Archive for Gennaio 12th, 2021

Sì al Recovery e dimissioni. Renzi: “Il Paese in sicurezza”

martedì, Gennaio 12th, 2021

di ETTORE MARIA COLOMBO

“Le nostre due ministre (Bellanova e Bonetti, ndr) stanno svuotando i cassetti dei loro uffici e oggi si dimetteranno, subito dopo il Cdm se finirà stanotte o all’alba di domani”. Il big renziano che spiega al QN la tempistica della crisi di governo che, oggi, da strisciante si farà reale, non ha dubbi. Non li ha neppure il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. Ieri l’ex premier ha parlato, in chiaro, di Mes, chiedendolo a viva voce, di Recovery, che ancora non c’è, e molto altro. I suoi lo hanno trovato (era il giorno del suo compleanno) determinato e convinto della scelta dello showdown finale. “Siamo responsabili, ma non siamo soddisfatti da Conte”, il refrain del leader di Iv che indica ai suoi una strada chiara: mettere in sicurezza tutto quello che c’è da mettere, Recovery Plan compreso, ‘dopo’, in Parlamento, ma intanto aprire la crisi e ottenere le dimissioni formali di Conte. Sbotta un renziano di primo livello, “Il Recovery Plan lo metteremo ‘in sicurezza’, ma nelle Camere. Punto”.

Le due ministre – che ieri hanno fatto sapere che parteciperanno ‘prima’ al Cdm e casomai durante o dopo procederanno alle dimissioni e al loro ritiro – potrebbero astenersi, o persino votare a favore dell’ultima bozza del Recovery, ma non fermerà l’apertura della crisi.

Le mosse di Iv, oggi, dovrebbero dunque essere queste. Si terrà il Cdm in cui Conte porterà il Recovery Plan e, forse il dl Ristori e lo scostamento di bilancio di 24 miliardi (anche se dl ristori e scostamento potrebbero ritardare di un giorno o due). Iv ritirerà la delegazione dal governo e annuncerà – con una conferenza stampa che terrà forse subito dopo – che “quando quei provvedimenti arriveranno in Parlamento, dirà sì a tutti per mettere in sicurezza il Paese”.

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Trump, «Per interdirlo basta il 14esimo emendamento». Per l’assalto al congresso 150 sospetti (anche poliziotti)

martedì, Gennaio 12th, 2021

Cinque giorni dopo l’assalto al Congresso dei fan di Donald Trump, emergono nuovi video che rivelano un livello di violenza e aggressività maggiore di quello lasciato vedere dalle prime immagini. I social mostrano un poliziotto trascinato fuori e picchiato a terra, suoi colleghi aggrediti mentre sono intrappolati nella folla, dimostranti che cantano «impiccare Mike Pence», un gruppo di rivoltosi che sembra cercare alti dirigenti dentro l’edificio. Nell’attacco sono stati usati scudi sottratti agli agenti, mazze da hockey, stampelle, bandiere. Oltre 50 agenti della polizia di Capitol Hill sono rimasti feriti, di cui 15 ricoverati, in gran parte per ferite alla testa. Uno è morto.

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Il dipartimento e l’Fbi stanno perseguendo oltre 150 sospetti nelle indagini sull’assalto al Congresso, dopo averne già arrestati e incriminati una quindicina. Lo scrive il New York Times, prevedendo che il numero è destinato a salire. Il Bureau ha ricevuto oltre 70 mila ‘soffiatè dopo aver chiesto l’aiuto pubblico per identificare i sospetti che appaiono in varie foto e video. Nel frattempo la polizia di Capitol Hill ha aperto un’indagine interna su 10-15 agenti per il loro ruolo nell’assalto. Due sono già stati sospesi. 

Intanto accogliendo la richiesta della sindaca della capitale Muriel Bowser, Donald Trump ha approvato una dichiarazione di emergenza per Washington dopo l’assalto al Congresso ordinando l’assistenza federale da oggi al 24 gennaio per garantire la sicurezza in vista del giuramento di Joe Biden. Lo rende noto la Casa Bianca.  «Oggi il presidente Donald Trump ha dichiarato che una emergenza esiste nel distretto di Columbia e ha ordinato l’assistenza federale per integrare la risposta del distretto dovuta alle condizioni di emergenza derivanti dalla 59/ma cerimonia inaugurale, dall’11 al 24 gennaio 2021», si legge nel provvedimento. 

14esimo emendamento

Ma che sta succedendo sul fronte dell’impeachment? «Per bandire Donald Trump dai pubblici uffici non serve l’impeachment, basta più semplicemente e velocemente applicare la sezione terza del 14/mo emendamento della costituzione». Lo suggeriscono in un intervento sul Washington Post due autorevoli giuristi americani, Bruce Ackerman e Samuel R. Rosen, docenti di diritto rispettivamente alla Law School di Yale e dell’Indiana university. La sezione terza del 14/mo emendamento prevede tra l’altro che nessuna persona che abbia prestato giuramento come funzionario esecutivo possa ricoprire alcuna carica civile o militare se si accerta che è stata coinvolta «in insurrezione o ribellione» contro la costituzione. Secondo i due esperti, basterebbe un voto di maggioranza semplice di entrambe le camere, anzichè i due terzi previsti in Senato per la condanna nel processo di impeachment.

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Dpcm, Zona bianca nelle regioni, quando scatta? Ecco perché è un obiettivo lontano

martedì, Gennaio 12th, 2021

di Diodato Pirone

Non poteva esserci periodo peggiore per lanciare l’idea di una “fascia bianca”, ovvero un’oasi quasi priva di contagi e dunque di restrizioni, da affiancare alle zone gialle, arancioni e rosse che abbiamo imparato a conoscere.

In Gran Bretagna, Olanda, parte della Germania e persino nella vicina Slovenia ci sono chiari segni di una terza ondata. Anche da noi purtroppo l’epidemia non solo non sta arretrando ma dà segni di crescita. E se oggi le regioni “arancioni” sono cinque dalla prossima settimana potrebbero essere molte di più.

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La “fascia bianca” in effetti ha un obiettivo a media scadenza: offrire una speranza agli italiani di poter iniziare a tornare a una vita normale non appena i contagi  cominceranno a diminuire in alcune aree. E’ una prospettiva realistica? Non prima di uno o due mesi, a dar retta agli esperti. Bisogna aspettare che la vaccinazione cominci a proteggere gli italiani meno giovani dal rischio di un ricovero in ospedale e che i dati sulla mortalità migliorino.

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Governo, oggi il sì al Recovery, ma Renzi verso lo strappo: Conte tentato dal voto

martedì, Gennaio 12th, 2021

di Marco Conti

L’affannoso tentativo di evitare la formalizzazione della crisi di governo da parte del Pd appare sempre più disperato. Il percorso tracciato dai dem, con l’avallo del Quirinale, per arrivare al Conte-ter si è arenato per la resistenza del premier – e di quanti intorno a lui continuano a sostenere che «Conte è indisponibile a qualunque ipotesi di dimissioni» – e per la voglia di Matteo Renzi di spingere l’acceleratore sino in fondo ottenendo non solo un nuovo governo ma anche un cambio a palazzo Chigi.

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IL RITIRO
Si arena quindi anche la strategia messa in atto dai dem al governo di un passaggio di Conte al Quirinale già nel fine settimana per dimettersi e poi ricevere un nuovo incarico. Il via libera stasera al Recovery Fund in Consiglio dei ministri è quindi scontato anche se non è detto che ci sarà una votazione formale, visto che si tratta di un testo che deve passare in Parlamento e al confronto con le parti sociali. Così come Italia Viva dà per certo il ritiro delle delegazione al governo e, a seguire, la conferenza stampa di Renzi dove spiegherà che Iv è comunque pronta a dare il via libera allo scostamento di bilancio e al decreto ristori, ma che su «molte altre questioni poste non abbiamo ricevuto risposte ma insulti». Nell’agenda di palazzo Chigi ci sono infatti altri due Consigli dei ministri: uno domani per lo scostamento di bilancio e uno giovedì per il decreto-ristori. Subito dopo Conte immagina di chiamare le forze della maggioranza per stendere il nuovo programma e rimettere mano alla squadra di governo. Ma l’accelerazione renziana, dopo giorni di avvisi e minacce, riporta Conte nel bunker pronto a presentarsi in Parlamento per la conta sperando nei “responsabili” che un senatore 5S starebbe mettendo insieme. Oppure, come sostiene Goffredo Bettini – per spaventare forse sia Conte che Renzi – far entrare in maggioranza una parte di Forza Italia. Ipotesi smentita da Giorgio Mulè, ma che è tutta da verificare nel corso della crisi. 

Mentre al Nazareno descrivono Conte come «impaurito» per le mosse renziane e in cerca di rassicurazioni, nel Movimento prevale una buona dose di disincanto e, se si esclude l’ala governista, di relativo interesse se si andrà ad un Conte-ter con Andrea Orlando vicepremier, o verso un esecutivo guidato magari da un dem (Dario Franceschini) o da una figura istituzionale (Marta Cartabia). I mediatori, da Franceschini a Bettini, passando per Delrio e Guerini, sono al lavoro, per recuperare il percorso che avrebbe dovuto portare ad una crisi lampo, ma i margini sono ridotti.

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Italian TechSpeak – La storia dell’intelligenza artificiale che ha imparato a dipingere come Rembrandt

martedì, Gennaio 12th, 2021


White Mirror è la rubrica di Italian TechSpeak che si ispira a Black Mirror, la popolare serie Netflix che racconta un futuro distopico profondamente influenzato dalle nuove tecnologie. Nelle puntate di White Mirror, condotte da Stefano Massini, gli ospiti – tutti protagonisti dell’innovazione in Italia all’interno di grandi aziende come Amazon, Comau, Microsoft e Reply – evidenziano gli aspetti positivi delle tecnologie demonizzate da Black Mirror.

Fabio Moioli di Microsoft, ospite della puntata di Italian TechSpeak dedicata all’intelligenza artificiale, ci racconta la storia dell’algoritmo che fu in grado di dipingere un quadro come Rembrandt. Un quadro che i maggiori critici d’arte olandese hanno ammesso avrebbero scambiato per originale. Al progetto “The Next Rembrandt” ha contribuito proprio Microsoft, in collaborazione con il museo Mauritshuis dell’Aja, il museo Rembrandthuis di Amsterdam, la Delft University of Technology e il gruppo finanziario ING. a cura di Pier Luigi Pisamontaggio di Leonardo Sorregottiregia di Massimo Buda GUARDA LA PUNTATA INTEGRALE: Stefano Massini con Fabio Moioli di Microsoft: come educare l’intelligenza artificiale

REP.IT

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Lavoro, giustizia, burocrazia: i nodi politici del Recovery plan

martedì, Gennaio 12th, 2021

di Federico Fubini

Non è più solo una questione di numeri e tabelle, perché ormai nella maggioranza stanno venendo al pettine i nodi politici del Recovery plan. Sono quelli della sua stessa ragione di esistere, se c’è ancora. E la obbligano a decidere cosa vuole o può fare nei prossimi mesi e anni: affrontare i problemi di fondo dell’Italia – quelli di prima della pandemia – oppure lasciarli in eredità, ancora più grandi ed esplosivi, a chi verrà dopo. Le domande di fondo Per mesi la sostanza era rimasta coperta dietro centinaia di ipotesi di investimenti grandi, medi o anche pulviscolari. Ma da oggi, quando atterra sul tavolo del Consiglio dei ministri, la bozza di programma per spendere 209 miliardi di fondi europei entro il 2026 obbligherà il governo a rispondere alle sue domande di fondo. La Commissione europea infatti non regala denaro: lo mette a disposizione solo per progetti legati a riforme che impediscano al Paese di vanificare la spesa in un fuoco di paglia.

Dunque il governo deve decidere se punta a rivedere il sistema della giustizia e dell’amministrazione nel segno della responsabilità delle catene di comando, della competenza e del merito, oppure pensa solo a 16 mila assunzioni a tempo e ai voti che ne possono derivare. Il governo deve anche scegliere fra nuovi percorsi credibili di formazione e reinserimento dei disoccupati — tenendo conto della realtà del mercato — e la difesa a oltranza dell’attuale sistema pubblico fra decrepiti centri per l’impiego regionali, navigator in scadenza di contratto e reddito di cittadinanza. Deve poi stabilire quale sia la strategia energetica nazionale di un’economia del ventunesimo secolo: la scalata al cielo di un investimento colossale nell’idrogeno «verde» — il più pulito in assoluto, ma anche caro il triplo o il quadruplo dell’idrogeno «blu» e dunque senza mercato per anni a venire — oppure un dosaggio equilibrato fra sostenibilità dell’ambiente e del sistema produttivo. Infine la stretta sul Recovery plan lascia ancora senza risposta la domanda più grande, quella sulla struttura che avrà il potere e la responsabilità di gestirlo. Così Next Generation EU sta diventando lo specchio dei paradossi di questo governo.

Malgrado la rivolta del piccolo manipolo di Italia viva di Matteo Renzi, in realtà il piano mette brutalmente sotto i riflettori le contraddizioni fra le due principali forze di maggioranza: il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico. Di quest’ultimo sono i tre ministri che anche ieri hanno messo a punto fino a sera nella stessa stanza di Via XX Settembre la bozza che oggi va in Consiglio dei ministri: il padrone di casa Roberto Gualtieri per l’Economia, Enzo Amendola per gli Affari europei e Peppe Provenzano per la Coesione territoriale, che dispone dei tecnici della programmazione. Il terzetto si era messo al lavoro d’urgenza una decina di giorni fa, quando Renzi ha rimarcato un’ovvietà fin lì da tutti taciuta: il re era nudo, il Recovery plan gestito in segreto a Palazzo Chigi — la mediazione con il resto del governo affidata al solo Amendola — aveva prodotto un assemblaggio incoerente.

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Crisi di governo, Conte non esclude la sfida in Parlamento: «Questa situazione non l’ho voluta io»

martedì, Gennaio 12th, 2021

di Monica Guerzoni

Crisi di governo, Conte non esclude la sfida in  Parlamento: «Questa situazione non l'ho voluta io»

ANSA

Soffia un vento gelido sui cieli di Palazzo Chigi, un’aria così pungente che ieri Giuseppe Conte si è concesso due passi per un caffè, alla ricerca del sostegno di qualche passante. Si apre la crisi, presidente? «Guardi, noi lavoriamo per costruire, il momento è così difficile… Dobbiamo mettercela tutta». Tornato nel suo ufficio, il capo di un governo che per i renziani è «al capolinea» ha commentato il «calore infinito» ricevuto nella sua breve passeggiata e l’angoscia per la crisi al buio che lo aspetta: «Non credo che le persone potranno accettare una crisi di governo mentre il Covid uccide. La gente non capisce cosa vuole Renzi e non lo capisco neanche io, ma andrò fino in fondo». Fino alla sfida in diretta tv, fino alla conta nell’aula del Senato.

È questa la tentazione che serpeggia a Palazzo Chigi, dove il portavoce Rocco Casalino ha smentito l’intenzione di «asfaltare Renzi» grazie ai voti dei responsabili. Eppure i parlamentari giallorossi dicono apertamente che la scialuppa è pronta. Anche Luigi Di Maio si sarebbe adoperato per convincere Conte a darsi da fare, alla ricerca di un drappello di senatori centristi disposti a salvare il suo governo. Questo scenario ha fatto scattare l’allarme al Quirinale, dove si respira un clima molto pesante, «una brutta aria». Un «allibito» Sergio Mattarella giudica «molto male» il piano del premier, che ha interrotto le comunicazioni e starebbe giocando a carte coperte, proprio come Renzi. Se prima le responsabilità erano attribuite al 90 per cento all’ex premier e al 10 per cento a Conte, adesso nello staff del capo dello Stato si pensa che il premier stia sbagliando (quasi) quanto il leader di Italia Viva. L’idea di una conta parlamentare genera al Quirinale «forti timori», perché se pure Conte dovesse ottenere la fiducia per un voto o due, un governo sostenuto da una maggioranza raccogliticcia sarebbe paralizzato dai veti.

Palazzo Chigi smentisce che il premier abbia fatto telefonate ai senatori delle opposizioni e rilancia le parole del premier: «Io sono al lavoro per compattare l’attuale maggioranza». Ma a Palazzo Madama non si parla che dei «responsabili di Conte». D’altronde l’avvocato pugliese si tiene aperte tutte le strade. Con i suoi consiglieri ha valutato anche l’ipotesi di scuola di prendere o attribuire l’interim dell’Agricoltura e delle Politiche per la Famiglia, senza rassegnare le dimissioni. «A questo punto può succedere di tutto – ragiona Conte con i collaboratori — Se Renzi apre la crisi io devo prenderne atto e decidere con il presidente della Repubblica cosa è meglio fare. Ma nei libri di storia deve restare traccia che questa situazione difficile non l’ho voluta io».

La moral suasion del Quirinale aveva riaperto le trattative. Invece ieri Matteo Renzi ha cambiato linea di nuovo e ha spiazzato mediatori e pontieri, che a Conte hanno recapitato messaggi lapidei: «Niente da fare Giuseppe, Matteo respinge ogni mediazione, convinto di poter trattare dopo la rottura. Vuole la tua testa e quindi una crisi al buio.

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Bozza Recovery, le risorse per la Sanità sfiorano i 20 miliardi

martedì, Gennaio 12th, 2021

Sale a 171 pagine la bozza di Recovery plan inviata ai ministri in vista dell’esame in Cdm martedì sera. Il Piano nazionale di rilancio e resilienza, rielaborato dopo l’aspro confronto tra le forze di maggioranza, è articolato “in 6 Missioni, che a loro volta raggruppano 16 Componenti per realizzare gli obiettivi economico-sociali”. I singoli progetti di investimento sono stati selezionati a seconda del maggiore impatto sull’economia e sul lavoro. 

Il piano prevede per il settore sanitario quasi 20 miliardi di risorse mentre il primo capitolo rimane quello della rivoluzione verde e transizione ecologica con 68,9 miliardi.

E’ quanto riporta la tabella di sintesi allegata al Piano, con i sei macro capitoli di intervento. In particolare sono previsti 46,18 miliardi per la digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; 68,9 miliardi per la rivoluzione verde e transizione ecologica, 31,98 miliardi per le infrastrutture per una mobilità sostenibile, 28,46 miliardi per l’istruzione e la ricerca; 21,28 miliardi per l’inclusione e la coesione, 19,72 miliardi per la salute. In totale sono 222,9 miliardi. 

Riforma dell’Irpef Il Piano verrà accompagnato da una serie di riforme per “rafforzare l’ambiente imprenditoriale, ridurre gli oneri burocratici e rimuovere i vincoli che hanno rallentato gli investimenti”. Prevista la riforma della concorrenza, della giustizia, del mercato del lavoro e del fisco, in particolare dell’Irpef. L’obiettivo è “la riduzione delle aliquote effettive sui redditi da lavoro, dipendente ed autonomo, in particolare per i contribuenti con reddito basso e medio-basso, in modo da aumentare il tasso di occupazione, ridurre il lavoro sommerso e incentivare l’occupazione delle donne e dei giovani”. 

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