Archive for Gennaio 14th, 2021

Crisi di governo, i perché dello strappo di Renzi con Conte

giovedì, Gennaio 14th, 2021

Roma – Quando si affrontano nodi delicatissimi per la vita, non solo istituzionale, di un Paese come il nostro, il condizionale è d’obbligo, come si dice con frase abusata. Se poi parliamo di una crisi di governo (l’evento politico più frequente nella storia dell’Italia repubblicana) lo stesso “condizionale obbligatorio” diventa anche un modo per evitare di evocare scenari incongrui se non addirittura sbagliati. Vediamo quindi di districarci nel nodo di questa crisi politica fra le più gravi perché capita in mezzo a una pandemia dagli esiti tutt’altro che scontati. Con un’avvertenza: non è vero che, in questi casi, vince solamente il fattore politico o di “calcolo”. Spesso e volentieri il fattore umano conta moltissimo. E se è abitudine dire “niente di personale” tra gli attori politici, sappiate che non è vero. In realtà simpatia e antipatia reciproche contano moltissimo, come, del resto, in tutte le cose umane.
Il governo traballa dall’autunno scorso, complice la gestione, non sempre perfetta specie dal punto di vista della comunicazione ai cittadini, dell’emergenza sanitaria causata dal riesplodere della pandemia.

Conte: “Grave responsabilità di Iv, danno al Paese”

Dimissioni delle ministre di Italia Viva

Recovery Plan

A inizio dicembre il premier Giuseppe Conte, in un’intervista, afferma che il Recovery Plan (cioè il piano di spesa dei 209 miliardi concessi all’Italia dalla Ue) sarà gestito da una task force composta da manager di alto livello. L’8 dicembre, la prima bordata del leader di Italia Viva Matteo Renzi: “La struttura di Conte moltiplica le poltrone. Tutto il piano lanciato sul Recovery deve cambiare: è ridicolo che esista una struttura di consulenti (cioè i supermanager ndr) senza alcun controllo democratico». In realtà, lo scontro è anche sulla bozza e sui contenuti del piano: dalla sanità alle spese per nuove infrastrutture, in sostanza alla gestione dei fondi, non c’è accordo o, comunque, ci sono molti punti dove manca l’accordo.

Mes

Anche sul Meccanismo europeo di stabilità, detto fondo Salva-Stati, la maggioranza parla lingue diverse. Chi è decisamente contrario (come i Cinquestelle), chi a favore ad alcune condizioni (il Pd), chi favorevole come i renziani.

Servizi segreti

Altro momento di frizione. Conte vorrebbe rendere sempre più stretto il rapporto tra Palazzo Chigi e intelligence. Renzi è contrario.

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Zona arancione nel Lazio, cosa cambia: bar e ristoranti chiusi, no asporto dopo le 18

giovedì, Gennaio 14th, 2021

di Mauro Evangelisti

Classificazione complessiva del rischio alta, percentuale di saturazione dei posti letto Covid di terapia intensiva al 34 per cento e in area medica al 44. L’Rt, l’indice di trasmissione, ormai ha toccato 1,1. Tutti questi elementi messi in fila confermano che il Lazio si avvia al salto dalla fascia gialla (quella con meno limitazioni occupata da quando è iniziato il sistema dei colori) all‘arancione. Secondo il Ministero della Salute le nuove classificazioni saranno ufficializzate dalle valutazioni della cabina di regia di domani e diventeranno operative da domenica. In sintesi: sabato dovrebbe essere l’ultimo giorno in fascia gialla, anche se ad oggi c’è ancora qualche punto interrogativo. E in arancione finiranno, secondo le previsioni, altre regioni: Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Puglia, Umbria, Marche, Piemonte, Trentino Alto Adige. Già sono in questa fascia di rischio Calabria, Veneto, Lombardia, Sicilia ed Emilia-Romagna, ma per alcune c’è la possibilità di diventare rosse. E cosa cambierà per Roma, per le altre quattro province laziali e per tutte le aree che passeranno da gialle ad arancione?

Zona arancione per 9 regioni, rossa per 3 (c’è la Lombardia): i nuovi limiti agli spostamenti

BAR E RISTORANTI
Rispetto alla fascia gialla, questo è il cambiamento più pesante. I bar e i ristoranti dovranno restare chiusi sempre, non a partire dalle 18. Potranno comunque consegnare pasti e bevande a casa dei clienti. Per l’asporto si va verso la limitazione alle 18 riservata ai bar: l’obiettivo è evitare che si creino assembramenti davanti ai locali, una sorta di simulazione di vita notturna non autorizzata che diventerebbe rischiosa in questa delicatissima fase dell’epidemia. Ricapitolando: con il giallo a Roma era possibile andare al bar e al ristorante fino alle 18, in arancione è sempre vietato, si può ricorrere alla consegna a casa o in ufficio.


LO STOP AGLI SPOSTAMENTI
Oggi, in fascia gialla, i cittadini del Lazio si possono spostare tranquillamente da una provincia all’altra, a condizione che non superino i confini regionali. Con la classificazione in arancione questa libertà finisce: sono vietati gli spostamenti fuori dal territorio comunale.

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Prodi: «Recovery Fund, ci vuole un’Authority. Unità nazionale impossibile, troppe liti»

giovedì, Gennaio 14th, 2021

di Mario Ajello

Professor Romano Prodi, adesso che cosa accadrà?
«Difficilissimo fare previsioni. Perché lo scontro è diventato anche personale. E nessuno dei protagonisti sembra avere una strategia chiara. Il punto vero, al di là di tutto, è il Recovery Fund». 


Lei è stato critico, su questo, nei confronti di Conte. 
«Sì, lo sono stato. Ma l’ultimo testo è molto migliorato. Le 172 pagine del documento contengono finalmente un piano organico e corrispondente a quello che vuole l’Europa. E, finalmente, è anche scritto in un buon italiano. Indica i grandi capitoli di spesa e sposta risorse dagli incentivi agli investimenti. Adesso però viene il difficile: tradurre questo schema corretto nei progetti concreti da mettere in atto».

Governo di scopo/L’accordo che serve per superare l’emergenza


Potrebbe essere un buon inizio per il Conte Ter?
«Perché lei ha già la formula di un nuovo governo? L’importante è dare subito vita a un organismo necessario per mettere in atto le decisioni. Con l’indicazione di un’autorità ben definita che si occupi dei progetti, specificandone tempi e modi di realizzazione. E va stabilito con nettezza chi deve controllare l’esecuzione e chi deve assumersi la responsabilità di questi progetti. Il piano francese può valere come modello».


Come funziona il piano francese? 

«Si potrebbe dire che è un piano estremamente elementare: questo tratto di ferrovia costa tot, i lavori devono essere finiti entro il giorno X, l’autorità sorvegliante è questa e quest’altra è invece l’autorità esecutiva. Per fare questo abbiamo ancora tempo, ma occorre che ci sia un organismo responsabile di tutti questi processi e che sia in collegamento continuo con Bruxelles».

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Mattarella vuole maggioranze solide. Il Colle in attesa fino al 20 gennaio

giovedì, Gennaio 14th, 2021

Massimiliano Scafi

Lo guarda fisso negli occhi, scuote appena la testa e gli spiega che ha sbagliato tutto. «Devi fare un’altra apertura.

Devi uscire velocemente, anzi subito, da questa condizione di incertezza». Insomma, caro Conte, se vuoi salvare il governo ti tocca fare marcia indietro e cercare di recuperare Renzi. E scordati i giochetti parlamentari. «La situazione della pandemia è allarmante», ricorda infatti il capo dello Stato, non si può pensare di governare il Paese con qualche responsabile sparso: serve una maggioranza «solida». E più che un consiglio, quella di Sergio Mattarella è una piccola lezione di politica, condensata un faccia a faccia a metà mattina. Quando esce, il premier ripete quasi parola per parola il verbo quirinalizio: «Lavorerò fino all’ultimo per rafforzare la coalizione e mi auguro che si possa siglare un patto di legislatura. Il governo deve avere basi solide, non può prendere un voto qua e uno là».

Ecco. Ma per Matteo Renzi è troppo poco e troppo tardi, le ministre di Italia Viva si dimettono e la crisi si apre anche dal punto di vista formale. La palla però non è ancora al Quirinale, dove aspettano a breve un’altra visita di Conte. Riconsegnerà il mandato? Andrà alle Camere? Chiederà tempo per cercare di ricucire, come gli suggerisce Mattarella? Non tanto, giusto qualche giorno per verificare se ci sono margini. Nonostante tutto lo spazio per una mediazione sembra esistere ancora, il Rottamatore ha rotto ma non ha rottamato la coalizione. Ha persino assicurato il voto al Recovery, allo scostamento di bilancio, ai ristori, agli altri provvedimenti per l’emergenza della pandemia. Se il presidente del Consiglio troverà il modo di andare a Canossa, Iv potrebbe trovare il modo di far sopravvivere la maggioranza, forse persino Conte. «Nessuna pregiudiziale sui nomi», giura il senatore di Firenze, e magari è un altro modo di dire «Giuseppe stai sereno».

In questo scenario fluido di una crisi dichiarata e non concretizzata, Mattarella si muoverà come al solito con prudenza e «risolutezza». La prima mossa sarà quella di stendere una rete protettiva sul Paese, cercando di assicurare, comunque vada, una presenza e una continuità sulla gestione del Covid e dell’economia. Per il Colle le turbolenze della politica interna non possono mettere a rischio l’accesso al Recovery Plan: le nostre «fragilità strutturali» sono troppo gravi, non ci possiamo7 permettere di perdere l’occasione per rilanciare l’Italia. La gente, già distante dai riti del Palazzo, non «reggerebbe». C’è il pericolo di uno scollamento sociale.

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Lo stupore dall’estero per la crisi nella crisi: “Una lite tra due adolescenti permalosi”

giovedì, Gennaio 14th, 2021

Angelo Allegri

Questa volta spiegarla all’estero sarà dura. Non che governi e osservatori stranieri si aspettino livelli di apprezzabile razionalità da un crisi di governo italiana («in fin dei conti sono 66 dal 1946 a oggi» scherzava ieri un giornalista tedesco).

Ma l’ultima rischia di superare ogni limite. E lo stupore con cui si guarda all’ennesima capriola della politica romana si riflette nei commenti della stampa internazionale.

«Nel mezzo di una crisi sanitaria ed economica che ha provocato la peggiore perdita di vite umane dalla Seconda guerra mondiale, nemmeno gli italiani riescono a capirci nulla», scriveva ieri il sito Politico.com.

Dal punto di vista economico la delicatezza del momento era sintetizzata qualche settimana fa da un articolo di Le Figaro: l’Italia ha il 13,2% del Pil europeo, ma sarà la prima destinataria degli aiuti anti-pandemia decisi a Bruxelles, visto che porta a casa il 28% del pacchetto, scriveva il giornale francese. «La Penisola ha un’occasione storica per recuperare il ritardo di crescita dell’ultimo decennio. Saprà approfittarne? E se sì, come?»

La risposta rischia di essere espressa dalla perdita di valore sui titoli italiani, con relativo rialzo dei rendimenti, segnalata sui mercati già da martedì. Con i conseguenti commenti degli operatori: «Se Renzi manterrà la promessa di ritirare i ministri ci saranno perdite non solo in Italia ma in tutta l’eurozona», diceva Thomas Altmann, consulente della società di investimento QC Partner, citato dalle agenzie internazionali.

Come in un gioco dell’oca siamo, dunque, di nuovo da capo. L’Italia, destinataria del maggiore sforzo Ue per la ripresa post-virus, e osservata speciale per difficoltà economiche e incapacità della politica, torna ad essere vista come un rischio per l’intera Europa.

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Vaccini, metà degli operatori sanitari già immunizzati. Al via la sperimentazione sui minori

giovedì, Gennaio 14th, 2021

di Silvia Turin

Vaccini, metà degli operatori sanitari già immunizzati. Al via la sperimentazione sui minori

Sono 800.730 le persone vaccinate contro il Covid in Italia, 497.608 donne e 303.122 uomini. Il dato, aggiornato alle 10.28 di ieri, è contenuto nel report del Ministero della Salute. La Campania guida la classifica con il 77 per cento di somministrazioni rispetto alle dosi consegnate. Se si considerano le dosi somministrate in base alla popolazione delle singole Regioni, al primo posto c’è l’Emilia Romagna con un rapporto di 1.901 dosi ogni 100mila abitanti. In termini assoluti è la Lombardia ad aver inoculato più dosi: 101.358. Sono invece 625.861 gli operatori sanitari e sociosanitari vaccinati (il 44,6 per cento della forza lavoro), 116.236 il personale non sanitario e 58.633 i vaccinati tra gli ospiti delle RSA (il 10,3 per cento tra tutti).

Le opzioni

Nell’informativa alla Camera, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha precisato che l’Italia ha siglato opzioni per circa 250 milioni di dosi di vaccini: quasi il doppio delle fiale necessarie per immunizzare tutti gli italiani. Intanto l’Oms ha chiesto ai produttori di vaccini di tutto il mondo di muoversi rapidamente per fornire i dati necessari per le valutazioni degli organismi di controllo. Nonostante i contagi nel mondo abbiano quasi raggiunto quota 92 milioni, il virus sembra accerchiato da più parti: vaccini approvati e altri in arrivo, farmaci testati, armi diagnostiche più specifiche e rapide. In Europa a fine mese l’Agenzia del farmaco valuterà l’autorizzazione per il vaccino di AstraZeneca-Oxford e ad aprile dovrebbe essere la volta del candidato Janssen (Johnson & Johnson). A quel punto si tratterà di pianificare e ampliare la distribuzione anche alle fasce d’età più giovani. Pfizer e Moderna, dopo aver avviato il reclutamento per la sperimentazione, hanno iniziato gli studi relativi alla sicurezza ed efficacia per la fascia d’età 12-18 anni. Se tutto andrà bene, si procederà con la sperimentazione sulla fascia 6-12 e poi 2-6 anni. L’ipotesi migliore è che si possa disporre di un vaccino pediatrico entro la fine del 2021.

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Crisi di governo, Mattarella chiede di fare in fretta: le tre strade per Conte

giovedì, Gennaio 14th, 2021

di Marzio Breda

Crisi di governo, Mattarella chiede di fare in fretta: le tre strade per Conte

Alle 18.30, la voce eccitata e un’ottava sopra il normale, Matteo Renzi riporta indietro l’orologio della crisi, come se i tentativi d’avvicinamento del premier non ci fossero stati. Le ministre di Italia viva dunque si dimettono, ma lui dice d’esser pronto a restare «nella maggioranza, se ci vogliono». Accusa Conte di aver creato un «vulnus democratico», eppure giura: «Non ho pregiudiziali nei suoi confronti», che suona però come un «Giuseppe, stai sereno». E ripete che «non siamo noi ad aprire la crisi». Anzi, puntualizza che, per senso dello Stato, loro sono «pronti a votare le misure anticovid, lo scostamento di bilancio e il decreto ristori».

È una mossa giocata sul filo dell’ambiguità, quella renziana, tanto è vero che fino a notte fonda erano in molti, fra politici e giornalisti, a non aver concordato su un’identica esegesi del discorso del rottamatore. Di fatto, la rottura dell’alleanza è dichiarata (come si fa quando si chiude una mano di poker dicendo «andiamo a vedere»), ma non ha il crisma dell’ufficialità. Non ancora almeno, e questo continua a tenere il Quirinale fuori dal gioco. Infatti, adesso tocca al presidente del Consiglio trarre le conclusioni di questa fase della partita e fare a propria volta una contromossa. Assumendosene in prima persona la responsabilità, visto che Sergio Mattarella non farà il suo suggeritore — tengono a puntualizzare nell’entourage quirinalizio — così come non ha mai voluto essere considerato (né essere in senso assoluto) «la terza gamba» del governo. Il suo Lord Protettore, insomma.

Di tutto questo si è parlato, ieri all’ora di pranzo, quando Conte è salito sul Colle per riferire al capo dello Stato le correzioni al Recovery Plan e soprattutto per anticipargli la chiave dell’apertura che si preparava a fare verso Renzi. Con un passo indietro sull’ipotesi di sostituire la pattuglia di Iv con un gruppo di «responsabili». E con un passo avanti verso la ricucitura degli ultimi strappi attraverso un patto di legislatura. Mattarella l’ha ascoltato, compiaciuto nel veder finalmente prevalere uno spirito di mediazione dopo che in troppi (Renzi in primis, ma non solo lui) hanno usato parole che tagliano i ponti del dialogo. Gli ha chiesto una sola cosa: «Cercate di uscire velocemente dalla condizione di incertezza in cui versa il governo, c’è l’allarmante situazione causata dalla pandemia da affrontare… Per il resto, la sintesi sta a lei».

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Una spirale pericolosa

giovedì, Gennaio 14th, 2021

di Massimo Franco

L’illusione di una tregua in extremis è durata poche ore. Matteo Renzi l’ha dissolta annunciando le dimissioni della sua delegazione dal governo. Esito non scontato, ma temuto. Di più, sconcertante per l’alone di irresponsabilità che lo sovrasta. Aprire una crisi mentre l’Italia è immersa in una pandemia drammatica viene percepito come un gesto distruttivo, accolto con stupore rabbioso. E pazienza se a questo epilogo si arriva in modo confuso, e se a favorirlo sono stati anche errori marchiani del premier Giuseppe Conte e della sua cerchia di collaboratori. Lo strappo renziano accentua la sensazione di un piccolo partito di guastatori, incuranti di imboccare un sentiero buio e al momento cieco. Anche perché, nella gragnuola di accuse a Palazzo Chigi, al Pd e ai Cinque Stelle, suoi alleati fino a ieri, Renzi non ha chiarito quali saranno i suoi passi successivi. L’impressione è che «dovesse» rompere dopo essersi spinto troppo avanti negli attacchi.

Per il resto, sostenendo che si muoverà «senza pregiudiziali», lascia aperte tutte le strade: perfino quella, almeno in via di principio, di un terzo governo Conte. Affida al premier il compito teorico di indicarla, accettando le critiche e facendone tesoro. Ma le dinamiche che si sono aperte tendono a ridurre gli spazi per una mediazione in grado di proiettare l’attuale esecutivo sul resto della legislatura.

È vero che formalmente la crisi non è ancora aperta. Occorrono la sfiducia del Parlamento oppure le dimissioni di Conte nelle mani del capo dello Stato. Al momento si indovina solo un dibattito alle Camere, per verificare se il premier abbia ancora una maggioranza dietro di sé. Ma le diffidenze si sono inspessite e incattivite. Anche perché negli ultimi giorni alle minacce renziane su un governo «al capolinea» si sono affiancate parole di sfida di Palazzo Chigi che non hanno fatto bene ai tentativi di tregua: al punto che quando ieri Conte ha addolcito i toni e tentato di blindare la coalizione e se stesso, le sue parole sono suonate vuote, e comunque fuori tempo massimo.

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Crisi di governo, l’ira di Conte: è gravissimo. E vuole la conta in Parlamento

giovedì, Gennaio 14th, 2021

di Monica Guerzoni

Crisi di governo, l'ira di Conte: è gravissimo. E vuole la conta in Parlamento

Per ore da Palazzo Chigi è filtrata solo l’ira funesta di Giuseppe Conte: «Il presidente sta fuori dalla grazia di Dio». Finché alle dieci della sera più cupa l’avvocato ha parlato alla sua squadra, rimasta orfana delle ministre renziane. «Purtroppo Italia viva si è assunta la grave responsabilità di aprire una crisi di governo». E poi, con aria davvero mesta: «Sono dispiaciuto e rammaricato, ho fatto di tutto per evitare questo gravissimo danno al Paese, in piena pandemia. Vi chiedo un’ultima prova, facciamo tutto quello che serve agli italiani per la grave crisi sanitaria ed economica». Conte ha accettato le dimissioni di Bellanova e Bonetti e informato il capo dello Stato. Il premier si aspettava lo strappo di Renzi e non confidava granché nell’esito delle disperatissime trattative che i dirigenti del Pd hanno portato avanti fino all’ultimo secondo. Quel che non si aspettava e che lo ha profondamente ferito è la furia demolitrice con cui il predecessore ha provato a rottamare non solo la sua premiership, ma anche la sua persona. L’avvocato si è sentito offeso, tradito, si è convinto che Renzi lo voglia «politicamente morto» e non porgerà l’altra guancia.

La resa dei conti

Raccontano che l’idea della sfida pubblica si vada rafforzando nella sua testa e che Conte senta una voglia crescente di replicare in diretta tv, nell’aula di Palazzo Madama, all’attacco dell’ex alleato. Ma non ora, non subito. L’idea è di non dimettersi oggi stesso e di prendere tempo «per il bene del Paese». Zingaretti è in pressing perché salga oggi stesso al Quirinale, ma Conte pensa di assumere su di sé l’interim dei ministeri vacanti, Agricoltura e Famiglia, per il tempo necessario ad approvare «provvedimenti fondamentali». E solo dopo, «a testa alta» e quando avrà la certezza dei numeri, andare alla resa dei conti in Senato. «Nascerà un nuovo gruppo a sostegno di Conte», assicura un ministro, dopo che il premier in Cdm ha detto che si recherà alle Camere «subito dopo aver approvato scostamento di bilancio e decreto Ristori», con la ferma intenzione di «sottoporsi alle regole della nostra democrazia».

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