Archive for Gennaio, 2021

I limiti del Recovery plan. Più coraggio: si deve investire in grandi opere

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di DAVIDE NITROSI

Un passo avanti è stato fatto, ma di fronte alla violenta crisi che ci ha colpito e alla straordinaria mole di risorse messe in campo dall’Europa che non avrà mai più eguali, il nuovo testo del Recovery plan partorito in affanno dal governo non basta. Ci vuole il coraggio di dirlo, perché stavolta la partita deve essere assolutamente vinta. Non basta un pareggio, non è giustificabile fare melina. Bisogna buttarsi tutti all’attacco, osare tutto e non sbagliare. E invece nel nuovo testo inviato l’altro ieri sera ai ministri, Palazzo Chigi e il Tesoro sembrano continuare a tenere il freno a mano tirato, muovendosi come se si trattasse semplicemente di scrivere una manovra un po’ più ambiziosa del solito.

E invece questa non è una manovra. Dovrebbe essere molto di più. Invece resta eccessivo il peso di risorse destinate a sostituire fondi già allocati in precedenza su progetti previsti: un terzo dell’intera cifra. Il governo vuole usare il Recovery (prestiti ultra agevolati e sovvenzioni) per abbattere la quota interessi dei debiti già decisi. Ma così il piano incide poco sulla crescita. Invece in una situazione di emergenza senza precedenti, occorre sfruttare al massimo le cartucce non per sopravvivere in trincea, ma per conquistare terreno. Il Paese cresce solo se il Pil fa un sostanzioso balzo in avanti, non se si punta a restare a galla. Meglio osare investimenti nuovi e strategici, piuttosto che asserragliarsi in difesa pensando solo a risparmiare.

Altro aspetto che continua a non convincere è il fatto che il piano non delinea con nettezza una visione di Paese. Che cosa vogliamo consegnare ai nostri figli, vittime di una pandemia che è una cambiale sul loro futuro? Più coraggio, allora. Inutile spacchettare le risorse in troppi rivoli, solo per esigenze politiche. Bisogna uscire dalla logica dei bonus e concentrare il bazooka europeo verso pochi progetti. Bene la digitalizzazione, ma qui serve una vera rivoluzione, non aiutini a pioggia. La scuola va completamente cambiata, non basta centellinare investimenti tra edilizia o corsi di formazione. E infine le infrastrutture.

Rating 3.00 out of 5

Crisi di governo, i compromessi al ribasso e il fallimento che nessuno può permettersi

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Francesco Verderami

La crisi del Conte II non si è ancora formalmente aperta, la crisi politica dell’alleanza giallorossa si trascina invece da tempo e i segni di decadimento erano ormai visibili. In questi casi le colpe sono sempre collettive, ma chi ha la responsabilità di guidare una coalizione sa di doversi fare carico degli oneri maggiori. In un contesto sempre più deteriorato, risulta evidente come Matteo Renzi abbia deciso di sfruttare la situazione per stressare gli equilibri della maggioranza. Nel crescendo polemico con Palazzo Chigi delle ultime settimane, i problemi reali che il leader di Italia viva aveva inizialmente sollevato hanno finito per lasciare il posto a un conflitto con Giuseppe Conte, con l’obiettivo di far capitolare il suo esecutivo.

Da mesi gli alleati, a partire dal Pd, avevano chiesto al presidente del Consiglio di cambiare passo e di farlo presto, tuttavia la verifica — che serviva a registrare il programma e la squadra di governo — aveva continuato a protrarsi senza dare risultati. Complice l’emergenza pandemica, Conte riteneva di poter resistere alle pressioni: protetto da una bolla che era insieme un paradosso, immaginava che una sorta di decisionismo misto a immobilismo lo avrebbe reso immune dagli attacchi. Finché Italia viva ha deciso di giocare in proprio, contestando le decisioni del premier e utilizzando l’approssimazione e le incongruenze dei progetti presentati, come testimoniato dalla prima bozza del Recovery plan.

In una prima fase i democratici e anche un pezzo del Movimento avevano pensato di poter cavalcare la tigre renziana per raggiungere gli scopi che si erano proposti con la verifica. Non avevano fatto i conti con l’indole dell’alleato, che al pari di Massimo D’Alema considera capotavola il posto dove sta seduto. Così il confronto sulle priorità di governo si è trasformato in uno scontro personale. E questo duello ha finito per subire una torsione che ieri ha raggiunto l’acme, quando il premier ha fatto sapere a Iv che se lo avesse sfiduciato non avrebbe più potuto far parte di un suo governo. Al di là della sfida tra Conte e Renzi, la vicenda dimostra che la coalizione giallorossa — nata nel 2019 per impedire a Matteo Salvini di andare alle elezioni — non c’è, o quantomeno non c’è ancora: non si è strutturata, non ha maturato la solidarietà che accomuna partiti tra loro alleati, appare priva di una visione strategica ed è divisa da divergenze ideologiche che si manifestano su vari temi, come per esempio il Mes.

Rating 3.00 out of 5

Crisi di governo, Renzi-Conte e quel feeling (impossibile): «Incapace», «pensa a sé»

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Tommaso Labate

Crisi di governo, Renzi-Conte e quel feeling (impossibile): «Incapace», «pensa a sé»

«Io certe dinamiche le capisco e le so valutare. Anche perché, se permetti, ho fatto il presidente del Consiglio per più di mille giorni. Ecco, il professore per me è un incapace. Sarà anche simpatico, una brava persona, tutto quello che volete. Ma è inadeguato al ruolo che ricopre. E per me deve andare a casa, lui e pure Casalino. Adesso, per favore, dovresti andargli a dire che te l’ho detto». In attesa che sguardi e lame ideali si incrocino in Parlamento, magari nel dibattito sulla fiducia-sfiducia al governo uscente, l’acme del duello rusticano tra Matteo Renzi e «il professore», come il senatore di Rignano chiama il presidente del Consiglio con intento evidentemente canzonatorio, si è raggiunta per interposta persona. Il giorno prima della Vigilia di Natale, quando non era chiaro a tutti il punto fino al quale voleva tirare la corda, il leader di Italia viva ha chiamato due ministri dell’esecutivo perché consegnassero «l’imbasciata» al premier.«Deve andarsene perché non è capace». A quel punto, assecondando quell’indole per alcuni tardodemocristiana, nonché la propensione a sopire i conflitti, Conte ha alzato il telefono e ha chiamato Renzi. Uno squillo, poi due, tre, quattro, cinque, sei. Dal cellulare privato, senza intermediazioni di segreterie o centralini perché — avrebbe poi spiegato il premier — «non volevo urtarlo o fare la parte del superiore». Nessuna risposta.

Nello scambio di messaggi che ne è seguito, Conte ha sempre chiamato Renzi «Matteo» e Renzi non ha mai nominato la parola «Giuseppe». «Ti avevo chiamato per farti gli auguri, Matteo. Sia a te che alla tua famiglia. Buone festività» (Conte); «Un augurio anche a te e ai tuoi. A presto» (Renzi). A Capodanno, stessa storia: «Matteo ti faccio gli auguri di buon anno anche in famiglia» (Conte); «Auguri a voi. Buon 2021» (Renzi). Poi all’Epifania: «Matteo ti chiamerà Gualtieri per aggiornarti sulla revisione del Recovery plan. Mi sembra che tenga conto di molti vostri suggerimenti» (Conte); «Aspettiamo voi allora. Buona Epifania a te» (Renzi). Conciliante il primo, gelido il secondo.

Rating 3.00 out of 5

Crisi di governo, Conte dà l’ultimatum a Renzi. E lui: «Posso fare opposizione»

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Marco Galluzzo

Crisi di governo, Conte dà l'ultimatum a Renzi. E lui: «Posso fare opposizione»

Di mattina è Giuseppe Conte a fare la prima mossa: «Se il leader di Iv Renzi si assumerà la responsabilità di una crisi di governo in piena pandemia, sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Italia viva». Insomma niente rimpasto e niente Conte ter con la stessa maggioranza: restano in piedi il voto, un governo istituzionale o la caccia ai responsabili in Parlamento da parte del premier.

Di pomeriggio Matteo Renzi, annunciando l’astesione delle sue ministre, sterilizza il Consiglio dei ministri notturno che dopo un duro confronto soprattutto sull’utilizzo del Mes, approva il Recovery plan, senza appunto il voto di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Doveva essere il momento della verità, inizia in ritardo e termina nella notte, ma non è più la sede dello showdown politico. Tutto viene rimandato ad oggi. Lo dice lo stesso Renzi, che stamattina dovrebbe fare dimettere le sue ministre e che intanto continua la guerra ai fianchi del premier, sempre con l’ironia sferzante che lo contraddistingue: «Io non volevo far fuori Conte, ma me stesso da questo governo. Evidentemente hanno i numeri per andare avanti e se vogliono gli posso anche cedere qualcuno… Me ne andrò all’opposizione». Per l’ex premier lo scenario che si delinea è quello di una conta in Aula: «Penso che Conte sostituirà le ministre di Italia viva e poi andrà alle Camere per chiedere la fiducia. Non so se prima si recherà al Quirinale, comunque quando avrà dei nuovi ministri farà il passaggio parlamentare».

Insomma sembrano sempre inevitabili le dimissioni delle ministre renziane, mentre in serata si moltiplicano le voci che oggi, quasi una sorta di tentativo in extremis, pressato dal Partito democratico, il capo del governo potrebbe provare a convocare un vertice dei soli leader della maggioranza. Sino ad ora Conte non ha voluto, forse tenterà di fronte alla possibilità di perdere tutto. Intanto si rafforzano le voci di un gruppo di responsabili già formato, indiscrezioni che è impossibile confermare danno sia Goffredo Bettini del Pd che Gianni Letta, da anni ambasciatore istituzionale di Silvio Berlusconi, convinti di avere le carte e i numeri per salvare il governo. Dice il primo in modo molto chiaro: «I responsabili possono palesarsi al momento opportuno».

In attesa dello showdown è il momento delle accuse reciproche e degli avvertimenti. Il Movimento 5 Stelle per tutta la giornata fa partire il fuoco di fila contro i renziani. Una raffica di dichiarazioni allineate con la posizione di Conte e in cui si accusa Renzi di irresponsabilità e lo si avverte: «Se ritira le ministre non ci sarebbe possibilità di far nascere un nuovo esecutivo con Italia viva», sentenzia Stefano Buffagni. Da Vito Crimi a Alessandro Di Battista e Riccardo Fraccaro, il coro è unanime. A Conte e pentastellati replica innanzitutto il presidente di Iv, Ettore Rosato, con toni sarcastici: «Mai più un governo con Renzi se apre la crisi? Va bene, vedremo, potrebbero scegliere di fare un governo con FI e FdI così hanno preso tutto l’arco costituzionale».

Rating 3.00 out of 5

Recovery, la sanità sale a 20 miliardi Più fondi a ferrovie, Comuni e cultura

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Enrico Marro

Il Recovery plan — approvato dal consiglio dei ministri attorno all’una di notte, con l’astensione delle ministre di Italia Viva — è stato scritto e riscritto più volte da quando, il 7 dicembre, figurava per la prima volta all’ordine del giorno del consiglio dei ministri. Un mese di intenso lavoro tecnico e di continuo tira e molla nella maggioranza. Alla fine, il documento arrivato ieri sera nel consiglio dei ministri è molto diverso sia dalla bozza iniziale sia da quella più dettagliata del 29 dicembre. Si tratta di 172 pagine, che descrivono i programmi di spesa con i quali il governo chiederà alla commissione europea i 209 miliardi di euro destinati all’Italia tra prestiti e trasferimenti nel periodo 2021-2026 nell’ambito del progetto Next generation Eu per rilanciare l’Unione dopo la pandemia.

Per accogliere le tante richieste di modifica e di aggiunta di investimenti previsti nella bozza del 29 dicembre i tecnici dell’Economia hanno allargato la torta. E così al piano iniziale che faceva riferimento solo ai 196 miliardi del Recovery fund in senso stretto si sono aggiunti una fetta del Fcs (Fondo coesione sviluppo) e i 13 miliardi del React Eu per l’emergenza Covid, portando il totale a 223 miliardi. Che a loro volta sono stati integrati con circa 7 miliardi dai fondi strutturali europei e da 80 miliardi di risorse programmate per il 2021-26 dal bilancio nazionale (per esempio i 30 miliardi per il Family act e i 24 per la decontribuzione al Sud) per un totale che, in una tabella allegata al piano, arriva a 310 miliardi.

Così gli appena 9 miliardi assegnati inizialmente alla «Salute» e che avevano scontentato non solo il leader di Italia viva, Matteo Renzi, ma anche gli altri partiti, sono diventati, tutto compreso, 20,7 di cui 7,9 destinati all’Assistenza di prossimità e alla telemedicina (3 miliardi in più) e 12,8 all’Innovazione, ricerca e digitalizzazione (quasi 9 miliardi in più). Nel capitolo «Digitalizzazione, Innovazione, competitività e cultura», che da solo vale 46,2 miliardi (più 11 di programmazione di bilancio), 5 miliardi in più vanno alla voce Cultura e Turismo, che sale da 3 a 8. Spuntano poi 6 miliardi alla voce «valorizzazione del territorio e efficientamento energetico dei comuni» per accogliere una precisa richiesta di Renzi. E ci sono circa 5 miliardi in più per l’alta velocità ferroviaria, in particolare nel Mezzogiorno. Molto cresciute anche le risorse che verranno chieste all’Europa per l’«Istruzione e ricerca», che passa dagli iniziali 19 miliardi a 28,5 . Sei miliardi in più vanno a «Potenziamento delle competenze e diritto allo studio» (da 10,7 a 16,7 miliardi) e tre miliardi in più alla voce «Dalla ricerca all’impresa». Insomma, più soldi ai giovani e alla ricerca. Cresce di quasi 10 miliardi il capitolo «Inclusione e coesione», che ora vale 27,6 miliardi (al netto del risorse del bilancio nazionale), di cui 12,6 per le «Politiche per il lavoro».

Rating 3.00 out of 5

Emissioni Co2 nell’ambiente: quanto inquina la nostra vita digitale

mercoledì, Gennaio 13th, 2021

di Milena Gabanelli

Le nostre vite ai tempi del Covid-19 sono cambiate, e cambieranno. Il danno economico da pandemia sarebbe stato ben maggiore se alcune attività non si fossero trasferite su Internet. Dallo smart working, alla teledidattica, dall’e-commerce all’home banking, dalle video conferenze, ai webinar per presentare i libri ed eventi culturali. Anche chi è poco digitale deve imparare in fretta perché il suo uso ormai intensivo, oltre a sostituire molte attività fisiche, responsabili di emissioni di CO2 equivalenti, farà bene all’ambiente. Le soluzioni digitali possono sostenere l’economia circolare, supportare la decarbonizzazione di tutti i settori e raggiungere così gli obiettivi di sostenibilità che il Green New Deal europeo si propone. Ma non è per nulla scontato. Fino ad ora infatti le transizioni digitali hanno perpetuato modelli di crescita ad alta intensità di risorse e gas serra, responsabili del riscaldamento globale. E allora qual è l’impronta ambientale del digitale?

Transizione digitale ed emissioni di Co2e

Computer, dispositivi elettronici e infrastrutture digitali consumano quantità sempre maggiori di elettricità. E l’energia elettrica, se non proviene da fonte rinnovabile, produce emissioni di gas serra. Nel 2008 le tecnologie digitali utilizzate nelle trasmissione, ricezione ed elaborazione di dati e informazioni (ICT) hanno contribuito per il 2% alle emissioni globali di CO2e; nel 2020 sono arrivate al 3,7% e raggiungeranno l’8,5% nel 2025, l’equivalente delle emissioni di tutti i veicoli leggeri in circolazione (Fonte: The Shift Project nel Report: LEAN ICT – TOWARDS DIGITAL SOBRIETY). Lo studio «Assessing ICT global emissions footprint», ipotizza che nel 2040 l’impatto del digitale arriverà al 14%. Confrontando le emissioni del digitale nel 2020 in tutti i Paesi si può vedere che se le infrastrutture digitali fossero uno Stato, sarebbe uno fra i più grandi consumatori di energia al mondo.

Il consumo che si vede nella bolletta elettrica

Immagini, video in ultra-definizione per smart-tv, sensori distribuiti, immagini riprese da telecamere di sicurezza, robotizzazione, città intelligenti, videochiamate digitali, servizi on-line, messaggistica istantanea e molto altro ancora costituiscono un «universo digitale» in continua espansione, alimentato dai dati creati, utilizzati e richiesti ogni giorno – senza sosta – da industrie, pubbliche amministrazioni, ospedali, banche, centri di ricerca e da noi utenti. Per comprendere il peso dei consumi elettrici del digitale partiamo dal nostro quotidiano domestico. Un forno elettrico convenzionale da 2000W usato alla massima potenza per 3 minuti consuma 0,1 kWh. Un frigorifero con freezer in classe C + in un anno consuma 150kWh -190kWh. Ricaricare lo smartphone consuma 4kWh l’anno. Questi consumi, quantificati nelle bollette, sono sotto il nostro controllo diretto. Il problema è che i dispositivi digitali connessi su Internet producono dei consumi al di là del nostro contatore elettrico.

Rating 3.00 out of 5

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 12 gennaio: 14.242 nuovi casi e 616 morti

martedì, Gennaio 12th, 2021

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 12 gennaio: 14.242 nuovi casi e 616 morti

In Italia, dall’inizio dell’epidemia di coronavirus, almeno 2.303.263 persone (compresi guariti e morti) hanno contratto il virus Sars-CoV-2: i nuovi casi sono 14.242, +0,6% rispetto al giorno prima (ieri erano +12.532), mentre i decessi odierni sono 616, +0,8% (ieri erano +448), per un totale di 79.819 vittime da febbraio. Le persone guarite o dimesse sono 1.653.404 complessivamente: 19.565 quelle uscite oggi dall’incubo Covid, +1,2%. (ieri erano +16.035). E gli attuali positivi — i soggetti che adesso hanno il virus — risultano essere in totale 570.040, pari a -5.939 rispetto a ieri, -1% (ieri erano -3.953). La flessione degli attuali positivi di oggi — con il segno meno davanti — dipende dal fatto che i guariti, sommati ai decessi, sono in numero maggiore rispetto ai nuovi casi.

I tamponi sono stati 141.641, ovvero 49.985 in più rispetto a ieri quando erano stati 91.656. Mentre il tasso di positività è del 10,05% (l’approssimazione di 10,0549%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti 10 sono risultati positivi; ieri era del 13,7%. Qui la mappa del contagio in Italia.

Più contagi in 24 ore rispetto a ieri, a fronte di più tamponi. Un andamento che si verifica ogni martedì, quando il numero delle analisi processate inizia a crescere rispetto al weekend. C’è da dire che siamo lontano dalla media di 200 mila test giornalieri tenuta a novembre con un picco di 254 mila analisi. Una buona notizia la fornisce il rapporto di casi su tamponi (il tasso di positività) che scende di oltre tre punti e passa dal 13,7% di ieri al 10,05% di oggi. Ma con troppi nuovi casi e senza riprendere il tracciamento «si rischia di mettere a repentaglio la campagna vaccinale», dice Walter Ricciardi, ordinario d’Igiene e Medicina Preventiva all’Università Cattolica e consulente del ministro Speranza.

La regione più colpita per numero di nuovi casi è di nuovo il Veneto con oltre 2 mila nuovi positivi (+2.134). Seguono: Sicilia (+1.913 casi), Emilia-Romagna (+1.563), Lazio (+1.381), Puglia (+1.261) e Lombardia (+1.146). Tutte le altre regioni hanno un incremento a due o tre cifre, come si osserva dal dettaglio in basso.

Rating 3.00 out of 5

Covid, Gismondo: “Rischio no immunità di gregge fino al 2024”

martedì, Gennaio 12th, 2021

Valentina Dardari

A lanciare l’allarme questa volta Maria Rita Gismondo, microbiologa e direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, che all’Adnkronos Salute non ha usato mezzi termini: “In Italia, con i numeri attuali, con le attuali capacità, non riusciremmo a raggiungere un’immunità di gregge contro Covid-19 fino al 2024″.

Una profezia non proprio auspicabile, ma secondo l’esperta il rischio c’è eccome. La Gismondo ha infatti spiegato che questa è la prospettiva che ci dovremo attendere, tenendo conto sia del numero di dosi di vaccino che fino a questo momento sarebbero nel nostro Paese, sia del numero di vaccinatori disponibili. Insomma, l’importante è riuscire a vaccinare quante più persone possibili in un lasso di tempo molto breve.L’Oms cambia le “dritte”: “Seconda dose del vaccino anche dopo 6 settimane”

Gismondo: “Non c’è una esatta agenda vaccinale”

Anche perché, come sottolineato dalla microbiologa, se vengono allungati i tempi per le vaccinazioni, considerando che potrebbero coprirci per circa 8-10 mesi, ora che vengono vaccinati tutti, i primi rischiano di aver già perso la protezione e ritornare scoperti, quindi facile bersaglio del virus. La Gismondo ha sottolineato “il fatto che non vi sia una esatta agenda vaccinale è sotto gli occhi di tutti”, e in parte dipende anche dalla produzione dei vaccini. Secondo l’esperta sarebbe quindi il caso di iniziare a pensare anche ad altri vaccini che sono già in fase 3 di sperimentazione, oltre a quelli già approvati in Unione Europea, di Pfizer-BioNTech e di Moderna. A breve dovrebbe arrivare anche quello di Astrazeneca.

Rating 3.00 out of 5

Matteo Renzi: “Il Conte ter lo ha cancellato Conte”

martedì, Gennaio 12th, 2021

A questo punto il dado è tratto, in questa crisi che si consuma prima ancora che si manifesti apertamente. A chi, ansioso di sapere cosa succede, quando scatterà l’ora X, il dopo, insomma il che succede, Renzi ha risposto: “Ormai è questione di ore. Il Conte ter lo ha cancellato Conte. È evidente che a palazzo Chigi ha prevalso la linea Travaglio Casalino. Auguri”.

Le ore sono quelle che passeranno di qui alla fine del consiglio dei ministri sul Recovery previsto per questa sera quando si dimetteranno le ministre di Italia Viva. Gesto che potrebbe essere compiuto nella mattinata di domani se l’ultimo conclave di questo governo dovesse terminare a un’ora che sfida la resistenza fisica, nell’ambito di una partita che va oltre il merito. Riferiscono le stesse fonti: “Non è deciso se voteremo sì oppure no al Recovery, ma la crisi si aprirà”.

Insomma, il problema più del merito, e nel merito di concessioni ad Italia Viva ne sono state fatte parecchie, è il racconto. Infatti nella sua e-news Renzi ammette che “ci stanno dando ragione”, ma al tempo stesso rilancia sul Mes. Ci sarebbero cioè i margini per votare sì, ma anche quelli per dire che le richieste accolte non bastano, segno che, come dice un ministro del Pd, “il vaso si è rotto”.

Ecco, almeno per ora, ogni ipotesi di una trattativa che porti a una crisi pilotata è saltata. Da una parte (Renzi), la responsabilità è attribuita al premier, reo di aver concesso poco politicamente e indisponibile e ragionare di un ter che, “quello sì, ci avrebbe messo in difficoltà” perché a quel punto, di fronte a sostanziose concessioni, “sarebbe stato difficile dire di no”. Dall’altra, gli emissari del Pd raccontano di richieste particolarmente esose, perché la richiesta sarebbe stata, nel nuovo esecutivo, addirittura una “discontinuità al Mef” e un veto su Alfonso Bonafede e Nunzia Catalfo, richieste “fatte apposta per far saltare tutto”. Per la serie: non gli basta scegliere i suoi, ma vuole mettere bocca anche su quelli degli altri partiti. A dare l’idea del clima, le parole consegnate a Zingaretti da uno sconsolato Goffredo Bettini, colui che più generosamente si è speso per una ricomposizione del quadro: “A questo punto, non si capisce più quello che Renzi vuole”.

Rating 3.00 out of 5

Come funziona il vaccino di Moderna

martedì, Gennaio 12th, 2021

Le prime fiale del vaccino prodotto da Moderna (47mila dosi) sono arrivate all’Istituto superiore di sanità: da lì verranno poi distribuite alle regioni, dando priorità a quelle con più alto numero di abitanti sopra gli 80 anni. La campagna vaccinale entra nel vivo ed è, per il ministro della Salute Speranza, «la vera strada per uscire da questi mesi e da questa crisi così difficile». Entro la fine di febbraio l’Italia riceverà 764mila dosi dall’azienda statunitense, che si andranno ad aggiungere a quelle garantite da Pfizer (470mila a settimana) e a quelle di AstraZeneca, se l’Agenzia europea per i medicinali darà il via libera. A differenza di Pfizer, Moderna spedirà le dosi ogni due settimane: dopo le prime 47mila, ne sono previste per la settimana del 25 gennaio 66mila, per quella dell’8 febbraio 163mila e per quella del 22 febbraio 488mila.

Dieci milioni di dosi

Per far decollare la campagna, però, c’è bisogno di più dosi. Il piano messo a punto dal Governo ne prevede per il primo trimestre 2021 28 milioni 269mila. Di queste, 16 milioni 155mila dovrebbero essere assicurati da AstraZeneca e altri 2 milioni 19mila da Curevac, che la settimana scorsa ha siglato un’alleanza con Bayer. Entrambi i vaccini non sono ancora approvati dalle Agenzie regolatorie. Al momento l’Italia può contare su poco più di dieci milioni di dosi dei vaccini Pfizer e Moderna per i primi 3 mesi dell’anno, se non ci saranno intoppi con le consegne: sufficienti per vaccinare poco più di 5 milioni di persone e non le 6,4 indicate nel piano (1,4 milioni tra medici e infermieri, 570mila tra personale e ospiti delle Rsa e 4,4 milioni di over 80). Si discute anche della possibilità di ampliare l’elenco delle categorie prioritarie, includendo il personale della scuola, tutti gli ultra 80enni, i pazienti ematologici e oncologici. La macchina organizzativa, dopo aver faticato a mettersi in moto, sta entrando a regime: ad eccezione di Calabria, Lombardia e provincia di Bolzano, tutte le regioni sfiorano o superano il 50%, con punte del 75% in Campania e del 71% in Toscana e Veneto. Il 70% è la percentuale massima consentita dato che si deve conservare almeno il 30% delle dosi per la seconda iniezione, che si farà a partire dal 21 gennaio.

Seconda iniezione dopo 28 giorni

A livello europeo, 80 milioni di dosi di vaccino Moderna saranno distribuiti entro settembre: 10 milioni entro marzo, 35 nel secondo trimestre e altri 35 nel terzo. Gli ulteriori 80 milioni di dosi opzionali saranno consegnati entro il 2021. Quali sono le caratteristiche di questo vaccino? Come quello prodotto da Pfizer e BioNTech, è basato sulla tecnica dell’mRna (Rna messaggero). È indicato a partire dai 18 anni di età, anziché dai 16 (come Pfizer), e la schedula prevede due somministrazioni a distanza di 28 giorni invece che di 21 giorni (Pfizer). L’immunità si considera pienamente acquisita a partire da due settimane dopo la seconda somministrazione. Viene conservato a temperature comprese tra i -25 e -15 gradi per 7 mesi, ma è stabile tra +2 e +8 gradi per 30 giorni se in confezione integra (Pfizer invece va conservato a -70°). Il flaconcino multidose non richiede diluizione ed è quindi già pronto all’uso: da ognuno possono essere prelevate 10 dosi. Prima della somministrazione, le dosi possono essere mantenute a temperatura ambiente (8-25°) fino a un massimo di 12 ore. Una volta che la fiala multidose è aperta, va conservata tra i 2 e i 25° per non più di sei ore.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.