Archive for Gennaio 17th, 2021

Morto Benjamin de Rothschild: l’erede della dinastia di banchieri aveva 57 anni

domenica, Gennaio 17th, 2021
Morto Benjamin de Rothschild: l'erede della dinastia di banchieri aveva 57 anni

Benjamin de Rothschild, il banchiere che aveva governato il gruppo fondato dal padre dal 1953, è morto, stroncato da un infarto all’età di 57 anni.

Il comunicato dell’Edmond de Rothschild Group, di cui era presidente, ha spiegato che il decesso è avvenuto venerdì pomeriggio a Pregny, in Svizzera.

De Rothschild aveva guidato il gruppo finanziario internazionale, specializzato nelle attività di asset management, private banking e private equity, che portava il nome del padre dal 1997. È un discendente della famiglia Rothschild, che ha una storia di quasi 300 anni nella gestione di banche europee. Appassionato di finanza, vela, automobili e vino, era anche un filantropo, coinvolto nell’ospedale della Fondazione Adolphe de Rothschild, ha detto la società. Lascia la moglie, Ariane de Rothschild, e quattro figlie.

Il gruppo de Rothschild, creato dal barone Edmond de Rothschild , i cui genitori sono fuggiti in Svizzera durante la seconda guerra mondiale per sfuggire alla persecuzione degli ebrei, amministra un patrimonio di 160 miliardi di euro, ha sede a Ginevra, opera in 33 Paesi e può contare su circa 2700 dipendenti. Secondo la stima di Forbes, il patrimonio di Benjamin de Rothschild era di 1,5 miliardi.

Rating 3.00 out of 5

Calenda chiama in tv e Mastella se ne va. Nuova raffica d’insulti

domenica, Gennaio 17th, 2021

Roma, 17 gennaio 2021  – Nel bel mezzo della discussione sulla crisi di governo a Mezz’ora in più su Rai3, si assiste a una nuova sceneggiata a distanza tra Clemente Mastella e Carlo Calenda. Tutto parte sempre dal tweet con cui il leader di Azione aveva dato conto di contatti da parte dell’ex ministro della Giustizia nell’ambito dell’operazione ‘costruttori’. 

In tv da Lucia Annunziata Mastella non risparmia strali all’indirizzo di Calenda. Ed ecco che mentre ancora il sindaco di Benevento è in collegamento, irrompe in studio la telefonata di Calenda per la replica del caso, ma a quel punto Mastella rifiuta di proseguire e abbandona la diretta. 

Chiama Calenda? Mastella se ne va

Ecco le parole di Calenda al telefono: “Io Mastella non lo conoscevo, ho riportato il fatto che mi ha chiamato per dire che se avessi fatto votare la fiducia a Conte il Pd mi avrebbe appoggiato come sindaco di Roma. Si tratta di un sensale, cercava voti a nome di altri, una pratica indegna”. 
Ma parla al nulla: nel capire che Calenda stava intervenendo, il sindaco di Benevento con mossa fulminea ha salutato e se ne è andato: “Non ho nessuna voglia di confrontarmi con Calenda, buon pomeriggio!”.  

Il leader di Azione continua: “E’ giusto che gli italiani, il Pd e il governo, sapessero che figuro del genere si aggira dicendo queste cose alle persone. Mi piacerebbe sentire dal Pd e dal governo se era incaricato di fare queste promesse, io non lo credo. Ha fatto una telefonata da venditori da elenco telefonico”.

Le accuse di Mastella

Calenda è intervenuto dopo le pesanti accuse di Mastella in tv:  “Spero per i romani che Calenda non diventi sindaco di Roma. Calenda è un burinotto, pariolino e figlio di papà. Non sono io che offendo lui ma è lui che ha offeso me”, ha detto in trasmissione.

Rating 3.00 out of 5

Vaccino Covid: può essere obbligatorio

domenica, Gennaio 17th, 2021

di Letizia Gabaglio

I vaccini contro Covid sono ormai una realtà: due sono quelli al momento approvati, ma altri ne verranno nei prossimi mesi. Perché la vaccinazione riesca a piegare la curva dei contagi, però, è necessario che la stragrande maggioranza della popolazione sia vaccinata: almeno il 70%, dicono gli esperti. I vaccini oggi disponibili non sono abbastanza per immunizzare tutti, lo sappiamo, da qui l’esigenza di disegnare un piano vaccinale che indichi chi deve essere immunizzato per primo. Che fare però se le persone a cui viene offerta la possibilità si rifiutano? Tanto più in futuro quando, si spera, i vaccini ci saranno in quantità? Nei mesi scorsi sono stati condotti diversi sondaggi per tastare il polso degli italiani e con risultati contrastanti. In ogni caso basterebbe che oltre il 30% si rifiutasse di farlo – così come riportava un’indagine Swg a dicembre – per non raggiungere l’immunità di comunità e quindi vanificare lo sforzo. Per risolvere la questione c’è chi invoca l’obbligatorietà, possibile solo a norma di legge, che dovrebbe quindi essere scritta e approvata dal Parlamento in tempo utile (diciamo quindi nel giro di settimane). “Certo, sarebbe auspicabile che il legislatore si assumesse fino in fondo le sue responsabilità a questo proposito”, scrive Pietro Ichino, ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Milano in un articolo su “Quotidiano giuridico”. “Se però questo non accade, l’inerzia del legislatore nulla toglie alla ragionevolissima possibilità che un dovere di vaccinazione nasca da un contratto tra soggetti privati”. In altre parole, nei prossimi mesi, a spingere sull’acceleratore della vaccinazione potrebbero essere le aziende, impegnate a tutelare la salute dei loro dipendenti, la sicurezza del luogo di lavoro e dei loro clienti. Vediamo come.

L’obbligo del datore

L’articolo 2087 del Codice civile obbliga l’imprenditore, pubblico o privato, ad adottare “le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. La domanda diventa allora: nella situazione di pandemia da Covid-19 in cui ci troviamo, una fabbrica o un ufficio nel quale tutti siano vaccinati è più o meno sicura rispetto a una fabbrica o un ufficio nel quale una parte dei dipendenti non sia vaccinata? “Non c’è dubbio che secondo le indicazioni della scienza medica la prima opzione è quella che garantisce maggiore sicurezza e quindi, in ottemperanza all’articolo 2087, a seguito di attenta valutazione del rischio specifico nella propria azienda, l’imprenditore può richiedere a tutti i propri dipendenti la vaccinazione, dove questa sia per essi concretamente possibile”, dice Ichino.

Gli operatori sanitari

Chi ha il dovere di curare non può correre il rischio di essere veicolo di una malattia. Tanto più in epoca di pandemia. Ecco perché gli operatori sanitari sono la categoria in cima alla classifica dei professionisti che si devono vaccinare. L’articolo 279 del Testo Unico per la sicurezza sul lavoro dice che il datore di lavoro è obbligato a richiedere al dipendente di vaccinarsi contro il rischio di infezione derivante da “un agente biologico presente nella lavorazione”. “Se l’obbligo è esplicitamente previsto dalla legge per questo rischio specifico, è ragionevole ritenere che lo stesso obbligo gravi sull’imprenditore per la prevenzione di un rischio di infezione derivante da un virus altamente contagioso, del quale può essere portatrice una qualsiasi delle diverse persone contemporaneamente presenti nello spazio aziendale chiuso nel quale l’attività lavorativa è destinata a svolgersi”, prosegue il giurista.

Rating 3.00 out of 5

Variante brasiliana, sale preoccupazione. Speranza: “Stop a voli dal paese sudamericano”

domenica, Gennaio 17th, 2021

Roma – Aumentano le varianti del Coronavirus in circolazione. A quella inglese e sudafricana si aggiunge quella brasiliana. L’aeronautica del paese sudamericano ha avviato un ponte aereo per rifornire di ossigeno gli ospedali dell’Amazzonia, inondati di pazienti Covid legati alla proprio alla nuova variante scoperta proprio nella giungla. I medici erano arrivati a dover alternare i pazienti ai ventilatori, ruotandoli ogni 10 minuti. Il boom di Covid in Amazzonia ha mandato in tilt un sistema sanitario già fragile di suo, e a farne le spese sono stati anche i pazienti di altre patologie che richiedono la somministrazione di ossigeno.

Contromisure in Italia

L’Italia  ha subito reagito a questo nuovo pericolo di contagio. Fermati tutti i voli per l’Italia in partenza dal Paese sudamericano. “Ho firmato una nuova ordinanza che blocca i voli in partenza dal Brasile e vieta l’ingresso in Italia di chi negli ultimi 14 giorni vi è transitato – ha annunciato il ministro della Salute, Roberto Speranza -. Chiunque si trovi già in Italia, in provenienza da quel territorio, è tenuto a sottoporsi a tampone contattando i dipartimenti di prevenzione. E’ fondamentale che i nostri scienziati possano studiare approfonditamente la nuova variante. Nel frattempo scegliamo la strada della massima prudenza”.

Covid in Italia, il bollettino del 16 gennaio

Le reinfezioni in Brasile

Il ministero della Salute del paese sudamericano conferma fra l’altro due casi di reinfezione. Sul sito del ministero si spiega che il dicastero “è stato informato il 13 gennaio di un caso confermato di reinfezione in Amazzonia da un nuovo ceppo variante di Sars-CoV-2”. La variante è stata inviduata “in una donna di 29 anni con lievi sintomi della malattia”, alla quale era stata diagnosticata l’infezione per la prima volta il 24 marzo 2020. “Il 30 dicembre (nove mesi dopo), la donna ha ottenuto la seconda diagnosi positiva per Covid-19. La seconda analisi effettuata ha evidenziato un pattern di mutazioni, compatibile con la variante del virus SARS-CoV-2, recentemente identificato dal Ministero della Salute del Giappone, ma originario dell’Amazzonia”, si legge sul sito del ministero. In Brasile i casi di reinfezione dovuti a una nuova variante sono stati registrati uno nello stato di Bahia con la mutazione originariamente identificata in Sudafrica che è ancora oggetto indagine, e l’altro già confermato in Amazzonia. I casi sono monitorati da équipe del Ministero della Salute e Ops/Oms. Le informazioni sono state condivise, come parte della routine di sorveglianza epidemiologica, anche con l’Organizzazione Panamericana della Sanità (Ops), braccio sudamericano dell’Oms.

La variante inglese

“Siamo molto preoccupati” dalla variante inglese del virus SarsCoV2,ma “non sappiamo esattamente quanto sta circolando perché purtroppo qui non sequenziamo“. Così Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, nella trasmissione ‘Un Giorno da Pecora’ di Rai Radio1. Ricciardi ha detto inoltre di non ritenere che la variante inglese sia molto diffusa “perché in quel caso ce ne accorgeremmo”.

Un caso in Piemonte

Comunque oggi è stato identificato il primo caso nel Vercellese, in una ragazza rientrata lo scorso 20 dicembre dall’Inghilterra. In via di conferma anche un secondo caso, registrato nel Cuneese. A segnalarlo è l’assessore regionale alla Ricerca applicata Coid Matteo Marnati. “Il fatto di aver identificato il primo caso di variante inglese del Covid – spiega Marnati – è la dimostrazione che attraverso i nostri test siamo in grado di intercettare tutte le varianti e, visto che il singolo caso non ha dato luogo a focolai, possiamo affermare che l’attività di prevenzione ha ben funzionato permettendo l’immediata identificazione del paziente. Ringrazio per l’efficienza il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico che, nei prossimi giorni, attuerà un continuo monitoraggio di altri test molecolari”. La potenzialità di analisi con sequenziazione al momento è di 96 campioni a settimana, fino a un massimo di 192 campioni, con un tempo di risposta in 5-6 giorni.

Rating 3.00 out of 5

Per fortuna c’è la zona dell’amicizia

domenica, Gennaio 17th, 2021

di MICHELE BRAMBILLA

In questo ormai lungo periodo di simpatiche notizie, in questo tempo di cui vorremmo vedere presto la fine, c’è qualcosa che aiuta la nostra resistenza (e ripeto “resistenza”, per non usare l’orribile “resilienza”, termine fino a qualche mese fa sconosciuto a tutti e ora di gran moda, e pronunciato per definire ogni cosa, dai piani economici pluriennali alla capacità di trattenere la pipì: ma lasciamo perdere). Questo qualcosa che ci aiuta a resistere è un’esigenza irrinunciabile per ogni essere umano: l’amicizia. Un amico è irrinunciabile sempre, ma ancor di più nei momenti bui, e questo è un momento buio.

Tanto più che i lockdown, le zone gialle rosse e arancioni, i distanziamenti e i coprifuoco non aiutano a vedersi. C’è il mondo dei social, certo: ma tanto fa. Bisogna vedersi, guardarsi in faccia: bisogna sentire una presenza. E non è facile, di questi tempi. Sono poi chiusi tutti gli abituali luoghi di incontro: i bar, i ristoranti, i cinema, i teatri, gli stadi.

C’è una coppia di amici che mi ospita nelle mie altrimenti solitarie serate. Con tutte le precauzioni del caso, con tutto il rispetto delle regole, chiamano la sera a casa sempre o quasi qualcuno, per non arrendersi alla segregazione imposta per legge, o per pandemia fa lo stesso; invitano di volta in volta un paio di amici per impedire che ciascuno di noi sia chiuso nei propri pensieri, perché poi non è che ci siano solo le crisi di governo e i contagi, a rendere buio un periodo. Ciascuno di noi ha qualche pensiero. E poterlo confidare a un amico non lo cancella: ma ci fa sentire meno soli, ci fa sentire tutti parte di un qualcosa che si tiene, ci dà ogni tanto sollievo e ogni tanto speranza. Per questo ho detto alla coppia di amici che le loro cene quasi clandestine sono una resistenza.

Rating 3.00 out of 5

Recovery, l’Unione europea in allarme sul piano italiano: «Bisogna accelerare»

domenica, Gennaio 17th, 2021

di Antonio Pollio Salimbeni

Accelerare è diventata la parola d’ordine in Europa. Dal via libera ad altri vaccini, quando possibile, alla campagna per usarli a ritmi forzati, al sostegno dei settori economici più colpiti dalla crisi, all’uso dei fondi europei che saranno raccolti prossimamente con la più grande operazione finanziaria targata UE, un prestito obbligazionario comune per 750 miliardi per sovvenzioni e prestiti anti crisi agli Stati. È una parola d’ordine che nel caso delle risorse di Next Generation EU (così è denominata l’operazione) suona più come un serrare le fila per esercitare pressione politica sui governi e rassicurare le opinioni pubbliche: tutti sanno che i primi fondi non potranno essere sborsati ai governi prima di giugno-luglio e, infatti, la stessa presidente della Commissione Ursula von der Leyen l’altro giorno ha indicato: «L’obiettivo è erogarli entro la fine della presidenza portoghese della Ue». Cioè fine giugno. Per l’Italia sono in ballo poco più di 27 miliardi: è la prima “tranche” pari al 13% dei 209 miliardi spettanti, il cosiddetto “pre finanziamento” che sarà dato una volta ottenuto il via libera al piano nazionale di ripresa e resilienza per investimenti e riforme.  APPROFONDIMENTI

Recovery, Pnrr sale a 223,9 miliardi nel testo inviato al Parlamento

Pascal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo e ministro irlandese, ha spiegato che «è realmente importante che le risorse Ue comincino a sostenere l’economia entro quest’anno, dobbiamo vedere un impatto nel 2021». Per questo si aspetta che i governi non usino solo le sovvenzioni ma anche i prestiti europei. Gli strumenti Ue a disposizione vanno usati: questo il messaggio. 

Sono diversi i motivi per cui si parla tanto di accelerazione: finora solo Italia e Cipro hanno ratificato l’aumento delle risorse proprie del bilancio dell’Unione che garantirà l’emissione obbligazionaria comune. L’impegno di tutti gli Stati è completare le ratifiche in fretta. Ad aprile la scadenza per consegnare a Bruxelles i piani di investimenti e riforme: scontato che prima arrivano meglio è. Il secondo motivo è legato al prolungarsi della crisi economica: si comincia a temere per la tenuta sociale in qualche Paese. Non se ne uscirà fino a quando non ci sarà l’immunizzazione di massa.

Rating 3.00 out of 5

Crisi di governo, Mattarella darà il via libera al Conte ter anche con un voto in più

domenica, Gennaio 17th, 2021

di Alberto Gentili

In queste ore e giorni di crisi congelata e di tormenti feroci che scuotono partiti e Parlamento, Sergio Mattarella non gradisce essere strattonato. E’ infastidito dagli appelli di chi, soprattutto dal centrodestra, gli dice di entrare in gioco e di spingere Giuseppe Conte alle dimissioni se martedì in Senato non dovesse raggiungere quota 161 voti: la maggioranza assoluta di palazzo Madama.
Al Quirinale per respingere questo pressing rimandano a un articolo di Massimo Villone apparso ieri sul “Manifesto”, in cui il costituzionalista spiega che Mattarella ha dovuto prendere atto della volontà di Conte di andare in Parlamento a cercare i voti. APPROFONDIMENTI

Giorgia Meloni: «Spero che Conte non trovi i numeri e si voti, l’Italia merita di più»

Il tema della crisi

E aggiunge: «Il potere della crisi non è nella mani del capo dello Stato che dovrà accettare», se il governo martedì non verrà bocciato in Senato, «il governo che c’è e la maggioranza che ha». Spingendo successivamente, come ha già fatto, affinché «si costituisca un gruppo Parlamentare ad hoc per evitare la nascita di una maggioranza raccogliticcia». 
Esattamente ciò che sostengono in queste ore sul Colle. Insomma, se Conte martedì prenderà una maggioranza pur risicata sotto quota 161 voti, «la crisi non ci sarà». E quindi Mattarella non avrà alcuna possibilità, in base alla Costituzione, di intervenire. Al capo dello Stato infatti potrà piacere o no l’idea che il governo vada avanti con una maggioranza che si reggerà sul filo di pochi voti. Ma dovrà prenderne atto. Perché è vero che un governo prende il via con il conferimento dell’incarico al premier da parte del presidente della Repubblica, ma è altrettanto vero che poi i governi nascono e muoiono in Parlamento. Cosa diversa, invece, sarebbe se fosse Mattarella ad avere in mano il “boccino”, dovendo incaricare qualcuno ad andare a cercarsi una maggioranza in Parlamento.

Rating 3.00 out of 5

L’accordo cinese/ Le regole condivise che servono all’Europa

domenica, Gennaio 17th, 2021

ROMANO PRODI

Non solo in Italia, ma nel mondo intero, succedono tante cose quando vi è un vuoto di potere. Non voglio in questa sede ritornare su quanto è successo negli Stati Uniti da quando Biden ha vinto le elezioni, perché su questo si è già detto molto. Mi limito semplicemente ad attirare l’attenzione su quanto è avvenuto al di fuori degli Stati Uniti, durante i due mesi e mezzo nei quali il complicato passaggio dei poteri ha lasciato un vuoto nella politica estera del Paese ancora leader del mondo. Partiamo da Est. La Cina si è affrettata in poche settimane ad occupare lo spazio lasciato libero da Trump quando, improvvisamente, si ritirò dal grande progetto di accordo commerciale fra gli Stati Uniti e i Paesi del Pacifico, un progetto nato per emarginare la Cina. Il ritiro, per molti incomprensibile, era dovuto non solo al fatto che il trattato era stato concepito da Obama, ma alla profonda convinzione di Trump che gli Stati Uniti, data la loro forza, dovessero preferire i rapporti bilaterali con i singoli Stati rispetto agli accordi multilaterali. Con questa strategia, Trump ha minato definitivamente il sistema del commercio mondiale, che pure era largamente imperfetto, senza però proporre alcuna alternativa e lasciando del tutto interdetti i suoi alleati. Fedele al principio che la politica non tollera il vuoto, la Cina si è sostituita all’America nell’organizzare un grande mercato asiatico, che comprende quasi un terzo della popolazione e del commercio internazionale di tutto il pianeta. Il fatto straordinario è che questo nuovo schema di accordo, voluto dalla Cina, include anche Paesi strettamente alleati agli Stati Uniti, come il Giappone, la Corea del Sud e Singapore. Da Est ci spostiamo a Ovest, dove l’Europa non è stata da meno in termini di velocità. Dopo sette anni di trattative ad andatura di lumaca, l’Unione Europea ha firmato, con la velocità di un fulmine, uno schema di accordo con la Cina sugli investimenti, sulle regole del commercio, sul ruolo dello Stato e sulle pratiche distorsive esistenti nei rapporti fra Europa e Cina. La fretta europea è stata favorita non solo dal vuoto americano, ma dalla necessità di concludere il progetto di accordo durante il semestre di presidenza tedesca dell’Unione, dati gli immensi interessi germanici nei rapporti economici con la Cina.

Rating 3.00 out of 5

Renzi: «Conte senza Italia Viva non ce la fa. Ora una coalizione, ruolo centrale al Pd»

domenica, Gennaio 17th, 2021

di Maria Teresa Meli

Renzi: «Conte senza Italia Viva non ce la fa. Ora una coalizione, ruolo centrale al Pd»

ROMA — Senatore Renzi, lei ora è pronto al confronto. Che è cambiato?
«Niente, questo l’ho sempre detto. Da mesi chiediamo un salto di qualità nell’azione del governo. Serve un sogno per l’Italia, non l’incubo del litigio quotidiano. Serve un progetto, una visione, una strategia. La chiediamo da mesi: se finalmente gli altri ci sono, ci trovano preparati. Basta polemiche, parliamo di sanità, di giovani, di futuro. Torniamo alla politica».

Si è pentito di aver rotto con il governo?
«Sta scherzando, spero. Noi non abbiamo rotto: abbiamo chiesto risposte su scuole, vaccini, infrastrutture, lavoro. Non le abbiamo avute. Abbiamo parlato in Parlamento, organizzato tavoli di maggioranza, fatto interventi ovunque. Tutte le volte che aprivo bocca mi dicevano: “Ecco l’uomo dei penultimatum”, chiede e non ottiene, parla solo per cercare visibilità personale. Alla fine — con molto dolore — le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto, tre persone straordinarie che fanno politica per servizio e non per interesse, si sono dimesse. Non hanno rotto con Conte: hanno riaffermato la bellezza e la dignità della politica. Un fatto enorme: era da 31 anni che un gruppo di ministri non si dimetteva per una ragione ideale: sto parlando dei ministri della sinistra Dc. Ci vuole coraggio per fare una scelta del genere. Mi piacerebbe che venisse riconosciuto anche da chi non condivide, anche per bloccare l’odio che stiamo ricevendo sui social».

Il Pd considera chiusa l’esperienza con Iv.
«Se qualcuno nel Pd preferisce Mastella alla Bellanova o Di Battista a Rosato ce lo farà sapere. Noi vogliamo che si formi un governo di coalizione con un ruolo fondamentale per il Pd e per i suoi esponenti. Il Pd sa che senza Italia viva non ci sono i numeri. Forse non sarà più amore, ma almeno è matematica. Se Zingaretti insiste a dire no a Italia viva, finisce col dare il Paese a Salvini. È questo ciò che vuole? Conosco le donne e gli uomini del Pd. Dai gruppi parlamentari alle cucine delle case del popolo nessuno vuole regalare il Quirinale ai sovranisti».

Se Conte ottenesse 161 voti, per lei sarebbe una sconfitta.
«Sarebbe un atto di chiarezza. E riconoscerei il successo parlamentare per il premier. Al momento da Palazzo Chigi sono molto attivi sui social dove — lo riconosco — sono degli autentici fuoriclasse, anche usando uno stile che mi fa rabbrividire e inquietare. Le aule parlamentari tuttavia sono fatte di deputati e senatori, non di followers. E raggiungere il quorum della maggioranza assoluta mi sembra difficile. Se in Senato Conte avrà 161 voti, rispetteremo il risultato. E da senatore continuerò a sostenere l’Italia sulle cose che condivido e votare contro le cose che non condivido».

Rating 3.00 out of 5

Conte teme trappole: «O questo governo o le elezioni anticipate. Girerò casa per casa»

domenica, Gennaio 17th, 2021

di Monica Guerzoni

Conte teme trappole: «O questo governo o le elezioni anticipate. Girerò casa per casa»

Giuseppe Conte — nonostante gli scenari che parlano di numeri a rischio, e di centristi che si sfilano da un possibile sostegno al Senato — si è convinto di avere stretto con i leader dei partiti un «patto di ferro» o il suo governo, o le elezioni. E il sottotitolo dell’intesa è lapidario: «Nessun accordo con Renzi». A sera, dopo una giornata segnata dall’addio di Mastella e dalla bruciante defezione dell’Udc, da Palazzo Chigi trapela la nuova linea: il governo va avanti, perché nel mezzo della pandemia l’Italia non può permettersi un vuoto di potere. Un messaggio concordato con il Pd e i 5 Stelle per allontanare la grande paura montata nelle ultime ore e rimuovere le bucce di banana su cui l’avvocato pugliese rischia, tra domani e martedì, di rompersi l’osso del collo.

Senza i quattro voti dei centristi di Lorenzo Cesa, che si è tirato fuori dai «giochi di palazzo» dopo le pressioni della destra sovranista, la situazione si è «molto complicata», per ammissione dello stesso premier. Nel soccorso «bianco» Conte ci aveva sperato parecchio. Il simbolo dell’Udc, ancorato al Ppe, sarebbe stata per il giurista pugliese una conquista preziosa. Non solo un amo per pescare senatori di Forza Italia, ma anche la prima pietra della nuova casa politica, liberal democratica ed europeista, che Conte va offrendo agli aspiranti «costruttori» di stabilità. «Peccato, era una cosa bella — ci è rimasto male il premier —. Ora è tutto più difficile. Ma io non mi arrendo, ho fretta di chiudere e rimettermi al lavoro».

Adesso tocca aggiustare in corsa la strategia, senza cambiare rotta. Già venerdì sera nelle stanze del premier si sono accorti che l’aria era cambiata in peggio. Conte si è collegato via zoom con Zingaretti, Di Maio e i capi delegazione dei partiti, ha ammesso problemi con il pallottoliere e anche con parte dei 5 Stelle, contrari a promettere troppe poltrone ai novelli responsabili. Che fare? Rinunciare alle comunicazioni e limitarsi a una informativa, così da evitare la conta in aula? E poi salire al Quirinale per le dimissioni e aprire una crisi al buio? Il Conte ter è una strada, certo, ma il presidente la ritiene troppo pericolosa. E pare che i «big» del Pd non gli abbiano addolcito troppo la pillola: «Fai bene ad aver paura, Giuseppe...». Il timore del trappolone c’è. Tanto che da Palazzo Chigi, per assicurarsi numeri solidi, non partono solo le telefonate del premier e del capo di Gabinetto Alessandro Goracci, ma anche quelle del giovane segretario particolare Andrea Benvenuti, 28 anni. Il problema è che i responsabili non si fidano, vogliono vedere i numeri e per ora il pallottoliere è fermo a 154.

Insomma, raccontano sottovoce i dem che sarebbe stato il capo delegazione del Pd, Dario Franceschini, a suggerire a Conte la via maestra. Portare la crisi in aula «alla luce del sole», spiegare al Paese che è stato Renzi a volere la rottura e chiamare deputati e senatori a una forte assunzione di responsabilità in nome dell’Italia, del Recovery e dei miliardi dello scostamento di bilancio. «Se prendo la fiducia anche con qualche voto in meno dei 161, il governo continua il suo viaggio — ha preso atto Conte — Ma sarà un governo debole». Il contrario di quello che il Quirinale spera. Eppure anche il premier, come i dem, pensa che il tema più importante sia la continuità. E il ministro Gualtieri lo ha rassicurato sul fatto che l’Europa, attraverso il commissario Paolo Gentiloni, è pronta a sostenere anche a un governo che avesse la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.