Archive for Gennaio, 2021

Tik Tok bloccato in Italia per la morte della bimba: «Nessun controllo sull’età»

sabato, Gennaio 23rd, 2021

di Claudia Guasco

Aveva dieci anni, tre profili Facebook e almeno due su TikTok. È morta strangolandosi in bagno con la cintura dell’accappatoio, voleva filmarsi nella spaventosa sfida Black out challenge. Gli investigatori stanno cercando di capire se sia stata la bambina a creare le identità virtuali o un adulto abbia provveduto per lei. Ma nel frattempo il Garante per la protezione dei dati personali «ha disposto nei confronti di TikTok il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica». Un provvedimento che lancia un segnale forte a tutti i social e crea un importante precedente: chi non si adegua, sarà sottoposto alla medesima disposizione.

TikTok, Blue Whale e le sfide estreme sui social: «In chat mi dicevano come tagliarmi, ero diventato schiavo»


TUTELA DEI MINORI
L’authority «ha deciso di intervenire in via d’urgenza a seguito della terribile vicenda della bambina di dieci anni di Palermo», spiega in una nota. Ma già lo scorso dicembre «il garante aveva contestato a TikTok una serie di violazioni: scarsa attenzione alla tutela dei minori; facilità con la quale è aggirabile il divieto, previsto dalla stessa piattaforma, di iscriversi per i minori sotto i 13 anni; poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni rese agli utenti; uso di impostazioni predefinite non rispettose della privacy». In attesa di ricevere il riscontro richiesto con l’atto di contestazione, l’autorità ha deciso comunque di intervenire «al fine di assicurare immediata tutela ai minori iscritti al social network presenti in Italia». Ha quindi vietato a TikTok l’ulteriore trattamento dei dati degli utenti «per i quali non vi sia assoluta certezza dell’età e, conseguentemente, del rispetto delle disposizioni collegate al requisito anagrafico». Il divieto «durerà per il momento fino al 15 febbraio, data entro la quale il Garante si è riservato ulteriori valutazioni. Il provvedimento di blocco verrà portato all’attenzione dell’Autorità irlandese, considerato che recentemente TikTok ha comunicato di avere fissato il proprio stabilimento principale in Irlanda». Il mondo dei social è avvisato. Tutte le piattaforme principali, da Facebook a Instagram, da Twitter a YouTube, fissano a tredici anni l’età minima per l’iscrizione, chi non vigila incorrerà nell’azione del Garante che impone il blocco dell’utilizzo dei dati personali dell’utente di cui non è in grado di dimostrare il requisito anagrafico. Un intervento per effetto del quale il minore potrà essere semplice fruitore della piattaforma ma non caricare contenuti, se tenta di farlo viene estromesso dall’account.

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Biden, dallo Studio Ovale scompare il pulsante rosso di Trump: ecco a cosa serviva

sabato, Gennaio 23rd, 2021

di Giampiero Valenza

Scompare il pulsante rosso dalla scrivania dello studio ovale del presidente degli Stati Uniti. Questa è la prima “rivoluzione” del neo capo di Stato Usa Joe Biden. Quel pulsante, però, non serviva per dare il via una minaccia internazionale con chissà quale attacco nucleare, ma era, semplicemente, il modo che aveva Donald Trump per farsi portare in ufficio una Coca-Cola light.

A notare la differenza è stato il giornalista della Radio del Times, Tom Newton Dunn, che ricorda di quando, insieme a Tim Shipman del Sunday Times, intervistò Trump nel 2019.

“Siamo rimasti affascinati da cil che ha fatto il bottoncino rosso. Alla fine Trump lo aveva premuto e un maggiordomo aveva portato subito una Coca-cola light su un piatto d’argento. Adesso non c’è più”, commenta Newton Dunn su Twitter.

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Governo, Bellanova: «Rifiutiamo un mercato svilente, ci si confronti sul programma»

sabato, Gennaio 23rd, 2021

di Barbara Jerkov

Senatrice Teresa Bellanova, prima di tutto una domanda personale: sempre convinta di aver fatto bene a dimettersi?
«Sì, sono a posto con la mia coscienza. Per mesi abbiamo posto questioni rilevanti ma senza risposte. Per me è stato oltremodo doloroso lasciare tanto lavoro a metà, ma non dimentico tutte le battaglie fatte: per gli invisibili, per il Fondo ristorazione, per le emergenze alimentari, per la decontribuzione, per mettere in sicurezza un settore straordinario che ha servito il Paese con responsabilità istituzionale. Continuerò ad occuparmi di materie che ritengo strategiche. Sono cresciuta con l’idea che la politica serva a qualcosa, non a qualcuno. Non eravamo al Governo per vivacchiare ma per affrontare i problemi, a viso aperto. Siamo stati gli unici a puntare il dito contro un immobilismo pericolosissimo. Per noi è molto chiaro: l’emergenza non può essere il salvacondotto per il Governo. Che invece ha solo un compito: affrontarla come si deve. Adesso sembra che tutti vogliano correre. Evidentemente questo gesto forte era necessario».
Perché non avete colto l’offerta, sia pure in extremis, del premier di un tavolo programmatico evitando uno strappo difficile ora da ricucire?
«Quei temi meritano risposte nel merito che non sono arrivate. Non dico la risposta, dico almeno la disponibilità concreta a discuterne. La lettera al Presidente Mattarella è stato solo l’ultimo atto».
Il gruppo di centro su cui puntava Conte non sta decollando e in queste ore non c’è chi non parli di rischio elezioni. Una possibilità più concreta rispetto a sette giorni fa?
«La minaccia di elezioni è un’arma spuntata e il richiamarle costantemente produce solo un ulteriore indebolimento della politica. Recovery Plan e vaccini sono determinanti per la ripartenza: non può essere una maggioranza numerica recuperata alla bell’e meglio o una politica impegnata nella campagna elettorale a determinare la qualità che serve all’azione di governo. E’ un bene che adesso tutti stiano apprezzando la centralità del Parlamento».
In queste ultime ore sembra stia aumentando il pressing su Conte perché si dimetta e si arrivi a un Conte ter. Il suo pensiero?
«Lo abbiamo già detto: il punto vero è il merito. I nomi sono importanti ma non determinanti. Non è il tempo di esasperanti personalizzazioni; più si personalizza, più si eludono le questioni concrete. Serve un programma di fine legislatura all’altezza non solo della contingenza della crisi ma capace di avviare a soluzione ritardi pluridecennali: più visione, più investimenti, più formazione, molta più alleanza con chi sul Paese continua a scommettere. Chi è su questa lunghezza d’onda può essere un buon alleato».
Italia Viva sta provando a tornare in partita. Ma come la mettete con i veti detti e ripetuti su Renzi da parte non solo di Conte ma anche di Zingaretti e Di Maio?
«La politica è fatta di scelte, non di veti. Li considero inaccettabili. Non abbiamo posto veti ma imposto temi. E’ sconcertante essere considerati scomodi per questo. Ai partiti di maggioranza dico: meno furbizia e meno asprezze. Sembro troppo ingenua o ottimista se mi auguro un soprassalto di onestà intellettuale?».

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Covid a Milano, scatta il piano ripartenza e Atm potenzia i trasporti. «Nodo scaglionamenti». Nuovi orari per gli uffici

sabato, Gennaio 23rd, 2021

di Gianni Santucci

Covid a Milano, scatta il  piano ripartenza e Atm potenzia i trasporti. «Nodo scaglionamenti». Nuovi orari per gli uffici

L’ipotesi inizia a filtrare poco prima dell’ora di pranzo. Il messaggio in arrivo sull’asse Roma-Milano che «piove» su pochi, riservati cellulari dei rappresentanti istituzionali in città, mette in allerta: «Contrariamente alle previsioni e alle attese, col nuovo monitoraggio la Lombardia tornerà “arancione”».

I due palazzi nei quali il messaggio determina un’attivazione immediata sono in corso Monforte e in Foro Bonaparte. Perché Milano ha un «piano ripartenza» già definito da prima di Natale, ma che era rimasto congelato dai continui stop ang go determinati dalla scala dei colori del decreto anti-Covid e dal percorso giudiziario amministrativo davanti al Tar. La sequenza di «capriole»: le scuole superiori riaprono il 7 gennaio; poi vengono rimandate all’11; dopo, un’ordinanza regionale le chiude fino al 24; l’ordinanza viene «cassata» dal Tar e si ipotizza un’apertura il 18; il passaggio della Lombardia in «rosso» fa slittare infine tutto all’1 febbraio. In questa sequenza di rovesciamenti, la «retrocessione» della Lombardia in «arancione» di ieri spazza tutte le carte dal tavolo e chiude (per il momento) la partita. La didattica in presenza per gli studenti superiori riparte il 25 gennaio.

Nel pomeriggio il prefetto, Renato Saccone, detta la linea: «Si riparte lunedì. Non si può concedere altro tempo». Il risultato è che scatta una corsa contro il tempo. Perché il sistema scuola/trasporti fondato su scaglionamento degli orari e potenziamento dei mezzi, già pronto, ma che prima di Natale aveva una decina di giorni per la messa in atto, a questo punto dovrà partire in 48 ore. In Foro Buonaparte ingegneri e direttori operazioni Atm si attivano per stringere i tempi il più possibile. Ci sono turni da riorganizzare. Contratti con i privati tenuti in stand-by da far partire.

Il piano straordinario di potenziamento dei trasporti prevede: 1.200 corse aggiuntive su tutta la rete, tra cui le oltre 800 dedicate agli studenti e 60 bus navetta per 32 istituti più frequentati; incremento nell’uso dei bus turistici su ulteriori 5 linee (in aggiunta alle 8 linee già partite) in affidamento a operatori privati (una scelta che permette di «liberare» mezzi Atm per potenziare 18 linee urbane e suburbane «a elevata frequentazione»). In più, servizio riprogrammato su alcune «linee di forza», con 180 corse al giorno in più, e 8 treni aggiuntivi in metrò nelle ore di punta.

Da Atm ieri sera filtrava la fiducia di riuscire a mettere in strada praticamente tutti i mezzi aggiuntivi, pur con un preavviso così stretto. Il tema però è più ampio. Visto che il decreto impone una capacità dimezzata su tutti i mezzi pubblici, la rete del trasporto «reggerà» soltanto se il resto del sistema riuscirà ad adeguarsi. Tradotto: se le scuole riusciranno a scaglionare gli ingressi per diluire gli spostamenti nelle ore di punta, tra le 7.30 e le 9.30. Altrimenti, saranno possibili blocchi dei tornelli del metrò, «salti» delle fermate, attese prolungate.

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Il sistema sbagliato

sabato, Gennaio 23rd, 2021

di Angelo Panebianco

Sarà la norma, bisogna abituarsi. La legge elettorale in vigore è formalmente mista (proporzionale più una residua quota maggioritaria) ma i comportamenti politici, in questa legislatura, sono stati identici a quelli che si hanno in tempi di proporzionale pura. Come si è visto in questi anni i governi si formano e si disfano in Parlamento e i partiti possono designare come primo ministro chiunque vogliano, anche chi non disponga di una precedente legittimazione elettorale.

Si va da un governo all’altro, dal Conte 1 (5 Stelle e Lega) al Conte 2 (5 Stelle e Pd), senza passaggi elettorali e quando, come è appena accaduto, un partito di governo se ne va aprendo una falla nella maggioranza, il primo ministro va a caccia di transfughi che possano tappare il buco. Il probabile imminente varo di una legge elettorale compiutamente proporzionale (auspicato da Conte) non sarà quindi uno strappo molto forte. Le coalizioni di centrosinistra e di centrodestra rimarranno in vigore a livello locale e regionale (dove vige il principio maggioritario). La novità sarà che quelle coalizioni non esisteranno più neanche formalmente a livello nazionale.

A dirlo oggi si rischia di passare per nostalgici di una stagione ormai conclusa ma ci sono due ottime ragioni per preferire i sistemi maggioritari a quelli proporzionali. La prima è che, in regime di maggioritario, la guida del governo spetta a chi ha ricevuto un mandato popolare: Silvio Berlusconi e Romano Prodi, nella breve stagione maggioritaria, si alternarono al governo del Paese in funzione dei voti presi dalle coalizioni da essi guidate. Il vincitore aveva la forza di chi ha ricevuto una investitura elettorale. Niente di strano. È ciò che accade normalmente in democrazie così diverse (una parlamentare, una semi-presidenziale, una presidenziale) come la britannica, la francese, la statunitense. State certi che da noi ciò non accadrà mai più.

Ma c’è anche una seconda ragione per apprezzare i sistemi maggioritari. Confrontiamo una democrazia ove il principio maggioritario si sia consolidato (in Italia non avvenne, la stagione maggioritaria fu troppo breve) con una democrazia ove sia in vigore la proporzionale e che, per giunta — è la situazione italiana di oggi — sia priva di partiti solidi, strutturati, con un forte insediamento su gran parte del territorio nazionale. Da un caso all’altro varierà drammaticamente il rapporto fra i «beni privati» che il governo distribuisce e i «beni pubblici» che esso produce. I beni privati sono benefici ad hoc distribuiti a singole persone o a gruppi di persone. Sono il frutto di politiche assistenziali o clientelari o una loro combinazione. Invece i «beni pubblici» sono benefici che ricadono sulla collettività nel suo insieme: misure per la crescita economica, investimenti in infrastrutture o nell’istruzione, riforme volte a dare più efficienza all’amministrazione, al sistema giudiziario, eccetera.

Checché ne pensino coloro che amano discettare di mondi mai esistiti, anche il miglior governo concepibile distribuirà, per lo meno, una quota minima di beni privati. Il punto è un altro: il governo che stiamo osservando si impegna anche nella produzione di beni pubblici (beni per la collettività) oppure la distribuzione di beni privati è la sua attività prevalente?

I sistemi maggioritari quando sono consolidati favoriscono, per lo meno, un certo equilibrio: i governi distribuiranno una quota di beni privati ma senza rinunciare a generare beni pubblici. Una prova indiretta è data dal fatto che in tempi normali (senza pandemie o guerre) questi governi gestiscono le finanze pubbliche con più rigore di quanto non facciano i governi espressi da sistemi proporzionali.

Perché ciò accade? Perché laddove sono in vigore sistemi maggioritari di solito è più lunga la permanenza in carica del capo del governo e dei suoi ministri. I titolari dei ministeri si aspettano di restare tali, salvo incidenti di percorso, per diversi anni. Hanno il tempo per produrre beni pubblici, ossia per migliorare il loro settore di competenza. Sanno che, alla fine del mandato, saranno giudicati anche per questo. Inoltre, i parlamentari di maggioranza sono sottomessi al governo dal cui successo dipendono le loro chance di rielezione.

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Covid in Lombardia, crollano l’indice di contagio e le telefonate di emergenza. Ma preoccupano le diverse varianti

sabato, Gennaio 23rd, 2021

di Sara Bettoni

Covid in Lombardia, crollano l'indice di contagio e le telefonate di emergenza. Ma preoccupano le diverse varianti

Dall’indice di contagio, fino al numero di nuovi casi e alle chiamate ai servizi d’emergenza, sono vari i segnali positivi che portano la Lombardia in zona arancione, al di là delle polemiche tra governo e Regione. Ma ci sono anche spie da tenere d’occhio, che spingono alla cautela.

Partiamo dall’indice di contagio Rt. Nell’ultimo monitoraggio della cabina di regia dell’Istituto superiore di sanità si calcola che sia a 0,82, tra i più bassi in Italia e al di sotto della soglia critica di 1. Segno che le misure di contenimento stanno facendo effetto. Il dato, come per le altre Regioni, è riferito al 6 gennaio 2021, quindi a due settimane fa ed è calcolato sui casi sintomatici. Ma il Pirellone tiene sotto controllo anche altri fattori. Tra questi ci sono le chiamate ai numeri d’emergenza, in particolare quelle per problemi respiratori e infettivi. Dopo il picco di novembre 2020 e una piccola risalita nei primissimi giorni di gennaio, ora sono di nuovo in discesa. I pronto soccorso in questo momento non sono sotto stress, come raccontato nei giorni scorsi da diversi medici. In calo anche il numero di positivi registrati quotidianamente, ma bisogna sempre tenere conto che questo dato è influenzato dalla quantità di tamponi fatti.

La situazione però non è omogenea in tutto il territorio. Se si osserva l’incremento settimanale dei contagi e il numero di casi ogni 100 mila abitanti, emergono grandi differenze tra le province. Bergamo, duramente colpita nella prima fase dell’epidemia, ora vive una situazione meno grave. Facendo leva su questi numeri, il sindaco Giorgio Gori nei giorni scorsi aveva chiesto una deroga alla zona rossa. Destano invece più preoccupazione Varese e Mantova. Quest’ultima provincia in particolare richiederebbe limitazioni più stringenti per arginare la diffusione del virus. Tornando agli ospedali, due indicatori calano in modo meno deciso o non calano affatto: i pazienti ricoverati nei reparti a media intensità di cura e quelli in terapia intensiva. Nei grafici la prima curva è leggermente risalita negli ultimi giorni, la seconda scende lentamente. Le strutture sanitarie quindi devono ancora fare i conti con la gestione giornaliera dell’epidemia, oltre a occuparsi delle altre patologie e in caso di una rapida crescita dei contagi sarebbero già parzialmente impegnate.

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Coronavirus: la variante inglese sarebbe più letale del 30 per cento (oltre che più contagiosa)

sabato, Gennaio 23rd, 2021

di Silvia Turin

La variante inglese potrebbe essere più letale (oltre che più contagiosa). Lo ha detto il primo ministro inglese, Boris Johnson, in conferenza stampa venerdì. «Siamo stati informati oggi che oltre a diffondersi più rapidamente, sembra che ci siano alcune prove che la nuova variante possa essere associata a un più alto grado di letalità», sono state le sue parole.

Le ricerche e le stime

Sir Patrick Vallance, il principale consigliere scientifico del governo, ha detto che le prove sulla letalità «non sono ancora forti» perché provengono da matematici che analizzano le tendenze nel numero di persone che muoiono e solo l’8% dei decessi registrati nel Paese contiene informazioni su quale ceppo avevano avuto. Tuttavia la variante inglese, chiamata B.1.1.7, sarebbe tra il 29 e il 91% più letale. Lo dicono tre analisi di tre gruppi di esperti che hanno esaminato l’impatto della variante più contagiosa sulla mortalità: la London School of Hygiene and Tropical Medicine ha affermato che potrebbe essere 1,35 volte più letale, l’Imperial College di Londra ha affermato che era tra 1,36 o 1,29 (a seconda del metodo utilizzato) e l’Università di Exeter ha scoperto che potrebbe essere 1,91 volte più letale. La ricerca si basa solo su poche centinaia di decessi.

Ancora incertezze

Nella conferenza stampa sono stati anche fatti degli esempi: per ogni 1.000 persone infettate dal virus originale, si prevede che circa 10 moriranno. Con la nuova variante «si prevede che moriranno 13 o 14 persone», ha detto Sir Patrick Vallance. Il professor Neil Ferguson, a capo del New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NERVTAG) on new coronavirus (COVID-19), ha dichiarato: «È una possibilità realistica che la nuova variante britannica aumenti il rischio di morte, ma rimane una considerevole incertezza». Ciò che non è chiaro inoltre è se questo (incerto) aumento del 30-40% dell’IFR riguardi l’intera fascia di età o se alcuni gruppi siano più o meno suscettibili.

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COMUNICATO STAMPA: Salute mentale: a Liceo Virgilio di Roma premio per il contest “Ma Sei Fuori?”

venerdì, Gennaio 22nd, 2021

Salute mentale: a Liceo Virgilio di Roma premio per il contest “Ma Sei Fuori?”
“E’ stata la classe 3a I del Liceo Ginnasio Statale Virgilio di Roma ad aggiudicarsi il premio per il miglior slogan nell’ambito di “Ma Sei Fuori?”, il progetto realizzato in collaborazione tra Fondazione The Bridge e Angelini Pharma per sensibilizzare i giovani contro lo stigma sociale di cui sono spesso vittime le persone affette da fragilità mentali. Lo slogan vincitore “Se la mente si allontana, tu restami vicino”, realizzato dai ragazzi del liceo romano, apparirà in uno spot video, mentre alla scuola sarà destinato un voucher di 2000 euro da utilizzare per l’acquisto di materiale didattico. 
“Siamo molto orgogliosi della straordinaria adesione che abbiamo registrato a questa iniziativa in un momento non semplice per la didattica. Ben 120 scuole di tutta Italia hanno partecipato inviando i loro progetti e non è stato facile scegliere il migliore”, ha detto Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge nel corso della cerimonia di premiazione online alla quale hanno preso parte la Sottosegretaria alla Salute, On. Sandra Zampa, la country manager Italia di Angelini Pharma, Rosita Calabrese, l’attrice e conduttrice televisiva, Andrea Delogu, e l’onorevole Fabiola Bologna, segretario della Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati.
“Le malattie mentali sono spesso causa di discriminazione e isolamento sociale – ha continuato Iardino -, le persone affette da questi disturbi sono ancora oggi vittime di pregiudizi che fanno precipitare gli individui e le loro famiglie in una condizione di solitudine, fino alla perdita dei propri diritti umani in termini economici, sociali e culturali”. “Questa iniziativa fa parte di una grande campagna di sensibilizzazione che vuole partire dalle fasce più giovani della popolazione, dove il fenomeno dello stigma nei confronti delle persone affette da problemi mentali è molto presente e alle volte sfocia in episodi di bullismo”, ha concluso.

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Le due giovani di Como in fuga. La vita negata, i ragazzi sono allo stremo

venerdì, Gennaio 22nd, 2021

di DAVIDE RONDONI

Evviva le due ragazzine e la loro innocente rivoluzione. Se ne sono andate in “fuga” dal lockdown perché, hanno scritto, non ce la facciamo piú a non stare coi nostri amici. Quattordici anni, compagne di scuola, famiglie rispettose dei Dpcm e altri strani decreti che però non parlano la lingua della vita vera. Perché a 14 anni se non puoi vedere gli amici che vita è? E allora via, una piccola fuga sognata on the road da un mondo che non piace. In fondo han fatto un gesto di quelli rappresentati da tutto il cinema, la letteratura. Le rivoluzioni amate da quegli adulti della generazione dei loro genitori e nonni che ora invece, sussiegosi, si rivolgono a loro sempre con in bocca la parola “regole”.

Ma le due ragazzine del Comasco hanno dato voce a un disagio potente che i Signori dei Palazzi e spesso quelli dei media non vogliono affrontare. Le due ragazzine come centinaia di migliaia di ragazzi italiani non ne possono più. Non ne possono più di scelte che, prese contro il contagio, stanno andando contro la vita. Non ne possono più di essere considerati degli untori. O dei cretini pericolosi. C’è un allarme che la classe politica e intellettuale del nostro Paese da tempo sottovaluta: i nostri ragazzini.

Eppure oramai è un vera emergenza. Le due ragazzine di Como sono un simbolo. Il loro gesto azzardato (ma avvisando a casa) suscita tenerezza. Ma non possiamo non guardare le proteste in tante scuole e il tremendo allarme lanciato da tanti medici sull’aumento di patologie depressive e su nuove dipendenze da droghe e farmaci. Né tralasciare gli episodi di guerriglia urbana in varie città. Ci sono tante categorie in crisi economica. Ma ce n’è una che oltre alla economica ne pagherà una esistenziale. E invece si parla di loro solo come “scuola”, come se la vita dei ragazzi fosse tra i banchi, dimostrando ancora una volta una visione “scuolacentrica”, statalista e terrificante.

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Le regole da rifare

venerdì, Gennaio 22nd, 2021

di Ernesto Galli della Loggia

Che cosa altro deve succedere in Italia perché cambi il sistema politico, perché cambino le regole che lo governano?Non basta avere da tre anni come presidente del Consiglio — caso mai verificatosi a memoria d’uomo in alcun regime democratico — un signor nessuno mai presentatosi in alcuna competizione elettorale, privo di qualunque immagine pubblica precedente, estraneo a qualunque affiliazione che potesse farne indovinare le idee e i valori? E come l’esperienza ha dimostrato, proprio perciò disposto a essere qualsiasi cosa, ad abbracciare qualunque punto di vista, a presiedere coalizioni di governo e a promuovere leggi le une l’opposto delle altre?

Ancora: non basta ritrovarci con una rappresentanza parlamentare composta di uomini e donne in grandissima parte sconosciuti ai propri elettori? Ritrovarci con senatori e deputati eletti unicamente grazie alle loro relazioni personali con un pugno di oligarchi padroni di fatto delle liste elettorali, e quindi delle elezioni? Non basta ritrovarci con un Parlamento oggetto — chi mercoledì mattina ha ascoltato i programmi delle radio di mezza Italia ne ha avuto una conferma straziante — di un meritato dileggio per il semianalfabetismo di tanti dei suoi membri, per la loro dabbenaggine e la loro miseria culturale, per la penosa vanità e l’infantilismo argomentativo dei loro interventi?

A cos’altro sarà necessario assistere? Non bastano i fasti di un sistema che ormai annovera quasi soltanto partiti-meteore e partiti personali, che consente a un partito che ha perso le elezioni di sedere pressoché in permanenza al governo e dominare da sempre l’assegnazione di centinaia di incarichi pubblici di vertice? Non basta ascoltare l’intero stuolo di coloro che vivono di politica dipingere di continuo l’eventualità di un ricorso alle urne come la massima sciagura possibile, agitati da un terrore per la competizione tipico di un potere votato all’autoperpetuazione, a considerare la volontà dei cittadini un fastidioso inconveniente di cui sarebbe meglio fare a meno?

Non è un caso, dal momento che ciò che caratterizza il sistema politico e di governo che vige in Italia — e che rappresenta il fattore forse più rilevante nel distruggere qualunque fiducia nella democrazia da parte dei cittadini — è l’irresponsabilità. Per qualunque errore od omissione del potere, anche i più gravi, in Italia infatti è rarissimo che qualcuno paghi. Vuoi perché il meccanismo dei governi di coalizione e la farraginosità delle procedure consentono sempre di eludere qualsiasi precisa attribuzione di responsabilità (un solo esempio: qualcuno hai mai capito ad esempio chi è stato nel governo dell’epoca a permettere ad «Autostrade per l’Italia» di ottenere le concessioni che ha ottenuto con quelle scandalose clausole di favore?). E vuoi perché le elezioni, quando pure si fanno, sono un sistema blindato che garantisce comunque di essere eletto anche a un cavallo purché il capo della scuderia sia d’accordo.

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