Archive for Gennaio 18th, 2021

O votate per me o elezioni. Sintesi del Conte-pensiero

lunedì, Gennaio 18th, 2021

Il discorso del Presidente del Consiglio può essere preso in molti modi, a seconda dell’inclinazione politica personale e del grado di simpatia verso il personaggio, ma non può certo essere tacciato di poca chiarezza.

Infatti con parole sferzanti e anche assai poco abituali per la politica italiana il premier sceglie nell’aula di Montecitorio una linea durissima contro Renzi e la sua formazione politica, una linea che però ha anche come destinatari “primari” le forze di maggioranza, cioè i soggetti destinati a votare a favore del governo nelle prossime ore.

Questa linea è così riassumibile: o votate per me o vi porto tutti alle urne.

Semplice, drastico, vagamente minaccioso.

Questo il Conte di oggi in Parlamento, un professore – avvocato del popolo – primo ministro che ha piena consapevolezza della sua forza (pur relativa), ma che soprattutto ha ben chiara la debolezza altrui, una debolezza che riguarda tutti i convitati al tavolo della crisi di governo.

Ma dov’è la forza di Conte, di cui oggi abbiamo visto plastica dimostrazione?

È innanzitutto nel Virus e nella condizione di emergenza in cui versa la nazione, che gli consente di bollare come “inspiegabile” la crisi di governo.

Ma è anche nel peso specifico che comunque lui e il suo team hanno ormai guadagnato, divenendo interlocutori spesso privi di alternativa per i soggetti organizzati italiani, stante la crisi devastante in cui versano tutte le forze politiche (compreso il PD).

In cima alla piramide della “forza” però c’è proprio quest’ultimo aspetto, cioè la condizione degli altri attori in scena.

Guardiamoli un momento, per capirci meglio.

All’opposizione c’è innanzitutto Salvini, ancora il più forte nei consensi. Guida però una Lega in profondo ripensamento “ideologico” ed è ormai privo del tocco magico mostrato nelle elezioni regionali, come riscontrabile nei risultati di Emilia Romagna, Puglia e Toscana.

Poi c’è Giorgia Meloni, certamente la figura più in ascesa.

Fratelli d’Italia però è debole in questo Parlamento e comunque sconta (come Salvini) un difficilissimo rapporto con l’establishment europeo.

Infine c’è Forza Italia che si pone sempre con toni diversi da quelli degli alleati, mostrando sì coerenza con la propria metà campo, ma anche voglia di smarcarsi appena possibile.

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Conte oggi alla Camera: il discorso in diretta e le reazioni

lunedì, Gennaio 18th, 2021

di Alessandro Sala e Alessandro Trocino

Il momento del confronto è arrivato: il premier Conte ha tenuto le sue comunicazioni alla Camera (qui l’articolo che ne dà conto), con l’obiettivo di mantenere la maggioranza assoluta a Montegcitorio e di conquistare, domani al Senato, una fiducia che si avvicini il più possibile ai 161 voti (qui lo scenario illustrato da Monica Guerzoni). Dato che la Costituzione non impone che i governi siano tenuti a battesimo da una maggioranza assoluta, a Conte e ai suoi soccorritori può bastare la maggioranza semplice (o relativa). Traguardo che si conquista con un voto in più di quelli messi insieme dall’opposizione. Esistono una trentina di precedenti, compresi un paio legati all’era berlusconiana, che vincolerebbero Mattarella ad accettare — comunque lo giudichi — un simile risultato. Dal quale il premier uscirebbe automaticamente confermato al timone di Palazzo Chigi, senza bisogno di dimettersi e rinascere sotto la voce «ter» (qui l’articolo di Marzio Breda). A seguire il racconto in tempo reale della giornata politica.

Ore 15.20 – Rampelli (FdI): «Conte peggio del centrodestra nel 2018»
Conte oggi sta peggio, a numeri, rispetto a come si trovava il centrodestra nel 2018, all’indomani delle elezioni, quando risultava prima coalizione (mentre il M5S era primo partito) e non ottenne un mandato esplorativo per cercare i voti in Parlamento, non disponendo di una maggioranza propria. Lo ha fatto notare in Aula il deputato Fabio Rampelli, di FdI. «Se per il Capo dello Stato questo principio valeva ieri, lo faccia valere oggi. La tecnica di governare a dispetto dei santi oltretutto non paga perché sia il Pd che il M5s hanno perso consenso in tutte le elezioni successive al 2018 e oggi nei sondaggi il centrodestra oscilla tra il 47 e il 51%».

Ore 15.12 – Gentiloni: «La situazione italiana è preoccupante»
«La situazione italiana è preoccupante, ed è difficile per noi commentare» la situazione politica. «Ma in ogni caso speriamo di avere un interlocutore stabile, perché l’Italia sarà cruciale per il successo del Next Generation Plan e abbiamo bisogno di interlocutori stabili». E’ quanto ha detto il commissario europeo Paolo Gentiloni a proposito della crisi di Governo italiana in un’intervista a Bloomberg. «Stiamo lavorando con l’Italia e con altri 14 governi — ha aggiunto — che hanno già presentato la bozza per i fondi europei. Alcuni di questi governi sono più forti, altri più fragili: penso sia importante avere interlocutori stabili e che lavorino per la causa comune europea. E spero che questo sia il caso anche dell’Italia».

Ore 15.00 – Crimi: «Non voltiamoci indietro»
«Pieno sostegno al presidente Conte, l’Italia ha bisogno di una guida e di risposte ed è ciò che intendiamo continuare a fare, attraverso un rinnovato patto di governo. Non ci voltiamo indietro, andiamo oltre e torniamo a correre». Lo dichiara il capo politico M5S Vito Crimi.

14.33 – Scalfarotto: «Con un governo migliore l’Italia ci sarà»
«Se c’è da creare un governo migliore e non abbiamo nessuna pregiudiziale sui nomi, figuriamoci se mettiamo un veto su di lei che ha governato con la Lega poco prima di questo governo. Ma chiediamo di muoversi, di darci risposte, una visione e una strategia. Se questo c’è, noi ci siamo». Lo ha detto Ivan Scalfarotto, deputato di Italia viva, intervenendo in Aula dopo le comunicazioni del premier Conte. E ha ribadito: «Se ci sarà la possibilità di dare un governo vero a questo Paese, Iv non mancherà», sottolineando che il Conte bis è stato «un governo dei tempi ordinari, è il suo limite».

14.09 – La risoluzione della maggioranza
«La Camera dei deputati, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri sulla situazione politica in atto, le approva». Lo si legge nella risoluzione di maggioranza presentata alla Camera dopo l’intervento di Giuseppe Conte. Il documento, che verrà’ posto al voto con l’appello nominale dei deputati, e’ stato sottoscritto oltre che da M5S, Pd e Leu, anche dalle componenti del gruppo Misto Maie, Centro democratico e Minoranze linguistiche.

Ore 14.03 – Binetti (Udc): «Domani no alla fiducia, dopodomani vedremo…»
Paola Binetti, ex dem oggi nelle fila dell’Udc, conferma che domani al Senato non voterà la fiducia al governo Conte, ma non è detto che non possa rivedere il suo giudizio. «Sul pregresso, ovvero su quello che Conte ha fatto fino ad ora non posso dargli la fiducia — ha spiegato intervenendo in radio a Un giorno da pecora —, anche perché non gliel’ho mai data. Al prossimo giro, alla prossima occasione chissà. Domani voterò no alla fiducia al governo Conte, dopodomani vedremo…».

Ore 13.59 – Zingaretti: «Bene Conte, avanti per cambiare»
«Bene Conte. L’appello ad andare avanti per cambiare. Patto di legislatura, apertura al coinvolgimento del Paese, priorità allo sviluppo per creare lavoro, alla difesa della salute, al rafforzamento del protagonismo europeo a cominciare da Next Generation Eu. Non fermiamoci ora. Dobbiamo ricostruire la fiducia. L’Italia ha diritto alla speranza , c’è una prospettiva da perseguire per il futuro». Così il segretario del Pd Nicola Zingaretti.

13.55 – L’Udc: «Voteremo no in maniera compatta»
«Ci troviamo a smentire, per l’ennesima volta, ricostruzioni fantasiose riportate da alcuni organi di stampa oggi. L’Udc voterà compattamente NO alla fiducia del Governo Conte bis». È quanto si legge in una nota diffusa dall’Ufficio stampa nazionale dello Scudo crociato, guidato da Lorenzo Cesa.

13.52 – Azione e +Europa non voteranno la fiducia
Azione e Più Europa, come già annunciato nei giorni scorsi, confermano in Aula della Camera che non voteranno la fiducia al governo, restando all’opposizione. Lo ha detto, intervenendo durante il dibattito, Enrico Costa, che invita Giuseppe Conte a «recarsi al Quirinale per rassegnare le dimissioni».

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Crisi di governo: 66 esecutivi in 75 anni. Quanto ci costa l’instabilità politica?

lunedì, Gennaio 18th, 2021

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

La patologia è cronica: dalla nascita della Repubblica a oggi, solo Alcide De Gasperi e Silvio Berlusconi sono rimasti in carica per i cinque anni previsti dalla Costituzione, ma entrambi hanno dovuto dimettersi almeno una volta e rifare il governo. La domanda è d’obbligo: quanto costa al Paese la nostra atavica instabilità politica e chi ci guadagna dalle crisi?

La domanda è d’obbligo: quanto costa al Paese la nostra atavica instabilità politica e chi ci guadagna dalle crisi?

Com’è andata finora

Nei 75 anni di storia repubblicana abbiamo avuto 66 governi e 29 presidenti del Consiglio e le crisi – ossia il tempo che trascorre tra le dimissioni di un governo e il giuramento del nuovo – occupano complessivamente 1.510 giorni, cioè più di quattro anni. Dal 1994, con la seconda Repubblica, si succedono 16 governi con 10 premier, durata media 617 giorni.

Tre crisi di governo portano a elezioni anticipate: Dini 1995, Prodi II 2008 e Monti 2012. Sei i rimpasti all’interno della stessa maggioranza: Prodi I, D’Alema I, D’Alema II, Berlusconi II, Letta e Renzi. Tre le nuove alleanze con cambio di maggioranza senza andare a elezioni: Berlusconi I, Berlusconi IV e Conte I. Infine tre alleanze per arrivare a elezioni alla scadenza della legislatura: Amato II, Berlusconi III e Gentiloni. Poi c’è la crisi di governo in corso innescata da Renzi. Nello stesso periodo, ovvero negli ultimi 26 anni, in Francia ci sono 5 presidenti (Mitterand, Chirac, Sarkozy, Hollande e Macron); 5 in Spagna (Gonzalez, Aznar, Zapatero, Rajoy e Sanchez), 3 cancellieri in Germania (Kohl, Schroder e Merkel).

Chi innesca la crisi ci guadagna?

La storia ci dice che chi innesca la crisi di solito non fa una bella fine. Umberto Bossi, dopo aver fatto saltare il governo Berlusconi, alle elezioni del 1996: la Lega riceve più voti – passando dall’8,4 al 10% – ma deve uscire dalla coalizione di centrodestra, dimezzando così i seggi in Parlamento (da 178 a 86). Fausto Bertinotti, artefice della crisi del governo Prodi nel ‘98: alle elezioni politiche del 2001 Rifondazione Comunista passa dall’8,5 al 5% e perde i due terzi dei seggi (da 46 a 15).

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Governo, Conte alla Camera per la fiducia. La diretta video

lunedì, Gennaio 18th, 2021

Roma, 18 gennaio 2021 – Il premier Giuseppe Conte alla Camera per chiedere la fiducia, dopo che la settimana scorsa Italia Viva ha aperto la crisi di governo con le dimissioni delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti e del sottosegretario Ivan Scalfarotto. Questa mattina il centrodestra ha presentato una risoluzione chiedendo le dimissioni di Conte.

Il liveblogging di Pier Francesco De Robertis

Il presidente del Consiglio non ha voluto rilasciare commenti prima del suo intervento. “Si parla nelle sedi opportune, nelle sedi istituzionali”, ha detto il presidente del Consiglio al suo ingresso a Palazzo Chigi, cartellina in mano. “C’è una crisi in corso”, quindi “la situazione non è affatto semplice”, aveva detto ai cronisti che lo avevano intercettato mentre giungeva a piedi. “Ho fiducia nei parlamentari e nel Paese”, ha quindi aggiunto.

Il discorso di Conte

“All’inizio di questa esperienza di governo, nel 2019, prefigurai un chiaro progetto politico per il Paese. Precisai che il programma non poteva risolversi in una mera elencazione di proposte eterogenee o una sterile sommatoria delle posizioni delle forze di maggioranza. Un’alleanza tra formazioni provenienti da storie, esperienze, culture di diversa estrazione e che in passato si erano confrontate con asprezza, poteva nascere solo su due discriminanti. Il convinto ancoraggio ai valori costituzionali e la solida vocazione europeista del Paese”, esordisce Conte ricordando la nascita della maggioranza di governo.

La pandemia e le scelte fatte

Ma il presidente del Consiglio ricorda anche che “agli inizi 2020” il progetto del governo si è dovuto “misurare con la pandemia che ha sconvolto in profondità la società e la dinamica stessa delle nostre relazioni”. “Affontiamo una sfida di portata epocale, si vivono paure primordiali, più spesso conosciute da generazioni del passato. Torniamo a sentirci profondamente fragili, alcune certezze radicate sono state poste in discussione. Ci siamo misurati quotidianamente come mai in passato con scienza e tecniche, con la difficoltà a fornire risposte efficaci e rapide”, dice Conte, sottolineando che l’Italia è stata la prima “in occidente” a essere costretta “a introdurre misure restrittive dei diritti della persona, operando delicatissimi bilanciamenti dei principi costituzionali”. 

“Andiamo a testa alta”

“Abbiamo operato sempre scelte migliori? Ciascuno esprimerà le proprie valutazioni”, dice ancora il premier. “Per parte mia posso dire che il governo ha operato con massimo scrupolo e attenzione per i delicati bilanciamenti anche costituzionali. Se io oggi posso parlare a nome di tutto il governo a testa alta non è per l’arroganza di chi ritiene di non aver commesso errori ma è per la consapevolezza di chi ha operato con tutte le energie fisiche e psichiche per la comunità nazionale“, sostiene Conte che quindi passa a elencare tutte le misure adottate dal suo esecutivo. Dall’assegno unico mensile a sostegno delle famiglia che partirà da luglio di quest’anno allo “storico accordo sul programma Next generation Eu, in cui l’Italia ha avuto un ruolo propulsivo”.

“Da Iv attacchi scomposti”

Conte passa quindi ad analizzare le fasi della crisi di governo, di come le ministre di Italia Viva si siano sfilate prima astenendosi dal partecipare al Consiglio dei ministri poi con le dimissioni. “Si è aperta una crisi che deve trovare qui in questa sede il proprio chiarimento in trasparenza del confronto e linearità di azione che hanno caratterizzato il mio mandato”, dice il premier sottolineando che da Iv sono arrivati “attacchi aspri e a volte scomposti”. “Le nostre energie dovrebbero essere tutte, sempre concentrate sulla crisi del Paese. Così, agli occhi dei cittadini, appaiono dissipate in contributi polemici, spesso sterili, del tutto incomprensibili. Rischiamo così tutti di perdere contatto con la realtà. C’era davvero bisogno di aprire una crisi politica in questa fase? No“, continua Conte. E ancora: “Sono qui oggi non per annunciare nuove misure di sostegno o per bozza ultima del Recovery plan ma per provare a spiegare una crisi in cui non solo i cittadini ma io stesso alcun plausibile fondamento”.

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Che succede se Conte diventa un Super Renzi?

lunedì, Gennaio 18th, 2021

Che succede se Conte diventa un Super Renzi? Non un rottamatore spregiudicato ma rottamabile, un Ulisse senza più appeal elettorale né capitale politico che non sia la periclitante fiducia di una piccola ciurma di fedelissimi, sospinti verso l’ultimo azzardo. Ma l’illusionista che mancava a questo tragico decennio di storia nazionale, il prestigiatore passato con imperturbabile naturalezza da destra a sinistra per piazzarsi, alla fine, al centro. Che succede se Conte si pianta sul cuore della democrazia italiana, facendo leva sulla popolarità gonfiata dall’emergenza, sulle profferte elettorali ai tanti senza famiglia del Parlamento, su non trasparenti maneggi con gli apparati dello Stato, sugli addentellati lobbistici, sulle simpatie vaticane? Che succede se Conte rende effettivo e credibile, occupandolo, lo spazio simbolico, fin qui potenziale, in cui si agitano senza esito tanti fermenti riformisti, popolari e liberali? Che succede se diventa la più coesa, la più centrale, la più risoluta gamba dell’alleanza giallorossa?

Questa domanda è il fantasma della crisi di governo. Tanto più inquietante quanto più è stata rimossa nelle prime ore della rottura. Quando le provocazioni sferzanti del rottamatore hanno fatto convergere d’istinto le reazioni di Zingaretti e Di Maio, uniti al grido di “avanti con Conte” e “mai più con Renzi”. Col passare delle ore, però, quella domanda è diventata un tarlo, che agita i sogni del Nazareno e non solo: cosa cambia se Conte, restando premier di un governo con poteri straordinari imposti dall’emergenza, diventa ufficialmente leader di una coalizione parlamentare e capo politico di una pattuglia di  “responsabili”, reclutati in mezzo, ma anche dentro i due poli, e destinati a trasformarsi in un partito a cui, già oggi, i sondaggi accreditano un consenso a due cifre? Cosa cambia se il nome di garanzia super partes del governo gialloverde, trasformatosi  in federatore di un’incompiuta alleanza giallorossa, assume il ruolo di un attore politico a tutto tondo?

Ad un tratto ci si rende conto che la devoluzione di responsabilità, tributata dagli alleati all’avvocato, tradisce le sue stesse ragioni: prima “usato” come mezzo per scongiurare i pieni poteri di Salvini, poi come officiante del matrimonio tra Pd e Cinque Stelle, Conte potrebbe diventare il fine stesso di una rediviva coalizione di centrosinistra. Un Super Renzi, indispensabile come il rottamatore per tenere in piedi la maggioranza, ma elettoralmente cinque o sei volte più forte, potenzialmente incontrollabile, non solo perché capace di parlare a destra e a sinistra, ma anche perché in grado di cambiare i rapporti di forza delle alleanze, ponendosi in un sistema proporzionale come l’ago della bilancia che, potendo decidere chi comanda, finisce sempre per comandare. 

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Liliana Segre: “Io a Roma per dare la fiducia al governo”

lunedì, Gennaio 18th, 2021

“Sì, parto” per Roma, “per essere pronta a fare il mio dovere martedì a Palazzo Madama. Non partecipo ai lavori del Senato da molti mesi perché, alla mia età, sono un soggetto a rischio e i medici mi avevano caldamente consigliato di evitare. Contavo di riprendere le mie trasferte a Roma solo una volta vaccinata, ma di fronte a questa situazione ho sentito un richiamo fortissimo, un misto di senso del dovere e di indignazione civile”. Così la senatrice a vita Liliana Segre su ‘Il Fatto quotidiano’. “Ho deciso di dare la mia fiducia al governo – osserva – questa crisi politica improvvisa l’ho trovata del tutto incomprensibile. All’inizio pensavo di essere io che non riuscivo a penetrare il mistero. Poi però ho visto che quasi tutti, sia in Italia che all’estero, sono interdetti, increduli, spesso disgustati. Non riesco ad accettare che in un tempo così difficile – rileva – vi siano esponenti politici che non riescono a fare il piccolo sacrificio di mettere un freno a quello che Guicciardini chiamava il particulare”.
“Tutti i governi del mondo hanno dovuto procedere per tentativi ed errori. Come anche la scienza, del resto – spiega – quindi è scontato che anche il governo Conte abbia fatto errori. Però mi pare che si debba riconoscere che ha fatto nell’ultimo anno un lavoro gigantesco per reggere l’urto di un’emergenza spaventosa ed ha ottenuto una svolta storica nelle politiche europee”.

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Fotografia dell’impotenza

lunedì, Gennaio 18th, 2021

In parecchi si chiedono, abituati alla grammatica istituzionale d’antan, se Conte abbia intenzione di salire al Colle per rassegnare le dimissioni, magari dopo il discorso in Aula di domani, evitando il voto. Per poi ottenere un reincarico e a quel punto riaprire il gioco. Con Renzi, che ha messo agli atti una sua astensione, e dunque tenendolo aperto a sua volta, o magari senza Renzi perché, una volta sancita una discontinuità, a quel punto anche l’operazione responsabili può essere agevolata da una parvenza di dignità politica. Nel senso che un conto è correre in soccorso del governo in nome della cadrega un conto è salvare la faccia facendo finta che è in atto un’operazione politica: un nuovo programma, un nuovo governo, eccetera eccetera.

In parecchi, dentro il Pd, questa cosa la sussurrano sotto i fragori della linea ufficiale e anche dentro in Cinque stelle dove ormai ogni testa è un tribunale, perché, dicono, “è complicato governare con una maggioranza esigua”. La risposta, all’amletico quesito, è un brusco “no”. Conte non ha alcuna intenzione di dimettersi né prima né dopo il voto, sia della Camera sia del Senato. E non ha neanche tutta questa intenzione di salire al Colle a riferire o spiegare come andare avanti se non sarà chiamato a rapporto. L’importante è prendere un voto in più, punto, anche se a palazzo Madama martedì non si dovesse raggiungere, come probabile, la famosa soglia 161, ovvero la maggioranza assoluta. Il ragionamento del presidente parte da un assunto, il “mai più con Renzi”, accompagnato dall’eccitazione della sfida e da un mal celato rancore personale: “Gli ho offerto di tutto – va ripetendo – l’ho anche cercato due volte e non mi ha risposto, l’ho cercato anche una terza col numero oscurato di palazzo Chigi, niente”. E arriva all’arrocco come strategia, il più classico tirare a campare: incasso il voto alla Camera, sulla base di quello e in un clima di pressione ambientale vado al Senato, prendo un voto in più, comunque esso sia, anche quota 154 con i senatori a vita, e quel punto ho salvato la ghirba dimostrando che non c’è un’altra maggioranza possibile.

Il copione è già scritto: molti tireranno in ballo Mattarella, chiedendo al capo dello Stato un giudizio e un intervento di fronte a una maggioranza che maggioranza non è, fragile, risicata, politicamente inadeguata in questo contesto che richiederebbe ben altra forza e coesione. E sarà un po’ come ululare alla luna perché il capo dello Stato, questo capo dello Stato, poco può fare davanti a un presidente in carica che non ha intenzione di rassegnare il proprio mandato. Che questo andazzo gli piaccia è tutt’altro discorso, e infatti non apprezza. Così come nutre perplessità sui consigli ascoltati a palazzo Chigi, assai diversi dai propri auspici. Ma, per come sta interpretando il suo ruolo in modo notarile, Mattarella ha intenzione di entrare in campo solo se c’è una crisi conclamata, non una crisi politica strisciante.

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L’anomalia italiana. Così il premier rottama del tutto l’idea di partito

lunedì, Gennaio 18th, 2021

di RAFFAELE MARMO

La democrazia italiana, nelle sue molteplici stagioni, ha avuto avuto il suo asse portante nei partiti. E anche nella ormai lunga fase della cosiddetta Seconda Repubblica la rappresentanza politica è passata attraverso formule personalistiche discutibili – i partiti personali – che però hanno avuto, comunque sia, la forma del partito o del movimento e, soprattutto, il battesimo del fuoco elettorale. L’idea-tentazione che sta prendendo quota in queste convulse giornate, tra Palazzo Chigi e altri ambienti di riferimento del premier, è, invece, quella di un’aggregazione parlamentare direttamente a sostegno di Giuseppe Conte.

Insomma, ci troviamo di fronte a qualcosa di inedito che va oggettivamente oltre gli stessi partiti personali e che pone più di un interrogativo: il gruppo parlamentare ispirato da Conte quanto avrebbe ancora a che fare con l’idea di una democrazia fondata sui partiti?

La domanda non appaia peregrina, perché i segnali quantomeno di un superamento (per non dire fastidio) dei partiti si sono moltiplicati durante l’esperienza di questo governo. Il massimo che il presidente del Consiglio ha concesso alla politica rappresentativa è stata la riunione dei capi-delegazione (che sono suoi ministri e dunque da lui coordinati): i vertici dei leader delle forze politiche di maggioranza sono stati praticamente azzerati o vissuti con evidente contrarietà.

Ma neanche con Silvio Berlusconi, un signore che ha vinto di suo più di un’elezione, si è arrivati mai a un tale livello di antipatia per lo strumento-chiave della democrazia rappresentativa. A quale altra logica, del resto, risponde l’idea della gestione piramidale del Recovery Plan (con il comitato ministeriale e la task force manageriale) se non a quella di sottrarla alla direzione strategica delle forze politiche di maggioranza?

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Lombardia in guerra contro la zona rossa. Il lockdown costa miliardi all’economia

lunedì, Gennaio 18th, 2021

di MASSIMILIANO MINGOIA

Milano, 18 gennaio 2021 – Il ricorso al Tar della Lombardia è pronto, sarà depositato questa mattina. La Regione non cede di un millimetro e procederà per vie legali contro la decisione del governo di far scattare la zona rossa, da ieri, nella regione guidata dal leghista Attilio Fontana. Dei quasi 15 milioni di italiani sotto lockdown, oltre 10 milioni sono lombardi, un sesto degli abitanti dell’intera penisola. Nell’area che da sola produce il 22 per cento del Pil, per 368 miliardi di euro di valore, ci sono oltre 51mila fra bar e ristoranti, un quinto dei 256mila che la Coldiretti – stime di ieri – ritiene a rischio chiusura, con un fatturato dimezzato (-48%) e quasi 41 miliardi di euro in fumo. Così, il governatore, indica su Facebook l’obiettivo della dura presa di posizione della Lombardia: “Ora facciamo ricorso. Puntiamo a sederci al tavolo tecnico della modifica dei parametri, che il governo ha più volte promesso, ma mai aperto, anzi, ha stretto le soglie sugli stessi parametri e portato la Lombardia in zona rossa”.

Il presidente si riferisce all’indice Rt, che calcola la trasmissibilità del virus nel tempo in base alla curva dei casi giornalieri. Su questo fronte, nel tardo pomeriggio, scende in campo anche la vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti, che sollecita al ministro della Salute Roberto Speranza una sospensione per 48 ore, in via cautelare, dell’ordinanza sulla zona rossa.

Una sospensione in attesa dell’aggiornamento degli indici Rt basati su dati che configurerebbero per la Lombardia un livello di rischio attuale più mite. “La revisione sollecitata per martedì sulla base di questi dati – sottolinea la Moratti – potrà essere molto più puntuale e oggettiva e dimostrare il minor grado di rischio di Regione Lombardia. Si tratta di una sospensiva di 48 ore che sono certa troverà poi una conferma definitiva per l’intera Regione a seguito del ricalcolo degli indici che alla data del 16 gennaio a Regione Lombardia risulterebbe di 1,01 in decremento dall’1,17 di domenica 10 gennaio”. La nota dell’assessore è corredata da una serie di tabelle, che indicano, riferite a ieri, 15,9 nuovi positivi ogni 100 mila abitanti, 6,40 nuovi positivi per 100 tamponi e 4,51 ricoverati in terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. Non solo. C’è anche una tabella che mostra la Lombardia al primo posto tra le Regioni per vaccini anti-Covid somministrati: 177.282.

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Patentino Covid, piano del Lazio: si userà al cinema e in palestra, ingressi agevolati

lunedì, Gennaio 18th, 2021

di Lorenzo De Cicco

Il patentino dei vaccinati Covid «potrebbe diventare come la cuffia per nuotare in piscina», dice l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato. «Chi ce l’ha entra in vasca, gli altri no. Un discrimine sano, a tutela della collettività, e che potrebbe essere utile a rilanciare i settori economici in crisi». Per esempio palestre, cinema, teatri. Spazi di vita, chiusi da mesi proprio per limitare i contagi, e che tanti smaniano di riconquistare, un po’ per volta, i titolari in primis. Fuori dalla metafora acquatica, dal governo alle Regioni, Lazio compreso, tanti si interrogano sul futuro dell’«attestato» d’immunizzazione, per chi avrà ricevuto prima e seconda dose del siero anti-virus. A Roma e nelle altre province non ci sarà una card, come invece propone in Campania il governatore De Luca. Tutto passerà da computer e smartphone: da metà febbraio il “patentino” si scaricherà sul fascicolo sanitario personale, sul sito LazioSalute, oppure tramite un’app che gli informatici della Pisana stanno già collaudando. Si accederà tramite lo Spid, il sistema d’identità digitale, le stesse credenziali già sfruttate, tra le altre cose, per i rimborsi del cashback. APPROFONDIMENTI

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Gli spostamenti

L’attestato, dice chi sta seguendo la pratica in Regione, potrebbe essere sfruttato per gli spostamenti fuori dai confini del Lazio. Oggi l’Italia è frazionata in tre colori (col quarto, il bianco, appena decretato), ma quando la campagna di vaccinazione diventerà “di massa”, il certificato d’immunità potrebbe diventare un pass per muoversi più liberamente lungo lo Stivale. Lo stesso potrebbe valere per l’accesso a tanti settori del tempo libero, migliaia di attività oggi costrette a tenere abbassata la saracinesca. «Cinema, teatri, palestre – riprende l’assessore D’Amato – Se a livello governativo, o europeo, si opterà per un patentino, noi siamo pronti: potrebbe essere un discrimine positivo per regolare alcuni comparti. Pensiamo ai vaccini contro il morbillo a scuola: per iscriverti lo devi fare. O la cuffia in piscina: se ce l’hai entri, altrimenti no. Questo strumento potrebbe diventare cruciale quando la campagna avrà raggiunto numeri rilevanti». Forniture permettendo. «Per alcune rotte aeree, oggi vale la logica un biglietto-un tampone. Con il vaccino potrebbe accadere lo stesso per alcuni settori. Ora – conclude il responsabile della Sanità – anche noi aspettiamo di capire cosa farà il governo».

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