“I protocolli che abbiamo sottoscritto parlano chiaro, il campionato di Serie A deve essere sospeso”. Lo ha detto il sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, parlando dei 14 positivi del Genoa. “Quando c’è un numero di positivi così alto – ha spiegato – non si può che fermare il campionato. I positivi non sono in grado di giocare, e possono contagiare altre persone. Il protocollo è stato sottoscritto anche dalla Federazione calcio”. “Nessuno al momento sta facendo pressioni su di noi. Il Comitato tecnico scientifico è radicalmente contrario alla presenza dei tifosi sugli spalti. Su questo si è già espresso”, ha precisato.
L’impronta politica è nel termine che sarà utilizzato per definire la
nuova cassa integrazione: universale. Dove per universale si intende
che tutti potranno averla. Un principio che il virus ha imposto durante
l’emergenza e infatti il Governo ha dato vita alla cosiddetta cassa
Covid, una forma di sostegno generalizzata e senza paletti. Ma poi
questo stesso principio è stato ammorbidito per il rischio che la cassa
Covid diventasse per le aziende un alibi per non riaprire e per tenere i
lavoratori a casa. Ora però bisogna pensare alla fase 2, cioè
all’ordinario. Ed ecco che il principio dell’universalità ricompare.
Anzi si vuole far diventare strutturale.
Huffpost è in
grado di anticipare il lavoro che una commissione di esperti, nominata
dal Governo, sta portando avanti al ministero del Lavoro per mettere
nero su bianco la riforma della cassa integrazione. La nuova cassa
integrazione tirerà dentro 3 milioni di lavoratori oggi esclusi, dal
negoziante al piccolo ristorante con due dipendenti. Sarà un
ammortizzatore universale, come si diceva, ma non unico. La cassa altro
non è che un’assicurazione pagata dalle aziende e dai lavoratori in base
al rischio di ridurre o sospendere l’attività lavorativa. Esistono
decine di gestioni diverse, dove ognuna si riferisce a un settore. E
ognuno ha un’aliquota da versare. In questo senso la nuova cassa non
sarà unica, ma avrà aliquote differenziate in base ai profili di
rischio. Prendiamo ad esempio il caso di un edile, che solitamente
ricorre alla cassa per il maltempo, o un artigiano. Hanno un’aliquota
bassa. Se si dovesse ricorrere a un’aliquota unica, questa sarebbe
mediamente più alta. E questo significa che ricorrere alla cassa
integrazione avrebbe un prezzo salato.
L’impronta
dell’universalità poggia sulla gamba politica dell’estensione di un
diritto che oggi non è per tutti. Perché la cassa va alle aziende con
più di 15 dipendenti, eccezionalmente per quelle tra 5 e 15, ma
addirittura non è prevista per quelle con meno di cinque dipendenti. I
più piccoli, come i negozi o i ristoranti di piccole dimensioni, ne sono
un esempio. Ma l’impronta dice anche un’altra cosa. E cioè che il
Governo sta puntando la leva delle politiche sul lavoro, e quindi della
spesa pubblica, ancora una volta verso una misura omnibus e di sostegno.
La logica assomiglia a quella del reddito di cittadinanza. E non è un
caso se si sta pensando a un sostegno strutturale anche per i lavoratori
autonomi. L’idea è quella di un bonus per quando non si lavora.
Il fair play dura il tempo
di un saluto, appena accennato, al momento dell’ingresso sul palco del
primo dibattito televisivo a Cleveland, Ohio. Subito Donald Trump e Joe
Biden ingaggiano un duello infuocato, velenoso, che il moderatore, Chris
Wallace di Fox News, fatica a gestire per tutti e 90 i minuti. I due
candidati alla Casa Bianca si interrompono, si parlano sopra, si
insultano, con una serie di colpi bassi fatti anche di attacchi
personali. Non c’è neanche la stretta di mano, la sensazione è che non
siano solo le norme anti-Covid a imporlo. Trump si rivolge spesso
direttamente allo sfidante, Biden preferisce guardare più spesso la
telecamera per parlare al pubblico a casa.
Lo scontro personale
oscura totalmente i contenuti, uno spettacolo politicamente deprimente,
una rissa verbale che si è trasformata in un incubo per Chris Wallace.
Il duello tv non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla campagna
elettorale, difficile comprenderne l’efficacia per convincere gli
indecisi. Trump è stato spesso rabbioso, ha cercato costantemente di
irridere lo sfidante, lo ha interrotto costantemente. Biden non è stato
da meno, ha resistito alle provocazioni, ma è scivolato negli insulti al
presidente – “è difficile finire una frase con questo pagliaccio” –
recuperando solo in alcuni momenti quell’immagine presidenziale sobria
che voleva consegnare agli elettori.
“Non c’è nulla di intelligente in te, in 47 anni di politica non hai fatto nulla, ho fatto più io in 47 mesi a Washington” è il messaggio chiave di Trump, che attacca Biden sul legame con la sinistra radicale che “lo tiene nel taschino”, sulla visione “socialista” della sanità, sui presunti 3,5 milioni di dollari ricevuti dal figlio da Mosca.
In Calabria «le scuole, da spopolate che erano, diventano un anno più dell’altro frequentate. Bisogna vedere lo zelo che mettono le mamme popolane per far accogliere i figli a scuola e nel vigilare i piccoli progressi! Il fanciullo viene ripulito, vestito e accompagnato a scuola e raccomandato con viva espressione di calore alla diligenza del maestro…», si legge negli atti della monumentale Inchiesta sulle condizioni della classe agricola in Italia, nata nel 1872 e conclusa, sotto la guida di Stefano Jacini, nel 1885. E perché tanto zelo da parte di quelle donne nella stragrande maggioranza contadine e analfabete? «Perché il padre scrive dall’America che suo figlio deve essere istruito, perché ora soltanto egli si accorge del danno del non sapere…»
Mette il magone, quasi un secolo e mezzo dopo, rileggere quanta fiducia riponevano allora le classi più povere nella scuola. E nella sua funzione di crescita, liberazione dalla servitù ancora in vigore in tanta parte del Mezzogiorno, di riscatto sociale. Ancor più mette il magone rileggere quelle parole oggi, mentre crescono le denunce sul rischio che la pandemia e le difficoltà di quanti non sono in grado di tener il passo con la scuola in remoto (ritardi non recuperabili in tempi brevi) facciano schizzare ancora più su i dati dell’abbandono scolastico, già drammatici in tanta parte del Sud. A partire dalla Campania. Straordinario fu per decenni, come ricordava mezzo secolo fa Tullio de Mauro nel saggio Storia linguistica dell’Italia unita, proprio il ruolo degli emigrati siciliani e veneti, abruzzesi o piemontesi. Un esempio? «L’inchiesta nelle campagne siciliane constatava che gli iscritti nelle scuole elementari, dal 54,50 % nel 1901-1902, erano saliti al 73,50% appena cinque anni più tardi: la ragione va cercata nell’anima stessa del popolo il quale, nonostante le ostilità e le difficoltà dell’ambiente, è persuaso che la scuola rappresenta per lui un’arma di lotta e di conquista».
ROMA. Dalla crisi o si esce tutti assieme o non se
ne esce. Lo stesso vale per il Recovery fund: «Se si sbaglia a spendere
i 209 miliardi dell’Europa – sostiene Carlo Bonomi – non è solo il
presidente del Consiglio che deve andare a casa, come ha detto lo stesso
Conte, ma andiamo a casa tutti. Perché il danno per il Paese sarebbe
immenso. Non ce lo possiamo permettere». Per questo il presidente di
Confindustria parlando dal podio dell’assemblea annuale, che a maggio
non si è potuta tenere causa Covid e che ieri si è svolta comunque a
ranghi ridotti all’Auditorium di Roma, propone «un nuovo grande patto
per l’Italia», con «una visione alta e lungimirante». «È tempo di
un’azione comune, oppure non sarà un’azione efficace», sostiene infatti
il numero uno degli industriali. E il governo, archiviando un’estate di
polemiche anche molto aspre, di lì a poco accoglie l’invito. «L’unità
nazionale è strategica, bisogna lavorare insieme con metodi condivisi»
sostiene il ministro dello Sviluppo Patuanelli. «Di fronte a noi abbiamo
una grandissima sfida – sostiene invece il presidente del Consiglio
Conte -. Non abbiamo alternativa: dobbiamo vincerla e per farlo occorre
coinvolgere tutte le energie migliori».
Bonomi
incassa questa «apertura molto forte», «segno evidente che la nostra
visione è corretta», mettendo in chiaro che Confindustria nei mesi
scorsi non ha mai criticato le persone ma solo i provvedimenti ritenuti
sbagliati, come ad esempio l’aver accantonato il programma Industria 4.0
che invece occorre potenziare e rendere strutturale. Oppure «l’aver
varato una serie di decreti di emergenza, stanziando 100 miliardi, senza
avere una visione precisa». «Noi non abbiamo mai cambiato posizione –
ha tenuto a precisare Bonomi nel corso di una conferenza stampa a fine
lavori – Semmai è il governo che ci è venuto incontro su molti temi».
Ci sono due colori nel nostro futuro, il verde e il blu. Sono i
colori dell’ambiente che incontra scienza ed economia, che uniscono le
giovani generazioni preoccupate per il futuro del pianeta alle imprese
che fanno ricerca e propongono soluzioni. Che provano a saldare in una
grande alleanza la politica, le religioni, la tecnologia, la società.
Con l’obiettivo di camminare insieme per una terra che sia giusta,
pulita, sostenibile. Nella partita entra, con un ruolo da protagonista,
Green&Blue, il prodotto digitale e di carta del gruppo Gedi, sul web
dal 2 ottobre e in edicola con un mensile il 3 ottobre. Scendiamo in
campo con Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX e le 13 testate locali
del Network Gnn, con i rispettivi siti e quotidiani. E raggiungiamo
milioni di lettori, ai quali offriamo il più ricco contenitore di
notizie, inchieste, interviste, analisi, approfondimenti nel panorama
dell’informazione italiana.
Debuttiamo il 2 ottobre a Roma, alla
nuvola di Fuksas, con un’inaugurazione che si potrà seguire in streaming
sui siti di ogni testata del gruppo Gedi e alla quale prenderanno parte
i più importanti protagonisti di questa fase storica della nostra
società. Ascolteremo i messaggi di Papa Francesco e di Bill Gates. Sul
palco ci sarà Piero Angela, che farà il ritratto del nostro pianeta
malato, tra fiumi inquinati, ghiacci che si sciolgono e, ancora, fumi di
fabbriche che inquinano. Ma molto si sta muovendo. E così toccherà a
Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa San Paolo, la più
grande banca italiana, spiegare perché la finanza ha deciso di investire
su un futuro verde. E a Mark Carney, già governatore della Bank of
England e ora inviato dell’Onu, tracciare l’agenda delle risorse per la
sostenibilità. Mentre Claudio Descalzi, amministratore delegato
dell’Eni, avrà il compito di raccontare la grande trasformazione di Big
Oil, con le compagnie petrolifere che stanno virando con decisione verso
un futuro fatto di energie rinnovabili e di ricerca.
“Si è sentito umiliato, abbandonato. La decisione di De Santis
di non rinnovargli l’affitto, per restare da solo con la compagna in
quella casa, ha scatenato in lui una frustrazione nascosta divenuta
ferita insanabile. E lui ha deciso di farla pagare a tutti e due”. È il
ritratto di un soggetto fortemente disturbato quello che tratteggia la
criminologa Roberta Bruzzone a proposito di Antonio De Marco.
Avrebbe agito per gelosia e invidia verso la coppia felice.
“Credo che abbia una personalità disturbata con tratti abnormi. Si è
sentito trattato non all’altezza delle sue aspettative. Forse aveva
idealizzato la situazione ed era importante mantenere quella relazione”.
Possibile covare un tale odio?
“Dipende da quanto si è disturbati. La rabbia narcisistica in
soggetti borderline fa sì che non vengano tollerate frustrazioni di tipo
abbandonico”.
Il 3 luglio scrive su Facebook: ‘La vendetta non risolve ma soddisfa’. Che voleva dire?
“Cercava qualcosa che ripristinasse l’ideale grandioso di sé. Ecco
perché ha scelto di colpirli nella casa dalla quale era stato mandato
via. Neanche loro avrebbero dovuto goderne”.
Roma – La Germania torna a viaggiare sui 2mila nuovi contagi al giorno e la cancelliera Merkel lancia un allarme. Parigi va sempre peggio e non sono escluse nuove restrizioni, mentre in tutta la Francia si contano oltre 8mila infetti e 85 morti. Boom di contagi nel Regino Unito: oltre 7mila casi in 24 ore, memtre la Spagna viaggia sui 10mila casi, con oltre 200 morti. In Russia a Mosca scuole chiuse dal 5 al 18 ottobre. L’Europa continua a fare i conti con la seconda ondata della pandemia di Coronavirus mentre complessivamente nel mondo le morti per Covid-19 hanno superato il milione nel conteggio della Johns Hopkins University considerato il più indipendente e adffidabile. Secondo i dati dell’ultimo aggiornamento, i decessi sono arrivati a 1.000.555 in tutto il pianeta, con gli Stati Uniti che piangono il bilancio più pesante – 205.024 – seguiti dal Brasile, con 141.741; e l’India, con 95.542. Secondo uno studio, in India i contagi potrebbero essere 60 milioni, dieci volte tanto le cifre ufficiali.
L’Oms plaude all’Italia
Sono arrivate dall’Italia – insieme a Thailandia, Uruguay e Pakistan –
le risposte migliori alla pandemia: lo certifica il direttore generale
dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus sull’Independent.
Germania, 2mila nuovi casi
Sono 2.089 i nuovi casi di contagio registrati in Germania
nelle ultime 24 ore, 11 i decessi, contro i 1.192 casi e i 3 decessi
del giorno precedente. In totale dall’inizio della pandemia i casi sono
287.421, i morti 9.471. Le regioni maggiormente colpite sono il NordReno
Westfalia – 69.284 contagi e 1.867 morti – seguito dalla Baviera, con
67.763 infezioni e 2.664 decessi. La cancelliera Angela Merkel
incontra i capi dei governi regionali. Alla luce dell’aumento dei casi,
lo Stato e i Laender vogliono limitare il numero di partecipanti alle
feste: in spazi chiusi non potranno essere più di 25, in spazi aperti
non più di 50. Ma la norizia del giorno è che la cancelliera Merkel ha
avvertito che la Germania rischia fino a 19.200 casi quotidiani di
Covid-19 entro Natale a meno che non trovi nuovi modi per rallentare la
diffusione del virus durante la stagione fredda.
La cancelliera ha sconsigliato di affrontare viaggi all’estero in zone a rischio, ma ha indicato l’Italia come meta delle vacanze, perché qui “si agisce con grandissima cautela”.
Gran Bretagna, record contagi
La Gran Bretagna ha registrato un record di 7.143 nuovi contagi nelle ultime 24 ore. Si tratta del bollettino più alto mai raggiunto,
ma i media britannici sottolineano che nel picco dell’epidemia, fra
marzo e aprile, si facevano molti meno test e il numero ufficiale dei
contagiati era nettamente inferiore alla realtà. I nuovi decessi sono 71,
un numero che non veniva raggiunto da mesi, riferisce la Bbc. In totale
i casi confermati di coronavirus dall’inizio dell’epidemia sono
446.156.
La scintilla è partita da Vo’ Euganeo, 3.279 anime in provincia di Padova: tutte testate a periodi alterni, dai giorni neri del lockdown in
avanti, con conseguente isolamento dei positivi e dei loro famigliari. E
così via, di test ‘globale’ in test ‘globale’: “Dal 3% di infetti
dell’inizio siamo arrivati a zero”, ragiona Andrea Crisanti,
professore di Microbiologia all’Università di Padova. La strategia si
chiama network testing (test di rete) ed è diversa dal contact tracing,
il tracciamento dei contatti basati sulla memoria di positivi al Covid.
Lo studio sarà presentato l’8 ottobre a Bologna al Festival della
Scienza medica (www.bolognamedicina.it). Per Crisanti, “non avremo una
seconda ondata, se il network testing non sarà sopraffatto dalla
trasmisssione virale. Ergo se non faremo abbastanza tamponi e non li
faremo bene”.
Qual è la lezione di Vo’?
“Se intercetti tutti i positivi, blocchi la trasmissione. Banale? Sì,
ma vero. Il 40% dei nostri positivi era asintomatico. Quindi abbiamo
elaborato un modello per integrare e superare il tracciamento dei
contatti”.
Il famoso network testing.
“Esatto. Se c’è un positivo in questo momento si testano tutti:
parenti, amici, colleghi di lavoro (tutti, non solo qualcuno) e chiunque
possa essere entrato in contatto con il positivo. L’intera rete di
interazioni. Viceversa, il contact tracing è una cosa completamente
diversa, basata sul ricordo della persona: è poi molto difficile
ricapitolarlo per chiunque, risalendo a quanto fatto 5 giorni prima”.
La cura dei denti non rientra nelle prestazioni offerte dal servizio sanitario nazionale (ad esclusione di urgenze, patologie neoplastiche o di assistenza minima a soggetti in condizione di vulnerabilità socio-sanitaria). Motivo per cui, insieme con la fisioterapia, le cure odontoiatriche sono considerate oggi uno dei vantaggi principali delle coperture assicurative che riguardano ormai 12,9 milioni di persone. È un mercato che vale 2,8 miliardi di euro di premi l’anno: il 54% è frutto di polizze collettive sottoscritte da fondi sanitari e simili, il 15% da sottoscrizioni collettive di altro tipo e soltanto il 31% da polizze individuali. Vuol dire che, nelle maggior parte dei casi, il datore di lavoro invece di dare un aumento di stipendio preferisce sottoscrivere una polizza che è interamente defiscalizzata (articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi). La stima è di un risparmio complessivo in imposte di oltre 4 miliardi l’anno.
Di solito la copertura assicurativa viene offerta tramite provider dietro i quali ci sono le principali compagnie assicurative. Quelle che raccolgono il 75% dei premi del mercato italiano sono Unipol che opera tramite Unisalute (23%), Generali tramite Pronto Care (21%), Intesa Sanpaolo Rbm tramite Previmedical (16%), poi Allianz (10%) e ancora Reale Mutua tramite Blue Assistance (5%). Il meccanismo di assicurazione scatta poi spesso tramite fondi o associazioni di categoria.
Per esempio, per 1,3 milioni di metalmeccanici (più 500 mila familiari)
l’azienda paga 13 euro al mese al Fondo Metasalute di Rbm/Previmedical.
Per i 2,5 milioni di impiegati del commercio c’è il Fondo Est di
Unipol/Unisalute: 10 euro al mese, li paga il datore di lavoro, 2 il
dipendente. I bancari fanno riferimento sia a Rbm/Previmedical sia a
Generali/Pronto Care.