Archive for Gennaio, 2021

Sanremo, Amadeus pronto a lasciare il Festival per il nodo dei figuranti

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di Renato Franco

Sanremo,  Amadeus pronto a lasciare il Festival per il nodo dei figuranti

Amadeus pronto a rimettere il suo mandato di direttore artistico e conduttore del festival di Sanremo? Secondo voci insistenti all’interno della squadra del Festival, il conduttore starebbe valutando il gesto clamoroso, dopo le parole twittate dal ministro Franceschini sul divieto ai figuranti in sala per il Teatro Ariston di Sanremo. Amadeus e i suoi, che hanno sempre parlato della difficoltà per gli artisti di esibirsi davanti a un teatro vuoto, avrebbero sottolineato anche come martedì il ministro della Salute Roberto Speranza non avesse parlato di figuranti, come ha fatto invece Franceschini, le cui parole sono state dunque interpretate come un attacco al Festival. Dal momento che — si fa notare da ambienti vicini al festival — molti altri programmi tv vanno in onda con un pubblico di figuranti scritturati.

Un’agitazione che ha preso forma dopo il tweet mattutino del ministro dei Beni Culturali Franceschini: «Il Teatro Ariston di Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito il ministro Speranza, il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile». Insomma no ai figuranti. Una presa di posizione che ha spiazzato Amadeus e che stride con quanto accaduto finora in televisione, dove i figuranti sono largamente utilizzati. I figuranti, infatti — diversamente dal pubblico pagante — rientrano nella categoria di «attori» contrattualizzati che sono parte integrante dello spettacolo stesso: esemplari i casi di X Factor che li ha utilizzati nell’ultima edizione o del Maurizio Costanzo Show che va in onda regolarmente addirittura da un teatro, il Parioli.

Il ministro della Salute Roberto Speranza martedì aveva inviato al Comitato Tecnico Scientifico la lettera delle associazioni discografiche in cui queste ultime chiedevano un protocollo di sicurezza per i cantanti che si esibiranno al Festival di Sanremo. Il Cts non ha ancora fissato la data della riunione né ha al momento ricevuto richiesta di pareri per l’organizzazione dell’evento. Su questo fronte, in ogni caso, l’orientamento degli esperti è quello comunque di non consentire la presenza del pubblico in sala, come ribadito più volte per eventi di questo tipo.

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Che razza di Ibra

giovedì, Gennaio 28th, 2021
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di   Massimo Gramellini

Non avendo la fortuna di essere né interista né milanista, ho assistito con svizzera equidistanza allo scontro di creste tra i gallinacei Ibra e Lukaku durante il derby di Coppa Italia e mi sono convinto che la provocazione del bullo svedese c’entrasse poco con il razzismo. Non solo perché Ibrahimovic è un crogiolo di etnie, da sempre bersaglio dei razzisti veri, ma perché nel gridare a Lukaku «Chiama tua madre e vai a fare le tue str…ate vudù con lei, piccolo asino» il fine dicitore non intendeva alludere a un pregiudizio generico, ma a un evento specifico, anche se mai confermato dall’interessato. Anni fa, il presidente dell’Everton sostenne che Lukaku si era rifiutato di rinnovare il contratto con la sua squadra dopo l’esito di un rito vudù officiato dalla madre. Ma se, invece che al vudù, quel presidente avesse detto che Lukaku era ricorso ai tarocchi, l’altra sera probabilmente Ibra avrebbe urlato «vai a farti fare le carte da tua madre, piccolo asino» e nessuno si sarebbe sognato di tirare in ballo il razzismo. La maleducazione, l’insolenza, il riferimento canzonatorio alla mamma: tutto questo e molto altro fa parte del repertorio di quel formidabile rissaiolo. Ma il razzismo no.

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Crisi governo, Salvini contatta Renzi: «Mandate via Conte poi si può discutere»

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di Barbara Acquaviti

Crisi governo Più chiaramente di così, Matteo Salvini, non poteva pronunciarsi. «Noi a Mattarella diremo no a questo mercato delle vacche e no a un reincarico a Conte. Quando non ci sarà più quel signore a palazzo Chigi, ragioneremo del resto». Un problema alla volta e quello principale, non da oggi, per il leader della Lega è far sloggiare l’avvocato del popolo. Per raggiungere l’obiettivo è disposto a tutto, anche a cambiare linea per l’ennesima volta: elezioni «via maestra», ma anche non escludere alternative. A sera, certo, precisa che il piano B «è solo un esecutivo di centrodestra». Ma insomma, il segnale è lanciato.

Cosa serve al Paese/ Ma i veri “responsabili” non pensano alle poltrone


Per ottenere questo risultato, che ora gli sembra più a portata di mano, l’ex ministro dell’Interno ha avviato da tempo un’interlocuzione con Matteo Renzi, ovviamente pubblicamente smentita. Quale miglior alleato, d’altra parte, di chi ha il tuo stesso nemico? Fonti del centrodestra riferiscono poi che Salvini avrebbe sondato anche quei pezzi del Pd che non vogliono morire contiani. E nel tentativo di azzoppare qualsiasi ipotesi di ter scrive l’Agi si starebbe pensando anche di far nascere dei gruppi di contro-responsabili, sia alla Camera che al Senato, puntando a sottrarre parlamentari M5S per bilanciare le fuoriuscite da Forza Italia. Ma i parlamentari vicini a Toti negano.
Di fronte al fatto nuovo delle dimissioni del presidente del Consiglio, insomma, il leader leghista si sarebbe convinto della necessità di ammorbidire la linea elezioni-e-basta, pur nella consapevolezza di avere nella ferma posizione a favore del voto di Giorgia Meloni una pericolosa concorrente a destra.
Aprire a possibili scenari futuri, sortisce anche l’effetto di placare quella fazione interna alla Lega persuasa che un altro governo non solo sia possibile, ma anche doveroso perché solo con l’unità nazionale è convinzione di Giancarlo Giorgetti si porta la nave Italia fuori da questa tempesta.


Ma si tratta, dicono fonti di opposizione, anche di un messaggio a Sergio Mattarella alla vigilia delle consultazioni, un modo per mostrarsi moderato e dialogante, cambiare quell’immagine barricadera che finora è la convinzione lo ha fatto considerare unfit’, inadatto a governare.
L’inversione di marcia di Salvini finisce per aiutare anche l’alleato Silvio Berlusconi. Il Cavaliere tiene aperto ancora il doppio canale governo allargato e elezioni per tenere buoni i Guelfi e i Gibellini che si fronteggiano in Forza Italia.

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Governo in crisi. Conte ter, Renzi alza il prezzo: via Bonafede e nuovo Recovery

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di Alberto Gentili

«Ci divertiremo». Matteo Renzi ha confidato ai suoi di sentirsi di nuovo «pienamente in partita». Visti gli scarsi risultati di Giuseppe Conte nella caccia ai “volenterosi”, il leader di Italia Viva è certo che il destino dell’avvocato sia un’altra volta nelle sue mani. Anzi, dato che Pd, 5Stelle e Leu faranno al Quirinale il nome di Conte e lui oggi sul Colle non porrà veti, è convinto che Sergio Mattarella domani affiderà al presidente del Consiglio dimissionario un incarico esplorativo.

Governo, l’idea Di Maio spacca M5S. La trincea dei senatori: «Pronti a votargli contro»

Nel frattempo, però, Renzi gioca a fare il guastatore. Meglio, indica quale potrebbe essere l’approdo dopo un eventuale fallimento della trattativa sul Conte-ter: un esecutivo guidato da Luigi Di Maio che perfino il Pd, «per evitare il voto, sarà pronto a sostenere». Con un «problemino» che lo fa ghignare i suoi: «Sarebbe divertente vedere i grillini senza Conte, ma con noi in maggioranza…». 

Il primo step, secondo la road map immaginata del Rottamatore, dovrebbe però essere la trattativa con Conte. «Anche se non mi ha ancora chiamato». «Non sarà un confronto piacevole», dice uno dei suoi, «Matteo si siederà al tavolo con il coltello tra i denti. Chiederà un radicale cambio di metodo, un nuovo ministro della Giustizia al posto di Bonafede, il sì al Mes, un Recovery Plan molto diverso e tante altre belle cose. Dopo di che, se ci sarà stallo, si andrà su Di Maio o Franceschini o Gentiloni o la Cartabia. Il che farebbe di Matteo l’uomo più felice del mondo».

Governo, Conte: «Ora governo di salvezza nazionale». L’apertura a Renzi

Eppure, come dice un alto renziano di alto rango, «se Conte non troverà altri volenterosi, Renzi non andrà a trattare per rompere. Sarà molto determinato, ma non ultimativo. Ad esempio non prenderemo e ci alzeremo se non ci verrà dato il Mes o il Ponte sullo Stretto. Siamo consapevoli che il Conte-ter non sarà un monocolore di Italia Viva». Ancora: «Al tavolo con il premier incaricato e gli alleati, se mai si aprirà, porteremo la lettera inviata il 17 dicembre a Conte dove è chiesta la riscrittura del Recovery Plan secondo le indicazioni date dall’Europa e dalle parti sociali, una nuova politica della Giustizia e lo sblocco delle infrastrutture, la scuola, l’emergenza sanitaria, etc». 

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Italia senza zona rossa e da domenica Lazio in zona gialla

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di Francesco Malfetano

Almeno tre regioni di nuovo in giallo e, forse, nessuna in rosso. A meno di 48 ore dal nuovo monitoraggio settimanale che gli esperti della cabina di regia illustreranno venerdì pomeriggio, è questa la geografia dei colori che va delineandosi per l’inizio di febbraio. Da domenica infatti, in base ai dati del monitoraggio raccolti tra il 18 e il 24 gennaio Lazio, Liguria e Veneto potrebbero abbandonare l’arancione per raggiungere Campania, Basilicata, Molise, Provincia autonoma di Trento e Toscana in zona gialla. Un gruppone a cui potrebbero aggiungersi in molte, ma in testa ci sono Emilia-Romagna, Marche e Sardegna, con quest’ultima interessata da un’operazione di rivalutazione dei parametri. Per la certezza assoluta è presto ma, a leggere gli ultimi dati che parlano di un -4% a livello nazionale in termini di occupazione delle strutture ospedaliere, tutto sembra viaggiare nella direzione di un alleggerimento delle restrizioni diffuso.

Zona arancione o gialla, cambiano colore Veneto, Friuli, Marche, Sardegna e Toscana? Lazio: «Zona bianca lontana»


LE PROMOZIONI
Nel Lazio ad esempio, si può guardare con fiducia a tutti e 3 i parametri principali: sono in calo sia il tasso di incidenza dei contagi ogni 100mila abitanti che i casi giornalieri quanto, soprattutto, il tasso di occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri ospedalieri. In attesa dei numeri settimanali i dati regionali sono migliorati giorno per giorno tenendosi entro le soglie stabilite. Vale a dire che non superano il 30 per cento di occupazione per le terapie intensive, il 40 per cento per i posti occupati nei reparti ordinari e che l’indice Rt è sotto uno. Quest’ultimo già attestatosi a 0,94 la scorsa settimana rende ottimisti gli esperti della Regione. Al punto che nonostante sarebbero necessari 14 giorni di permanenza in uno scenario di rischio inferiore rispetto a quello che ha determinato lo spostamento in fascia arancione (il conteggio per il Lazio parte dalla settimana scorsa) dai tecnici della Regione il passaggio è considerato ormai una certezza.
Un discorso simile interessa Veneto e Liguria, vantando entrambe dati in discesa. Il primo in particolare, come chiarito dal governatore Luca Zaia «da calcoli fatti in casa» avrebbe un «Rt pari a 0,62». A sperare nel salto però c’è anche l’Emilia-Romagna che ha tutti i dati in calo eccetto l’occupazione dei reparti di terapia intensiva, che rimane stazionario attorno al 30%, pochissimo sopra la media nazionale. Situazione differente per Sardegna e Marche. Se per quest’ultima il governatore Francesco Acquaroli ha già annunciato un dossier per chiedere al governo di far tornare le Marche in zona gialla, per la Sardegna la questione è complessa. «Abbiamo detto da subito che i calcoli che riguardano la Sardegna sono sbagliati – ha dichiarato il presidente della Regione, Christian Solinas – non esiste un rischio rispetto al carico delle terapie intensive in questo momento, perché abbiamo posti a sufficienza. Il calcolo e i numeri vanno valutati in maniera critica». In pratica nell’Isola il tasso di riproduzione di una malattia infettiva R0 sarebbe poco attendibile. «In Sardegna vi sono delle catene di trasmissione in alcune aree che inficiano il valore R0» ha detto il viceministro alla salute Pier Paolo Sileri, aprendo la porta alla rivalutazione dei parametri regionali. In aggiunta anche Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta sono in pressing sul ministero per tornare a colorarsi di giallo, ma i numeri in questi casi sono meno evidenti.

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Burocrazia infinita e contratti sbagliati. Vaccini, la campagna Ue è un fiasco

giovedì, Gennaio 28th, 2021

, di LUCA BOLOGNINI

Roma, 28 gennaio 2021 – Come Steven Bradbury. Nella corsa ai vaccini, alla Ue ormai non resta che sperare di emulare la tragicomica impresa del pattinatore australiano che nel 2002 vinse un oro olimpico solo perché tutti gli altri concorrenti erano caduti a pochi metri dal traguardo. Le nuove dosi dei sieri anti Covid nei Paesi dell’Unione europea arrivano col contagocce e la situazione difficilmente migliorerà nei prossimi mesi, visto che i composti in via di approvazione, come dimostra il caso AstraZeneca, sono già stati promessi ad altri Stati. Ma come ha fatto Bruxelles ad accumulare così tanto ritardo? E perché la campagna vaccinale, iniziata nemmeno un mese fa, è già un fiasco?

Coronavirus, il bollettino del 27 gennaio: dati Italia e regioni

Il ritardo nei confronti della Gran Bretagna e l’esempio di Israele

Per quanto riguarda le vaccinazioni, la Ue è molto indietro rispetto a Gran Bretagna e America. La Danimarca, la migliore tra i 27, ha somministrato 3,7 dosi ogni 100 abitanti. Il Regno Unito viaggia al triplo della velocità (è a 10,8) mentre gli Usa al doppio (7,1). L’Italia è ferma a 2,5. La media Ue è di 2. Israele fa segnare un inarrivabile 47,9. Netanyahu ha infatti puntato tutto sul vaccino Pfizer e ha promesso di condividere i dati sugli effetti della riduzione del contagio con la casa farmaceutica, assicurandosi così più dosi di quelle che potrà mai usare.

La burocrazia e i tempi infiniti dell’Ema

Uno dei motivi per cui la Ue si muove come se fosse intrappolata in una moviola permanente è il processo di approvazione dei vaccini. La Fda americana e l’Mhra britannica hanno dato il via libera al siero Pfizer rispettivamente con 10 e 19 giorni d’anticipo rispetto all’Ema. L’America ha dato l’ok a Moderna il 18 dicembre del 2020, mentre Bruxelles e Londra lo hanno fatto il 6 e l’8 gennaio di quest’anno. La Gran Bretagna, tuttavia, ha già autorizzato, il 30 dicembre scorso, il composto di AstraZeneca. Si tratta di poche settimane, che però possono salvare migliaia di vite. Il ritardo rispetto agli americani non è una novità, visto che la Ue, secondo uno studio sui farmaci approvati tra il 2014 e il 2016, per arrivare a una decisione – che è la stessa in oltre il 90% dei casi che viene presa dai colleghi Usa – ci mette circa quattro mesi in più.

Contratti miliardari, ma la Ue ha tergiversato

Il punto dolente di tutta questa vicenda sono gli accordi presi con le case farmaceutiche. I ritardi nelle consegne (presenti e future) dipendono soprattutto da quello che è stato negoziato con Big Pharma e quando. Il caso AstraZeneca è esemplare: il premier inglese Boris Johnson conclude a maggio 2020 un accordo per 100 milioni di dosi. La Commissione Ue firma quattro mesi dopo per 300 milioni di dosi (più 100 opzionali). “Ecco perché – ha spiegato chiaramente il super manager dell’azienda Pascal Soriot in un’intervista a Repubblica – Londra non ha subito ritardi nelle consegne”. Il primo che arriva è il primo a essere servito. L’altro problema? La Commissione Ue – che ha trattato per tutti e 27 – ha comunque scommesso sul cavallo sbagliato (AstraZeneca) e ha ordinato poche dosi nei primi due trimestri del siero Pfizer, il primo ad aver ricevuto il via libera. Bruxelles si difende facendo notare che era impossibile sapere chi avrebbe vinto la corsa e che quindi ha dovuto spalmare gli ordini su diverse case farmaceutiche. Ma non è del tutto vero.

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Giornata della Memoria sul web. Sono i giovani che ci chiedono di ricordare

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di DAVIDE NITROSI

Nella tradizione ebraica la memoria è tutt’uno con il senso della storia umana. Zakhòr, ricorda! Una parola legata al concetto di maschio. L’uomo è colui che ricorda. Ma è un obbligo che trascende l’imperativo, non è un semplice dovere. Perché contiene la consapevolezza che la vera memoria non è ricordare tutto, non è ubriacarsi di immagini fino a precipitare nell’oblio e confondersi. È la memoria necessaria per tramandare e interpretare la storia, per comprendere, se possibile, il legame tra Dio e l’uomo, e il mistero del suo silenzio. È la memoria che permette ai padri di sollecitare nei figli il desiderio di domandare e conoscere, per leggere il mondo con occhi superiori al presente.

Per ricordare il passaggio del Giordano, l’arrivo nella Terra Promessa dopo l’esilio, Giosuè _ chiamato da Dio _ impone ai 12 capi tribù di porre delle pietre sul luogo dove si accamperanno nella notte. Sono le prime pietre d’inciampo. Il segno che servirà per ricordare e far sì che i discendenti facciano domande ai padri. Vent’anni dopo l’istituzione della Giornata della Memoria, che ricorda la liberazione di Auschwitz da parte dei soldati sovietici (il 27 gennaio 1945), possiamo dire che il messaggio di Giosuè è traslato in questo anniversario e lo ha trasformato esattamente nel significato più alto della memoria. Ha sollecitato i figli, i giovani, a farsi domande. Tutti i giovani, non solo gli ebrei.

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L’emozione di (ri)vedere il mio commissario Ricciardi

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di Maurizio de Giovanni

L'emozione di (ri)vedere il mio commissario Ricciardi

Ho incontrato Luigi Alfredo Ricciardi, barone di Malomonte e commissario di pubblica sicurezza, in una caldissima mattina di giugno di quindici anni fa. Il luogo era magico, un ponte sospeso sul tempo, il Caffè Gambrinus, nel centro della città: ero alla ricerca di qualcosa da raccontare per un concorso al quale ero stato iscritto per scherzo, io che ero un lettore e che a mettermi a scrivere non ci avevo mai pensato. Qualche parola su un foglio, per non essere l’unico a non aver immaginato niente e per poi tornarmene alla mia vita da bancario. Girando attorno il mio sguardo privo d’ispirazione lo vidi là, nella penombra, gli occhi perduti nel vuoto e un caffè che gli si freddava davanti. Brillantina, un ciuffo sulla fronte che ogni tanto metteva a posto con un gesto nervoso della mano, un soprabito (con quel caldo!) dal bavero rialzato.

Ricordo gli occhi, verdi, che inseguivano chissà cosa e che, all’improvviso, si fissarono su un angolo deserto, una sedia vuota, come vedesse qualcosa che era invisibile agli altri. Ora che ci penso, quella fu l’unica volta in cui potei vederlo. Dall’esterno, perché nella sua anima tormentata ho poi vissuto per tre lustri, dodici romanzi e una decina di racconti, mille presentazioni e innumerevoli interviste a raccontare i suoi pensieri, le emozioni e gli amori, i sentimenti e le paure.

Il rapporto tra un autore e un personaggio è simile a quello che si ha con se stessi. Ci si guarda allo specchio la mattina, ci si vede di sfuggita per sistemarsi, e se poi capita di imbattersi in una foto in cui si compare e nemmeno ci si riconosce. Posso dirvi cosa pensa e cosa sente Ricciardi in ogni istante della sua vita, ma non saprei descrivervi il suo corpo o il volto nei minimi particolari. Non è quello che devo raccontare. È forte perciò l’emozione a vederlo muoversi per le strade della sua città, che è la mia, nella sua epoca. Riconoscerne il portamento, l’espressione del volto, le esitazioni nella parola. E con lui gli altri, i personaggi che mi sono venuti a trovare negli anni e che hanno composto un mondo completo in ogni parte, per me più vero della realtà in cui vivo.

Ricciardi è strano, sapete. È come se fosse rinchiuso in una cella, dalla quale continua a urlare e a chiedere aiuto, ma nessuno lo sente. È convinto di essere pazzo, in un tempo in cui i pazzi venivano messi senza pietà in luoghi terribili che assomigliavano all’inferno, e quindi nasconde a tutti la propria condizione, come un atroce segreto inconfessabile che se venisse scoperto diventerebbe una condanna definitiva.

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Vaccino Covid e penali: i rischi della guerra Ue-AstraZeneca

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di Lorenzo Salvia e Fiorenza Sarzanini

Vaccino Covid e penali: i rischi della guerra Ue-AstraZeneca

La regola (generosa) è la stessa. Anche per AstraZeneca, arrivata al braccio di ferro con Bruxelles per i tagli alle forniture del vaccino anti Covid, con uno scambio di accuse che sembra non fermarsi più. Il contratto con l’azienda britannica, come tutti quelli firmati dalla Commissione europea con le altre case farmaceutiche, non fissa le forniture da garantire ogni settimana. Ma stabilisce solo le quote da rispettare ogni tre mesi. All’interno dei trimestri l’azienda può frenare o accelerare il ritmo, a seconda delle esigenze produttive. L’importante è che alla fine di marzo per il primo trimestre, alla fine di giugno per il secondo, e così via, la fornitura venga garantita. Ma anche se questo vincolo non dovesse essere rispettato, le carte in mano alla Commissione europea non sono poi così buone. Senza escludere effetti collaterali sull’ok alla vendita da parte di Ema, ormai questione di ore.

Il contratto

Le penali non sono automatiche, anzi risultano improbabili. A definire i «rimedi» in caso di violazione delle forniture trimestrali deve essere un nuovo accordo tra la casa farmaceutica e la Commissione. La penale può essere uguale al 20% del valore delle dosi non consegnate. Una sanzione abbastanza contenuta, che può essere messa in conto da un’azienda con le spalle larghe e con gli affari che vanno bene. Ma i «rimedi» possono essere anche altri, come la restituzione delle somme versate o addirittura la risoluzione del contratto. Un’ipotesi, questa, che sarebbe un suicidio perché significherebbe rinunciare alla consegne in un momento in cui di vaccini c’è grande domanda e poca offerta.

Le forniture

Da AstraZeneca, in un primo momento, l’Italia doveva avere nel primo trimestre 16 milioni di dosi. Una fornitura, che pur senza suscitare scandalo, era già stata dimezzata qualche settimana fa, scendendo a 8 milioni. Poi è stata ridotta di nuovo con quel taglio del 60% che ha innescato lo scontro con la Commissione europea. Per l’Italia significa avere nel primo trimestre appena 3,4 milioni di dosi a disposizione. Non solo. A proposito della possibilità di risoluzione del contratto, nel secondo trimestre di dosi ne dovremmo avere 24 milioni. Si tratta della fornitura più consistente di tutte, in un momento in cui saremo ancora esposti alle oscillazioni nelle consegne delle case farmaceutiche. E in cui non si sarà ancora concretizzata la strada della parziale autarchia, con la produzione del vaccino italiano Reithera che non arriverà prima dell’estate. Che fare, quindi?

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Crisi di governo, Conte vuole costruire una «sua» maggioranza e trattare con Italia viva da una posizione di forza

giovedì, Gennaio 28th, 2021

di Monica Guerzoni

Prima del post su Facebook con cui Matteo Renzi ha ripreso a strattonarlo, Giuseppe Conte era quasi convinto di potercela fare. Almeno a ottenere dal capo dello Stato un incarico esplorativo venerdì, al termine del primo giro di consultazioni. Poi è arrivata la «botta». Il fondatore di Italia Viva si è scagliato via social contro l’«autentico scandalo» dei responsabili e «la creazione di gruppi improvvisati». Pietre che hanno gettato nel panico Palazzo Chigi. Tra Conte e Renzi non risulta alcun contatto. Dopo l’appello a tutte le forze europeiste per un governo di salvezza nazionale, il professore si è messo nella modalità «silenzio operoso». Si dedica «affari correnti» per i quali è rimasto in carica e si tiene alla larga dai «giochi politici». Un riserbo studiato, per rispetto nei confronti del Quirinale. «Il Movimento, il Pd e Leu faranno il mio nome — su questo almeno l’avvocato si sente tranquillo —. Ma la cosa più importante sarà capire cosa farà Renzi». Il senatore di Rignano sembra orientato a non porre veti su Conte, eppure l’inquilino (precario) di Palazzo Chigi continua a non fidarsi. Tanto da aver chiesto ai cacciatori di «volenterosi» di affannarsi attorno al pallottoliere per «provare ad allargare l’alleanza anche senza Italia viva». Strada impervia, pronostici negativi. Finché alle nove di sera sul cellulare di Conte arriva la notizia che il senatore Vitali è stato sedotto dall’appello alla responsabilità nazionale e ha lasciato Forza Italia. Con il nuovo acquisto il fronte del «Conte ter» tocca quota 155, quindi per arrivare alla maggioranza assoluta anche a Palazzo Madama, senza conteggiare i tre senatori a vita che hanno votato la fiducia, servono altri sei «costruttori». Conte sa di non essere ancora nella condizione di mettere lui un veto su Renzi e se punta ai 161 è per avere l’autosufficienza numerica e poter condurre il confronto su programma e squadra da una posizione di forza. «Matteo ti farà vedere i sorci verdi…», lo hanno messo in guardia i ministri del Pd.

E così Conte non si stanca di telefonare, ai senatori tentati e ai dem che si stanno facendo in quattro per lui, come Zingaretti, Franceschini, Bettini e Boccia. La pesca non è ancora miracolosa, eppure il giurista pensa che «altri arriveranno» e spera di agguantare l’autosufficienza numerica. Se uscirà indenne dal primo giro di consultazioni, dovrà sedersi al tavolo con Renzi. Sarà una partita di scacchi e di nervi, in cui l’avvocato non potrà permettersi errori. «Il tema adesso è non farsi umiliare da Matteo — spiega sottovoce un ministro dem —. Conte deve riuscire a renderlo numericamente irrilevante». Un piano su cui il premier dimissionario sente di avere l’appoggio del Pd, dopo che Zingaretti ha rilanciato l’appello per una maggioranza ampia «che metta il governo al riparo da veti e ricatti».

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