Una storia di cuore, rilanciata in queste ore dai social. Grazie ad alcuni ragazzi lucani che per motivi di studio vivono in Puglia, a Bari. Una foto che sta circolando molto. A causa dell’emergenza Covid, da persone responsabili, non sono rientrati in Basilicata, e nel condominio dove vivono, hanno lasciato un avviso, con scritto: «Per tutte le persone, anziani o con problemi fisici, siamo i ragazzi del secondo piano. Se avete necessità di fare spesa o per qualsiasi motivo, ci offriamo gratuitamente di aiutarvi. Le nostre nonne sono in Lucania e non possiamo aiutarle».
Oltre
al senso di responsabilità di rispettare le misure e non tornare in
Basilicata, per evitare ogni tipo di problemi, si sono chiesti cosa
poter fare per aiutare le persone bisognose, offrendosi così di fare
attività di volontariato. Un gesto straordinario che – seppur siamo
sicuri accasa anche altrove – ci auguriamo possa essere ripetuto in
tutta Italia.
Crisi governoContinuano oggi le consultazioni del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la formazione del nuovo governo.
Oggi Mattarella incontrerà alle 10.30 il gruppo Per le autonomie
(Svp-Patt, Uv) del Senato, i gruppi Misti del Senato e della Camera e il
gruppo Europeisti-Maie-Cd. Poi Liberi e Uguali, Italia Viva e il Pd.
Domani toccherà al centrodestra e al M5S. Intanto l’operazione
Responsabili si fa sempre più complicata. APPROFONDIMENTI
Ore 11.48 Renzi: «Ora seguire il Colle». «Dopo
settimane in cui si sono tentate improbabili soluzioni personali è
finalmente venuto il tempo di seguire la Costituzione, di affidarsi al
Capo dello Stato e di parlare con il linguaggio della verità davanti al
Paese. La verità, non le veline. La politica, non il populismo». Così Matteo Renzi nell’enews alla vigilia delle consultazioni. «A
tutti quelli che chiedono: ‘Ma proprio adesso dovevate aprire la
crisi?’, ho risposto ieri in questo video in cui provo a spiegare che
stiamo andando a sbattere su economia, vaccini e scuola, ecco perché è
questo il momento di cambiare. Sono sette minuti, lo so, lunghissimo per
i tempi di oggi. Ma vi chiedo di farlo girare. Siamo totalmente esclusi
dalla comunicazione di alcune testate, possiamo contare solo sul Tam
tam».
Ore 11.45 Bonino: «Sì a maggioranza Ursula, no a nuovo esecutivo guidato da Conte».
«Abbiamo manifestato al presidente Mattarella con chiarezza che non
siamo disponibili a nessun tipo di continuità ma siamo disponibili a
discutere di contenuti con un nuovo eventuale presidente incaricato con
un autorevole profilo europeista e riformatore con una maggioranza più
ampia e pari a quella che nella Commissione Ue sostiene Ursula Von Der
Leyen». Lo ha detto Emma Bonino di +Eu al termine dell’incontro al
Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ore 11.41 Toti: «Il presidente del consiglio sta mettendo in piedi una riedizione del Conte bis».«Ciò
che sta mettendo in piedi il presidente del Consiglio è una riedizione
del Conte bis, nel perimetro della stessa maggioranza, sostanzialmente
con il medesimo programma, senza un’autocritica». Lo afferma il
presidente della Regione Liguria e leader di Cambiamo! Giovanni Toti
stamani a SkyTg24. «Francamente è molto lontano da un Governo di salute
pubblica o di larghe intese, è un Governo di centrosinistra con i
grillini, con il medesimo presidente del Consiglio, vedremo con quali
ministri, dopo una crisi in un momento poco opportuno per il Paese e
molto lontano da quanto avevamo chiesto generosamente alla politica,
cioè un Governo di tutti», commenta.
Ore 11.24 De Petris: «Andare avanti con Conte». «Abbiamo
con molta chiarezza dato la nostra indicazione nel senso del presidente
Conte: riteniamo indispensabile e necessario costruire intorno a lui e
rinforzare la maggioranza e certamente allargarla su temi molto chiari e
per portare a compimento il recovery fund. È necessario per il Paese
che Conte possa continuare in Ue il lavoro importante che è stato fatto
ed ha prodotto cambiamenti». Lo ha detto Loredana De Petris del Gruppo
Misto al Senato al termine dell’incontro al Quirinale con il presidente
della Repubblica Sergio Mattarella.
Ore 11.14 Faraone: Italia viva è disponibile, senza veti. «Sembrano
gli ultimi giorni del calcio mercato d’autunno e in Parlamento stiamo
assistendo allo stesso identico film con l’aggiunta del leasing oltre
che degli acquisti pur di fare un gruppo». Lo ha detto Davide Faraone a
Mattino 5. «Noi abbiamo posto sin dall’inizio temi programmatici e
politici, mentre altri hanno preferito la scorciatoia della caccia al
senatore. Non abbiamo mai cambiato la nostra posizione e gli italiani
stanno vedendo la coerenza di IV -ha aggiunto il presidente dei senatori
di Iv-. Oggi deve esserci un forte segnale di discontinuità. Siamo
disponibili al confronto, non poniamo veti a nomi perché non è questo
che ci interessa, altri semmai ‘fanno dei giri immensi e poi ritornanò».
Ore 11.08 Udienza Gip a Palazzo Chigi sul caso della nave Gregoretti. Intanto, mentre si svolgono le consultazioni è cominciata a Palazzo Chigi la deposizione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, come testimone, nell’ambito dell’udienza preliminare del procedimento Gregoretti per la richiesta di rinvio a giudizio di Matteo Salvini.
L’ex ministro dell’Interno, presente nella sala assieme al suo legale,
l’avvocato Giulia Bongiorno, è imputato per sequestro di persona per il
ritardo dello sbarco di 131 migranti nel luglio del 2019. L’udienza è
presieduta dal presidente dei Gip di Catania, Nunzio Sarpietro.
Non solo le consultazioni, la giornata odierna a Roma è importante anche sul fronte giudiziario.
Questa mattina a Palazzo Chigi è arrivato il Gup del tribunale di Catania, Nunzio Sarpietro, per sentire il presidente del consiglio Giuseppe Conte sul caso Gregoretti.
Si tratta del processo che vede Matteo Salvini
imputato per sequestro di persona e abuso di ufficio, in quanto
nell’estate del 2019 da ministro dell’Interno si è opposto allo sbarco
di migranti a bordo della nave Gregoretti, il mezzo della Guardia
Costiera attraccato ad Augusta.Parte l’assalto finale a Salvini Cosa non torna del processo
Dopo
il via libera al processo decretato a febbraio dal Senato, su richiesta
del tribunale dei ministri di Catania, nel capoluogo etneo il 3 ottobre
scorso si è tenuta la prima udienza preliminare. In
quell’occasione i giudici hanno deciso di sentire altri membri del
governo per ricostruire i fatti. Tra questi anche lo stesso presidente
del consiglio.
Secondo il Gup di Catania, la posizione di Conte “è
centrale” : “Penso che il presidente Conte abbia una posizione chiave
in questo momento – si legge nelle dichiarazioni rilasciate nelle scorse
ore – e credo che sia l’unico che ci possa dare delle indicazioni
fondamentali per il processo”. In poche parole, le parole del
dimissionario presidente del consiglio, capo anche del governo in cui
Salvini era vice premier e ministro dell’Interno, saranno decisive per
capire la decisione da prendere sul leader della Lega.
Amadeus pronto a rimettere il suo mandato di direttore artistico e conduttore del festival di Sanremo?
Secondo voci insistenti all’interno della squadra del Festival, il
conduttore starebbe valutando il gesto clamoroso, dopo le parole
twittate dal ministro Franceschini sul divieto ai figuranti in sala per
il Teatro Ariston di Sanremo. Amadeus e i suoi, che hanno sempre
parlato della difficoltà per gli artisti di esibirsi davanti a un teatro
vuoto, avrebbero sottolineato anche come martedì il ministro della
Salute Roberto Speranza non avesse parlato di figuranti, come ha fatto
invece Franceschini, le cui parole sono state dunque interpretate come
un attacco al Festival. Dal momento che — si fa notare da ambienti
vicini al festival — molti altri programmi tv vanno in onda con un
pubblico di figuranti scritturati.
Un’agitazione che ha preso forma dopo il tweet mattutino del ministro dei Beni Culturali Franceschini:
«Il Teatro Ariston di Sanremo è un teatro come tutti gli altri e
quindi, come ha chiarito il ministro Speranza, il pubblico, pagante,
gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo
consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile».
Insomma no ai figuranti. Una presa di posizione che ha spiazzato
Amadeus e che stride con quanto accaduto finora in televisione, dove i
figuranti sono largamente utilizzati. I figuranti, infatti —
diversamente dal pubblico pagante — rientrano nella categoria di
«attori» contrattualizzati che sono parte integrante dello spettacolo
stesso: esemplari i casi di X Factor
che li ha utilizzati nell’ultima edizione o del Maurizio Costanzo Show
che va in onda regolarmente addirittura da un teatro, il Parioli.
Il ministro della Salute Roberto Speranza martedì aveva inviato al Comitato Tecnico Scientifico la lettera delle associazioni discografiche in cui queste ultime chiedevano un protocollo di sicurezza per i cantanti che si esibiranno al Festival di Sanremo. Il Cts non ha ancora fissato la data della riunione né ha al momento ricevuto richiesta di pareri per l’organizzazione dell’evento. Su questo fronte, in ogni caso, l’orientamento degli esperti è quello comunque di non consentire la presenza del pubblico in sala, come ribadito più volte per eventi di questo tipo.
Non avendo la fortuna di essere né interista né milanista, ho assistito con svizzera equidistanza allo scontro di creste tra i gallinacei Ibra e Lukaku durante il derby di Coppa Italia e mi sono convinto che la provocazione del bullo svedese c’entrasse poco con il razzismo. Non solo perché Ibrahimovic è un crogiolo di etnie, da sempre bersaglio dei razzisti veri, ma perché nel gridare a Lukaku «Chiama tua madre e vai a fare le tue str…ate vudù con lei, piccolo asino» il fine dicitore non intendeva alludere a un pregiudizio generico, ma a un evento specifico, anche se mai confermato dall’interessato. Anni fa, il presidente dell’Everton sostenne che Lukaku si era rifiutato di rinnovare il contratto con la sua squadra dopo l’esito di un rito vudù officiato dalla madre. Ma se, invece che al vudù, quel presidente avesse detto che Lukaku era ricorso ai tarocchi, l’altra sera probabilmente Ibra avrebbe urlato «vai a farti fare le carte da tua madre, piccolo asino» e nessuno si sarebbe sognato di tirare in ballo il razzismo. La maleducazione, l’insolenza, il riferimento canzonatorio alla mamma: tutto questo e molto altro fa parte del repertorio di quel formidabile rissaiolo. Ma il razzismo no.
Crisi governo Più chiaramente di così, Matteo Salvini, non poteva pronunciarsi. «Noi a Mattarella diremo no a questo mercato delle vacche e no a un reincarico a Conte. Quando non ci sarà più quel signore a palazzo Chigi, ragioneremo del resto». Un problema alla volta e quello principale, non da oggi, per il leader della Lega è far sloggiare l’avvocato del popolo. Per raggiungere l’obiettivo è disposto a tutto, anche a cambiare linea per l’ennesima volta: elezioni «via maestra», ma anche non escludere alternative. A sera, certo, precisa che il piano B «è solo un esecutivo di centrodestra». Ma insomma, il segnale è lanciato.
Per
ottenere questo risultato, che ora gli sembra più a portata di mano,
l’ex ministro dell’Interno ha avviato da tempo un’interlocuzione con Matteo Renzi,
ovviamente pubblicamente smentita. Quale miglior alleato, d’altra
parte, di chi ha il tuo stesso nemico? Fonti del centrodestra
riferiscono poi che Salvini avrebbe sondato anche quei pezzi del Pd che
non vogliono morire contiani. E nel tentativo di azzoppare qualsiasi
ipotesi di ter scrive l’Agi si starebbe pensando anche di far nascere
dei gruppi di contro-responsabili, sia alla Camera che al Senato,
puntando a sottrarre parlamentari M5S per bilanciare le fuoriuscite da
Forza Italia. Ma i parlamentari vicini a Toti negano. Di fronte al
fatto nuovo delle dimissioni del presidente del Consiglio, insomma, il
leader leghista si sarebbe convinto della necessità di ammorbidire la
linea elezioni-e-basta, pur nella consapevolezza di avere nella ferma
posizione a favore del voto di Giorgia Meloni una pericolosa concorrente a destra. Aprire a possibili scenari futuri, sortisce anche l’effetto di placare quella fazione interna alla Lega persuasa che un altro governo
non solo sia possibile, ma anche doveroso perché solo con l’unità
nazionale è convinzione di Giancarlo Giorgetti si porta la nave Italia
fuori da questa tempesta.
Ma si tratta, dicono fonti di opposizione, anche di un messaggio a Sergio Mattarella alla vigilia delle consultazioni, un modo per mostrarsi moderato e dialogante, cambiare quell’immagine barricadera che finora è la convinzione lo ha fatto considerare unfit’, inadatto a governare. L’inversione di marcia di Salvini finisce per aiutare anche l’alleato Silvio Berlusconi. Il Cavaliere tiene aperto ancora il doppio canale governo allargato e elezioni per tenere buoni i Guelfi e i Gibellini che si fronteggiano in Forza Italia.
«Ci divertiremo». Matteo Renzi ha confidato ai suoi di sentirsi di nuovo «pienamente in partita». Visti gli scarsi risultati di Giuseppe Conte nella caccia ai “volenterosi”, il leader di Italia Viva è certo che il destino dell’avvocato sia un’altra volta nelle sue mani. Anzi, dato che Pd, 5Stelle e Leu faranno al Quirinale il nome di Conte e lui oggi sul Colle non porrà veti, è convinto che Sergio Mattarella domani affiderà al presidente del Consiglio dimissionario un incarico esplorativo.
Nel frattempo, però, Renzi
gioca a fare il guastatore. Meglio, indica quale potrebbe essere
l’approdo dopo un eventuale fallimento della trattativa sul Conte-ter:
un esecutivo guidato da Luigi Di Maio che perfino il Pd, «per evitare il
voto, sarà pronto a sostenere». Con un «problemino» che lo fa ghignare i
suoi: «Sarebbe divertente vedere i grillini senza Conte, ma con noi in
maggioranza…».
Il
primo step, secondo la road map immaginata del Rottamatore, dovrebbe
però essere la trattativa con Conte. «Anche se non mi ha ancora
chiamato». «Non sarà un confronto piacevole», dice uno dei suoi, «Matteo
si siederà al tavolo con il coltello tra i denti. Chiederà un radicale
cambio di metodo, un nuovo ministro della Giustizia al posto di
Bonafede, il sì al Mes, un Recovery Plan molto diverso e tante altre
belle cose. Dopo di che, se ci sarà stallo, si andrà su Di Maio o
Franceschini o Gentiloni o la Cartabia. Il che farebbe di Matteo l’uomo
più felice del mondo».
Eppure, come dice un alto renziano di alto rango, «se Conte non troverà altri volenterosi, Renzi
non andrà a trattare per rompere. Sarà molto determinato, ma non
ultimativo. Ad esempio non prenderemo e ci alzeremo se non ci verrà dato
il Mes o il Ponte sullo Stretto. Siamo consapevoli che il Conte-ter non
sarà un monocolore di Italia Viva». Ancora: «Al tavolo con il premier
incaricato e gli alleati, se mai si aprirà, porteremo la lettera inviata
il 17 dicembre a Conte dove è chiesta la riscrittura del Recovery Plan
secondo le indicazioni date dall’Europa e dalle parti sociali, una nuova
politica della Giustizia e lo sblocco delle infrastrutture, la scuola,
l’emergenza sanitaria, etc».
Almeno tre regioni di nuovo in giallo e, forse, nessuna in rosso. A meno di 48 ore dal nuovo monitoraggio settimanale che gli esperti della cabina di regia illustreranno venerdì pomeriggio, è questa la geografia dei colori che va delineandosi per l’inizio di febbraio. Da domenica infatti, in base ai dati del monitoraggio raccolti tra il 18 e il 24 gennaio Lazio, Liguria e Veneto potrebbero abbandonare l’arancione per raggiungere Campania, Basilicata, Molise, Provincia autonoma di Trento e Toscana in zona gialla. Un gruppone a cui potrebbero aggiungersi in molte, ma in testa ci sono Emilia-Romagna, Marche e Sardegna, con quest’ultima interessata da un’operazione di rivalutazione dei parametri. Per la certezza assoluta è presto ma, a leggere gli ultimi dati che parlano di un -4% a livello nazionale in termini di occupazione delle strutture ospedaliere, tutto sembra viaggiare nella direzione di un alleggerimento delle restrizioni diffuso.
LE PROMOZIONI Nel
Lazio ad esempio, si può guardare con fiducia a tutti e 3 i parametri
principali: sono in calo sia il tasso di incidenza dei contagi ogni
100mila abitanti che i casi giornalieri quanto, soprattutto, il tasso di
occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri ospedalieri. In
attesa dei numeri settimanali i dati regionali sono migliorati giorno
per giorno tenendosi entro le soglie stabilite. Vale a dire che non
superano il 30 per cento di occupazione per le terapie intensive, il 40
per cento per i posti occupati nei reparti ordinari e che l’indice Rt è
sotto uno. Quest’ultimo già attestatosi a 0,94 la scorsa settimana rende
ottimisti gli esperti della Regione. Al punto che nonostante sarebbero
necessari 14 giorni di permanenza in uno scenario di rischio inferiore
rispetto a quello che ha determinato lo spostamento in fascia arancione
(il conteggio per il Lazio parte dalla settimana scorsa) dai tecnici
della Regione il passaggio è considerato ormai una certezza. Un
discorso simile interessa Veneto e Liguria, vantando entrambe dati in
discesa. Il primo in particolare, come chiarito dal governatore Luca
Zaia «da calcoli fatti in casa» avrebbe un «Rt pari a 0,62». A sperare
nel salto però c’è anche l’Emilia-Romagna che ha tutti i dati in calo
eccetto l’occupazione dei reparti di terapia intensiva, che rimane
stazionario attorno al 30%, pochissimo sopra la media nazionale.
Situazione differente per Sardegna e Marche. Se per quest’ultima il
governatore Francesco Acquaroli ha già annunciato un dossier per
chiedere al governo di far tornare le Marche in zona gialla, per la
Sardegna la questione è complessa. «Abbiamo detto da subito che i
calcoli che riguardano la Sardegna sono sbagliati – ha dichiarato il
presidente della Regione, Christian Solinas – non esiste un rischio
rispetto al carico delle terapie intensive in questo momento, perché
abbiamo posti a sufficienza. Il calcolo e i numeri vanno valutati in
maniera critica». In pratica nell’Isola il tasso di riproduzione di una
malattia infettiva R0 sarebbe poco attendibile. «In Sardegna vi sono
delle catene di trasmissione in alcune aree che inficiano il valore R0»
ha detto il viceministro alla salute Pier Paolo Sileri, aprendo la porta
alla rivalutazione dei parametri regionali. In aggiunta anche Friuli
Venezia Giulia e Valle d’Aosta sono in pressing sul ministero per
tornare a colorarsi di giallo, ma i numeri in questi casi sono meno
evidenti.
Roma, 28 gennaio 2021 – Come Steven Bradbury. Nella corsa ai vaccini, alla Ue ormai non resta che sperare di emulare la tragicomica impresa del pattinatore australiano che nel 2002 vinse un oro olimpico solo perché tutti gli altri concorrenti erano caduti a pochi metri dal traguardo. Le nuove dosi dei sieri anti Covid nei Paesi dell’Unione europea arrivano col contagocce e la situazione difficilmente migliorerà nei prossimi mesi, visto che i composti in via di approvazione, come dimostra il caso AstraZeneca, sono già stati promessi ad altri Stati. Ma come ha fatto Bruxelles ad accumulare così tanto ritardo? E perché la campagna vaccinale, iniziata nemmeno un mese fa, è già un fiasco?
Il ritardo nei confronti della Gran Bretagna e l’esempio di Israele
Per quanto riguarda le vaccinazioni, la Ue è molto indietro rispetto a
Gran Bretagna e America. La Danimarca, la migliore tra i 27, ha
somministrato 3,7 dosi ogni 100 abitanti. Il Regno Unito viaggia al
triplo della velocità (è a 10,8) mentre gli Usa al doppio (7,1).
L’Italia è ferma a 2,5. La media Ue è di 2. Israele fa segnare un
inarrivabile 47,9. Netanyahu ha infatti puntato tutto sul vaccino Pfizer
e ha promesso di condividere i dati sugli effetti della riduzione del
contagio con la casa farmaceutica, assicurandosi così più dosi di quelle
che potrà mai usare.
La burocrazia e i tempi infiniti dell’Ema
Uno dei motivi per cui la Ue si muove come se fosse intrappolata in
una moviola permanente è il processo di approvazione dei vaccini. La Fda
americana e l’Mhra britannica hanno dato il via libera al siero Pfizer
rispettivamente con 10 e 19 giorni d’anticipo rispetto all’Ema.
L’America ha dato l’ok a Moderna il 18 dicembre del 2020, mentre
Bruxelles e Londra lo hanno fatto il 6 e l’8 gennaio di quest’anno. La
Gran Bretagna, tuttavia, ha già autorizzato, il 30 dicembre scorso, il
composto di AstraZeneca. Si tratta di poche settimane, che però possono
salvare migliaia di vite. Il ritardo rispetto agli americani non è una
novità, visto che la Ue, secondo uno studio sui farmaci approvati tra il
2014 e il 2016, per arrivare a una decisione – che è la stessa in oltre
il 90% dei casi che viene presa dai colleghi Usa – ci mette circa
quattro mesi in più.
Contratti miliardari, ma la Ue ha tergiversato
Il punto dolente di tutta questa vicenda sono gli accordi presi con
le case farmaceutiche. I ritardi nelle consegne (presenti e future)
dipendono soprattutto da quello che è stato negoziato con Big Pharma e
quando. Il caso AstraZeneca è esemplare: il premier inglese Boris
Johnson conclude a maggio 2020 un accordo per 100 milioni di dosi. La
Commissione Ue firma quattro mesi dopo per 300 milioni di dosi (più 100
opzionali). “Ecco perché – ha spiegato chiaramente il super manager
dell’azienda Pascal Soriot in un’intervista a Repubblica – Londra non ha
subito ritardi nelle consegne”. Il primo che arriva è il primo a essere
servito. L’altro problema? La Commissione Ue – che ha trattato per
tutti e 27 – ha comunque scommesso sul cavallo sbagliato (AstraZeneca) e
ha ordinato poche dosi nei primi due trimestri del siero Pfizer, il
primo ad aver ricevuto il via libera. Bruxelles si difende facendo
notare che era impossibile sapere chi avrebbe vinto la corsa e che
quindi ha dovuto spalmare gli ordini su diverse case farmaceutiche. Ma
non è del tutto vero.
Nella tradizione ebraica la memoria è tutt’uno con il senso della storia umana. Zakhòr, ricorda! Una parola legata al concetto di maschio. L’uomo è colui che ricorda.
Ma è un obbligo che trascende l’imperativo, non è un semplice dovere.
Perché contiene la consapevolezza che la vera memoria non è ricordare
tutto, non è ubriacarsi di immagini fino a precipitare nell’oblio e
confondersi. È la memoria necessaria per tramandare e interpretare la
storia, per comprendere, se possibile, il legame tra Dio e l’uomo, e il
mistero del suo silenzio. È la memoria che permette ai padri di
sollecitare nei figli il desiderio di domandare e conoscere, per leggere
il mondo con occhi superiori al presente.
Per ricordare il passaggio del Giordano, l’arrivo nella Terra
Promessa dopo l’esilio, Giosuè _ chiamato da Dio _ impone ai 12 capi
tribù di porre delle pietre sul luogo dove si accamperanno nella notte.
Sono le prime pietre d’inciampo. Il segno che servirà per ricordare e
far sì che i discendenti facciano domande ai padri. Vent’anni dopo
l’istituzione della Giornata della Memoria, che ricorda la liberazione
di Auschwitz da parte dei soldati sovietici (il 27 gennaio 1945),
possiamo dire che il messaggio di Giosuè è traslato in questo
anniversario e lo ha trasformato esattamente nel significato più alto
della memoria. Ha sollecitato i figli, i giovani, a farsi domande. Tutti
i giovani, non solo gli ebrei.