Archive for Settembre, 2020

Berlusconi, decisivi i prossimi tre giorni per capire l’evoluzione della polmonite

lunedì, Settembre 7th, 2020

di CONCHITA SANNINO

I prossimi tre giorni saranno decisivi per capire l’evoluzione della polmonite di Silvio Berlusconi. Stamattina il professor Alberto Zangrillo al San Raffaele ha offerto ai cronisti un aggiornamento non annunciato sullo stato di salute dell’ex premier, ricoverato dalla notte tra giovedì e venerdì. “Il decorso è regolare, il paziente tranquillo”, ha detto all’esterno dell’ospedale e vestito in abiti domenicali, spiegando che la “fase è delicata” dal momento che l’infezione virale “merita una terapia adeguata e ha i suoi tempi”, ma ribadendo il “cauto ottimismo” già manifestato. 

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Berlusconi, Marina chiede rispetto: “E basta con la caccia ai colpevoli”

di MATTEO PUCCIARELLI e CONCHITA SANNINO
Silvio Berlusconi “sta reagendo in modo ottimale alle cure”, ha detto il suo medico curante avvertendo però: “Questo non vuol dire cantare vittoria dato il paziente appartiene alla categoria definita più fragile”. Cioè quasi 84 anni e varie patologie pregresse, soprattutto cardiache, motivo per cui sta facendo anche una terapia anticoagulante. Ma cosa filtra, al di là delle parole di Zangrillo, dall’équipe che sta seguendo l’ex premier? Che la situazione è stazionaria ma non risolta, c’è un’importante polmonite bilaterale in corso. Berlusconi viene curato con il Remdesivir, l’unico farmaco anti-virale finora autorizzato per la cura di infezioni da virus Sars-Cov-2. E i prossimi tre giorni saranno decisivi per capire l’evoluzione della polmonite, considerata importante ma costantemente sotto controllo tanto che i medici confidano di scongiurare qualunque altra compromissione delle vie respiratorie più profonde.

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Brexit, media inglesi: premier Johnson darà 38 giorni a Ue per accordo

lunedì, Settembre 7th, 2020

Il primo ministro britannico Boris Johnson darà alla Ue 38 giorni di tempo per arrivare ad un accordo sul dopo Brexit, senza il quale la Gran Bretagna “andrà avanti” sulla sua strada. Lo scrive il Telegraph, aggiungendo che il premier farà questa dichiarazione nelle prossime ore.

Con i colloqui a un punto morto, Johnson ha detto che un accordo sarebbe possibile solo se i negoziatori dell’Ue fossero disposti a “ripensare le loro attuali posizioni”. L’Ue, a sua volta, accusa la Gran Bretagna di non riuscire a negoziare seriamente. La Gran Bretagna ha lasciato l’Europa, che ora ha 27 nazioni, il 31 gennaio. Questa separazione politica sarà seguita da una rottura economica, al termine del periodo di transizione di 11 mesi, il 31 dicembre, e il Regno Unito lascerà anche il mercato unico e l’unione doganale dell’Ue.

TGCOM

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Il governatore della Campania Vincenzo De Luca indagato per l’assunzione di quattro suoi autisti

lunedì, Settembre 7th, 2020

A pochi giorni dalle elezioni regionali il governatore uscente della Campania, Vincenzo De Luca, deve affrontare una “grana” giudiziaria. Secondo quanto scrive il quotidiano Repubblica, De Luca sarebbe indagato dalla procura di Napoli per falso e truffa. Nel mirino l’assunzione di quattro vigili di Salerno, fedelissimi di De Luca, diventati i suoi autisti di fiducia facendoli passare come addetti della segreteria del presidente.

Tutto partito da un incidente stradale – Un banale incidente stradale avvenuto nel 2017 ha fatto partire l’inchiesta. Il 15 settembre di quell’anno Claudio Postiglione (uno dei quattro autisti di fiducia del governatore) imbocca controsenso una strada di Salerno e fa cadere da uno scooter una 22enne. Per la ragazza nessuna ferita, solo un grande spavento. Ma l’episodio non è passato sottotraccia. Se dal punto di vista viabilistico la via imboccata dall’auto del governatore poteva in realtà, essendo auto di pubblica sicurezza, andare controsenso, diverso è il motivo per cui è stata fatta la manovra. Secondo l’opposizione De Luca voleva arrivare prima a casa, nessuna urgenza di servizio. E poi, furono messi nel mirino i suoi autisti.

I vigili di Salerno promossi a Napoli – I quattro componenti dello staff di De Luca non risultano indagati, per il momento il pm sta valutando le loro posizioni. I quattro sono stati al fianco di De Luca per tutti i 20 anni in cui è stato sindaco di Salerno. In ragione della loro fedeltà De Luca li ha scelti quali membri del suo staff di segreteria nell’area delle relazioni istituzionali. Senza però averne le competenze, secondo l’ipotesi dell’accusa sarebbe stato solo un escamotage per innalzare loro gli stipendi: 4.600 euro l’anno in più.

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Non esiste più la civiltà del dibattito

lunedì, Settembre 7th, 2020

di   Pierluigi Battista

La buona notizia dalla Francia è che c’è un presidente come Macron il quale, quando si apre il processo agli islamisti che hanno fatto strage dei vignettisti diCharlie Hebdo, difende strenuamente la libertà d’espressione e persino, e qui ci vuole davvero coraggio intellettuale e adesione convinta ai valori della democrazia liberale, «la libertà di blasfemia». La pessima notizia è che chiude Le Débat, la bellissima rivista fondata nel 1980 per impulso soprattutto di Pierre Nora e che ha rivendicato tra i suoi compiti fondamentali quello di «difendere uno spazio di discussione pubblica». Chiude questa rivista perché lo «spazio di discussione pubblica» sta morendo per asfissia, perché si sta definitivamente spegnendo la civiltà del dibattito. Il fecondo conflitto delle idee si sta estinguendo perché è la stessa diversità delle idee, alimento e carburante delle società libere, a essere considerata un disvalore, perché non si riesce più a reggere la differenza d’opinioni, la lotta civile e leale tra tesi contrastanti, la battaglia condotta con la forza degli argomenti. Oggi, al posto del dibattito, dello «spazio di discussione pubblica»,
c’è l’apologia del bavaglio, la cultura del sospetto, il processo alle intenzioni, l’iper-semplificazone demonizzante, la caricaturizzazione delle tesi diverse, la rozzezza fanatica del «cancel culture».

Non è solo appannaggio dei più estremisti, è un morbo che ha conquistato anche le persone colte, che dovrebbero avere una certa familiarità con la civiltà del dibattito e invece si accodano all’andazzo aggressivo, brutale, all’impossibilità di discutere, alla mancanza di curiosità.

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Omicidio Willy Monteiro a Colleferro: movida e arti marziali, quei ragazzi cresciuti con il culto della violenza

lunedì, Settembre 7th, 2020

di Ilaria Sacchettoni

Omicidio Willy Monteiro a Colleferro: movida e arti marziali, quei ragazzi cresciuti con il culto della violenza

Da sinistra: Marco e Gabriele Bianchi

Si chiama Mixed Martial Arts, Mma. Una mescolanza di boxe e arti marziali che renderebbe invincibili i suoi cultori. Ecco, Marco e Gabriele Bianchi, arrestati per l’omicidio (preterintenzionale) di Willy Monteiro Duarte, sono seguaci di questo sport che ha le sue regole sull’uso della forza ma che i due praticano in modo estremo, spostandosi in un’area dove l’aspetto agonistico cede il passo all’esercizio dell’odio. La foto che circola su Facebook — i due a torso nudo con una corona tatuata sul petto — dice molto. La morte di Willy, raccontano ora in questa cittadina di 22mila anime a sud di Roma, è avvenuta per mano di picchiatori di professione. Ragazzi sbandati con il culto della violenza pura. Ragazzi con precedenti per spaccio e lesioni. Nessuna spiegazione, nessuna ragione in difesa della loro condotta: dopo ore d’interrogatorio i Bianchi, alla domanda «perché?» hanno preferito il silenzio.

Spedizione punitiva

Quello di Willy è un omicidio aggravato da futili motivi. Ed è chiaro, già così, alle prime battute dell’ inchiesta, che gli altri arrestati tenteranno di spacciarsi per gregari di una spedizione capitanata dai Bianchi. Già ieri il difensore di Francesco Belleggia, l’avvocato Vito Perugini, sottolineava come in questa vicenda vi siano diverse sfumature di responsabilità. Così Belleggia, geometra in attesa di un lavoro, ragazzo di buona famiglia della zona, tenta di alleggerire la propria posizione. C’è poi il quarto ragazzo, Mario Pincarelli, più defilato rispetto al pestaggio vero e proprio e perfino un quinto, fermato, che avrebbe fatto da autista della spedizione ai danni di Willy e che ora potrebbe dover rispondere di favoreggiamento in omicidio.

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Inizio scuola 2020: banchi in ritardo, la preoccupazione del Quirinale

lunedì, Settembre 7th, 2020

di Gianna Fregonara e Monica Guerzoni

Inizio scuola 2020: banchi in ritardo, la preoccupazione del Quirinale

ROMA – Questa mattina sarà il primo giorno di scuola per gli studenti di Bolzano e provincia, tradizionalmente avamposto della riapertura. Tornano anche i bambini delle materne in Lombardia e nelle regioni del Nord.

Il caso della conferenza stampa

Ma la data a cui l’Italia intera guarda con speranza e preoccupazione, è il 14 settembre quando la maggior parte delle scuole riapriranno: in tante mancano ancora le aule, i docenti e i banchi. Protestano i presidi,incalza l’opposizione nei comizi, ma i problemi restano aperti. Per dissipare le ombre e diffondere ottimismo sulla riapertura, la presidenza del Consiglio aveva in programma per oggi una conferenza stampa con il premier Giuseppe Conte e i ministri Roberto Speranza, Lucia Azzolina, Francesco Boccia e Paola De Micheli. Tutti coloro che sono coinvolti nelle misure per la riapertura. Ma l’appuntamento è stato rinviato «ad una data più adatta, alcuni ministri avevano altri impegni», è la spiegazione di Palazzo Chigi, dove di certo sanno quanto alta sia l’attenzione (e forse l’apprensione) con cui anche il Quirinale segue le notizie sul ritorno in classe di otto milioni di bambini e ragazzi e di quasi due milioni tra docenti e personale scolastico.

Il nodo dei banchi

Per il presidente Sergio Mattarella la riapertura delle scuole è il primo scoglio da superare per il Paese che si rimette in moto: il 14 il presidente della Repubblica sarà con la ministra Lucia Azzolina a Vo’, dove le scuole riaprono oggi. E’ il traguardo più importante, che il governo e i partiti dovrebbero mettere prima di ogni competizione elettorale. E il passaggio al quale il presidente guarda con ansia crescente è il ritardo nella consegna dei nuovi banchi monoposto da parte del commissario Arcuri: sono diventati la condizione per mantenere la sicurezza nelle scuole ma la maggior parte verrà consegnata nel mese di ottobre e alcuni produttori cominciano a far sapere che si proseguirà anche nella prima parte di novembre.

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Recovery fund e conti pubblici, si rischia un 1o% in più di debito/Pil

lunedì, Settembre 7th, 2020

di Federico Fubini

Non sarà necessario per l’Italia presentare entro metà ottobre un piano già compiuto sui 209 miliardi di Next Generation EU, anche perché troppi dettagli restano da precisare a Bruxelles. Il più importante è apparentemente di natura tecnica, ma può avere profonde implicazioni finanziarie e politiche. La parte prevalente di «NextGenEU», il Recovery fund, non sarà infatti in trasferimenti diretti di bilancio ma in prestiti. A tassi quasi zero, rimborsabili in trent’anni e oltre, ma pur sempre prestiti. Per l’Italia questa parte vale circa 125 miliardi di euro nei prossimi anni. Il governo italiano ha dunque rivolto una domanda alla Commissione europea di recente: come vanno trattati sul piano contabile quei prestiti?

L’aumento del debito

Se andassero semplicemente aggiunti al calcolo del debito pubblico — uniti ai 28 miliardi del fondo europeo Sure per il lavoro — si arriva a 152 miliardi di oneri in più. È il 9% del prodotto interno lordo, che può diventare 11% nel caso si sommi anche il prestito sanitario del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Il governo vuole dunque sapere se quelle somme vanno iscritte nella normale contabilità del debito pubblico — facendolo salire molto di più, quando già quest’anno sarà attorno al 160% del Pil — o possono essere trattate a parte.

L’asterisco a piè di pagina

I documenti italiani di finanza pubblica oggi per esempio segnalano in un asterisco a piè di pagina che circa l’uno per cento del debito è dovuto ai finanziamenti italiani al Mes, per il salvataggio della Grecia e di altri Paesi un decennio fa. In questo caso si tratterebbe di indicare chiaramente agli investitori, in teoria, che una parte dell’enorme debito è di natura diversa e in sé più sostenibile rispetto a quello contratto sul mercato. Ma questa resta una partita aperta per le prossime settimane, fra le più delicate.

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Tutti salutisti ma non sulla droga

lunedì, Settembre 7th, 2020

di MICHELE BRAMBILLA

Come previsto, anzi come scontato, alcuni antiproibizionisti hanno obiettato, al mio editoriale di ieri sui danni provocati dalla cocaina, la consueta argomentazione: se la vendita della droga fosse libera, il fenomeno sarebbe controllato, eccetera eccetera. È una tesi che non condivido, ma il punto non è questo: ciascuno la pensa come crede. Quella che invece a mio parere è centrale è una domanda: perché nessuno – tantomeno il fronte antiproibizionista – si impegna in una massiccia campagna di informazione sui danni provocati dalla droga, da tutte le droghe? Una campagna come quella fatta contro le sigarette? 

La droga fa male, e farebbe male anche se fosse legale. Che cosa sarebbe cambiato, a Bologna, se le ragazze usate (è il caso di dir così: usate) per i festini porno avessero assunto cocaina comprata in farmacia anziché in una strada? È questo l’obiettivo? Togliere i guadagni a un pusher per darli a un farmacista che paga le tasse? Posso anche capire. Ma sai che cosa cambia, nel cervello di chi si fa.

Il problema non è la legalizzazione, né (viceversa) chiedere sanzioni per chi consuma. Il problema è che non si vuole fare una campagna massiccia, martellante sui danni provocati dalla droga. Ho citato prima quella fatta contro il fumo delle sigarette: avrete tutti presente come è stata intensa: dai divieti di fumare (ormai quasi ovunque) alle scritte sui pacchetti: il fumo uccide, il fumo provoca il cancro, il fumo aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, eccetera. Bene, è ora di dire anzi di gridare l’ovvio: e cioè che la droga fa molto più male delle sigarette. E non solo a chi la assume: leggete che cosa dice Gianfranco Bernabei, il questore di Bologna.

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Coronavirus. Si torna a scuola, ma il medico è assente

lunedì, Settembre 7th, 2020

VERONICA PASSERI

C’era una volta il medico scolastico: una figura che, in tempi di Covid-19, i presidi italiani, rappresentati dall’Anp, hanno richiesto da settimane. “Servirebbe” e “non è detto vada previsto in ogni scuola ma – spiega il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli – potrebbe essere inserito per un gruppo di plessi scolastici, una figura, scomparsa una volta terminata l’emergenza delle grandi malattie, che si potrebbe ripristinare anche temporaneamente”.

Insomma, un professionista che conosca il quadro epidemiologico delle scuole che segue, così come il vecchio medico scolastico si occupava di controllare le vaccinazioni e testare, attraverso verifiche costanti, l’esistenza o meno di infezioni nella comunità scolastica. Su questo fronte, però, non è stata presa una decisione, ma di certo ogni scuola avrà da quest’anno un referente Covid.

Si tratta di una figura nuova, interna all’istituto – può essere lo stesso preside, un docente o anche personale Ata –, che non avrà competenze di tipo medico o paramedico ma di tipo comunicativo e rappresenterà l’anello di congiungimento tra la scuola e l’Asl competente.

Cosa farà? Dovrà promuovere azioni di informazione al personale e alle famiglie, ricevere segnalazioni nel caso in cui risultassero contatti stretti con un caso di Covid e trasmetterle alla Asl di zona, concertare una sorveglianza degli alunni con fragilità, dalle disabilità alle malattie croniche. L’Anp ha messo a punto un vademecum.

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La sfilata dei negazionisti senza maschere e pudore

domenica, Settembre 6th, 2020

Serena Sartini

Roma. Gridano «Libertà, libertà», «Verità, verità»; innalzano il Tricolore, e intonano l’Inno di Mameli per dare avvio al loro raduno.

Dopo Berlino, Parigi e Londra, i «negazionisti» scendono in piazza a Roma, alla Bocca della Verità. Centinaia di manifestanti 1.500 secondo la Questura – respingono le etichette di «fascisti» e «negazionisti»; piuttosto, dicono, siamo «contro la dittatura dei vaccini». Chiedono la libertà di scelta sulle vaccinazioni, l’abolizione della legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale e la revisione degli obblighi per la prevenzione delle norme anti contagio da Covid-19.

Tutti senza mascherina, assembrati e senza distanziamento, a dispetto delle norme anti-covid. Tanto che la polizia ha acquisito ed esaminato le immagini delle telecamere per stabilire eventuali violazioni.

In piazza ci sono i no vax, i no mask, Forza Nuova, il gruppo «Giù le mani dai bambini» e il «Popolo delle Mamme». Sul palco campeggia un maxi striscione, «Noi siamo il popolo». Ma anche «No al racket dei vaccini» e «Fuori la mafia dallo Stato». Manifestano contro «le normative anti-covid che minano la libertà» e attaccano il governo per le «misure liberticide attuate». «La nostra democrazia è profondamente in pericolo» dice una partecipante. «Ma il popolo è sovrano, e oggi stiamo dando una grande prova di democrazia». «Noi non siamo negazionisti dice la dottoressa Antonietta Gatti – noi non neghiamo niente se non la strategia del terrore che è stata portata avanti in questi mesi. I negazionisti sono quelli che complottano contro il popolo».

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