Archive for Settembre 15th, 2020

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 15 settembre: 1.229 nuovi casi e 9 morti

martedì, Settembre 15th, 2020
Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 15 settembre: 1.229 nuovi casi e 9 morti

In Italia, dall’inizio dell’epidemia di coronavirus, almeno 289.990 persone (+1.229 rispetto a ieri, +0,4%; ieri +1.008) hanno contratto il virus Sars-CoV-2. Di queste, 35.633 sono decedute (+9; ieri +14) e sono state dimesse 214.645 (+695, +0,3%; ieri +316). Attualmente i soggetti positivi dei quali si ha certezza sono 39.712 (+525, +1,3%; ieri +678); il conto sale a 289.990 — come detto sopra — se nel computo ci sono anche i morti e i guariti, conteggiando cioè tutte le persone che sono state trovate positive al virus dall’inizio dell’epidemia.

I tamponi sono stati 80.517 (35.208 in più rispetto a ieri che erano stati 45.309).

I pazienti ricoverati con sintomi sono 2.222 (+100, +4,7%; ieri +80), di cui 201 in terapia intensiva (+4, +2%; ieri +10).

Questa è la mappa del contagio in Italia. Qui i bollettini dei giorni scorsi.

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Conte: se perdiamo la sfida sul Recovery Fund mandateci a casa

martedì, Settembre 15th, 2020

Se il governo perde la sfida del Recovery Fund “avete il diritto di mandarci a casa“. Così il premier Giuseppe Conte in visita a Norcia. Rivolgendosi agli studenti, Conte ha aggiunto: “Eravate in attesa di un nuovo istituto. Mi avete chiesto un impegno ed è nato un percorso fatto insieme grazie a uno sforzo collettivo. Siete doppiamente sofferenti per il sisma e per la pandemia. Questi sono i giorni della ripartenza”.

Conte agli studenti: “Siete il futuro, massimo sforzo per voi” Il presidente del Consiglio  ha visitato a sorpresa la nuova scuola superiore temporanea “De Gasperi- Battaglia” di Norcia. Il premier si era occupato in prima persona del progetto dopo che a inizio anno, prima del lockdown, la preside Rosella Tonti, insieme a una delegazione di alunni e docenti era andata Palazzo Chigi per protestare sulla lentezza dei lavori. In quell’occasione Conte si era impegnato per portare a termine il cantiere in pochi mesi.

La nuova scuola è stata inaugurata lunedì in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico. “Eravate in attesa di un nuovo istituto. Mi avete chiesto un impegno ed è nato un percorso fatto insieme grazie a uno sforzo collettivo, una sfida impegnativi – ha detto Conte -. Voi mi avete scritto ‘siamo il futuro’ e noi abbiamo il diritto di pretendere il meglio. Avete ragione, dobbiamo dedicare i massimi sforzi per voi. E’ l’anno della fiducia, il momento della ripartenza”.

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Como, don Roberto Malgesini, il «prete degli ultimi», ucciso a coltellate in strada: fermato un senzatetto

martedì, Settembre 15th, 2020

Anna Campaniello

Don Roberto Malgesini (foto  Augusto Santini)

Don Roberto Malgesini (foto Augusto Santini)

Un sacerdote di 51 anni, don Roberto Malgesini, molto conosciuto a Como per il suo impegno al fianco degli emarginati, è stato ucciso a coltellate martedì mattina poco dopo le 7 in piazza San Rocco, a poca distanza dalla parrocchia. Il presunto responsabile, un 53enne tunisino, attorno alle 8 si è presentato in caserma dai carabinieri e si è costituito. Era una persona che don Roberto conosceva, un senzatetto al quale forniva assistenza e con il quale pare fosse anche in buoni rapporti. «Aveva problemi psichici e dei provvedimenti di espulsione non eseguiti fin dal 2015», ha riferito il direttore della Caritas di Como, Roberto Bernasconi. La Questura non conferma i problemi psichici: «Non risulta né dalla documentazione medica che lo riguarda né dalle verifiche coi servizi sociali». Su di lui pende un provvedimento di espulsione datato 8 aprile e «sospeso» a causa della situazione Covid. Il 53enne è arrivato in Italia nel 1993 e si è sposato tre anni dopo con un’italiana. È stato interrogato dopo essere stato medicato in ospedale per una ferita che si è procurata durante l’aggressione.

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La mentalità feudale che esiste ancora

martedì, Settembre 15th, 2020
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di   Dacia Maraini

Abbiamo tutti letto l’orrendo fatto di cronaca di Caivano: un giovane uomo, furioso perché la sorella Maria Paola si è innamorata di un trans, la sperona mentre va in moto con un’altra moto e la manda fuori strada, uccidendola sul colpo. Questo disgustoso fatto di cronaca ci fa capire quanto il nostro Paese sia costituito da sacche di valori e comportamenti differenti. Da una parte i nuovi diritti dei cittadini, la parità fra i sessi, la fine di una famiglia basata sull’autorità paterna, le libertà conquistate dalle donne; dall’altra le radici profonde di una mentalità feudale, con la famiglia intesa come un clan in cui la persona non conta niente rispetto al bene (interpretato come fedeltà a una mentalità da medioevo contadino) del gruppo a cui appartiene. Pensavamo che fossero rimasugli di un remoto costume storico ormai scomparso e invece ecco che lo vediamo rizzarsi come un fantasma, a farci capire che questa visione aberrante perché antistorica sia più estesa di quanto pensavamo.

Le cose che ci sorprendono sono prima di tutto la giovane età del fratello difensore dell’antico senso dell’onore di famiglia. E per secondo la reazione dei genitori di Maria Paola che difendono il figlio sostenendo che non voleva uccidere la sorella ma solo spaventarla. Non una parola sulla legittimità di quell’amore, sul rispetto che merita ogni sentimento sincero quando non nuoce agli altri.

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Johnny lo zingaro arrestato in Sardegna dopo l’evasione

martedì, Settembre 15th, 2020

Il latitante Giuseppe Mastini, conosciuto come Johnny ‘lo zingaro’ e scappato dopo un permesso premio dal carcere di Sassari lo scorso 6 settembre, è stato rintracciato e arrestato dalla polizia. 

L’ultima evasione. Era in permesso premio e doveva fare rientro in carcere a mezzogiorno, ma a Bancali non è tornato. Giuseppe Mastini, 60 anni, l’ergastolano conosciuto come Johnny lo zingaro era evaso ancora una volta. Era rinchiuso da luglio del 2017 nel carcere di massima sicurezza di Sassari, dopo la precedente evasione avvenuta il 30 giugno del 2017, dal penitenziario di Fasano (Cuneo). Anche in quella occasione era uscito, godendo del regime di semilibertà, e non aveva fatto rientro. La stessa cosa è accaduta il 6 settembre. 

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Inchiesta fondi Lega, quei 19 milioni finiti a Cipro e alle Cayman

martedì, Settembre 15th, 2020

Nuova puntata dell’inchiesta sui fondi della Lega: questa volta le indagini della procura di Genova battono la pista di 19 milioni di euro scomparsi e le cui tracce portato soprattutto a Cipro e in seconda battuta alle isole Cayman. Sotto la lente dei magistrati un bonifico sospetto fra due notai vicini al partito di Matteo Salvini.

Come scrive Repubblica:

Nel 2013 la Lega Nord studia come creare un trust su cui far confluire il patrimonio del partito: svuotare i conti correnti bancari in modo che, in caso di azioni giudiziarie, i creditori e soprattutto i pm che indagano sulla sparizione dei 49 milioni di euro della truffa allo Stato messa in atto dall’ex tesoriere Francesco Belsito e dall’allora segretario Umberto Bossi, non trovassero nulla.

In particolare l’attenzione degli inquirenti genovesi si è indirizzata verso un maxi bonifico da 19 milioni di euro fatto dal notaio milanese Angelo Busani a un altro notaio, Mario Grandi – entrambi orbitano intorno alla Lega. Quest’ultimo poi gira i 19 milioni con un altro bonifico destinazione estero, presumibilmente per farne perdere le tracce.

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Al tavolo col Dragone

martedì, Settembre 15th, 2020

“Non siamo naive, ma sappiamo che la Cina ha un modello sociale, economico e politico molto diverso dal nostro”. Le parole del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in conferenza stampa con Angela Merkel e Ursula von der Leyen, accendono i riflettori su tutta la dose di realismo e prudenza che l’Unione europea sta utilizzando nelle trattative con Pechino per un accordo su commercio e investimenti. Trattative in corso dal 2013, con oltre 30 round di colloqui già fatti ma ancora complicate. Oggi però anche l’attesissima videconferenza dei tre leader europei con il presidente cinese Xi Jinping stabilisce che bisogna farcela. Come? Senza ultimatum. Entro quando? “Contano i contenuti non le scadenze”, dice von der Leyen. “C’è ancora lavoro da fare”, frena Merkel. “Entro il 2020”, spingono da Pechino: la parte più forte, la fa il Dragone.

In attesa di capire come andranno le presidenziali negli Usa, mentre continuano le tensioni con Donald Trump e, guardando a oriente, con Vladimir Putin sul caso Navalny, l’Ue – primo partner commerciale con la Cina, oltre un miliardo di euro negli scambi ogni giorno – si siede al tavolo con Xi Jinping per trattare. E’ un negoziato del quale Bruxelles e le capitali europee non possono fare a meno. I mercati europei e cinese sono già intrecciati, i leader seguono la scia. Anche se questo significa dover fare esercizio di prudenza e realismo sul rispetto dei diritti umani e sulle ambizioni climatiche di Pechino. Banditi i toni duri: al tavolo col presidente cinese, i tre leader europei cercano di piantare paletti sulla questione Hong Kong, sulla lotta ai cambiamenti climatici, sull’accesso al mercato soprattutto per le aziende tecnologiche. Ma il ‘piatto’ è sempre servito con i guanti bianchi, l’ospite trattato con la cura che si riserva ad un partner di cui non si può fare a meno.

L’atteso vertice Ue-Cina, che la presidenza tedesca avrebbe voluto a Lipsia e che il covid ha costretto in videoconferenza, segna comunque un punto importante, soprattutto per l’Italia: in campo alimentare. I quattro leader firmano un accordo di mutuo riconoscimento di cento prodotti a indicazione geografica. Pechino si impegna a tutelare in Cina cento prodotti europei di denominazione controllata (Dop e Ing), tra cui ben 26 italiani. E cento prodotti cinesi, tra cui il riso Panjin, diverse varietà di tè e le bacche di goji Chaidamu, entreranno nel registro Ue della qualità.

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Stefano Massini, “Parole in corso”: l’origine del termine “peste”

martedì, Settembre 15th, 2020

REP.IT

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Offensiva di Casaleggio contro i ribelli: “Ecco i nomi dei parlamentari morosi”

martedì, Settembre 15th, 2020

ILARIO LOMBARDO

ROMA. «Ora è guerra aperta». È il messaggio che intasa le chat dei parlamentari del M5S non appena sulla loro casella appare la mail di Davide Casaleggio, inviata agli oltre centomila iscritti della piattaforma Rousseau. Apparentemente serve ad annunciare che, a causa «delle gravi morosità» di diversi eletti, l’omonima Associazione che gestisce l’infrastruttura digitale a servizio del M5S, e che Casaleggio jr presiede, è costretta «a ridurre progressivamente diversi servizi e strumenti le cui spese di funzionamento, in assenza delle entrate previste, non risultano più sostenibili».

In realtà la mail è un messaggio chiaro che l’imprenditore, figlio del co-fondatore del M5S Gianroberto, intende sbattere in faccia ai parlamentari che da settimane chiedono di sfilargli la piattaforma in nome di un controllo diretto del software da parte degli eletti. Lo fa rinunciando del tutto alla diplomazia, mettendo in vetrina la lacerazione interna al Movimento, usando una modalità che dai parlamentari viene percepita come una vera gogna pubblica. Infatti, scorrendo il testo, Casaleggio jr invita gli iscritti a cliccare sul link che contiene l’elenco di chi non ha ancora pagato la rata dei 300 euro mensili che ogni eletto si era impegnato a versare. È considerato in regola chi ha pagato fino ad aprile 2020 compreso. In totale, i morosi sono 48 su 294 tra deputati e senatori, circa un sesto. Tra i nomi più noti ci sono le senatrici Paola Taverna e Giulia Grillo (entrambe ferme al dicembre 2019). «Credo – scrive l’imprenditore – che nessuno debba essere al di sopra delle regole che ci siamo dati».

Il clima nel M5S è pessimo. Mentre si riaffacciano con insistenza ipotesi di scissioni, la richiesta di convocare gli Stati Generali continua a cadere nel vuoto. Ma, come spiega una fonte autorevole del M5S, prima di far partire la controffensiva Casaleggio ha voluto il via libera del garante Beppe Grillo. Ha informato il reggente Vito Crimi e l’ex capo politico Luigi Di Maio. In sintesi, sostiene il figlio del fondatore, se Rousseau va in mano ai parlamentari «è la fine del sogno di mio padre, dell’uno vale uno. Diventeremo come tutti gli altri». Di Maio: “M5s deve eleggere un gruppo di leadership forte per decisioni legittimate”

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Ripartenza in salita per la scuola, ora gli esami più duri

martedì, Settembre 15th, 2020

A CURA DI FLAVIA AMABILE

Con emozione e un po’ di ansia oltre 5 milioni e 600 mila studenti e studentesse sono tornati a scuola ieri in 13 regioni per la ripresa dell’attività didattica. In totale saranno 8,3 milioni, quando rientreranno tutti. Una ripresa che è comunque avvenuta senza problemi eccessivi, ma i nodi sul tappeto restano numerosi, dalla consegna dei nuovi banchi che marcia lenta, agli organici non coperti, agli spazi ridotti, alle mascherine che non sempre ci sono o vengono indossate correttamente. Difficoltà in molti istituti a fare rispettare il distanziamento a causa della mancanza di spazi.

Insomma la strada è ancora lunga. Le difficoltà sono enormi e rischiano di diventare molto complesse tra certificati e quarantene da gestire quando si andrà incontro a un aumento dei contagi.

IL RITARDO – Consegnato un banco su dieci
Le scuole hanno avuto due possibilità per acquistare i banchi: accedere ai fondi messi a disposizione dagli enti locali oppure aspettare quelli promessi dalla struttura del commissario straordinario all’emergenza Covid-19. I primi sono tradizionali banchi monoposto, ormai arrivati quasi ovunque. Per i secondi invece sarà necessario attendere ancora, perché il completamento delle consegne è previsto tra un mese e mezzo, per la fine di ottobre. Secondo i presidi, dei 2,4 milioni di banchi acquistati ne sono stati consegnati circa 200mila, secondo la Flc Cgil il doppio. In ogni caso troppo pochi.

Ripartenza in salita per la scuola, ora gli esami più duri

LE MASCHERINE – La distribuzione è un caos
«Abbiamo distribuito fino a ieri 94 milioni di mascherine. Oggi ne distribuiamo altri 65 milioni: considerando che gli studenti sono otto milioni e mezzo e il personale docente e non docente un milione e mezzo, abbiamo almeno due settimane se non tre di autonomia». Lo ha riferito il commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri, assicurando che fino al termine dell’anno scolastico non ne mancheranno mai. Nelle scuole ieri però regnava ancora molta confusione su come distribuirle, per cui molti istituti hanno permesso di tenere quelle portate da casa.

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