Archive for Gennaio, 2021

La rincorsa dei vaccini al coronavirus: ma quanto tempo abbiamo per fermare il virus?

domenica, Gennaio 3rd, 2021

di Laura Cuppini

Il virus corre sempre più velocemente e la sensazione è quella di non riuscire a stargli dietro, nemmeno adesso che ci sono i vaccini. Con 84 milioni di contagi da inizio pandemia (di cui quasi 36 milioni in America e 26 milioni in Europa) e oltre 1,8 milioni di morti nel mondo, la pressione per arrivare quanto prima alla cosiddetta «immunità di gregge» è fortissima. Ma l’obiettivo si potrà raggiungere solo quando il 70% dell’intera popolazione avrà ricevuto le due dosi previste. Un obiettivo che oggi sembra lontanissimo. Anche perché, dei sei vaccini prenotati dalla Commissione Ue, al momento abbiamo solo Pfizer/BioNTech. La stessa azienda tedesca ha fatto un appello perché ne vengano approvati altri.

Il caso AstraZeneca
L’immunologo Sergio Abrignani ha collaborato alla stesura di questo articolo
L’immunologo Sergio Abrignani ha collaborato alla stesura di questo articolo

Uno dei vaccini su cui l’Europa ha puntato molto è quello sviluppato da AstraZeneca e Università di Oxford: perché non è ancora stato autorizzato? I dubbi delle Agenzie regolatorie sono nati al termine della fase 3 della sperimentazione, in cui il gruppo vaccinato ha ricevuto (per errore) due dosaggi, con risultati diversi per quanto riguarda l’efficacia. La statunitense Fda (Food and drug administration) e l’europea Ema (Agenzia per i medicinali) hanno chiesto ulteriori dati ai produttori, che non sono ancora arrivati. In Gran Bretagna, dove circola ampiamente la nuova variante che sembrerebbe avere una maggiore efficacia replicativa, il vaccino è stato approvato in via emergenziale (così come in India). Il Times, citando una fonte anonima del tandem Oxford-AstraZeneca, ha scritto che entro metà gennaio saranno disponibili per il Regno Unito due milioni di dosi a settimana. Attualmente però il vaccino non è stato approvato né dalla Fda né dall’Ema.

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Covid, Brusaferro: «Ospedali sotto stress. È una fase delicata: ogni violazione si paga a caro prezzo»

domenica, Gennaio 3rd, 2021

di Margherita De Bac

Professor Silvio Brusaferro, il 7 gennaio cosa succede? Riprenderemo la vita normale?
«Andiamoci piano. Come si può parlare di ritorno alla vita normale! Viviamo in una pandemia, il virus circola diffusamente nel nostro Paese e i servizi sanitari sono sotto stress». Il presidente dell’Istituto superiore di sanità, componente del Comitato tecnico-scientifico, parla da Udine dove il maltempo imperversa.

Come i contagi. E quindi cosa dobbiamo fare?
«Non è il momento di rilassarsi. Tutti i dati mostrano che l’epidemia non è finita, è ancora in una fase molto pericolosa. Abbiamo però imboccato la strada per controllarla grazie ai vaccini».

Descriva questa fase.
«L’andamento dell’Rt, che indica la velocità di riproduzione del virus, sta di nuovo risalendo e il numero dei nuovi positivi rimane elevato. Vediamo inoltre che lo stesso avviene negli altri Paesi europei dove le curve sono in crescita e questo mal comune deve metterci in guardia. Non possiamo illuderci di starne fuori. Dunque la situazione generale richiede grande attenzione».

Qual è la parola d’ordine?
«Evitare che la curva riparta e questo si può fare adottando con rigore e sistematicamente le misure di prevenzione che ormai gli italiani conoscono: mascherina, distanziamento, igiene delle mani, no assoluto agli assembramenti».

Ma come, arriva il vaccino e si pretendono ulteriori sacrifici?
«Appunto, il vaccino è un segnale positivo di grande speranza però per i prossimi mesi dovremo continuare a mantenere uno stretto controllo dei comportamenti individuali e sociali. Il ragionamento “vabbè, ora c’è il vaccino e allora posso riprendere a fare come prima” non è corretto. Al contrario, pensarla così finisce per favorire la circolazione del virus».

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Coronavirus, restrizioni fino a metà gennaio anche nelle regioni gialle

domenica, Gennaio 3rd, 2021

di Fiorenza Sarzanini

Coronavirus, restrizioni fino a metà gennaio anche nelle regioni gialle

La curva epidemiologica continua a salire e anche nelle regioni gialle le riaperture previste per il 7 gennaio non sembrano più scontate. Già martedì, quando l’Istituto superiore di Sanità esaminerà l’andamento del contagio da Sars-CoV-2, il governo potrebbe decidere di prorogare alcune restrizioni, almeno fino alla scadenza del Dpcm previsto per il 15 gennaio. Ci sono sei regioni che potrebbero cambiare fascia già venerdì 8 gennaio, altre sono in una situazione di rischio. Con la riapertura delle scuole e la mobilità che torna libera, c’è il timore che la situazione si aggravi ulteriormente e per questo si sta valutando come e dove intervenire. Ieri il ministro della Salute Roberto Speranza ha fissato al 18 gennaio la riapertura degli impianti sciistici, rinviando di due settimane la data fissata d’accordo con i gestori. Ora si esaminano le scadenze per gli altri settori.

L’indice Rt: tra 1,25 e 1,50

Secondo i criteri fissati dal ministero della Salute, le regioni che hanno un Rt superiore all’1,25 rischiano di passare in fascia arancione, quelle che vanno oltre l’1,50 potrebbero entrare in fascia rossa. Naturalmente devono essere tenuti in considerazione tutti i parametri del monitoraggio e dunque nulla è ancora deciso, ma i contatti tra gli esperti dell’Istituto superiore di Sanità e i delegati dei governatori mirano proprio a stabilire che cosa dovrà accadere dall’8 gennaio: da valutare le misure necessarie per scongiurare che anche i sacrifici fatti dai cittadini in queste ultime due settimane natalizie possano essere vanificati.

Le sei regioni a rischio

Il bollettino del 29 dicembre evidenziava come «Veneto, Liguria, Calabria hanno un Rt puntuale maggiore di 1 anche nel valore inferiore, compatibile quindi con uno scenario di tipo 2, mentre Basilicata, Lombardia e Puglia lo superano nel valore medio, e Marche, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia lo sfiorano». Ecco perché gli esperti suggerivano di «considerare di applicare le misure previste, per i livelli di rischio attribuiti, anche oltre le scadenze attuali» e nelle conclusioni sottolineavano quindi «la necessità di mantenere nel tempo la linea di rigore delle misure di mitigazione adottate nel periodo delle festività natalizie».

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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 2 gennaio: 11.831 nuovi casi e 364 morti

sabato, Gennaio 2nd, 2021

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 2 gennaio: 11.831 nuovi casi e 364 morti

In Italia, dall’inizio dell’epidemia di coronavirus, almeno 2.141.201 persone (compresi guariti e morti) hanno contratto il virus Sars-CoV-2: i nuovi casi sono 11.831*, +0,6% rispetto al giorno prima (ieri erano +22.211), mentre i decessi odierni sono 364, +0,5% (ieri erano +462), per un totale di 74.985 vittime da febbraio. Le persone guarite o dimesse sono 1.489.154 complessivamente: 9.166 quelle uscite oggi dall’incubo Covid, +0,6% (ieri erano +16.877). E gli attuali positivi — i soggetti che adesso hanno il virus — risultano essere in totale 577.062, pari a +2.295 rispetto a ieri, +0,4% (ieri erano +4.871). Gli attuali positivi oggi sono in crescita perché i nuovi casi sono più della somma di guariti e decessi.

I cittadini vaccinati sono oltre 46 mila, per la precisione 46.506 secondo i dati forniti il 2 gennaio alle ore 17, come indica il «Report vaccini anti Covid-19» in costante aggiornamento sul sito del governo e consultabile qui.

I tamponi sono stati 67.174, ovvero 90.350 in meno rispetto a ieri quando erano stati 157.524. Mentre il tasso di positività è 17,6% (l’approssimazione di 17,612%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti più di 17 sono risultati positivi; ieri era 14,1%. Qui la mappa del contagio in Italia.

Meno contagi in 24 ore rispetto a ieri, a fronte di molti meno tamponi. I nuovi casi sono sotto quota 20 mila dopo due giorni al di sopra questa soglia (31/12 e 1/1), ma l’incidenza non permette di riattivare il contact tracing. Lo scenario generale non sembra migliorare: il rapporto di casi su tamponi (il tasso di positività) è in crescita per il terzo giorno di fila e passa dal 14,1% di ieri al 17,6% di oggi. Per vedere un tasso simile bisogna andare indietro al 15 novembre (era 17,4%) o al 16 novembre (17,9%), pochi giorni dopo il record di casi (oltre 40 mila il 13 novembre). Abbiamo già notato che quando si fanno meno test questa percentuale tende a salire: il fenomeno probabilmente dipende dal fatto che quando si processano meno analisi si tende a cercare in modo più mirato, testando persone che hanno più probabilità di essere positive, come quelle con sintomi o quelle in prossimità di un focolaio.

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“Le tasse? Una giungla incomprensibile”. La ricetta Ruffini: tagliare le leggi inutili

sabato, Gennaio 2nd, 2021

di RAFFAELE MARMO

Quanto è urgente riformare il fisco? Ernesto Maria Ruffini, il “capo” della macchina tributaria italiana, un giovane avvocato-scrittore appassionato di pittura che ha speso parte della vita a difendere i cittadini proprio dal fisco e che oggi si ritrova per la seconda volta alla guida dell’Agenzia delle Entrate, è netto: “È urgente e condivisa una riforma del Fisco. Era un’esigenza già sentita, ancora prima che l’emergenza sanitaria portasse alla luce in modo dirompente alcune fragilità del nostro Paese. Il nostro sistema fiscale è davvero una giungla impossibile da comprendere per chiunque, fatta di 700-800 leggi che in 50 anni hanno avuto oltre 1.200 modifiche. Abbiamo una confusione legislativa che consente al cittadino di confondersi, alla Agenzia delle Entrate di commettere errori e all’evasore di non essere trovato. È arrivato il momento di metterci mano”.

Da dove cominciare? 

“Il primo passo deve essere proprio la riorganizzazione delle troppe leggi tributarie esistenti. Sarebbe già un grande risultato avere testi organizzati per tipo di tributi e per procedure: dichiarazione, versamento, accertamento, contenzioso, riscossione, processo tributario. Raccolte simili metterebbero il Parlamento nelle condizioni di intervenire in modo razionale su tali testi, innovandoli con un’opera sistematica di semplificazione. Una volta fatto questo, si può passare a una vera riforma: l’ultima risale ormai a cinquant’anni fa”. 

Quali i cardini del riassetto? 

“Serve una riforma che riguardi tutto: tassazione delle persone fisiche e delle partite IVA, imposte dirette, indirette, accertamento, riscossione e contenzioso tributario. Ma la riforma del fisco non è solo una questione relativa al fatto di scegliere quale imposta aggredire o quale aliquota individuare. La riforma fiscale da fare è molto più ampia. Con l’obiettivo che il cittadino venga prima del contribuente: rispetto reciproco, stesso livello di garanzie, zero burocrazia”. 

Quanto tempo ci vuole per realizzare questo “mondo fiscale dal volto umano”?

“Il fisco nel suo complesso non è la mera somma di numeri e norme. È un’infrastruttura, forse la più importante perché da questa dipendono tutte le altre. E un’opera pubblica che ha bisogno di un progetto di medio periodo, di costante manutenzione e di un investimento in risorse umane, tecniche e finanziarie. Per far crescere una quercia ci vogliono 100 anni, ma per una zucca bastano 2 mesi. Così, anche nella politica tributaria dovremmo piantare querce, dalla crescita lenta ma duratura, e non zucche, rapide ma effimere”. 

Dobbiamo, però, fare i conti, anche fiscali, con il disastro economico prodotto dalla pandemia. 

“E un’ampia e condivisa riforma fiscale potrà concretamente aiutare la ripresa, diventarne anzi un volano formidabile. Dare certezze nelle norme e semplicità negli adempimenti libera tempo ed è un valore”. 

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In arrivo 50 milioni di cartelle esattoriali. La macchina del Fisco sceglie la linea soft

sabato, Gennaio 2nd, 2021

di CLAUDIA MARIN

In attesa di un nuovo stop degli invii (invocato a gran voce dall’opposizione, ma anche da parte della maggioranza) e della possibile riedizione della rottamazione e del meccanismo del saldo e stralcio (col favore del governo), in questi giorni si rimette in moto la macchina del Fisco che suscita più timori nei contribuenti: quella che presiede all’invio delle cartelle esattoriali, con annessi e connessi, degli avvisi di accertamento e di tutti gli altri atti e comunicazioni firmati da Agenzia delle Entrate e dalla Riscossione. In ballo da oggi alla fine dell’anno ci sono circa 50 milioni di notifiche che derivano in larghissima misura dalla quota accumulata (35 milioni di atti) nel 2020 per il fermo dovuto alla pandemia, alla quale si aggiungeranno quelle in programma da quest’anno.

È verosimile, però, che mentre governo, maggioranza e opposizione mettono a punto la soluzione legislativa più contingente (un nuovo rinvio del blocco) o più strutturale (rottamazione), il fisco si muoverà con grande gradualità e senza rincorse. “Nel corso del 2020 – spiega il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini – il legislatore ha consentito ad Agenzia delle entrate e ad Agenzia delle entrate-Riscossione di sospendere l’invio di tutti gli atti da inviare a cittadini e imprese. A oggi la legge prevede che entrambe debbano riprendere le proprie attività a partire dal 1° gennaio. Si tratta di diverse decine di milioni di atti che dovranno essere inviati tra gennaio e dicembre 2021. In entrambe le Agenzie ci stiamo organizzando per diluire il più possibile l’invio degli atti nel corso dell’anno, ma si tratta comunque di volumi davvero straordinari”.

Insomma, il problema esiste, eccome. Da qui la richiesta esplicita dell’opposizione di un ulteriore slittamento degli invii. “La maggioranza ha due opzioni – spiega la capogruppo di Forza Italia alla Camera, Maria Stella Gelmini –: fare un decreto ad hoc per sanare questa delicata situazione, oppure votare i nostri emendamenti al decreto milleproroghe”. La Lega si spinge oltre con Matteo Salvini: “Ci sono 30 milioni di cartelle esattoriali di piccolo importo, che rischiano di arrivare a casa di milioni di famiglie di italiani, sarebbe il modo peggiore di cominciare l’anno. Le proposte della Lega sono concrete e sono già depositate in Parlamento: pace fiscale, rottamazione a lungo termine e saldo e stralcio”.

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Mosse urgenti/ Meno favori e più riforme, la via obbligata per la ripresa

sabato, Gennaio 2nd, 2021

ROMANO PRODI

Durante i lunghi mesi del Covid 19, i dibattiti e le decisioni riguardanti gli aspetti economici della pandemia sono stati dedicati prevalentemente al nobile obiettivo di aiutare le categorie più colpite. La corsa al soccorso ha tuttavia provocato il meno nobile risultato di spargere benefici e incentivi in mille direzioni, ben oltre le intenzioni iniziali e lontano dagli obiettivi di sviluppo di lungo periodo: dall’acquisto di monopattini agli occhiali, dai mobili agli apparecchi televisivi e chi più ne ha più ne metta. Il tutto accompagnato dal messaggio subliminale che l’Unione Europea avrebbe poi pagato il conto senza tanti problemi. 


L’ammontare del debito pubblico, che già viaggiava su livelli allarmanti, è quindi cresciuto a dismisura, raggiungendo ormai il 160% del nostro prodotto interno lordo. 


Un aumento del deficit nei periodi di crisi non deve sorprendere perché è un evento consueto, ricorrente e, a volte, doveroso. Sorprende invece il fatto che le spinte corporative e le tensioni interne del governo abbiano relegato in secondo piano i problemi del dopo pandemia, mentre gli altri Paesi europei si sono concentrati su progetti fondamentalmente dedicati alla crescita futura.


Fortunatamente un’opportuna intervista del Commissario Gentiloni, consapevole delle crescenti preoccupazioni dei nostri partner e delle autorità europee ci ha richiamato alla realtà dei fatti, spiegando che i fondi europei sono rigorosamente condizionati al raggiungimento di precisi obiettivi e che tali fondi potranno essere versati all’Italia solo se i prescritti risultati saranno raggiunti.


Si tratta di condizioni illustrate con rigore e pignola chiarezza nelle 62 pagine di istruzioni inviate dalla Commissione ai governi il 17 settembre dello scorso anno. 

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Lazio, contagi impazziti. Cnr: «Terapie intensive triplicate a fine mese». Rischio zona arancione

sabato, Gennaio 2nd, 2021

di Francesco Pacifico

Gli ingressi giornalieri dei pazienti in terapia intensiva arriveranno a triplicarsi entro fine mese. Occupando i due terzi dei posti disponibili. I decessi si raddoppieranno. Così come salirà in modo esponenziale la percentuale di chi risulterà positivo al primo tampone. Il trend di crescita e di diffusione del Covid  – la famosa curva – non tende a rallentare tra Roma e il Lazio. Anzi, gli ultimi dati diffusi ieri dalla Regione Lazio mostrano già i primi effetti dello shopping natalizio a metà dicembre: 1.913 nuovi contagi, dei quali oltre 800 a Roma.

I dati sulle terapie intensive in tutta Italia —-> Scarica il Pdf

Sci, quando aprono gli impianti? L’ipotesi 18 gennaio. Gli operatori: siamo a punto di non ritorno

E se il trend non frenerà per il 7 gennaio, con l’indice Rt quasi a quota 1, la nostra Regione rischierà di entrare in zona arancione, con nuove restrizioni. Proprio partendo e guardando alla curva – con i suoi picchi e con i suoi rallentamenti troppo flebili – abbiamo chiesto al matematico Giovanni Sebastiani, ricercatore all’Istituto per le Applicazioni del Calcolo “M. Picone” del Cnr – che cosa ci riserva il futuro. E il matematico, sempre stando ai numeri, segnala «che in questi ultimi mesi la situazione non è granché migliorata e se si seguiranno i flussi registrati finora, è solo destinata a peggiorare. A meno che non abbiano funzionato le restrizioni decise per Natale. E lo speriamo tutti».

​Zona rossa, arancione o gialla: dal 7 gennaio le regioni tornano ai colori in base al report Iss

La curva impazzita

Come detto, dopo l’ultimo bollettino di ieri, la curva non sta rispondendo ai desiderata e agli obiettivi posti da governo. Stando ai calcoli e alle stime del professor Sebastiani, salta subito agli occhi il balzo in avanti delle terapie intensive. Sempre seguendo le tendenze dell’ultimo periodo, i nuovi ingressi ogni giorni di malati Covid in terapia intensiva sono 15 nell’ultima data del 2020. Ma sono destinati a salire a quota 20 entro i primi dieci giorni di gennaio 2021, per arrivare a 45 entro la fine dello stesso mese. Per capire l’incidenza e i rischi sul nostro sistema ospedaliero, Sebastiani aggiunge che «passeremo dai 48 ricoveri al giorno ogni 100mila abitanti di fine 2020 a i 58 che registreremo dopo la prima settimana di gennaio. Per arrivare a quota 95 alla fine del mese».

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Il 2021 sarà l’anno dei vaccini ma anche dei nuovi viaggi

sabato, Gennaio 2nd, 2021

di Mauro Evangelisti

Sarà l’anno in cui torneremo a volare. Sul serio. I numeri sono ancora bassi, per carità: 36mila persone vaccinate contro il coronavirus in Italia, quasi 10 milioni in tutto il mondo. Però, per chi sogna in questo 2021 di riavvicinarsi alla vita normale, senza reparti di terapia intensiva affollati e con la possibilità di riaprire negozi e ristoranti, ma anche con la libertà del viaggio e delle vacanza, a New York come in un agriturismo a Todi, c’è un’altra statistica che conta. Non si guarda più, come si faceva nel 2020, solo al numero dei nuovi casi, dei ricoveri e, purtroppo, dei decessi, ma anche a quello delle dosi somministrate di vaccino.

Più veloce correrà l’indicatore delle persone che sono state protette, più semplice sarà viaggiare. Magari all’inizio ci si sposterà solo da una regione all’altra, poi all’interno dell’Unione europea, infine anche tra continenti. Sarà tutto differente, probabilmente ci chiederanno, come in realtà è sempre avvenuto in alcuni Paesi ma per altre malattie, il certificato di vaccinazione anti Sars-CoV-2.

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Covid, Fabrizio Pregliasco: «Il freddo aumenta i rischi, decisivi i prossimi 3 mesi»

sabato, Gennaio 2nd, 2021

di Graziella Melina

ll freddo e gli sbalzi termici – mette in guardia Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore di Igiene dell’Università degli Studi di Milano – possono causare un forte aumento dei casi dell’epidemia di Covid». La situazione, che è già preoccupante per numero di persone infettate e di morti, nei prossimi mesi potrebbe quindi degenerare. «Tenuto conto di questi nuovi rischi, sarà fondamentale una grande attenzione su come gestire le misure di precauzione, che dovranno essere ancora più oculate e stringenti per evitare di ritrovarci in una condizione ingestibile».  APPROFONDIMENTI

Terza ondata Covid, perché non calano contagi e morti? Lo spettro della “variante italiana”


Perché con la stagione invernale il numero dei contagi da Sars Cov 2 potrebbe aumentare ancora di più?
«Gli sbalzi di temperatura hanno un’efficacia purtroppo notevole nel favorire la diffusione dei virus respiratori come l’influenza, ma anche di quelli simil influenzali. Sicuramente si tratta di uno degli elementi di facilitazione anche per il Covid, perché blocca quella che viene definita “clearance mucociliare”, che è un meccanismo di rinnovo pulitivo del muco su tutto l’albero bronchiale».


Cosa accade quando diminuisce la temperatura?
«La barriera di ciglia, posizionata sotto lo strato di muco, garantisce la continuità di flusso. Vi è infatti una continua produzione a livello degli alveoli di muco e, con un movimento simile a quello delle palette, tutto il sistema di clearance mucociliare fa sì che ci sia un flusso che dal basso va verso l’alto. Di inverno, però, tutto questo processo di pulizia può rimanere bloccato a causa dello sbalzo termico. Si riduce così un’ulteriore barriera protettiva contro i virus. Da qui, l’elemento che caratterizza la facilitazione dell’insorgenza dell’influenza e delle forme simil influenzali. Non dimentichiamo poi che di inverno si sta di più a casa o comunque in posti chiusi e quindi si è a maggior rischio di contagio o di trasmissione del virus».

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