Archive for Gennaio 13th, 2021

Crisi di Governo, Giuseppe Conte: “Responsabili? Non si può prendere un voto qua e là”

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

“Io ho sempre detto che ci vuole una maggioranza solida per portare avanti l’azione del governo”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte parlando fuori palazzo Chigi e rispondendo ad una domanda sui cosiddetti “responsabili”. – “Fino all’ultima ora io sono disponibile e lavorerò per la coesione”. “Già in questi giorni sto lavorando a un patto di fine legislatura. Confido che se c’è la volontà ci si possa ritrovare tutti intorno a un tavolo per lavorare con lealtà per ritrovare maggiore coesione tra le forze di maggioranza”.

“Spero che non si arrivi a questo”, ha detto il premier Giuseppe Conte parlando fuori palazzo Chigi a chi gli chiede se si dimetterebbe senza il sostegno di Iv. – “Una crisi non sarebbe compresa dal paese”. “Ho aggiornato il Capo dello Stato del fatto positivo dell’approvazione del Pnrr. La bozza di aggiornamento ci consente di andare avanti con il progetto. La portiamo in Parlamento e poi ne discutiamo con le parti sociali e avremo poi lo schema definitivo. Io ringrazio tutte le forze di maggioranza che hanno lavorato intensamente per far pervenire osservazioni critiche, migliorando il progetto. Quando si lavora intorno a un tavolo in modo costruttivo si fa sempre bene. 

L’HUFFPOST

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Crisi di governo, le ultime notizie di oggi. Conte al Quirinale da Mattarella Vertice tra leader? Si riapre trattativa

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al Recovery plan con il sì unanime di tutti i ministri, tranne le due ministre Iv Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. È scontro totale tra il premier Giuseppe Conte e Matteo Renzi. La conferenza stampa convocata da Renzi nel pomeriggio alla Camera potrebbe certificare l’addio di Iv al governo

Crisi di governo, le ultime notizie di oggi. Conte al Quirinale da Mattarella Vertice tra leader? Si riapre trattativa

Il governo di guidato da Giuseppe Conte rischia la crisi, e a minacciarlo è la posizione del partito Italia viva, fondato da Matteo Renzi. Dopo l’approvazione del piano per i fondi europei, l’ex premier avrebbe intenzione di ritirare la sua delegazione (che ieri, sul Recovery Fund, si è astenuta) dal governo. La conferenza stampa convocata da Renzi per le 17:30 di oggi alla Camera potrebbe certificare l’addio di Iv all’esecutivo. Conte — che nella giornata di oggi ha incontrato il presidente della Repubblica, Mattarella — ha già fatto sapere, ieri, che in caso di crisi sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con Iv. Ma Renzi rilancia: «Se il presidente del Consiglio è convinto di avere i numeri e va bene così, si chiama democrazia parlamentare e noi si va all’opposizione». «Non possiamo sempre tirare a campare», scrive la ministra Teresa Bellanova in una lettera al Corriere. Dal canto suo Giuseppe Conte non esclude una sfida in Parlamento. Se Renzi apre di fatto la crisi – è il ragionamento del premier con i collaboratori — il capo dell’esecutivo deve prenderne atto e decidere con il presidente della Repubblica cosa è meglio fare. «Ma nei libri di storia deve restare traccia che questa situazione difficile non l’ho voluta io».

LA SCHEDA – Come si è arrivati alla crisi? Dal Recovery al piano «Ciao»: tutte le tappe dello scontro

Ore 16.05 – Conte: «Crisi? Il paese non capirebbe»
«Ho chiesto io il colloquio a Mattarella»: così il premier Giuseppe Conte all’uscita dal quirinale. Il presidente del consiglio ha fatto ritorno a Palazzo Chigi a piedi parlando con i giornalisti. «Crisi di governo? Spero di no. Una crisi non sarebbe compresa dal Paese. Il governo può andare avanti solo col sostegno di tutte le forze di maggioranza» ha detto replicando ai cronisti. «Il governo non può prendere un voto qua e uno là, serve una maggioranza solida; spero non si arrivi alle dimissioni delle ministre, lavoro su un patto di legislatura».

Ore 15.45 – Mattarella invita a fare presto
«Uscire al più presto dallo stato di incertezza»: sarebbe questo l’invito rivolto dal capo dello stato Sergio Mattarella al premier Giuseppe Conte nel corso del faccia a faccia al Quirinale di questo pomeriggio . Il presidente ha sottolineato la necessità di sbloccare al più presto la situazione a fronte dell’allarmante situazione causata dalla pandemia.

Ore 15.10 – Spiragli? Renzi sempre irremovibile
«Si sono scordati di avvisarci…». La reazione di Renzi è sarcastica e ghiaccia anche quel filo di trattativa a cui il Pd tiene appeso il destino del governo. Zingaretti ha chiamato Conte e i pontieri dem non si stancano di cercare in extremis il dialogo con il leader di Italia Viva. Pressato da ogni parte, l’ex premier si mostra irremovibile, assicura che non ha in mente ripensamento alcuno e conferma la conferenza stampa delle 17.30, da cui il mondo politico si attende lo show down: dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti e passaggio dei renziani all’opposizione. Da Palazzo Chigi tutto tace e la voce di una convocazione da parte di Conte di un tavolo dei leader (con Renzi) per ora non trova conferme. Nei sogni a occhi aperti dei dem dal confronto dovrebbe uscire un nuovo programma per un patto di legislatura e un rimpasto, con ministeri per esponenti di spicco di Italia Viva, a cominciare da Ettore Rosato e Maria Elena Boschi. «Dipende da Conte», aveva aperto uno spiraglio al mattino un big di Italia Viva. Ma adesso sembra tutto da rifare e la sabbia clessidra è davvero agli ultimissimi granelli. (Monica Guerzoni)

Ore 15.05 – Conte al Quirinale da Mattarella
Il premier Giuseppe Conte è salito al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo si apprende da fonti di maggioranza che fanno sapere che si è trattato di un incontro interlocutorio.

Ore 15 – Migliore (Iv): «Sulle dimissioni ancora nulla di deciso»
In merito alle dimissioni delle ministre di Italia Viva dal governo «non abbiamo ancora deciso». Così il parlamentare di Italia Viva, Gennaro Migliore, a Un Giorno da Pecora. «Uno spiraglio per evitare la crisi? Noi siamo sempre pronti all’interlocuzione, il problema è che dall’altra parte si cercavano i Mastella di turno…» ha aggiunto. Ma sul fatto che si siano aperti margini di trattativa, fonti autorevoli di Iv avvertono: «Si sono dimenticati di avvisarci…»

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Nei centri mancano 8mila infermieri. Caos in Alto Adige: uno su due rifiuta

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

Maria Sorbi

E mentre ai tavoli istituzionale si fa di tutto pur di non rimanere senza scorte di vaccino, in alcune regioni c’è chi prende appuntamento per l’iniezione anti Covid e poi nemmeno si presenta.

Sono i medici e i sanitari obiettori dell’Alto Adige: uno su due ha boicottato la vaccinazione pur essendo nelle liste dei primi ad averne diritto. E sarà pur vero, come precisa l’assessore alla Sanità della provincia di Bolzano Thomas Widmann, che da quelle parti «la cultura del vaccino è molto bassa» ma ci si aspettava che davanti a una pandemia l’atteggiamento cambiasse. Se non altro per garantire una cintura di immunità attorno ai pazienti assistiti. Per evitare complicazioni, ieri sono iniziate le somministrazioni agli anziani over 80.

A mettere a rischio la piena realizzazione della campagna vaccinale potrebbe essere anche la carenza di infermieri: al bando per arruolarne 12mila hanno aderito in meno di 4mila e questo potrebbe rallentare le operazioni nei centri di somministrazione.

Ma la vera battaglia da perseguire in questa prima fase è quella che riguarda le scorte: vietato restare senza vaccini. La direttrice generale del dipartimento salute e sicurezza alimentare della Commissione Ue, Sandra Gallina, a capo dei negoziati con le case farmaceutiche, in un intervento al Parlamento europeo ha spiegato che «la consegna delle dosi di vaccini sarà più ricca a partire da aprile. Nel secondo trimestre arriveranno molte dosi. Nel primo trimestre non sono tutte quelle che avremmo voluto, ma sono quelle che abbiamo negoziato».

Ieri notte è arrivato il primo carico di 47mila dosi del vaccino di Moderna, che verranno distribuite alle regioni con il maggior numero di over 80. Nei prossimi due mesi ne saranno fornite in tutto 470mila e a occuparsi delle consegne sarà Poste Italiane, tramite il suo corriere espresso Sda. L’azienda ha attrezzato 40 furgoni con celle frigo da 1.300 litri ognuna e si occuperà del trasporto con un network dedicato, che consentirà di collegare l’Istituto superiore di sanità di Roma direttamente con le Asl e gli ospedali interessati da questa prima tranche.

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Roma choc, cassiere ruba i ticket al centro tumori (triplicava lo stipendio): «Ho difficoltà economiche». Condannato

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Adelaide Pierucci

Triplicava lo stipendio con i soldi dei ticket versati dalle donne malate di tumore alla mammella. In meno di cinque mesi un cassiere dello sportello accettazioni di Palazzo Baleani – un centro per la senologia del Policlinico Umberto I in Corso Vittorio Emanuele – alleggerendo le buste numerate e sigillate con le quali avrebbe dovuto consegnare gli incassi giornalieri, ha rubato 15mila euro. Una media di tremila al mese, il doppio del suo stipendio di base, 1.500 euro. Walter Bianchini, 50 anni, l’impiegato infedele e noncurante della sanità al collasso, ieri, è stato condannato a un anno e 10 mesi di reclusione (con sospensione della pena) per il reato di peculato, anche se ha restituito parte della somma. «Ho difficoltà economiche», ha ammesso alla fine, quando, non quadrando i conti della cassa ticket, i sospetti della direzione amministrativa si sono concentrati su di lui.

Ex dipendente di un ufficio postale sottrae 40 mila euro dal libretto di un’anziana parente: licenziato


La denuncia presentata dai vertici aziendali è finita sul tavolo del pm Giuseppe Deodato, che acquisiti gli accertamenti del nucleo di Polizia Economica Finanziaria delle Fiamme gialle, ha disposto il rinvio a giudizio dell’impiegato infedele. Il periodo sotto esame va da gennaio a maggio 2016. L’impiegato, addetto allo sportello per i ticket per il dipartimento ematologia e oncologia, preferiva i pagamenti in contanti.

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Vaccino AstraZeneca, tocca all’Ema: risposta attesa per il 29 gennaio. Pronte da metà febbraio 8 milioni di dosi per l’Italia

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Mauro Evangelisti

Otto milioni di dosi, tra febbraio e marzo. Basta questo dato a spiegare quale accelerazione darebbe l’autorizzazione al vaccino di AstraZeneca da parte di Ema, l’agenzia regolatoria dell’Unione europea. Ieri la multinazionale anglosvedese (che produce un vaccino sviluppato dall’Università di Oxford con la collaborazione dell’italiana Irbm) ha presentato ufficialmente la richiesta di autorizzazione alla commercializzazione condizionata. La risposta è attesa per il 29 gennaio. Si tratta di un vaccino già somministrato nel Regno Unito e in Argentina, per il quale l’Italia attende 40 milioni di dosi. Non richiede la catena del freddo come Pfizer-BioNTech e dunque la distribuzione è più semplice. APPROFONDIMENTI

Vaccino Moderna, prime 47mila dosi in Italia: priorità alle regioni con più over 80

Se a fine gennaio ci sarà il via libera, AstraZeneca invierà le prime forniture già a metà febbraio. Si ipotizzano 8 milioni di dosi entro fine marzo. Andrebbero ad aggiungersi agli 8,7 milioni di Pfizer e al milione di Moderna (almeno questo prevedeva la tabella di marcia del piano vaccinale). In questo modo, in linea teorica, l’Italia a fine marzo potrà avere vaccinato già oltre 8 milioni di persone (Arcuri prudenzialmente ha parlato di 6 milioni) e, considerando che la protezione avrebbe così raggiunto tutti gli operatori sanitari, il personale e gli ospiti delle Rsa e gli ultra ottantenni, sarebbe un risultato incoraggiante.

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Nuovo Dpcm gennaio: quando esce. Ecco le misure in bilico

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

Roma, 13 gennaio 2021 – Si limano ancora i dettagli del nuovo Dpcm,con altre regole per contrastare la risalita dei contagi dei Coronavirus e un’ulteriore stretta sui parametri che determinano la collocazione delle regioni nelle tre fasce (gialla, arancione e rossa). Si va verso misure anti-movida, tra cui la proroga al divieto di spostamento anche tra regioni gialle, accompagnata dalla possibilità di istituire zone bianche senza limitazioni.

Ma quando scatterà tutto questo? Il prossimo Dpcm, che sostituirà quello del 3 dicembre, in scadenza il 15 gennaio, sarà varato dal governo entro venerdì e accompagnerà l’Italia per, si dice, almeno 30/40 giorni. Nel bel mezzo di quella che potrebbe divenire una crisi di governo, oggi il ministro della Salute, Roberto Speranza, riferirà alle 9.30 alle Camere e poi alle 15 Senato sulla situazione legata all’epidemia di Covid. Successivamente il voto della risoluzione di maggioranza.

Sempre in giornata dotrebbe esserci un nuovo Consiglio dei ministri, attorno alle 19, per mettere un punto un decreto, sulla zona bianca e sulla proroga dello stato di emergenza, a cui si aggiunge un Dpcm con la stretta sulla movida, ovvero lo stop all’asporto per i bar dopo le 18, riferiscono autorevoli fonti di governo. Per eventuali limature decisive, il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, avrebbe convocato per giovedì mattina la riunione con le Regioni, l’Anci e l’Upi. Per l’ok definitivo al Dpcm, quindi, si dovrà aspettare probabilmente proprio giovedì. A meno di 48 ore le questioni aperte restano ancora molte. 

Stato d’emergenza 

Il Cts ha chiesto di prorogare lo stato d’emergenza fino al 31 luglio. Secondo gli esperti, ci sono quattro elementi che consigliano il prolungamento di altri sei mesi, in modo da poter gestire la situazione con strumenti emergenziali: l’impatto ancora alto del virus sull’occupazione dei posti letto ospedalieri, la campagna vaccinale, la preoccupante situazione internazionale e la possibile sovrapposizione dell’influenza stagionale con il Covid. Per ora, nonostante le raccomandazioni del Cts, l’ipotesi più accreditata resta la proroga fino a fine aprile.

Bar e weekend arancioni

In attesa della proroga dello stato d’emergenza, restano sul tavolo diverse misure, come l’ipotesi dei fine settimana “arancioni” in tutta Italia. Fra i provvedimenti che potrebbero entrare nel nuovo Dpcm, anche lo stop all’asporto per i bar dopo le 18 non vede Stefano Bonaccini, presidente della Regione e della Conferenza delle Regioni, “rischia di colpire un settore già particolarmente colpito e non dà grande soddisfazione” in termini di contenimento dei contagi. Per il governatore il tema vero, in un’ottica di evitare gli assembramenti, è quello dei “controlli affinchè le persone rispettino le norme”.

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I limiti del Recovery plan. Più coraggio: si deve investire in grandi opere

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di DAVIDE NITROSI

Un passo avanti è stato fatto, ma di fronte alla violenta crisi che ci ha colpito e alla straordinaria mole di risorse messe in campo dall’Europa che non avrà mai più eguali, il nuovo testo del Recovery plan partorito in affanno dal governo non basta. Ci vuole il coraggio di dirlo, perché stavolta la partita deve essere assolutamente vinta. Non basta un pareggio, non è giustificabile fare melina. Bisogna buttarsi tutti all’attacco, osare tutto e non sbagliare. E invece nel nuovo testo inviato l’altro ieri sera ai ministri, Palazzo Chigi e il Tesoro sembrano continuare a tenere il freno a mano tirato, muovendosi come se si trattasse semplicemente di scrivere una manovra un po’ più ambiziosa del solito.

E invece questa non è una manovra. Dovrebbe essere molto di più. Invece resta eccessivo il peso di risorse destinate a sostituire fondi già allocati in precedenza su progetti previsti: un terzo dell’intera cifra. Il governo vuole usare il Recovery (prestiti ultra agevolati e sovvenzioni) per abbattere la quota interessi dei debiti già decisi. Ma così il piano incide poco sulla crescita. Invece in una situazione di emergenza senza precedenti, occorre sfruttare al massimo le cartucce non per sopravvivere in trincea, ma per conquistare terreno. Il Paese cresce solo se il Pil fa un sostanzioso balzo in avanti, non se si punta a restare a galla. Meglio osare investimenti nuovi e strategici, piuttosto che asserragliarsi in difesa pensando solo a risparmiare.

Altro aspetto che continua a non convincere è il fatto che il piano non delinea con nettezza una visione di Paese. Che cosa vogliamo consegnare ai nostri figli, vittime di una pandemia che è una cambiale sul loro futuro? Più coraggio, allora. Inutile spacchettare le risorse in troppi rivoli, solo per esigenze politiche. Bisogna uscire dalla logica dei bonus e concentrare il bazooka europeo verso pochi progetti. Bene la digitalizzazione, ma qui serve una vera rivoluzione, non aiutini a pioggia. La scuola va completamente cambiata, non basta centellinare investimenti tra edilizia o corsi di formazione. E infine le infrastrutture.

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Crisi di governo, i compromessi al ribasso e il fallimento che nessuno può permettersi

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Francesco Verderami

La crisi del Conte II non si è ancora formalmente aperta, la crisi politica dell’alleanza giallorossa si trascina invece da tempo e i segni di decadimento erano ormai visibili. In questi casi le colpe sono sempre collettive, ma chi ha la responsabilità di guidare una coalizione sa di doversi fare carico degli oneri maggiori. In un contesto sempre più deteriorato, risulta evidente come Matteo Renzi abbia deciso di sfruttare la situazione per stressare gli equilibri della maggioranza. Nel crescendo polemico con Palazzo Chigi delle ultime settimane, i problemi reali che il leader di Italia viva aveva inizialmente sollevato hanno finito per lasciare il posto a un conflitto con Giuseppe Conte, con l’obiettivo di far capitolare il suo esecutivo.

Da mesi gli alleati, a partire dal Pd, avevano chiesto al presidente del Consiglio di cambiare passo e di farlo presto, tuttavia la verifica — che serviva a registrare il programma e la squadra di governo — aveva continuato a protrarsi senza dare risultati. Complice l’emergenza pandemica, Conte riteneva di poter resistere alle pressioni: protetto da una bolla che era insieme un paradosso, immaginava che una sorta di decisionismo misto a immobilismo lo avrebbe reso immune dagli attacchi. Finché Italia viva ha deciso di giocare in proprio, contestando le decisioni del premier e utilizzando l’approssimazione e le incongruenze dei progetti presentati, come testimoniato dalla prima bozza del Recovery plan.

In una prima fase i democratici e anche un pezzo del Movimento avevano pensato di poter cavalcare la tigre renziana per raggiungere gli scopi che si erano proposti con la verifica. Non avevano fatto i conti con l’indole dell’alleato, che al pari di Massimo D’Alema considera capotavola il posto dove sta seduto. Così il confronto sulle priorità di governo si è trasformato in uno scontro personale. E questo duello ha finito per subire una torsione che ieri ha raggiunto l’acme, quando il premier ha fatto sapere a Iv che se lo avesse sfiduciato non avrebbe più potuto far parte di un suo governo. Al di là della sfida tra Conte e Renzi, la vicenda dimostra che la coalizione giallorossa — nata nel 2019 per impedire a Matteo Salvini di andare alle elezioni — non c’è, o quantomeno non c’è ancora: non si è strutturata, non ha maturato la solidarietà che accomuna partiti tra loro alleati, appare priva di una visione strategica ed è divisa da divergenze ideologiche che si manifestano su vari temi, come per esempio il Mes.

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Crisi di governo, Renzi-Conte e quel feeling (impossibile): «Incapace», «pensa a sé»

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Tommaso Labate

Crisi di governo, Renzi-Conte e quel feeling (impossibile): «Incapace», «pensa a sé»

«Io certe dinamiche le capisco e le so valutare. Anche perché, se permetti, ho fatto il presidente del Consiglio per più di mille giorni. Ecco, il professore per me è un incapace. Sarà anche simpatico, una brava persona, tutto quello che volete. Ma è inadeguato al ruolo che ricopre. E per me deve andare a casa, lui e pure Casalino. Adesso, per favore, dovresti andargli a dire che te l’ho detto». In attesa che sguardi e lame ideali si incrocino in Parlamento, magari nel dibattito sulla fiducia-sfiducia al governo uscente, l’acme del duello rusticano tra Matteo Renzi e «il professore», come il senatore di Rignano chiama il presidente del Consiglio con intento evidentemente canzonatorio, si è raggiunta per interposta persona. Il giorno prima della Vigilia di Natale, quando non era chiaro a tutti il punto fino al quale voleva tirare la corda, il leader di Italia viva ha chiamato due ministri dell’esecutivo perché consegnassero «l’imbasciata» al premier.«Deve andarsene perché non è capace». A quel punto, assecondando quell’indole per alcuni tardodemocristiana, nonché la propensione a sopire i conflitti, Conte ha alzato il telefono e ha chiamato Renzi. Uno squillo, poi due, tre, quattro, cinque, sei. Dal cellulare privato, senza intermediazioni di segreterie o centralini perché — avrebbe poi spiegato il premier — «non volevo urtarlo o fare la parte del superiore». Nessuna risposta.

Nello scambio di messaggi che ne è seguito, Conte ha sempre chiamato Renzi «Matteo» e Renzi non ha mai nominato la parola «Giuseppe». «Ti avevo chiamato per farti gli auguri, Matteo. Sia a te che alla tua famiglia. Buone festività» (Conte); «Un augurio anche a te e ai tuoi. A presto» (Renzi). A Capodanno, stessa storia: «Matteo ti faccio gli auguri di buon anno anche in famiglia» (Conte); «Auguri a voi. Buon 2021» (Renzi). Poi all’Epifania: «Matteo ti chiamerà Gualtieri per aggiornarti sulla revisione del Recovery plan. Mi sembra che tenga conto di molti vostri suggerimenti» (Conte); «Aspettiamo voi allora. Buona Epifania a te» (Renzi). Conciliante il primo, gelido il secondo.

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Crisi di governo, Conte dà l’ultimatum a Renzi. E lui: «Posso fare opposizione»

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Marco Galluzzo

Crisi di governo, Conte dà l'ultimatum a Renzi. E lui: «Posso fare opposizione»

Di mattina è Giuseppe Conte a fare la prima mossa: «Se il leader di Iv Renzi si assumerà la responsabilità di una crisi di governo in piena pandemia, sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Italia viva». Insomma niente rimpasto e niente Conte ter con la stessa maggioranza: restano in piedi il voto, un governo istituzionale o la caccia ai responsabili in Parlamento da parte del premier.

Di pomeriggio Matteo Renzi, annunciando l’astesione delle sue ministre, sterilizza il Consiglio dei ministri notturno che dopo un duro confronto soprattutto sull’utilizzo del Mes, approva il Recovery plan, senza appunto il voto di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Doveva essere il momento della verità, inizia in ritardo e termina nella notte, ma non è più la sede dello showdown politico. Tutto viene rimandato ad oggi. Lo dice lo stesso Renzi, che stamattina dovrebbe fare dimettere le sue ministre e che intanto continua la guerra ai fianchi del premier, sempre con l’ironia sferzante che lo contraddistingue: «Io non volevo far fuori Conte, ma me stesso da questo governo. Evidentemente hanno i numeri per andare avanti e se vogliono gli posso anche cedere qualcuno… Me ne andrò all’opposizione». Per l’ex premier lo scenario che si delinea è quello di una conta in Aula: «Penso che Conte sostituirà le ministre di Italia viva e poi andrà alle Camere per chiedere la fiducia. Non so se prima si recherà al Quirinale, comunque quando avrà dei nuovi ministri farà il passaggio parlamentare».

Insomma sembrano sempre inevitabili le dimissioni delle ministre renziane, mentre in serata si moltiplicano le voci che oggi, quasi una sorta di tentativo in extremis, pressato dal Partito democratico, il capo del governo potrebbe provare a convocare un vertice dei soli leader della maggioranza. Sino ad ora Conte non ha voluto, forse tenterà di fronte alla possibilità di perdere tutto. Intanto si rafforzano le voci di un gruppo di responsabili già formato, indiscrezioni che è impossibile confermare danno sia Goffredo Bettini del Pd che Gianni Letta, da anni ambasciatore istituzionale di Silvio Berlusconi, convinti di avere le carte e i numeri per salvare il governo. Dice il primo in modo molto chiaro: «I responsabili possono palesarsi al momento opportuno».

In attesa dello showdown è il momento delle accuse reciproche e degli avvertimenti. Il Movimento 5 Stelle per tutta la giornata fa partire il fuoco di fila contro i renziani. Una raffica di dichiarazioni allineate con la posizione di Conte e in cui si accusa Renzi di irresponsabilità e lo si avverte: «Se ritira le ministre non ci sarebbe possibilità di far nascere un nuovo esecutivo con Italia viva», sentenzia Stefano Buffagni. Da Vito Crimi a Alessandro Di Battista e Riccardo Fraccaro, il coro è unanime. A Conte e pentastellati replica innanzitutto il presidente di Iv, Ettore Rosato, con toni sarcastici: «Mai più un governo con Renzi se apre la crisi? Va bene, vedremo, potrebbero scegliere di fare un governo con FI e FdI così hanno preso tutto l’arco costituzionale».

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