“Non siamo naive, ma
sappiamo che la Cina ha un modello sociale, economico e politico molto
diverso dal nostro”. Le parole del presidente del Consiglio europeo
Charles Michel, in conferenza stampa con Angela Merkel e Ursula von der
Leyen, accendono i riflettori su tutta la dose di realismo e prudenza
che l’Unione europea sta utilizzando nelle trattative con Pechino per un
accordo su commercio e investimenti. Trattative in corso dal 2013, con
oltre 30 round di colloqui già fatti ma ancora complicate. Oggi però
anche l’attesissima videconferenza dei tre leader europei con il
presidente cinese Xi Jinping stabilisce che bisogna farcela. Come? Senza
ultimatum. Entro quando? “Contano i contenuti non le scadenze”, dice
von der Leyen. “C’è ancora lavoro da fare”, frena Merkel. “Entro il
2020”, spingono da Pechino: la parte più forte, la fa il Dragone.
In
attesa di capire come andranno le presidenziali negli Usa, mentre
continuano le tensioni con Donald Trump e, guardando a oriente, con
Vladimir Putin sul caso Navalny, l’Ue – primo partner commerciale con la
Cina, oltre un miliardo di euro negli scambi ogni giorno – si siede al
tavolo con Xi Jinping per trattare. E’ un negoziato del quale Bruxelles e
le capitali europee non possono fare a meno. I mercati europei e cinese
sono già intrecciati, i leader seguono la scia. Anche se questo
significa dover fare esercizio di prudenza e realismo sul rispetto dei
diritti umani e sulle ambizioni climatiche di Pechino. Banditi i toni
duri: al tavolo col presidente cinese, i tre leader europei cercano di
piantare paletti sulla questione Hong Kong, sulla lotta ai cambiamenti
climatici, sull’accesso al mercato soprattutto per le aziende
tecnologiche. Ma il ‘piatto’ è sempre servito con i guanti bianchi,
l’ospite trattato con la cura che si riserva ad un partner di cui non si
può fare a meno.
L’atteso vertice Ue-Cina, che la presidenza
tedesca avrebbe voluto a Lipsia e che il covid ha costretto in
videoconferenza, segna comunque un punto importante, soprattutto per
l’Italia: in campo alimentare. I quattro leader firmano un accordo di
mutuo riconoscimento di cento prodotti a indicazione geografica. Pechino
si impegna a tutelare in Cina cento prodotti europei di denominazione
controllata (Dop e Ing), tra cui ben 26 italiani. E cento prodotti
cinesi, tra cui il riso Panjin, diverse varietà di tè e le bacche di
goji Chaidamu, entreranno nel registro Ue della qualità.