ci avviciniamo più correttamente alla realtà. Con la consapevolezza che anche questa ripartenza zoppicante è comunque un avvenimento di segno positivo. Da salutare con soddisfazione, e da affrontare con la voglia di tutti di superare gli ostacoli. Che saranno tanti.

Lo ha detto anche il presidente Conte in un video messaggio dai toni accattivanti, come il mestiere gli impone, e con la l’ammissione che “ci saranno disagi”. Come tutti sanno, del resto, e come la comunicazione ufficiale spesso non faceva intendere neanche lontanamente. Un po’ come succede con la cassa integrazione in deroga: l’Inps ci dice che in effetti qualcuno è rimasto indietro, però metà di quelli che incontri e che ne avrebbero diritto, ti confermano che bene che vada hanno visto i mesi di marzo e aprile. Mistero. Per la scuola è un po’ la stessa cosa.

Perché non ci dovrebbero essere alunni sforniti della “mascherina di Stato”, ma a tante famiglie le direzioni didattiche hanno spiegato di non averle, raccomandando di portarsele da casa, gel compreso. Perché i banchi “rotanti”, ammesso che servano, arriveranno più avanti. Perché la ripartenza c’è, ma a singhiozzo: qualche ora o qualche giorno in aula, altri da remoto; nei giorni pari l’ingresso due ore dopo, in quelli dispari l’uscita due ore prima. Con i genitori in paranoia per cercare di organizzarsi, e le aziende in attesa di sapere chi sarà al lavoro, o chi marcherà visita per fare compagnia al pupo.

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Regionali 2020, i curricula di tutti i candidati: ecco le loro vere competenze

lunedì, Settembre 14th, 2020

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Con il voto del 20-21 settembre i cittadini di Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania, Puglia decideranno a chi consegnare le chiavi delle loro regioni. Ma quali sono i poteri del Presidente che andranno ad eleggere? Dalla riforma costituzionale del 1999 con cui è stata decisa la sua elezione diretta e con la modifica del Titolo V del 2001, chi guida una Regione incide pesantemente sulle vite di tutti noi (vale anche per la Valle d’Aosta, di nuovo al voto dopo due anni, ma qui il Presidente viene votato all’interno del Consiglio regionale).

I poteri di un Presidente

I bilanci regionali valgono 16 miliardi per il Veneto, 7 per la Liguria, 15 per la Toscana, 5 per le Marche, 25 per la Campania e 14 per la Puglia. Fino all’80% sono spesi per la Sanità che vuol dire decidere quali ospedali aprire e quali chiudere, chi mettere ai vertici, se potenziarli per ridurre i tempi di attesa o allargare gli accreditamenti agli imprenditori della sanità privata, quali servizi sociosanitari garantire sul territorio, chi deve ricevere i soldi per la ricerca. Poi c’è il trasporto pubblico locale il cui funzionamento dipende dalle gare per scegliere le società che lo devono gestire, da come vengono definite le tratte di percorrenza, dai trasferimenti dei finanziamenti ai Comuni (metro e gomma) o alle società che gestiscono i treni regionali.

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