Inizierà il 22 ottobre il concorso straordinario per 32mila docenti delle medie e delle superiori con almeno tre anni di servizio. Le prove andranno avanti almeno fino a metà novembre. Subito dopo toccherà ai docenti ordinari per infanzia/primaria
e per le secondarie di primo e secondo grado, per altre 46mila cattedre
complessive. L’obiettivo è ultimare la fase preselettiva entro il 2020.
Effetto retroattivo – Il concorso, la cui data andrà in Gazzetta Ufficiale martedì, arriva a scuola iniziata e non servirà comunque per rendere di ruolo gli insegnanti precari: questo succederà, in maniera retroattiva, dal prossimo anno per chi supera il concorso. Ai vincitori, infatti, sarà riconosciuta la decorrenza giuridica del rapporto di lavoro dal primo settembre 2020. Nel frattempo si cercano le soluzioni per svolgere il concorso rispettando le normative sanitarie in vigore e si cercano aule informatiche nelle scuole per permettere il distanziamento sociale.
Nel “caso Tridico“ stupisce non tanto la delibera
che ne aumenta lo stipendio a 150mila euro lordi all’anno (circa 6mila
netti al mese), quanto che un dirigente apicale di quel livello potesse
ricevere in precedenza una busta paga inferiore ai 3mila euro, molto
meno di tanti dirigenti dell’Inps stesso, e – secondo aspetto che lascia
senza parole – che nessun politico, neppure quelli che l’avevano
nominato, i grillini, abbiano speso una dichiarazione per affermare una
verità tanto evidente: chi lavora con competenza, preparazione e si
assume grandi responsabilità, magari rischiando anche il posto, dever
ricevere un emolumento adeguato.
E 3mila euro per il presidente di un ente che mobilita 300 miliardi all’anno,
ha migliaia di dipendenti, non sono adeguati. Lasciando da parte le
considerazioni sulle capacità o non capacità mostrate dal professor
Pasquale Tridico in questo anno e mezzo alla guida dell’Inps, su quanto
si è visto nella gestione della cassa integrazione post-Covid o nel caso
dei tre furbetti del bonus, considerazioni che vanno al di là del
ragionamento.
Non l’hanno difeso i grillini, non l’ha difeso il presidente del Consiglio di quel governo che l’aveva nominato, Giuseppe Conte. Tutti si sono detti stupiti dell’aumento di stipendio, o hanno fatto intendere di esserlo stati. L’hanno scaricato. Non l’hanno difeso perché la narrazione anticasta di cui i 5 stelle si sono alimentati e di cui tuttora detengono il copyright (il referendum di domenica scorsa lo conferma) presuppone che non conti quanto si è capaci di fare, non conti il merito o il curriculum che si esibisce per ottenere un posto. Conta solo che si venga pagati poco perché altrimenti si è “casta“.
Con il Superbonus, il Decreto rilancio del governo di Giuseppe Conte ha innalzato al 110% la detrazione fiscale sulle spese edilizie sostenute dall’1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021
relative a tutta una serie di interventi di efficienza energetica e
antisismici. Le nuove misure, comunque soggette a condizioni e limiti,
si sono così aggiunte alle detrazioni già previste in forma di
Sismabonus ed Ecobonus.
In particolare, come spiega il sito dell’Agenzia delle entrate, Superbonus spetta in caso di:
interventi di isolamento termico sugli involucri
sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni
sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici
unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari
funzionalmente indipendenti
interventi antisismici: in questo caso, la detrazione già prevista
dal Sismabonus è elevata al 110% per le spese sostenute dal 1° luglio
2020 al 31 dicembre 2021.
Tra le novità introdotte, spiega sempre l’Agenzia delle entrate, “è prevista la possibilità, al posto della fruizione diretta della detrazione, di optare
per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei
beni o servizi o, in alternativa, per la cessione del credito
corrispondente alla detrazione spettante. In questo caso si dovrà inviare dal 15 ottobre 2020 una comunicazione per esercitare l’opzione”.
Ma quanto costa cedere il credito fiscale corrispondente al Superbonus a una banca?Business Insider ha fatto un giro sui siti internet dei principali istituti di crediti italiani, per scoprire che solo pochi forniscono ai clienti già dal web un’informazione chiara sui costi.
Quasi tutti gli altri gruppi non indicati qui sotto invitano il cliente
a contattare privatamente la banca per conoscere i dettagli finanziari
dell’operazione di cessione del credito fiscale.
Intesa Sanpaolo
A privati e condomìni, Intesa Sanpaolo propone 102 euro per ogni 110 euro di credito fiscale
acquistato per gli interventi relativi al Superbonus 110% con recupero
in cinque anni. In altri termini, la banca compra il credito al 92,7% del valore nominale, quindi con un costo del 7,3 per cento.
Fogne al collasso. Bandi per la manutenzione delle caditoie finanziati con i fondi del Giubileo della Misericordia – sì, quello del 2015 – ancora bloccati. E poi il servizio di spazzamento delle strade di Ama che continua a scontare carenze importanti. Se ci si chiede perché le ormai consuete bombe d’acqua alla capitolina (per la Protezione Civile la prossima potrebbe arrivare entro 24 ore) continuino a mandare in tilt la città, la risposta sta in una micidiale stratificazione di guai. Problemi strutturali e beghe amministrative.
Ma procediamo con ordine. Le fognature di Roma sono vecchie. Vecchissime. Tolte quelle inaugurate dai 5S, le più recenti sono state realizzate a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. Nel frattempo la capitale si è espansa, rendendo inadeguato un sistema che deve sostenere il peso di 800 mila tra caditoie e tombini.
Un handicap a cui si sommano i ritardi nell’assegnazione delle gare giubilari. I 2,9 milioni di euro stanziati per le caditoie della grande viabilità e gli 1,8 destinati a quella municipale sono ancora fermi. Gli appalti sono stati banditi nel 2017 e poi, come richiesto dall’Anac, ripubblicati nel 2018. ” Manca poco. Dovrebbero essere assegnati entro 45 giorni ” , fanno sapere dall’assessorato ai Lavori pubblici. Perché tanto ritardo? Per due lotti su quattro sono saltate fuori anomalie nelle offerte. Stop obbligato e sotto con nuovi controlli. ” Ma mezzi e risorse – assicurano dal Campidoglio – non mancano”. Il milione di euro messo in campo nel 2019 è stato affidato. E, dopo la pausa dettata dal lockdown, ora i lavori vanno avanti a pieno ritmo. Poi ci sono le squadre di pronto intervento del Simu, dedicate soprattutto ai sottopassi. Gli operai negli ultimi mesi hanno visto di tutto: nei pozzi hanno trovato lattine di Coca-Cola di 20 anni fa, tubature scollegate, caditoie semicoperte da colate di asfalto.
“Libertà religiosa. Sicurezza. Legge e ordine”. Sono questi i terreni sui quali la Corte suprema sarà chiamata a misurarsi, sono queste le sfide che attendono la nuova giudice costituzionale – se confermata dal Senato. Donald Trump è stato chiaro nel calibrare il messaggio. L’annuncio del nome era ormai scontato: Amy Coney Barrett, 48 anni, madre di sette figli, cattolica molto conservatrice. Una magistrata dalle credenziali impeccabili ma anche con un orientamento etico e politico perfetto per piacere alla componente religiosa che è il pilastro dell’elettorato repubblicano: la parte più compatta e disciplinata alle urne. Trump in cinque sostantivi ha mandato a quella parte degli elettori il messaggio di mobilitazione in vista del voto. Lui è a un passo dal realizzare la sua terza nomina di un giudice costituzionale, e li ha sempre scelti con questo profilo. I cattolici conservatori, gli evangelici, i cristiani rinati che sono l’ala integralista del protestantesimo, perdonano il “grande peccatore” per la sua vita privata, il suo linguaggio, i suoi eccessi, perché non li ha mai traditi sulle scelte che per loro contano di più.
Conta molto nella coreografia dell’evento il ruolo della famiglia. Prima Trump ha voluto ricordare che la Barrett è una madre esemplare, devota e dedicata ai figli. Poi ha sottolineato che di quei sette figli due sono adottivi e originari di Haiti, il più giovane è un figlio biologico con sindrome Down. Lei stessa, nel prendere la parola, è tornata a descrivere i suoi figli. Messaggi ben visibili. Famiglia multietnica: i repubblicani non sono razzisti. Il figlio Down: tutti sanno quel dettaglio della biografia di Amy, lei fu informata della diagnosi pre-natale e si rifiutò di prendere in considerazione un’interruzione di gravidanza. Il figlio minore, ha precisato, “è il preferito da tutti i fratelli e sorelle”.
ROMA – La Lega aveva assicurato che sabato prossimo non ci sarebbe stata alcuna piazzata anti giudici, in concomitanza con l’udienza del processo a Salvini al Tribunale di Catania. Nulla che evocasse l’infelice sfilata di parlamentari di Forza Italia davanti al Tribunale di Milano contro i “troppi” processi subiti dal Cavaliere, era l’11 marzo del 2013. E invece dall’agenda del leader leghista di questa settimana, ecco sbucare l’evento di piazza. A conclusione dei due giorni di incontri e dibattiti in programma giovedì 1 e venerdì 2 alla Nuova Dogana del capoluogo etneo dal titolo “Gli italiani scelgono la libertà”. Tutti convocati – deputati, senatori, europarlamentari e quanti più militanti possibile – per le 10 del mattino di sabato, negli stessi minuti in cui il segretario sarà davanti al suo giudice per rispondere dell’accusa di sequestro di persona per la vicenda della nave Gregoretti. “Catania capitale europea della libertà. Processate anche me”, sarà la scritta che campeggerà cubitale sul palco del parcheggio Borsellino, dentro il Porto di Catania. Si terrà lì una lunga maratona oratoria dei parlamentari (ma anche di altri ospiti invitati dal partito) in difesa del capo finito sotto processo.
Diciamo un milione di vittime, ma non ci crediamo. E non ci crediamo perché non le vediamo.
Se mi viene chiesto di immaginare dieci persone in una stanza riesco a farlo senza esitazioni. Con appena più sforzo posso raffigurarmene cento o perfino mille dentro un teatro. Ma se mi parlano di trentamila persone in piazza la mia sicurezza vacilla. Quelle che vedo saranno davvero trentamila o magari il doppio? Numeri molto diversi generano nella nostra testa figure simili.
Con numeri così le analogie sono l’unico appiglio di cui disponiamo, perciò ricorro a una, con il rischio che appaia stucchevole. Se guardando il cielo di notte vi è capitato di pensare, come a me, che state vedendo un milione di stelle tutte insieme, è bene sapere che si tratta di una percezione falsa. Straordinariamente lontana dalla realtà. In circostanze molto fortunate, di aria tersa, senza luna né inquinamento, se ne possono vedere a occhio nudo meno di cinquemila. Meno dei morti di covid del mondo nelle ultime ventiquattro ore. Dunque l’analogia è questa: allo stato attuale, l’intera volta celeste viene spenta ogni notte dal coronavirus con un clic di interruttore.
A ogni passaggio l’epidemia ci ha posto di fronte all’inadeguatezza del
nostro intelletto. Disponiamo degli strumenti psichici sbagliati per
valutarne l’entità, perciò spesso rinunciamo. Se i primi morti di marzo
avevano trovato un’accoglienza nei nostri animi squassati e impauriti,
quelli che si sommano adesso sembrano solo il rumore di fondo delle
nostre giornate epidemiche. Pensiamo sempre di più ai nuovi contagi,
cioè a noi stessi, e sempre meno ai nuovi morti.
Il presidente miliardario ha
pagato 750 dollari di imposte nel 2016, l’anno della sua elezione, e
altri 750 nel 2017. Per dieci anni su quindici precedenti non ha versato
neanche un centesimo al fisco. In media ha corrisposto 1,4 milioni di
dollari all’anno, rispetto ai 25 milioni di dollari liquidati dalla sua
categoria di ricchi contribuenti. Sono i dati shock che emergono dai
documenti tributari della «Trump Organization» pubblicati ieri dal «New
York Times».
Il quotidiano è riuscito, quindi, ad aggirare la difesa allestita dal gruppo imprenditoriale di Trump, procurandosi le dichiarazioni dei redditi dal 2000 al 2017. A differenza degli altri leader della Casa Bianca, l’ex costruttore newyorkese si è rifiutato di pubblicare i suoi rendiconti personali e quelli della sua holding cui fanno capo imprese immobiliari, alberghi, club di golf e altre attività. Secondo la ricostruzione del giornale, Trump e i suoi commercialisti sono riusciti ad abbattere se non a eludere completamente le imposte, chiedendo e ottenendo un gigantesco rimborso fiscale pari a 72,9 milioni di dollari, probabilmente per compensare il fallimento dei casino ad Atlantic City. Gli ispettori dell’Internal Revenue Office (Irs) stanno ancora accertando se non siano state commesse irregolarità. È questo il famoso «audit», iniziato nel 2011, cui Trump ha fatto spesso riferimento per giustificare la decisione di non fare luce sui suoi rapporti con l’erario.
La «Trump Organization» avrebbe compilato i bilanci in modo da denunciare perdite in tutti i settori, dagli hotel, ai club esclusivi. Il «New York Times» calcola che grazie a queste manovre contabili Trump avrebbe versato 400 milioni di dollari in meno, tra prelievi statali e federali, rispetto a una stima plausibile del dovuto, considerando il prelievo su patrimoni analoghi di altri businessmen. Nella conferenza stampa di ieri il presidente ha accusato il giornale newyorkese di «aver inventato completamente la storia»: «è una fake news». Trump, però, forse involontariamente, ha fornito una pista interessante: «Se voi guardate i “files” che ciascuna delle mie aziende compila ogni anno, vedrete che vanno tutte bene.
«Voglio che una soluzione sia operativa entro sei mesi, il reddito di cittadinanza in questo modo rischia di essere una misura assistenziale senza progettualità».
L’accelerazione
La disposizione, perentoria, di Giuseppe Conte
è avvenuta al termine di tre riunioni riservate avute negli ultimi
giorni con il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, con il ministro
dell’Innovazione digitale Paola Pisano e con il presidente dell’Anpal
(l’Agenzia nazionale delle politiche attive sul lavoro), Domenico
Parisi, l’esperto di big data che ha lavorato con successo negli Stati
Uniti e che ormai da mesi lamenta di essere ostacolato nel suo lavoro e
di avere le mani bloccate.
Insomma è con taglio molto decisionista che il presidente del Consiglio ha preso in mano il dossier sul reddito di cittadinanza e le politiche attive sul lavoro (incontro fra domanda e offerta di impiego, fra aziende e disoccupati), ha chiesto alla Catalfo e a Parisi di collaborare invece di litigare e ha stigmatizzato che a distanza di un anno e mezzo dall’introduzione del reddito non esista traccia di un sistema unico e nazionale informatico che dovrebbe aiutare i disoccupati a trovare un lavoro e le aziende a trovare le persone che lo cercano.
Lo stanziamento
Pur
essendo stati stanziati decine di milioni di euro non sono stati finora
spesi e il reddito di cittadinanza rischia di restare una misura non a
termine o prologo di un inserimento nel mondo professionale, ma
puramente assistenziale.
Un giudice federale statunitense ha temporaneamente bloccato il bando di Donald Trump su TikTok. La decisione è arrivata a poche ore dall’entrata in vigore del divieto di scaricare negli Stati Uniti la popolare app, ancora di proprietà della cinese ByteDance. La sentenza ha per ora “salvato” il social, che però resta sotto la minaccia di un divieto totale negli Stati Uniti se non diventerà un’azienda americana. L’ultimatum è fissato per il 12 novembre.
TikTok può dunque restare sulle piattaforme di download di applicazioni mobili negli Stati Uniti. E’ stato il giudice di Washington Carl Nicholas ad accogliere il ricorso dei legali della piattaforma e a sospendere l’ordine impartito dall’amministrazione Trump, che vede il social network come una minaccia alla sicurezza nazionale.