Archive for Dicembre, 2020

Namibia, eletto il signor Adolf Hitler: «Ma io non ho niente a che vedere con il nazismo»

venerdì, Dicembre 4th, 2020

di Francesco Padoa

L'Adolf Hitler namibiano e il dittatore tedesco

Dice: «Io col nazismo e i suoi ideali non ho nulla a che vedere». Sicuramente è così, bisogna credere al signor Adolf Hitler, che proprio la scorsa settimana ha vinto, in modo schiacciante, le elezioni locali in Namibia. Sì, proprio Adolf Hitler, anche se per la precisione lui preferisce farsi chiamare Uunona Adolf Hitler. Il signore in questione è un politico namibiano, di 54 anni. «E’ stato mio padre a volermi chiamare così. Probabilmente non sapeva nemmeno che cosa avesse fatto Adolf Hitler, quello vero. Non credo sapesse il male che procurò alla storia dell’umanità». L’Adolf Hitler namibiano ha trascorso la sua vita a combattere l’apartheid ed è appena stato eletto consigliere distrettuale di Ompundja, nella regione di Oshana. APPROFONDIMENTI

VITTORIA NETTA

La vittoria netta (85% delle preferenze) nelle recenti elezioni, visto il nome che porta, non poteva certo passare inosservata anche oltre i confini nazionali. «Non ho piani per il dominio del mondo», assicura con un pizzico di sarcasmo, forse inevitabile. In un’intervista al quotidiano tedesco Bild, ha insistito di non avere «niente a che fare» con l’ideologia nazista. Adolf, come altri nomi germanici, non è raro in Namibia, Paese nell’Africa del Sud che una volta fu colonia tedesca: tra il 1884 e il 1915, la Namibia faceva parte del territorio tedesco chiamato Africa sud-occidentale tedesca. L’Impero tedesco uccise migliaia di persone durante una rivolta del 1904-1907 da parte delle popolazioni locali Nama, Herero e San, in quello che alcuni storici hanno chiamato “il genocidio dimenticato”. All’inizio di quest’anno, la Namibia ha rifiutato un’offerta di 10 milioni di euro dalla Germania come risarcimento per i danni e la morte causati in passato, pretendendo di negoziare un’offerta maggiore.

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Perché Conte ci parla in tv all’ora di cena

venerdì, Dicembre 4th, 2020

di MASSIMO DONELLI

Anche ieri sera Giuseppe Conte ha scelto benissimo i tempi Auditel per scalare gli ascolti TV. L’ennesimo Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) era pronto da ore. Ma il premier ha parlato alle 20,20 facendo irruzione nei telegiornali. Un annuncio a reti unificate, quindi, come accade solo il 31 dicembre, quando il presidente della Repubblica fa gli auguri alla nazione. C’è, però, una bella differenza tra il messaggio del capo dello Stato e le incursioni del premier. Il primo è fuori dal perimetro dei tg (20-20,30). Il secondo è dentro e si fa precedere da uno spleet screen, con la finestrella nella parte bassa del teleschermo che inquadra il microfono dal quale parlerà.

La differenza premia Palazzo Chigi. La consolidata audience dei telegiornali, infatti, garantisce un ottimo ascolto: stiamo parlando di 13 milioni di telespettatori (in media) che difficilmente cambiano canale quando, come ieri sera, viene loro detto che cosa potranno o non potranno fare a Natale. E, di, conseguenza, la cara e vecchia TV, data per morta all’alba di internet, resta più che mai salda al centro della scena.

Perché nessun altro media riesce a radunare così tante persone nello stesso momento con un supershow, una superfiction, un supermatch di calcio o, appunto, un presidente del Consiglio con superpoteri. Che, molto più di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, entrambi TV-centrici, ha usato e usa le telecamere per consolidare l’immagine.

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Vaccino Covid, gli anticorpi «durano dai 3 ai 5 mesi»: anche per chi è stato malato è meglio vaccinarsi

venerdì, Dicembre 4th, 2020

di Margherita De Bac

Vaccino Covid, gli anticorpi «durano dai 3 ai 5 mesi»: anche per chi è stato malato è meglio vaccinarsi

«Chi ha avuto il Covid non deve vaccinarsi contro la malattia perché ha sviluppato anticorpi naturali, semmai dovrà controllare il livello di questi anticorpi. E quando questi dovessero scendere, si può riconsiderare una vaccinazione». È l’opinione di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani e infettivologo del comitato tecnico scientifico (Cts).

Vaccino per guariti

Secondo Ippolito chi ha avuto la malattia ha una protezione che deriva dall’infezione naturale e quindi potrebbe non vaccinarsi. In una vaccinazione di massa basata su categorie prioritarie e fattori di rischio sarebbe però difficile immaginare screening pre vaccinali per dosare gli anticorpi e vedere se un individuo sia già stato colpito dal virus in precedenza.In ogni caso chi si vaccinasse pur avendo avuto l’infezione non correrebbe nessun rischio.

«Meglio ripetere»

Uno studio di Science valuta in 3-5 mesi la durata degli anticorpi. E per questo alcuni esperti sono convinti che il vaccino garantisca comunque una protezione più efficace. Lo spiega Sergio Abrignani, immunologo dell’università di Milano: «Un’infezione genera una risposta immunitaria meno potente di un qualsiasi vaccino ed è così in tutte le malattie infettive quindi se io avessi avuto il Covid-19 e ci fosse la disponibilità di dosi per tutti preferirei fare la profilassi. La risposta di un vaccino al virus è più mirata, più concentrata sul bersaglio, in questo caso la proteina Spike e la vaccinazione avrebbe la valenza di un richiamo». Abrignani ritiene però condivisibile quanto dice Ippolito «perché in questa prima fase non ci sarà grande disponibilità di dosi e quindi è giusto dare la priorità ai fragili e che vengano privilegiati i piu esposti all’aggressione del virus. Dal punto di vista immunologico, la vaccinazione dopo il Covid, come dopo ogni altra malattia, non espone ad alcun rischio. Succederà a molti italiani di fare la profilassi dopo aver sviluppato forme asintomatiche. Dallo studio epidemiologico condotto a maggio su un campione di popolazione dal ministero della Salute sappiamo che il 3% degli italiani hanno avuto Covid nella prima ondata ma la stima è che siano almeno il doppio».

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Nuovo Dpcm dicembre, spostamenti tra Comuni e Regioni tra Natale e Capodanno: tutte le regole

venerdì, Dicembre 4th, 2020

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini04 dic 2020

Nuovo Dpcm dicembre, spostamenti tra Comuni e Regioni tra Natale e Capodanno: tutte le regole

Ansa

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato il nuovo Dpcm che entra in vigore il 4 dicembre e varrà fino al 15 gennaio 2021. Il provvedimento segue il decreto legge che era stato approvato due giorni fa dal consiglio dei ministri per allungare la vita del Dpcm, da trenta a cinquanta giorni. (Qui tutte le regole sui viaggi e qui quelle su come si potrà festeggiare a Natale e Capodanno).

Il coprifuoco notturno dalle 22 alle 17 rimane anche nei giorni festivi?

Il governo conferma il coprifuoco dalle 22 alle 5 anche nei giorni festivi. E anzi lo proroga di due ore in occasione del Capodanno, quando il divieto di uscire dalla propria abitazione scatterà alle 22 del 31 dicembre 2020 e terminerà alle 7 del 1° gennaio 2021. È consentito uscire soltanto per «comprovate esigenze» legate al lavoro, alla salute e all’urgenza. Nel provvedimento «è in ogni caso fortemente raccomandato, per la restante parte della giornata, di non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi». Rimane anche il divieto di assembramento, i sindaci in accordo con i prefetti potranno disporre la chiusura di strade e piazze o comunque gli ingressi contingentati per evitare gli affollamenti. In questo caso è sempre consentito oltrepassare il varco per recarsi nei negozi aperti e tornare nella propria abitazione.

(Qui trovate il testo definitivo del Dpcm; qui tutte le regole per i festeggiamenti a Natale e Capodanno, e qui quelle sulla quarantena per chi rientra dall’estero)

Posso uscire dalla mia Regione dopo il 21 dicembre?

Fino al 20 dicembre si può uscire dalla propria regione se si trova in fascia gialla per andare in un’altra regione sempre in fascia gialla. Gli spostamenti da e per le regioni che sono in fascia rossa o arancione sono consentiti solo per «comprovate esigenze», legate al lavoro, la salute e l’urgenza. Tra i motivi di urgenza sono compresi quelli che riguardano l’assistenza di una persona non autosufficiente. Dal 21 dicembre al 6 gennaio 2021 è vietato spostarsi tra le regioni, qualsiasi sia la fascia di rischio e quindi il colore. Rimane la possibilità di muoversi per le «comprovate esigenze». Secondo il Dpcm «è comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione». Vuol dire che chi si trova in una regione diversa da quella dove abita, dove è domiciliato o dove vive la sua famiglia può tornare anche in questo periodo e poi può fare ritorno nella regione dove lavora o studia.

Posso uscire dal Comune e in quali giorni sono previsti più vincoli?

Chi si trova in una regione in fascia gialla può sempre uscire dal proprio comune di residenza o domicilio. Chi si trova in una regione in fascia arancione non può uscire dal proprio comune di residenza o domicilio. Chi si trova in una regione in fascia rossa non può uscire dalla propria abitazione se non per «comprovate esigenze», legate al lavoro, alla salute e all’urgenza. Il 25 e 26 dicembre e il 1° gennaio 2021 sarà vietato uscire dal proprio comune di residenza. Per farlo deve dimostrare di avere «comprovate esigenze». Chi esce prima di queste date può fare ritorno nella propria residenza, abitazione o domicilio.

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Benzinai esclusi dai decreti Ristori: protesta e sciopero dal 14 al 17 dicembre

venerdì, Dicembre 4th, 2020
La categoria protesta per essere stata esclusa dai Ristori del governo – Ansa /CorriereTv
Niente benzina e distributori chiusi per tre giorni. Dalla sera di lunedì 14 dicembre fino alla mattina di giovedì 17 dicembre, gli esercenti torneranno a scioperare per l’esclusione dai Ristori previsti dal governo. Saranno chiusi sia i distributori presenti sulla rete ordinaria sia sulle autostrade. L’annuncio è stato dato in forma congiunta dalle organizzazioni di categoria, Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio. “I gestori non hanno alcuna possibilità di contenere i costi fissi necessari a mantenere l’attività”, si legge nella nota congiunta. Costi insostenibili “aggravati dalla pandemia, che potrebbero portare al fallimento”. Il settore della distribuzione dei carburanti dà lavoro a quasi 100.000 persone.
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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 3 dicembre: 23.225 nuovi casi e 993 morti

giovedì, Dicembre 3rd, 2020

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 3 dicembre: 23.225 nuovi casi e 993 morti

In Italia, dall’inizio dell’epidemia di coronavirus, almeno 1.664.829 persone (compresi guariti e morti) hanno contratto il virus Sars-CoV-2: i nuovi casi sono +23.225, +1,4% rispetto al giorno prima (ieri erano +20.709), mentre i decessi odierni sono +993, +1,7% (ieri erano +684), per un totale di 58.038 vittime da febbraio. Le persone guarite o dimesse complessivamente sono 846.809: +23.474 quelle uscite oggi dall’incubo Covid, +2,8% (ieri erano +38.740). E gli attuali positivi — i soggetti che adesso hanno il virus — risultano essere in totale 759.982, pari a -1.248 rispetto a ieri, -0,2% (ieri erano -18.715), e sono visibili nella quinta colonna da destra della tabella. Continuano a diminuire gli attuali positivi: un trend cominciato a fine novembre — sono in calo e con il segno meno davanti per la settima volta in autunno (vedi 23/11 , 25/11 e 27/11, 30/11, 1/12 e 2/12) — e dovuto al fatto che i guariti, sommati ai decessi, sono in numero maggiore rispetto ai nuovi casi. Un buon segnale, se non ci fossero così tanti morti.

Record di vittime in 24 ore dall’inizio dell’epidemia. È il dato più drammatico. Si tratta di numero mai registrato, che supera il picco massimo (l’unico oltre 900) di 969 decessi datato 27 marzo. La regione con il maggior numero di decessi è la Lombardia che registra 347 morti (il dato più alto della seconda ondata).

I tamponi sono stati 226.729, ovvero 19.586 in più rispetto a ieri quando erano stati 207.143. Mentre il tasso di positività è del 10,2%: vuol dire che su 100 tamponi eseguiti poco più di 10 sono risultati positivi; ieri era del 10%. Questa percentuale dà l’idea dell’andamento dei contagi, indipendentemente dal numero di test effettuati. Qui la mappa del contagio in Italia.

Più contagi in 24 ore, a fronte di più tamponi. Sono più di 20 mila per il secondo giorno di fila, dopo due giorni sotto questa soglia (vedi 30 novembre e 1 dicembre). Numeri alti (per il tracciamento), anche se siamo lontani dal periodo di picco (40 mila casi il 13 novembre con tasso del 16%), con il rapporto di casi su tamponi al 10.2% che si sposta di poco rispetto al 10% del giorno prima e forse si sta assestando. La curva epidemica ha iniziato la discesa, come evidenzia il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe sui dati settimanali. Le restrizioni con il «sistema a colori» hanno funzionato, ma secondo il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta, c’è il timore che un «cambio di colore» troppo veloce delle regioni sia controproducente. Desta grande preoccupazione il bilancio delle vittime che sono più di 5 mila (5053) nell’ultima settimana.

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Coronavirus: chi ha già avuto il Covid si deve vaccinare lo stesso?

giovedì, Dicembre 3rd, 2020

di Silvia Turin

Coronavirus: chi ha già avuto il Covid si deve vaccinare lo stesso?

«Chi ha già avuto il Covid non si deve vaccinare perché ha degli anticorpi naturali». Lo ha detto Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, infettivologo del Comitato tecnico scientifico, intervenuto a «Radio anch’io». «Semmai si dovrà controllare il livello di anticorpi e quando questi dovessero scendere si può considerare una vaccinazione», ha spiegato Ippolito. Di parere opposto l’infettivologo genovese Matteo Bassetti che su Facebook sostiene la necessità di «vaccinare sia chi non ha mai fatto l’infezione da SarsCoV-2 che chi l’ha già fatta perché non si sa per quanto tempo durino gli anticorpi».

Soggetti che non hanno la priorità

Quando sembra sempre più vicina la meta dell’immunizzazione tramite un vaccino, si apre il dibattito su chi dovrà riceverlo. «Al momento è opportuno che chi ha avuto la malattia non si vaccini. Sarà opportuno farlo solo una volta che avremo dati su questo sottogruppo di soggetti. In ogni caso questi pazienti hanno una bassa priorità: è ragionevole supporre che siano protetti da una re-infezione o, almeno, dalle complicanze dell’infezione», ha dichiarato al Corriere Giuseppe Nocentini, immunofarmacologo dell’Università di Perugia, membro Società Italiana Farmacologia.
Gli anticorpi che misuriamo con i test sierologici sul sangue possono decadere dopo qualche mese, significherebbe auto monitorarsi circa ogni tre mesi e decidere «da soli» se fare il vaccino anti Covid, una strada poco praticabile.

Potrebbero essere un potenziamento delle difese

E tutti quelli che non sanno davvero se hanno avuto il coronavirus? «Ci sono due tipi di persone: chi ha avuto il Covid e lo sa e chi ha avuto il Covid ma non lo sa, perché l’ha preso in forma asintomatica. Circa metà delle persone che hanno fatto il Covid non sanno di averlo fatto, soprattutto in zone come la Lombardia – dice Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare «Romeo ed Enrica Invernizzi» -. Dato che non faremo il sierologico a tutti quelli che vacciniamo, è ovvio che avremo una parte di popolazione vaccinata che ha già fatto l’infezione. Non c’è alcuna evidenza immunologica per ora che chi ha avuto l’infezione naturale non si debba vaccinare, anzi potrebbe essere un potenziamento della risposta immunitaria. La maggior parte dei vaccini prevede più dosi: potremmo considerare l’infezione naturale come la prima dose e quindi, dove sapessimo di una precedente positività al Covid, fare il primo vaccino come fosse la “seconda dose”, una volta sola».

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Patuanelli: credito di imposta fino al 50% per acquisto beni 4.0. Recovery, Gualtieri: non ci sarà blocco. Il webinar Obbligati a crescere

giovedì, Dicembre 3rd, 2020

Obbligati a Crescere. I nuovi confini dell’economia è il titolo del webinar andato in streaming oggi sulle testate del gruppo Caltagirone Editore (Messaggero, Mattino, Gazzettino, Corriere Adriatico, Quotidiano di Puglia). Deglobalizzazione, scenari energetici e innovazione, l’impatto della pandemia e le prospettive di ripresa al centro della discussione con una certezza: l’imperativo “obbligati a crescere” non è mai stato tanto attuale. Si è parlato anche dei cambiamenti in atto nelle economie internazionali, e in quella nazionale, e nei diversi settori produttivi e finanziari e del rinnovamento necessario in vista degli obiettivi di sostenibilità del Green Deal e di sviluppo dell’Economia Circolare.  APPROFONDIMENTI

Il primo intervento è stato del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che ha iniziato parlando degli aiuti dell’Ue per fronteggiare la pandemia. Gualtieri ha definito il veto di Ungheria e Polonia sul varo del Recovery fund «incomprensibile, sbagliato e improprio» e ha auspicato che possa essere superato. I due paesi, ha continuato Gualtieri, «non potranno bloccare il varo di un programma straordinario che beneficia tutta l’Europa». «Siamo alla vigilia di un passaggio delicato e importante, ma sono fiducioso che il 2021 sarà un anno storico», ha aggiunto. «Sono fiducioso che anche questo passaggio delicato e difficile sarà superato», ha poi assicurato il ministro parlando del Mes, il fondo Salva stati su cui in Italia continua a esserci una forte opposizione di una parte della maggioranza e dell’opposizione.

«Sono fiducioso – ha sottolineato – che dopo un approfondito esame, l’Italia farà la sua parte. Se da una parte stigmatizziamo il veto improprio di un paio di Paesi» sul Recovery fund, «sarebbe davvero paradossale che fosse l’Italia a fare la stessa cosa». «Il testo è quasi pronto, lo vedrete a breve e lo potrete commentare», ha poi affermato il ministro dell’Economia, parlando dei progetti da finanziare con il Recovery fund. «Stiamo lavorando e a breve ci sarà questo emendamento alla manovra per costruire la governance che è un requisito del Recovery», ha aggiunto. «Sono affascinato da questo dibattito senza che sia stato presentato un testo da commentare. Un dibattito basato su ricostruzioni e retroscena che guardiamo con un certo divertimento». «C’è un’interlocuzione molto stretta con la Commissione europea, il piano è una cosa piuttosto voluminosa», ha continuato Gualtieri, escludendo rimpasti nel governo.

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Prodi: “Niente rimpasti”

giovedì, Dicembre 3rd, 2020

Il professor Romano Prodi, due volte premier in una intervista a Repubblica su uno dei temi del giorno in politica, il rimpasto è categorico. “Pare un nome più adatto a un cibo per animali domestici che a un governo. Ma a parte le battute, con i rimpasti si sa come si comincia, ma non si sa come si finisce. E se non viene presentata un’alternativa di governo, lo si sa ancora meno”.

E poi chiosa: 

“Sinceramente, non vedo chiare proposte alternative. Chi vuole il rimpasto? Qual è la linea? In realtà, dai partiti sento solo dei borbottii. Attenti però che i borbottii non diventino una voce forte e poi un urlo che può trasformarsi in agonia”. C’è forse un altro governo disponibile a interagire in modo efficace con l’Europa? Una crisi politica in questo momento non è immaginabile. Anche Ursula von der Leyen pochi giorni fa ha ricordato: ‘Aspettiamo dall’Italia le riforme e le decisioni per lo sviluppo’”

Quindi, no e cattivi presagi, anche se Prodi non crede che le forti frizioni sul Mes portino a rotture, “imi sembrano giochi politici e non li capisco. Il Mes per la sanità va preso, con o senza riforma”.

Per Romano Prodi, “tutti i partiti hanno una crescente difficoltà nell’intermediare il rapporto fra cittadini e governo. Non si riuniscono nemmeno più. Fingono di avere un ring, ma non ci saltano sopra. Le forze politiche aiutino il governo, o lo incalzino. In un momento complesso come questo i partiti, se non hanno una linea comprensibile, capita dal Paese fanno danno solo a se stessi”.

Sul Recovery plan l’ex premier è per la linea francese:

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Doppio sì al centrodestra sui vaccini

giovedì, Dicembre 3rd, 2020

Fabrizio De Feo

Roberto Speranza illustra il piano strategico per i vaccini al Senato e alla Camera. Il centrodestra si schiera unito, presenta una sua risoluzione unitaria e ottiene un risultato concreto: il pieno coinvolgimento delle Regioni nel processo distributivo e la libertà di scelta per il cittadino.

Le richieste indirizzate al ministro della Salute vanno dritte al punto. In sintesi si chiede di «definire un efficace piano vaccini per tutta la popolazione che preveda il pieno coinvolgimento delle Regioni, al fine di individuare tutte le strutture idonee per la custodia, la conservazione e la somministrazione dei vaccini antagonisti al Covid-19, nonché a definire con le medesime modalità distributive il piano nazionale per i test rapidi nella misura di almeno mezzo milione di test al giorno, includendo nel suddetto Piano l’utilizzo della Sanità militare».

Dal governo arriva il via libera a farsi carico di alcuni impegni. In particolare viene accolta la richiesta che «il Piano vaccini rispetti tutti i criteri fondamentali di sicurezza, universalità e gratuità, e nel rispetto del principio di libertà di scelta dei cittadini, anche assicurando l’appropriatezza e l’adeguatezza della comunicazione per la promozione della vaccinazione di massa; a predisporre un efficace programma di informazione e sensibilizzazione ai cittadini sulla campagna vaccinale anti-Covid».

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