Archive for Gennaio 29th, 2021

Chi ha il vaccino dia la licenza a chi non ce l’ha

venerdì, Gennaio 29th, 2021

di MICHELE BRAMBILLA

Ecco una proposta che forse può sembrare da socialismo reale, oppure da Papa Francesco, oppure ancora così ingenua da ricordare il Tenero Giacomo della Settimana Enigmistica. Dunque, la candida proposta è la seguente: visto che abbiamo urgenza di vaccinare più persone possibili, e visto che molte aziende farmaceutiche non sono ancora in grado di produrre vaccini sicuri, non potremmo chiedere a chi è più avanti nei risultati di concedere agli altri il brevetto – o la formula o la ricetta, non so come si chiami – e fargli produrre su licenza lo stesso suo vaccino? Sarà anche un’utopia, ma l’alternativa è la guerra sui vaccini cui stiamo assistendo. Guerra che è una vergogna.

Stiamo infatti gestendo in un caos quasi assoluto la prima fase di una vaccinazione che dovrebbe essere epocale. Ci sono produttori di vaccini che non rispettano gli impegni presi sulle consegne; Stati e Comunità di Stati che minacciano cause; governi che si accaparrano milioni di fiale sottraendoli ad altri, in violazione di accordi collettivi; vaccini approvati dalle autorità sanitarie di alcuni Stati ma non di altri. E, soprattutto, ci sono miliardi di esseri umani che aspettano. Tutto sta procedendo in una serie di discussioni, litigi, controversie. È uno spettacolo caotico, come dicevamo, ma pure indecente: tanto più indecente se ci ricordiamo la valanga di retorica buonista che si era abbattuta su di noi circa un anno fa, quando è cominciata la pandemia. “Questa storia ci renderà tutti più solidali”, “Nascerà un mondo migliore”, “Finalmente capiremo che siamo tutti una cosa sola”: ecco, tutte queste belle cose ci dicevamo.

Balle. Quando è scattata l’ora del business, l’uomo è ritornato lupo per l’uomo. Così perderemo mesi preziosi per raggiungere l’immunità di gregge. E chi avrà pensato di trarre il massimo profitto, forse si lustrerà gli occhi guardando i bilanci di fine anno, ma saranno bilanci che si perdono in un mondo complessivamente impoverito, ed egli stesso ne pagherà alla lunga le conseguenze, perché le scelte fatte seguendo l’egoismo sono sempre miopi.

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Omicidio Carmagnola: uccide moglie e figlio di 5 anni. Poi tenta il suicidio

venerdì, Gennaio 29th, 2021

Carmagnola (Torino) – Ancora una spaventosa tragedia famigliare. E’ accaduta questa notte a Carmagnola, paese in provincia di Torino dove un uomo di 39 anni, Alexandro Riccio – secondo la ricostruzione degli inquirenti – ha ucciso la moglie di 39 anni Teodora Casasanta e il figlioletto di 5 anni Ludovico per poi tentare il suicidio lanciandosi dal balcone di casa al secondo piano. E il movente sembrerebbe essere il solito agghiacciante: lei voleva lasciarlo e lui non si rassegnava.

La tragedia è esplosa intorno alle 3 nell’abitazione della famiglia in via Barbaroux 45 (dove i coniugi sui erano stabiliti soltanto 6 mesi fa) nella quale i carabinieri hanno fermato l’uomo. Il duplice omicidio al culmine di una lite familiare. E sono stati i vicini di casa – in particolare un vicino di 48 anni – a lanciare l’allarme, preoccupati dalle urla che provenivano dall’appartamento della coppia.

L’uomo è ricoverato al Cto di Torino, non in pericolo di vita, piantonato in stato di fermo dagli stessi militari dell’Arma intervenuti su segnalazione dei vicini di casa. Sono in corso i rilievi tecnici del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Torino che hanno defibito “agghiacciante” la scena che si è presentata loro quando sono entrati nell’appartamento.

Gli investigatori sono ancora alla ricerca dell’arma del delitto, forse un oggetto o più oggetti contundenti. E stanno cercando di capire come possa essere maturato: per questo stanno sentendo i familiari della coppia e anche i colleghi di lavoro. E, come detto, dalle primissime indagini sembra che la tragedia sia stata scatenata dal fatto che Alexandro non accettava la volontà di Teodora, operatrice socio sanitaria, di interrompere la loro relazione coniugale.

Nella caduta dal balcone l’uomo ha riportato una frattura composta allo sterno.

Torino ripiomba quindi nell’incubo di uno spaventoso delitto tra le mura domestiche che sembra ricalcare quello avvenuto in novembre a Carignano – paese non lontano da Carmagnola – quando un uomo uccise la moglie che voleva separarsi e i due figli gemelli.

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Crisi, l’illusione che il rinvio possa essere una strategia

venerdì, Gennaio 29th, 2021
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di   Daniele Manca

L’Italia è entrata nel limbo della crisi politica. Uno strepitoso alibi per molti in Parlamento, al governo e nell’amministrazione pubblica per sospendere le attività. Saltata la riunione tra Regioni e governo per il Recovery plan mentre si avvicina pericolosamente la scadenza del primo febbraio, giorno al quale era stata ancorata la miniproroga delle cartelle fiscali. Solo ieri il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha assicurato che si sta lavorando per dare qualche certezza in più ai cittadini. E questo a 72 ore dalla scadenza, quando al 31 dicembre dello scorso anno i crediti non riscossi erano pari alla cifra monstre di mille miliardi accumulati dal 2000 al 2020.

Un numero emblematico, rivelato dallo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. E che racconta meglio di ogni parola quanto in Italia la stortura di lasciare aperti i dossier sia la regola e non l’eccezione. Crisi o non crisi. A rischio di slittamento sono persino partite urgenti come i ristori legati alla grave emergenza Covid. Misure appese alle parole e alle dichiarazioni di buona volontà di questo o quel ministro.

Ma se questa è l’evidenza, quanti altri piccoli e poco conosciuti provvedimenti finiranno nell’enorme cassetto di Stato delle misure travolte dalla crisi di governo? Stando a quanto rilevato dal «Sole 24 ore», sarebbero in attesa di essere varati oltre 540 su 919 decreti attuativi che avrebbero dovuto rendere operative le scelte dei due governi Conte, il primo gialloverde il secondo giallorosa.

Già Milena Gabanelli e Simona Ravizza (Corriere della Sera del 18 gennaio scorso) hanno puntigliosamente documentato il rallentamento dei tempi che una crisi politica di per sé impone all’attività dello Stato. Ma la risposta non può e non deve essere, naturalmente, che le crisi vanno evitate. Il vero nocciolo della questione è che lo Stato deve comunque continuare a funzionare. A maggior ragione durante le purtroppo numerose crisi politiche che portano a successive crisi di governo che in ogni legislatura hanno attraversato l’Italia. (Una costante quali che fossero le leggi elettorali).

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Casalino, dopo le dimissioni di Conte è nel mirino di Renzi: «Di certo non mollo»

venerdì, Gennaio 29th, 2021

di Monica Guerzoni

Casalino, dopo le dimissioni di Conte è nel mirino di Renzi: «Di certo non mollo»

ANSA

Per una volta il grande comunicatore non ha voglia di comunicare. Niente interviste, poche parole concesse con tono basso e cadenza lenta, anche quando ripete «io non mollo, non mollo». La voce di Rocco Casalino, oltre alla delusione e alla preoccupazione per la piega che ha preso la crisi di governo, tradisce una stanchezza nuova. Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte, nei palazzi della politica scossi dalla sfida del rottamatore all’avvocato del popolo si dice che il portavoce, anche lui, stia per annunciare il passo indietro. Matteo Renzi avrebbe chiesto la sua testa, come una delle condizioni per sedersi a un tavolo e trattare. Ma lui non si arrende: «Io non mollo manco morto. Certo non mi dimetto perché lo chiede Renzi».

Finché il giurista pugliese sarà a Palazzo Chigi, ci sarà anche lui. Perché i 5 Stelle lo hanno blindato sin dal primo giorno, quando lo imposero come tutor e vigilante del professore arrivato dal nulla. E perché lui è sicuro che, se miracolosamente Conte dovesse mai tornare premier, il rapporto di stima e reciproca fiducia che ha costruito non potrà spezzarsi per le pressioni dei partiti. A turno Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, il Partito democratico e Italia viva hanno chiesto il suo licenziamento, ma lui si è sempre fatto una risata: «Chi pensa di imporre al presidente del Consiglio i suoi collaboratori personali non sa di cosa parla e forse ha visto troppi film. Conte non ha mai pensato di cacciarmi e anche oggi è una fake news».

Sono le ore più dure per il giurista di Volturara Appula e lo sono anche per il suo spin doctor, forse il più chiacchierato e bersagliato della storia politica italiana. Ha reso «pop» l’immagine di Conte e costruito una formidabile macchina acchiappa-consensi, ma ha anche collezionato gaffe, bucce di banana e scontri plateali, innescati da qualche (imperdonabile) leggerezza. L’ultima a metà dicembre, quando Conte e Di Maio erano in Libia per la liberazione dei pescatori di Mazara e lui si fece scappare lo screenshot della geolocalizzazione a Bengasi. «Errore del telefono», si difese il portavoce, laurea in ingegneria elettronica. Le cronache sono piene di episodi anche pittoreschi, che Casalino — 170 mila euro di stipendio lordi l’anno contro i 114 mila di Conte premier — non rinnega e anzi a volte ostenta come medaglie.

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I pm, Fini e il governo Monti: così il sistema attaccò il Cav

venerdì, Gennaio 29th, 2021

Alessandro Sallusti

Per gentile concessione dell’editore Rizzoli pubblichiamo uno stralcio del libro Il sistema. Potere, politica affari: storia segreta della magistratura italiana, scritto dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti.

Il 27 luglio 2011 Nitto Palma diventa ministro della Giustizia, il vostro rapporto non può neppure essere messo alla prova perché di lì a poco, il 16 novembre, quel governo cadrà. Durante l’estate tutto precipita velocemente. Il governo è indebolito per l’uscita dalla maggioranza, avvenuta un anno prima, di Gianfranco Fini e di un gruppo di deputati e senatori che avevano fondato il partito Futuro e Libertà. Si è fatta molta letteratura sul perché Fini abbia mollato Berlusconi, e se si è arrivati a ipotizzare una regia del Quirinale, oltre che una “moral suasion” della magistratura su di lui, per alcune inchieste che avrebbero potuto coinvolgerlo.

Quando nel dicembre 2010 si parla di un possibile patto tra la magistratura e Gianfranco Fini, ben visto dal Colle, non si va lontano dalla verità. Con lui, in quel momento presidente della Camera, troviamo un’inaspettata sponda in campo avverso, quello del centrodestra di cui lui è il numero due dopo Silvio Berlusconi. Abbiamo più di un incontro, ci rassicura che con lui a dirigere la Camera non varerà nulla di sgradito ai magistrati. Tra noi certamente c’è un buon feeling che diventa collaborazione attiva nel fornirgli pareri e spunti per emendare leggi che, direttamente o indirettamente, riguardano il nostro mondo. C’è anche un singolare inedito che caratterizza i nostri incontri. In un’occasione in cui andiamo da Fini con la giunta dell’Anm al completo, con noi c’è anche Pierluigi Picardi, un magistrato della corrente di Area, teoricamente quella di sinistra e più ostile al governo. Quando i due si incontrano, seppur in veste ufficiale, si riconoscono e rievocano i tempi camerateschi di gioventù.

Avevate trovato il Cavallo di Troia.

C’è un fatto incontestabile. Nell’estate del 2010 “ll Giornale” pubblica un’inchiesta ipotizzando il coinvolgimento di Gianfranco Fini nella vendita sospetta al cognato Giancarlo Tulliani di una casa, la famosa “casa di Montecarlo” che faceva parte del patrimonio di An. Fini nega ripetutamente e, il 26 ottobre, la procura di Roma annuncia – fatto anomalo – non l’apertura, stranamente avvenuta senza alcuna fuga di notizie, bensì la chiusura per archiviazione di un’inchiesta lampo condotta personalmente dal procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara, probabilmente la più veloce nella storia, su quella casa e su Fini. Ma anni dopo, il 13 febbraio 2017, Gianfranco Fini, per quella stessa ipotesi di reato, viene rinviato a giudizio per riciclaggio, e suo cognato scappa all’estero dove ancora oggi si trova, latitante a Dubai. Questa seconda inchiesta viene portata avanti dal nuovo procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, e recepita dal giudice delle indagini preliminari Simonetta D’Alessandro, un cara amica che mi teneva aggiornato su tutto. Era solita organizzare cene ristrette a casa sua, alle quali partecipavano magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e delle istituzioni.

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Governo, da Renzi a Berlusconi la partita dei leader tra voglia di elezioni e non-voto

venerdì, Gennaio 29th, 2021

di Mario Ajello

Governo, consultazioni e il futuro di Giuseppe Conte. Si continua a giocare in queste ore la partita dei leader. Ecco come.

Luigi Di Maio, il futuro dei 5Stelle è appeso a un filo

Fa il dottor sottile (con la minuscola). Sa quanto sia fragile il suo Movimento, sempre sul punto di esplodere, conosce l’indispensabilità di Conte come punto di equilibrio (e di tregua) nei 5Stelle e allora ha adottato il passo felpato in questa crisi. Che potrebbe perfino finire con Di Maio a Palazzo Chigi e perciò lui dice: «Sto benissimo alla Farnesina». Comunque non trama Luigi, cerca di stare leggero sulle uova della follia dei grillini, non crede alle lusinghe di Renzi anzi respinge sdegnato le offerte di premiership. Ma da ieri questa tecnica del non mi faccio vedere troppo rischia di non essere più valida. Perché l’esplosione M5S da lui tanto temuta è avvenuta con la nascita del correntone alla Dibba, al grido «O Conte o Morte». Il gioco s’è fatto durissimo, insomma. E il pericolo per Luigi è che, mentre gli altri forzano, lui più che a Palazzo Chigi possa finire all’opposizione. Proprio ora che cominciava a sentirsi uno statista pacato e diplomatico.

Crisi governo, alla fine Conte chiamò Renzi: «Davvero boccerai il mio nome?»

Nicola Zingaretti, ha puntato su Conte ma è costretto a virare

È chiamato, storicamente, il Saponetta. Nella crisi s’è mosso come un pattinatore. Bordeggiando tra chi, nel suo partito, con Renzi non tornerebbe mai e chi con Matteo non vede l’ora di riabbracciarsi e quasi ha agito come quinta colonna del Bomba. Ecco, il pattinatore ha gettato acqua tiepida su ghiaccio. Convinto che Renzi, prima dell’ultima curva, ossia salendo al Quirinale per le consultazioni, avrebbe cominciato a frenare: «Vedrete, a un certo punto Matteo rinsavisce, speriamo più prima che mai». Ma ieri si è squagliata sul viso di Zinga questa previsione. Convinto che Renzi s’intenerisse rispetto a Conte, quando s’è accorto che non era così Nicola ha cambiato faccia. Ed è uscito dal Colle scuro in volto. Senza più quel mezzo sorriso sornione che è il suo codice e la sua forza. Ha puntato tutto su Conte e ora dovrà virare sull’anche no.

Matteo Renzi, da solo fa ballare tutti e ora vuole stravincere

D icono sia un giocatore di poker, o un attore da spaghetti western. Però, da solo, sta facendo ballare tutti. Ed è Dj Matteo. Ieri mentre comiziava appena uscito dal Colle, mixava tutto il suo repertorio – quello di un no a Conte più guascone che preoccupato, versione: «Adesso ci divertiamo noi» – e ad ascoltarlo veniva da dire: si crede un piccolo Napoleone e va a sbattere a Waterloo, oppure Dj Matteo stordisce tutti con la sua musica psichedelica e alla fine piazza un Cottarelli o una Cartabia al posto dell’Avvocato? Renzi è pronto a trattare il trattabile – nel senso: Conte mai e poi mai e per il resto scriviamo insieme l’agenda – ma non accetta l’ipotesi pareggio e neppure quella della vittoria ai punti. E’ in modalità voglio stravincere. E l’eclissi della carta Responsabili pro-Conte gli ha dato un doping che, a dispetto di quasi tutti gli altri, aveva previsto. Per ora si è tolto le sue soddisfazioni: con un partitino inesistente e gran parte degli italiani contrari alla crisi, continua ad essere lui a menare le danze.

Matteo Salvini, toni neo-moderati per tornare in gioco

Matteo è il neo (o pseudo) tattico. Non si è distinto troppo, qualcuno dice che è sparito, nel corso di questa crisi ma i sondaggi lo stanno leggermente premiando negli ultimi giorni. Ci si aspettava da lui che arringasse le masse, che allestisse le piazze pur in tempo di Covid, che salisse sulle barricate che non ci sono. E invece, non suona ai citofoni chiedendo: «Quanto vi fa schifo Conte?». Ha capito che la richiesta di elezioni oggi non è pop e insiste sullo slogan non contundente: «Salute-scuola-lavoro». Non forza troppo su niente, perché sapendo quanto sia fintamente unita la sua coalizione ha paura che sbagliando i toni la rompe e fa fuggire il Cav. Un Salvini poco salvinista, verrebbe da definirlo. Cerca di entrare nel gioco del Palazzo non per far contento Giorgetti ma perché, pur sapendo che a Giorgia questo non piace, sente il bisogno di un governo di transizione prima di godersi nel 2023 la vittoria elettorale del centrodestra a trazione Lega. Il rischio è che la trazione finisca e cominci un Papeete a lento rilascio.

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Crisi, ipotesi governo istituzionale, ma prima Fico esploratore

venerdì, Gennaio 29th, 2021

di Marco Conti

«Il passaggio è difficile e stretto. Vediamo il M5S». Federico Fornaro, è appena uscito dal Quirinale. Matteo Renzi non ha ancora posto le sue condizioni ad un possibile ritorno in maggioranza, ma l’esponente di Leu è di lungo corso e sa che il prossimo problema da affrontare sarà quello di convincere i grillini a riconoscere che senza Iv e Renzi, non c’è maggioranza. L’obiettivo di Pd e Leu resta sempre quello dell’incarico – pieno o esplorativo – a Conte e non certo a Fico come invece consiglia Renzi, per un incarico esplorativo o magari, come è più probabile, per arrivare ad un governo istituzionale. La strada per uscire dallo stallo è comunque stretta e il Conte-ter rischia di risultare molto costoso, soprattutto per i 5S. Le speranze vengono però alimentate specie dai dem – anche “pompando” la telefonata di Conte a Renzi – per evitare che oggi pomeriggio i grillini si irrigidiscano e dicano “no” a Renzi bloccando qualunque soluzione.

Crisi. No di Renzi, Conte all’angolo. «Incarico esplorativo, non a lui»


LO ZERO


Come è ovvio nel corso degli incontri al Quirinale non è stata mai avanzata dal Capo dello Stato l’ipotesi di un “esploratore” anche se l’ipotesi si fa strada insieme a quella di un secondo giro di consultazioni che si completeranno oggi con gli incontri con la delegazione grillina e quella composta da Lega, FI e FdI. Per sperare di poter ottenere un nuovo reincarico per Conte, Pd e Leu cercano di cambiare strategia dopo che quella dell’acquisto dei “responsabili” – gestita direttamente da Conte a Palazzo Chigi e avallata da Pd e M5S – si è rivelata un boomerang ed è caduta nel ridicolo con la vicenda del senatore Vitali.

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Crisi di governo, Renzi blocca l’incarico a Conte: vuole prima un mandato a Fico

venerdì, Gennaio 29th, 2021

di Marco Galluzzo

Crisi di governo, Renzi blocca l'incarico a Conte: vuole prima un mandato a Fico

ROMA — Si è svolto ieri il secondo giorno delle consultazioni al Quirinale, seguite alle dimissioni di Giuseppe Conte e alla crisi di governo innescata da Italia viva.

Al Colle sono salite le delegazioni del Pd, Leu, Italia viva, Centro democratico, +Europa/Azione ed Europeisti.

Ma decisive sono state le dichiarazioni e le posizioni di Matteo Renzi, fondatore di Iv: su quelle dichiarazioni, nodali per l’andamento della crisi di governo, si sono concentrati, in seguito, tutti i tentativi di esegesi.

Prima di salire al Colle Renzi riceve una telefonata da Giuseppe Conte: dirà in seguito di aver risposto che non esistono problemi personali ma «enormi dal punto di vista politico».

Dopo il colloquio con Mattarella Matteo Renzi parla per 27 minuti davanti alle telecamere: «Per noi il punto fondamentale è dire che siamo pronti ad appoggiare un governo, ma questa proposta politica necessita il passaggio ulteriore di capire se vogliono stare o no con noi. Devono confrontarsi con noi. Poi discuteremo delle persone. Io non vedo altra maggioranza politica che non contempli Italia viva». Insomma Renzi sembra ancora disposto a discutere dello stesso perimetro della precedente maggioranza, ma prima vorrebbe un passaggio intermedio per un confronto sui programmi, mentre viene fatto filtrare che sarebbe gradito un incarico esplorativo a Roberto Fico, il presidente della Camera.

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Toninelli e Lezzi, l’improbabile banda dei telecomandati. «Pronti alle barricate»

venerdì, Gennaio 29th, 2021

di Fabrizio Roncone

Toninelli e Lezzi, l'improbabile banda dei telecomandati. «Pronti alle barricate»

Le riunioni nei giornali viaggiano ormai su Teams, WhatsApp, sms, e tutti stiamo sempre con un occhio alle agenzie e uno ai siti.
Sullo schermo del pc, ad un certo punto, compare la facciata di San Luigi dei Francesi con i suoi meravigliosi Caravaggio, il ciclo dedicato a San Matteo, quella pazzesca lama di luce della Vocazione, e subito — per ricordarci che siamo terreni, dentro una miserabile crisi politica — ecco pure il senatore grillino Danilo Toninelli, lo sguardo al solito un po’ fisso.
Ma forse sotto la mascherina sta dicendo qualcosa.
C’è uno di noi che s’incuriosisce.
Mai dare niente per scontato, qui pure le mezze frasi possono darci un po’ di bussola.
Forza, alza un po’.
Toninelli, in effetti, sta dicendo proprio una frase intera (riferita ad un altro Matteo): «Renzi, no. Renzi ha dimostrato che non può esserci un uno per cento di possibilità di essere una persona affidabile». Tradotto in italiano: non si fida di Renzi.
Lasciate stare quanto sia drammatico che si esprima così un ex ministro della Repubblica, magari su questo ci torniamo dopo. Un suo peso politico, la frase ce l’ha. Significa che un pezzo di M5S è pronto a mettersi di traverso. Insomma se qualcuno immagina uno schema del tipo: reincarico a Conte, chiarimento con Renzi, e nuovo esecutivo con la vecchia maggioranza rinforzata da un pattuglione di «Responsabili», sappia che la banda Di Battista è pronta a dire no, escluso, non ci stiamo.

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