Archive for Dicembre, 2020

“Ci mancava solo il sisma: vattene 2020”. Catastrofi e malattie, gli anni bui della storia

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di GIOVANNI SERAFINI

Ci sono anni che non si dimenticano, che restano nella storia, che fanno paura. Anni che se ne vanno avvolti nelle tenebre, come il mostro di Loch Ness nelle acque torbide della leggenda. Il 2020 è uno di questi. È iniziato con l’esplosione di una pandemia che ha già provocato la morte di 1 milione 600mila persone. Si avvia al termine con un terremoto – ci mancava anche questa – che dalla Croazia si è avvertito anche in Italia. “Non vedo l’ora che il 2020 se ne vada, speriamo che il 2021 sia migliore”, è la frase ricorrente che leggiamo negli sms, nei tweet, nei biglietti augurali che circolano in queste ore nel pianeta.

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Qualcosa del genere dovevano pensare anche i nostri antenati che vissero il passaggio all’anno Mille accompagnati da mille presagi infausti: “Movimenti tellurici, apparizioni di eclissi, di balene mostruose, di santi, di diavoli e di morti venivano a ricordare al disordine del mondo che bisognava far penitenza e purificarsi alla vigilia del Giudizio Universale”, scrive lo storico Georges Duby. “Una cometa che brilla da una parte, il presagio del ritorno di Satana dall’altra, chi poteva sapere se alla fine di tante visioni e voci strane la terra non si sarebbe rivelata il giorno dopo soltanto un mucchio di ceneri fumanti?”, aggiunge un altro storico, Jules Michelet.

Furono gli scrittori romantici dell’Ottocento, rievocando l’Apocalisse di San Giovanni, a dar vita alla leggenda dei millenaristi: il 31 dicembre dell’anno 999 – raccontarono – il mondo si fermò in attesa della fine; le chiese erano piene di gente che piangeva e si batteva il petto, perfino i ladri e gli assassini si trascinavano in ginocchio verso i confessionali. Allo scoccare della mezzanotte tutti s’immobilizzarono, le orecchie tese per sentir squillare le trombe del giudizio… Ma l’Apocalisse non si manifestò, Satana non apparve, le trombe rimasero mute.

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Renzi fa sul serio: possibile un Conte ter

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di ETTORE MARIA COLOMBO

“Il governo Conte bis, per quanto mi riguarda, è finito” spiega Matteo Renzi ad alcuni dei suoi interlocutori più assidui e fidati. Ma nessuna mossa o tentazione politicista, il tentativo è quello di stare sempre sui contenuti. “E’ Conte che semmai ci deve rispondere su un Recovery Plan che fa acqua da tutte le parti, sulla delega ai servizi segreti che, in modo inconcepibile vuole tenersi per sé, sui soldi del Mes, che in modo assurdo si rifiuta di prendere, sulla Tav e le trivelle che i suoi amici dei 5Stelle vogliono stoppare per sempre”.

Concetti espressi anche nella conferenza stampa di due sere fa in Senato. Renzi nei suoi conversari privati si mostra calmo e fermo nelle sue convinzioni, ma è anche un fiume in piena, sicuro di sé, delle sue scelte, consapevole che “mi sto giocando l’osso del collo” come scrive di mattina presto nella enews, aggiungendo un “facciamo sul serio” forse poco compreso.

“Valgo il 2%? Bene, presto lo vedremo” quasi sogghigna. Ovviamente, le domande dei suoi riguardano il dopo. “Se nascerà un Conte ter?”, risponde il senatore di Rignano a chi lo incontra. “Potrebbe anche essere, dipende, vedremo. Io vorrei altro, non lo nascondo, un altro governo e di un altro spessore. Ma se Conte molla la delega sui servizi, se il Recovery Plan viene rivoltato come un calzino, se – putacaso – arrivano due vicepremier a dare manforte a una squadra così debole, se cambiano alcuni ministri, allora se ne può parlare. Noi di Iv non ne faremo mai una questione di poltrone e se qualcuno di voi ne parla lo disconosco in un lampo. Di certo è dalle risposte del premier che dipenderà tutto”.

Insomma, Renzi, parlando con i suoi, appare più determinato che mai. Un po’ scherzando e un po’ no, ad alcuni di loro dice: “Dal gennaio al 6, la Befana, andate pure in ferie. Poi, però, vi conviene non prendere impegni”. Parole pesanti, dure, che lasciano presagire lo scenario peggiore: una crisi di governo che di sicuro si apre, nei primi giorni del 2021 (le Camere tornano a lavorare il 7) ma che nessuno sa, neppure Renzi, come si potrebbe chiudere.

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Rosso sul conto corrente può costare caro. Stretta sui debitori con 100 euro di scoperto

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di ACHILLE PEREGO

Dall’anno prossimo andare in rosso sul conto corrente o non rimborsare la rata del mutuo o del prestito per comprare l’auto rischia di costare molto caro. Con la possibilità per le famiglie e le imprese, di essere classificate come “debitori in default“. Con tutte le conseguenze sui rapporti contrattuali (sospensione delle linee di credito, rientro dal debito, azioni di recupero) collegate alla definizione di “inadempienti”.

Il 1° gennaio del 2021, infatti, è l’ultimo giorno per l’entrata in vigore delle nuove norme varate dall’Eba, l’Autorità bancaria europea, a settembre 2016. Norme fin dall’inizio considerate troppo stringenti dall’Abi, e a maggior ragione ora con la crisi da Covid. “Da qualche anno noi solleviamo questo problema – avverte il presidente dell’Abi Antonio Patuelli – e abbiamo accentuato queste segnalazioni con la pandemia”. Quest’anno, aggiunge Patuelli, le autorità europee hanno allentato tante norme ma non la nuova e più rigorosa definizione di default: “Confidiamo che in questa spinta di flessibilità di emergenza pandemica ci possa essere anche questa revisione, o almeno una sospensione o un allentamento”. Tesi ribadita anche dal dg di Abi, Giovanni Sabatini che nel sottolineare “l’eccessiva rigidità” delle nuove soglie indicate dall’Eba, ha manifestato “apprezzamento nell’intensificarsi delle posizioni volte a sostenere una urgente modifica”. Posizioni che hanno visto ieri lanciare l’allarme sul rischio della stretta creditizia consumatori, imprese e forze politiche. Giorgia Meloni (Fdi) ha chiesto al governo (sollecitato anche dal Codacons) di intervenire contro “un disastro annunciato” mentre Antonio Tajani ha inviato una lettera ai commissari McGuinness e Breton.

Se non ci saranno marce indietro, dal 1° gennaio le nuove regole prevedono che un privato sia considerato automaticamente in default se è in arretrato da oltre 90 giorni per un importo in rosso di appena oltre 100 euro e/o superiore all’1% (finora era il 5%) dei prestiti o mutui in essere. Quindi 150 euro nel caso di un prestito da 15mila euro o 1000 con un mutuo da 100mila. Rispetto a oggi, se resterà identica la segnalazione dopo 90 giorni di arretrati alla Centrale rischi come “cattivi pagatori” (con quindi poi le difficoltà a ottenere nuovi finanziamenti), il default, pur riguardando un unico debito, all’interno dello stesso gruppo bancario si estenderà a tutti i finanziamenti in essere e non si potranno usare altre linee di credito per compensare il rosso. Infine, si potrà tornare in bonis solo tre mesi dopo aver onorato gli arretrati, con commissioni e interessi compresi.

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Vaccino Covid, Mirabelli: «Basta un decreto legge per renderlo obbligatorio»

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di Giuseppe Scarpa

«Se si vuole procedere con rapidità si può adottare un decreto legge, ma è un atto che poi va convertito in legge dal Parlamento entro sessanta giorni». A spiegarlo è Cesare Mirabelli, 78 anni, giurista, ex presidente della Corte Costituzionale. Il tema è quello che domina da giorni il dibattito politico e pubblico: ovvero l’imposizione a tutti i cittadini del vaccino anti Coronavirus che nei giorni scorsi è arrivato in Italia. Una tema delicato che tocca diversi diritti tra cui la libertà individuale e l’interesse collettivo. 

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Può esserci la vaccinazione obbligatoria sul Covid-19 nel nostro Paese? 
«In linea generale la salute e la sua tutela è un diritto fondamentale, un interesse che riguarda la collettività. Qui vi è un doppio versante: l’individuo e la sua libertà ed il bene della comunità. Ebbene i trattamenti sanitari obbligatori sono possibili, sono ammessi dalla nostra Costituzione. Tuttavia occorre una legge che li disponga e devono essere adeguatamente giustificati. È questo, infatti, un argomento estremamente delicato». 

Questo cosa comporta?
«Deve esserci una garanzia della fonte normativa, un’assunzione di responsabilità da parte del Parlamento, una decisione del genere non può essere adottata con un semplice provvedimento amministrativo. Inoltre l’obbligo di vaccinazione deve rispondere al principio dell’interesse collettivo, dell’intero Paese».

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Vaccino, come va richiesto (e chi ci contatterà)? Dalle Asl al Cup quello che dobbiamo sapere

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di Lorena Loiacono

Vaccino, come va richiesto (e chi ci contatterà)? Dalle Asl al Cup quello che dobbiamo sapere

Due dosi, a distanza di un mese o poco più, e l’incubo del Covid potrebbe fare meno paura. Questo è lo scopo del vaccino che ha iniziato la sua campagna in Italia domenica scorsa. Dopo le prime immagini, simboliche, ora le dosi devono arrivare a tutta la popolazione per raggiungere una copertura del 90% da qui ai prossimi 12 mesi. APPROFONDIMENTI

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Voglio aderire, come devo fare?

Si procede per step ben definiti, partendo dagli operatori sanitari e dagli over 80 per poi arrivare alle categorie più a rischio dal punto di vista medico ma anche lavorativo. E poi verranno vaccinate le persone “sane”. Ma non resta che capire chi si occuperà di chiamare le singole persone: che tipo di comunicazione arriverà al paziente che vorrà presentarsi alla vaccinazione?

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Pianificazione negli ospedali

In questa prima fase, che andrà avanti fino al mese di marzo, vengono coinvolti gli operatori sanitari e i pazienti delle Rsa: spetta quindi alle singole direzioni sanitarie degli ospedali o delle strutture mediche formulare un calendario di vaccinazioni.

Si parte dai medici e dagli infermieri in prima linea, nei reparti Covid, e dagli anziani che non hanno avuto ancora contatti con il virus.

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Per ultimo chi ha avuto il Covid

Poi, sempre in questa prima fase quindi con la massima priorità, verranno vaccinati i medici che hanno avuto il Covid, quelli già contagiati: dovranno fare comunque il vaccino per una maggiore protezione anche perché ci sono stati casi in cui il contagio si è ripresentato.

Flourish logo

A Flourish bar chart race

Prenotazione al Cup, ma non solo

Ci saranno poi le fasi successive, a partire da aprile e fino a dicembre, quando le dosi dovranno arrivare a tutta la popolazione e usciranno quindi dall’ambiente medico ospedaliero. Prima toccherà agli over60 e alle persone con patologie croniche a rischio, poi al personale scolastico, delle forze dell’ordine e ai malati di medio rischio e infine a tutto il resto della popolazione. Verranno coinvolti i medici di base che contatteranno prima i pazienti a rischio, in linea con quanto avviene nella maggior parte dei casi con la campagna di vaccinazione influenzale. In questo caso saranno operative anche le Asl per organizzare gli appuntamenti: il paziente che riceve la chiamata dal medico di base deve poi dare la sua adesione e quindi prenotare l’appuntamento anche tramite il Cup, un centro di prenotazione unico con un numero dedicato. Il vaccino si farà in strutture ad hoc: per ora non è previsto che venga fatto negli studi medici di famiglia ma la situazione potrebbe cambiare da qui ad aprile.

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Recovery, il piano è da rifare. Il Pd a Conte: meno bonus o si rischia

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di Marco Conti

Se al Nazareno arrivano a dire «non stiamo nè con Conte nè con Renzi», la sorte del governo può dirsi segnata. Lo si comprende anche dagli incontri dei partiti con i ministri Gualtieri e Amendola sul piano di spesa del Next Generation Eu. La proposta uscita da palazzo Chigi una decina di giorni fa è stata di fatto cestinata non solo da Italia Viva che andrà oggi al Mef in delegazione (anche se Renzi ha illustrato il contropiano denominato Ciao) ma anche da Pd, Leu e, in buona parte, anche dal M5S. Nelle dieci pagine di proposte dei dem si avverte la preoccupazione che il commissario Ue Paolo Gentiloni ha esplicitato ieri nell’intervista a Repubblica: troppi micro progetti e troppi incentivi e bonus a danno degli investimenti.

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Il binario

Si riparte quindi da capo, si asciuga il testo, si concentrano le risorse su alcuni progetti, si ragiona sulla governance. Ma le scelte finali spetta a Conte proporle ai partiti e non si limiteranno al seppur importante Next Generation Eu. Infatti, malgrado i tentativi, la stesura del piano del Recovery non è mai uscita dal tavolo della verifica di maggioranza, aperta da Conte dieci giorni fa e mollata poi su un binario morto che ha lasciato campo libero a Renzi e irritato i dem che accusano sempre più chiaramente il premier di rinviare e non affrontare mai i problemi.

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Il vento del nuovo anno

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di Antonio Polito

L’opposizione confida nella «legge» di Tocqueville. Il pensatore francese sosteneva che un popolo può sopportare a lungo e senza lamentarsi condizioni difficili e restrizioni della libertà, ma «le rifiuta violentemente non appena se ne alleggerisca il peso». Nei tempi duri il malcontento si accumula, però difficilmente si traduce in azione politica, perché prevale la paura di star peggio. Ma quando
si esce dall’emergenza, e le cose migliorano, ecco che c’è lo spazio per chiedere di più e provare un cambiamento. Una delle tante conferme storiche di questa legge è la vicenda di Winston Churchill: vinse la guerra e perse le elezioni, poiché gli inglesi preferirono voltar pagina dopo tutto «il sudore, le lacrime e il sangue» che lo sforzo bellico aveva imposto.

È probabile che anche da noi la fine della pandemia porti a un cambiamento radicale negli orientamenti dell’elettorato.È del resto già successo che durante una crisi la gente preferisca la sinistra, nella convinzione che sia più generosa nell’uso del denaro pubblico, ma per la ripresa si rivolga a destra, sperando in meno vincoli e più libertà all’iniziativa privata. Però la fine della pandemia è ancora lontana. L’anno nuovo può portare grandi novità politiche, ma intanto si apre con un più tradizionale lockdown. Siamo ancora immersi nella seconda ondata, e non sappiamo se ce ne sarà una terza; se basterà il vaccino e quando arriverà la nostra dose; se e quando riapriranno le scuole dei nostri figli. Abbiamo altro a cui pensare insomma, prima della politica. Per questo i partiti si muovono un po’ al buio. Fanno giochi di palazzo ma col fiato sospeso, aspettando di capire dove andrà il Paese, da che parte tirerà il vento del 2021. Così il governo un po’ alla volta si indebolisce, ma l’alternativa resta avvolta nella nebbia. Eppure questo «grande stallo», invece di stabilizzare la situazione, manda in fibrillazione la maggioranza. La ragione è semplice: anche da quella parte conoscono, e temono, l’effetto Churchill.

Le strategie per evitarlo sono molte e diverse, spesso anche in conflitto tra loro, ma convergono tutte su un obiettivo: ristrutturare l’offerta politica del centrosinistra, così che quando l’emergenza finisca sia pronto qualcosa che sembri nuovo. Il materiale a disposizione non è abbondante, e i voti nemmeno, dunque bisogna lavorare con la fantasia. Gli ingredienti sul piatto sono tre: una nuova alleanza politica, un nuovo sistema elettorale, un nuovo Presidente della Repubblica.

Ognuno si muove a modo suo. Renzi fa il Ghino di Tacco, scuotendo l’albero per cambiare governo (ma con l’apprezzabile scelta di far leva sui contenuti: più o meno gli stessi che fino a un mese fa sbandierava il Pd). Gli eredi della tradizione togliattiana, come Bettini, puntano a far nascere intorno al premier un nuovo partito che dia più spazio coalizionale al Pd (non sarebbe la prima volta, anche D’Alema curò il parto elettorale di Dini nel 1996). Conte e Franceschini, figli e figliastri della tradizione democristiana, contano invece sul fatto che il potere logora chi non ce l’ha: o con un estenuante temporeggiamento moroteo nel caso del premier pugliese, o con una tessitura squisitamente dorotea per il ministro ferrarese, un domino di «alleanze matrimoniali» con i Cinquestelle che parte dalla scelta dei candidati sindaci nelle cinque grandi città al voto in primavera, per arrivare fino al prossimo inquilino del Quirinale da eleggere tra un anno.

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Vaccino Covid, sugli acquisti della Germania è intervenuta l’Ue. Per l’Italia 13,5 milioni di dosi in più

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di Lorenzo Salvia

Un giallo che ricorda i tempi della Guerra fredda. C’è stato un momento, ieri mattina, in cui siamo arrivati a un passo dall’incidente diplomatico. Se non di più. Il governo italiano stava pensando di protestare formalmente con la Germania, per la scelta di acquistare 30 milioni di dosi del vaccino anti Covid prodotto dalla Pfizer-BioNTech. Una decisione che rischiava di far saltare il principio di solidarietà tra i Paesi europei, costruito faticosamente con gli acquisti centralizzati da parte di Bruxelles, da dividere poi tra gli Stati membri. Una linea sempre predicata a favore di telecamere ma poi spesso sacrificata al primo refolo di interesse nazionale.

L’incidente alla fine non c’è stato. Ma le proteste dell’Italia, assieme a quelle di molti altri Paesi europei, sono arrivate alla commissione europea. E forse le nostre sono state più accese di altre.

Se la corsa al vaccino si trasformasse davvero in un liberi tutti e ognuno per sé, per l’Italia sarebbe un disastro. È vero che il governo sarebbe pronto a seguire la stessa strada imboccata dalla Germania, con accordi separati che portino dosi aggiuntive rispetto ai 202 milioni già opzionati via Bruxelles. Ma è vero anche che la dote aggiuntiva della Germania può contare sul fatto che un ramo di Pfizer—BioNTech è tedesco. Mentre l’Italia, almeno per ora, non ha aziende nazionali che producano il vaccino.

Ma nel primo pomeriggio arriva il colpo di scena. Anzi, la toppa. A parlare è la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, non a caso tedesca: «Abbiamo deciso di prendere altre 100 milioni di dosi aggiuntive del vaccino Pfizer-BioNTech, già in uso. Avremo quindi 300 milioni di dosi di questo vaccino, che è stato valutato sicuro ed efficace. Altri vaccini seguiranno».

Non solo. Perché poche ore dopo un portavoce della commissione dice che «per quanto ne sappiamo nessuno si è assicurato dosi addizionali fuori dall’accordo Ue».

Cosa è successo, allora?
Versione buonista, la Germania si sarebbe portata avanti, bruciando l’annuncio della commissione perché quei 30 milioni, in realtà 27, rientrano nel nuovo accordo europeo. Oppure, versione a telecamere spente, la commissione è intervenuta per evitare che la fuga in avanti della Germania facesse saltare tutto. In realtà la quota tedesca sui 100 milioni aggiuntivi annunciati da Von der Leyen sarebbe più bassa: circa 20 milioni contro i 30 che hanno fatto esplodere il caso. Ma in ogni toppa i segni della cucitura restano visibili. Mancano solo lo spionaggio e il controspionaggio. E non è detto che non ci siano stati.

Germania oppure no, per l’Italia resta la necessità di accelerare sulle forniture. Tra stanotte e domattina, dopo l’ultima modifica del calendario da parte di Pfizer-BioNTech, dovrebbero arrivare altre 470 mila dosi nei 203 siti attivi per ora. Nelle quattro settimane di gennaio la media dovrebbe restare quella, 470 mila dosi. Resta il nodo degli altri vaccini. Per AstraZeneca le notizie non sono positive visto che Ema, l’ente regolatorio europeo, ha confermato che il via libera non arriverà entro gennaio. Noi ne abbiamo opzionato 40,38 milioni di dosi.

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Agitu Ideo Gudeta, l’assassino ha confessato: è un suo dipendente

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

di Tommaso Di Giannantonio e redazione Online

Trento – Era fuggita dal suo Paese, l’Etiopia, dopo essere stata più volte minacciata a causa del suo impegno contro l’accaparramento delle terre da parte delle multinazionali e aveva cercato un futuro in Trentino. Non era stato facile, aveva combattuto anche contro i pregiudizi. Ma lei, energica e forte, determinata e coraggiosa, era riuscita a farsi amare anche in quella valle, storicamente chiusa. Aveva tanti progetti, voleva ampliare la sua azienda agricola «La capra felice» in valle dei Mocheni, in Trentino, e aveva mostrato il rendering anche ad alcuni amici. Finalmente dopo tanta sofferenza e le minacce a sfondo razzista di cui era stata vittima, Agitu Idea Gudeta, classe 1978, aveva trovato un po’ di serenità.

Ieri è stata uccisa a martellate. Un colpo alla testa che non le ha lasciato via di scampo. Ma Agitu, l’allevatrice etiope conosciuta e stimata in tutto il Trentino che a gennaio avrebbe compiuto 43 anni, è stata forse anche violentata. È quanto stanno cercando di capire i carabinieri della compagnia di Borgo Valsugana che insieme ai colleghi del reparto operativo del comando provinciale, guidati dal sostituto procuratore Giovanni Benelli e dal procuratore Sandro Raimondi, indagano sull’omicidio. I militari hanno trovato anche l’arma del delitto: un martello. Il corpo della donna è stato trovato accasciato a terra all’interno della sua abitazione, nella sua camera da letto, al secondo piano di un edificio di proprietà del Comune, che comprende anche la canonica del paese, in località Plankerhoff, a Frassilongo, un complesso che sorge a pochi chilometri dalla sua azienda agricola.

I carabinieri stanno cercando di ricostruire quei terribili minuti all’interno della stanza da letto di Agitu, che da circa tre anni aveva preso con sé un collaboratore per l’azienda agricola, un uomo di origine ghanese di 32 anni, di nome Adams. Un pastore che lei aveva accolto e aiutato. L’uomo è stato fermato in serata e portato in caserma dove è stato interrogato per ore e ha confessato. Non è ancora chiaro il movente, sono tante le ombre e gli interrogativi che avvolgono il delitto: si tratterebbe di un problema di soldi e di uno stipendio non corrisposto. A lanciare l’allarme, verso le 18, è stata la vicina di casa.

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Covid, Asl taglia lo stipendio a un medico negazionista piemontese | Con un video diceva di non usare i vaccini

mercoledì, Dicembre 30th, 2020

Un medico è stato sanzionato per aver diffuso sul web teorie negazioniste sulla pandemia. E’ quanto ha deciso l’Asl nei confronti di Giuseppe Delicati, medico di famiglia a Borgaro, nel Torinese. In un video il medico sollevava forti dubbi sull’esistenza della pandemia e sull’efficacia del vaccino antinfluenzale, citando fonti non meglio specificate del Pentagono. La sanzione consiste anche nella riduzione dello stipendio per 5 mesi.

giuseppe delicati medico negazionista

Il video che ha “incastrato” il medico – “Mi chiamo Giuseppe Delicati. Sono un ex ufficiale medico dell’Aeronautica. Volevo fare un invito per la prossima vaccinazione antinfluenzale”. Iniziava così il video del medico di Borgaro Torinese che era stato anche denunciato per procurato allarme. Il dottor Delicati era finito nell’occhio del ciclone per le sue esternazioni sul Covid e, soprattutto, sul vaccino antinfluenzale.  Leggi Anche

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