Archive for Gennaio 24th, 2021

Crisi di governo, Pd stanco di aspettare Conte. “Nuovi gruppi o su giustizia salta tutto”

domenica, Gennaio 24th, 2021

di ETTORE MARIA COLOMBO

Sarà lo stress, sarà la stanchezza, sarà il caso (e caos) Bonafede, tempesta che si addensa già all’orizzonte, ma certo è che il Pd ha deciso di dare i ‘tre giorni’ al suo amato premier, Giuseppe Conte. “Conte non si molla” redarguisce gli scettici e i tiepidi Andrea Orlando, ma “si dia una mossa”. Poi, magari non saranno esattamente tre, i giorni, e si allungheranno all’intera settimana che inizierà domani, ma certo è che al Nazareno la pazienza è finita, dice sempre Andrea Orlando (“restano pochi giorni, ormai ci siamo”): preme, con tutto il Pd, su Conte affinché risolva presto la crisi, trovi i gruppi di Responsabili che servono e, poi, salga al Quirinale per dimettersi. Infatti, anche il Pd, ormai, preme per un solo sbocco alla crisi: dar vita al Conte ter via dimissioni, consultazioni, nuovo incarico, nuova fiducia.

Altro che rimpastone del Conte bis. Serve un governo nuovo, con la possibilità di assegnare incarichi ai famelici e numerosi nuovi alleati, i piccoli oggi solo Responsabili, serve una maggioranza certa e certificata con numeri solidi e un fatto politico nuovo, gruppi di impianto ‘europeista’. Guarda caso, si tratta di parole ricalcate su quelle del Colle, non foss’altro perché “il Pd è il partito del Quirinale”, come ricorda, a ogni pie’ sospinto, un big dem ex renziano. La differenza è che il Pd – a differenza del Quirinale, che si tiene aperte tutte le vie d’uscita – dice un no secco al ritorno di Iv in maggioranza, a premier che non si chiamino Conte, e, tantomeno, a governissimi con la ‘destra’ anti-europeista.

La giornata, vista dal lato dem, è stata segnata proprio dalle dichiarazioni del leader della sinistra interna, Orlando che, in un crescendo rossiniano, esclude tutti gli altri governi che non vedano Conte alla guida, sennò ‘minaccia’ il voto; chiude la porta in faccia a Renzi (“rimettere insieme i cocci con chi si pone il fine di distruggere il Pd è impossibile”), ma, soprattutto, mette nel mirino il ministro Bonafede: “Serve un fatto politico nuovo da parte del governo e del ministro, altrimenti si va a sbattere”, dice. Parole che creano sconcerto, ma non è la richiesta di dimissioni di Bonafede, bensì – come precisa poi Orlando all’Ansa – la richiesta che “il ministro apra, nella sua relazione, ai contributi dei gruppi parlamentari, anche di quelli nuovi ed europeisti”. Insomma, Bonafede si deve cercare una nuova maggioranza (e Conte pure), devono farlo al più presto e farlo al meglio, altrimenti ‘si va a sbattere’. Cioè a quelle urne anticipate che il Pd, o meglio il Nazareno vede con malcelato piacere.

Il governo rischia di finire ‘sotto’ sulla relazione Bonafede? Possibile. Non solo il centrodestra, ma anche Iv voterà no. Soprattutto al Senato, Bonafede rischia grosso: Casini non voterà a favore; Binetti, la Lonardo Mastella, forse pure Nencini voteranno no. Per non dire di tutta FI, che questa volta sarà compatta. Dice Mara Carfagna, leader dei moderati azzurri, che votare contro Bonafede “è un dovere morale, non tattica politica”.

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Larry King morto, il leggendario conduttore americano era ricoverato per Covid

domenica, Gennaio 24th, 2021

Larry King è morto. Il leggendario giornalista e conduttore televisivo americano si è spento all’età di 87 anni. L’annuncio sul suo profilo Twitter. King è morto al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, dove era stato ricoverato alcune settimane fa dopo essere risultato positivo al Covid. Secondo il comunicato che ne ha annunciato la scomparsa, i dettagli dei funerali del celebre giornalista, che aveva alle spalle una carriera lunga 63 anni, verranno annunciati in seguito. King aveva 87 anni ed era stato subito considerato come paziente ad alto rischio, non solo per motivi anagrafici, ma anche per i suoi molti problemi di salute. Lascia tre figli, Larry Jr, Chance e Cannon. APPROFONDIMENTI

Chi era Larry King

Larry King, all’anagrafe Lawrence Harvey Zeiger, era nato a New York il 19 novembre 1933 ed era affetto da diabete di tipo 2 e, nel corso degli anni aveva sofferto di diversi attacchi di cuore che, nel 1987, lo avevano portato a sottoporsi a un intervento chirurgico di bypass quintuplo. Nel 2017, il conduttore aveva rivelato che gli era stato diagnosticato un cancro ai polmoni ed era stato sottoposto con successo a un intervento chirurgico per curarlo.

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Elezioni comunali a Roma, c’è la crisi e la Capitale sparisce: i partiti al palo sui candidati

domenica, Gennaio 24th, 2021

di Mario Ajello

La crisi di governo ha ingessato ciò che era già fermo. Chi ricorda più che, tra pochi mesi a Roma, e non solo qui, si dovrebbe votare per le Comunali? Le elezioni per il Campidoglio sono lontane dal cuore dei partiti e la crisi di governo le sta rendendo ancora più remote, non interessanti, marginali rispetto a quella che è l’ossessione che assorbe tutte le attenzioni del Pd e di M5S e del centrodestra e cioè le sorti di Conte del quadro politico che ne ha garantito la sopravvivenza in rossogiallo dal settembre del 2019 fino ad ora.

Se la data indicata inizialmente per il voto a Roma, e altrove, era la primavera prossima, sembra sempre più probabile – per la gioia dei contendenti che non hanno né programmi né candidati a disposizione – che l’appuntamento slitti a causa dell’infinita emergenza Covid. La decisione è nelle mani del governo che, dopo aver posticipato le elezioni regionali calabresi all’11 aprile, su Roma e sul resto non sa come muoversi. 

Raggi, c’è il rimpasto: via Bergamo e Cafarotti. Il vicesindaco sarà Pietro Calabrese

L’ipotesi è di rinviare tutto a dopo l’estate. C’è tempo fino a marzo per decidere ma c’è da vedere come si uscirà dalla crisi di governo. Un rinvio non dispiace affatto ai partiti – nonostante i romani sentano il bisogno di sapere come dev’essere e come sarà la città in cui vivono – privi di visione su Roma e bloccati dai veti e controveti interni alle coalizioni. Il problema è che, a livello politico, è come se la questione romana e il voto per il Campidoglio non esistessero. E questo è un grave danno per una città che ha bisogno di ripartire al più presto e necessita di un governo nazionale nel pieno delle sue funzioni, capace di dare alla Capitale non 8 miliardi del Recovery Fund, secondo l’ultima bozza del documento da inviare alla Ue, ma sperabilmente di più e almeno quei 25 miliardi che la sindaca Raggi ha chiesto per la ripartenza della città guida del nostro Paese. 

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Passaporto vaccinale, il sì di palestre e piscine: «Così si rilancia lo sport»

domenica, Gennaio 24th, 2021

di Valeria Arnaldi

Piscine chiuse. Circoli con impianti sportivi inutilizzati. Palestre inaccessibili. Realtà imprenditoriali al collasso. E la richiesta di strumenti, come il passaporto vaccinale, per riaprire in sicurezza. Presto. «Sì al passaporto vaccinale e a qualsiasi strumento riconosciuto dai sanitari che consenta di riaprire presto e tornare alla normalità – dichiara Giorgio Averni, presidente del circolo Antico Tiro a Volo, a Roma – Ricevo continuamente telefonate di persone che vorrebbero poter accedere agli impianti sportivi e nonostante sappia bene quanto, in particolare per alcune, sarebbe importante e utile, sono costretto a dire no». A preoccupare è anche la situazione politica attuale. «Tutto quello che distoglie dai problemi veri è deprecabile – prosegue – non voglio dire che ci sia un’attenzione deliberatamente spostata su altro, ma la pandemia è un problema che ogni persona vive sulla propria pelle. Si dovrebbe guardare prima al benessere della gente e poi al dibattito politico, che peraltro dovrebbe avere come fine ultimo proprio il benessere delle persone».

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La questione è anche sociale. «Il passaporto vaccinale sarebbe, certamente, un bel mezzo per riaprire le attività – commenta Paolo Barelli, presidente Federazione Italiana Nuoto – occorre che ci siano i vaccini. Stando alle stime dei tecnici, forse per luglio avremo una percentuale alta di vaccinati. Temo, però, che a quel punto molte piscine saranno fallite. Lo sport non è solo quello dei grandi campioni, è un elemento essenziale per il benessere psicofisico delle persone e mi pare che questo sia stato dimenticato dalla politica». A ciò si aggiunge la questione economica. «Un impianto di medie dimensioni – spiega – ha, in media, come costi fissi circa 30/40mila euro al mese. Stiamo parlando di quasi mezzo milione in 12 mesi, ossia da quando le strutture sono chiuse. E per gli impianti grandi, i costi salgono a 60/70mila euro mensili. Come si può resistere così? Ad oggi, il 70% degli impianti per il nuoto è chiuso e la metà non riuscirà a riaprire. Il problema ci sarà anche in ottica agonistica. Ci sono ragazzi che si impegnavano costantemente, andando la mattina a scuola e il pomeriggio in piscina, che ormai da mesi non possono più farlo».

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A proposito del debito che carichiamo sul futuro

domenica, Gennaio 24th, 2021
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di   Ferruccio de Bortoli

Il voto pressoché unanime sullo scostamento di bilancio di 32 miliardi (il quinto) è stato commentato, ancora una volta, come una grande prova di responsabilità delle forze politiche. Quasi la dimostrazione che una grande coalizione, nell’interesse nazionale, sia un’ipotesi percorribile. Certo, non si poteva fare altrimenti. Sono fondi d’emergenza che servono a risarcire le categorie colpite dalle chiusure, finanziare la cassa integrazione e altro. Necessari. In totale, da quando è esplosa la pandemia, si sono approvati interventi anticrisi per 165 miliardi. Non sfugge, però, come sia relativamente facile raccogliere il consenso sulla crescita del deficit e del debito pubblico.

Votare sì non comporta alcun coraggio politico. Non si scontenta nessuno. Colpisce l’insostenibile leggerezza con la quale, nella cultura politica (e non solo) del Paese, ci si indebita. Il vincolo di bilancio non c’è più – come è giusto – ma non per sempre. Nulla è più definitivo in Italia – scriveva Giuseppe Prezzolini – di ciò che è provvisorio. La tradizione sembra confermarsi. Se non fosse così ne discuteremmo con un’intensità almeno pari a quella che anima il dibattito sulla sopravvivenza del Conte 2 o sul destino di «responsabili» e nascenti «cespugli» di centro. Invece no, tutto va via liscio. Come se le risorse fossero inesauribili (allora, perché mai pagare le tasse?).

Un miliardo di euro di deficit, e dunque di debito, pesa politicamente molto meno che in passato. In parte è vero. Ma anche nell’era dei tassi d’interesse negativi – e della Bce che compra i nostri titoli pubblici – non scompare d’incanto. Quando Mario Draghi ha distinto il debito buono da quello cattivo (visto l’andazzo, avrebbe fatto meglio a non farlo) vi è stato un coro unanime di consensi. Finalmente. Ma, in un afflato di ipocrita solidarietà, ci si è ben guardati dal considerare una spesa, un bonus, un aiuto a chi non ne aveva bisogno, come qualcosa di cattivo o soltanto di inopportuno. «Ne arrivano 209 di miliardi, non andiamo tanto per il sottile». Con le morti per il Covid, le attività ferme a rischio di fallimento, i tanti disoccupati, mettersi poi a guardare dove finiscono i soldi è antipatico, insensibile, cinico. E invece no, perché ogni miliardo buttato oggi, è un aiuto in meno a chi ne ha veramente bisogno. Un investimento negato per le prossime generazioni che carichiamo di debiti, impoverendole. «Non sono sicuro di voler fare qualcosa per i posteri, del resto loro che cosa hanno fatto per me?». La frase è di Oscar Wilde. Oggi non fa sorridere. Ogni spreco non è solo debito cattivo, è pessimo. In questa fase drammatica della vita del Paese, anche delittuoso. Che cosa volete che sia – sostiene di fatto la maggioranza dei parlamentari – un risparmio di 300 milioni di euro l’anno in tassi d’interesse, aderendo al famigerato Mes, quando i nostri titoli vanno a ruba (grazie alla Bce, ma non per sempre) sul mercato? E ancora: perché scandalizzarci tanto per i 4,5 miliardi del cosiddetto cashback, che premia, indipendentemente dal reddito, chi spende con la carta di credito?

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Crisi di governo, malessere tra i dem: cresce il fronte anti urne. Orlando: «Conte non si molla»

domenica, Gennaio 24th, 2021

di Alessandro Trocino

Crisi di governo, malessere tra i dem: cresce il fronte anti urne. Orlando: «Conte non si molla»

ROMA – Un’offensiva durissima contro Matteo Renzi — lanciata prima da Goffredo Bettini, poi da Andrea Orlando —, che potrebbe stupire chi sperava ancora in una riconciliazione. Ma il niet al leader che «ha cercato di uccidere il Pd», il veto apparentemente irreversibile contro l’aspirante rottamatore dei dem ha due obiettivi. Quello di convincere la pattuglia di renziani e forzisti riluttanti a staccarsi dalla casa madre e a consentire la nascita del nuovo gruppo, unico vaccino contro la crisi del governo Conte. E quello di stoppare sul nascere le molte tentazioni aperturiste nei confronti di Renzi dentro il Pd.

Il difficile salvataggio

Il no a Renzi matura insieme a un’altra convinzione. E cioè che Conte non ce la sta facendo. Nonostante il gran lavorio dei mediatori, l’operazione di salvataggio si sta rivelando più difficile del previsto. L’irritazione contro Conte è forte: «Aveva promesso il gruppo ma non si vede niente. A che gioco sta giocando?». L’unico modo per convincere gli incerti è spiegargli bene che senza Conte il precipizio nell’inferno delle urne è inevitabile. Circostanza che terrorizza molti parlamentari, i quali non troverebbero posto in un Parlamento ridimensionato dal taglio.

Il premier insostituibile

Naturalmente le urne non sono affatto inevitabili e Orlando e Bettini lo sanno bene. Come sanno che quasi tutto il partito è contrario al voto. Il messaggio contro Renzi serve anche per sbarrare il passo dentro il partito all’ipotesi di un suo rientro, prima che diventi inarrestabile l’ondata di aperture. Tutti sanno, del resto, che i parlamentari del Pd sono stati scelti da Renzi.
Ma Orlando sa anche che un ritorno di Renzi comporterebbe probabilmente la sostituzione del premier e questo sarebbe insostenibile per i 5 Stelle. Lo dice apertamente Orlando: «Il crollo di Conte rischia di essere la fine di questa maggioranza e la fine di una alleanza che è l’unica alternativa ai sovranisti. Ai nostri dico: Conte non si molla». Bettini e Orlando temono che, se Renzi tornasse al governo, aspetterebbe di entrare nel semestre bianco (quando non si possono sciogliere le Camere) per far cadere di nuovo il governo e costringere tutti alle larghe intese. Perché il suo obiettivo, dice Bettini e ripete Orlando, è destrutturare il bipolarismo e il Pd, rendendolo debole e scalabile.

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Cesa, l’indagine, un colpo alla trattativa per allargare l’alleanza: le due strade di Conte

domenica, Gennaio 24th, 2021

di Monica Guerzoni

ROMA Lorenzo Cesa lo cercavano tutti, ci parlavano tutti e molte volte la telefonata per il leader dell’Udc partiva da Palazzo Chigi. Dove ieri, quando la «bomba» dell’indagine per associazione a delinquere è esplosa e le schegge hanno cominciato a rimbalzare sul web, l’ansia del premier è diventata paura. «I numeri al Senato sono preoccupanti», si era sentito dire al mattino il premier nella prima videconferenza con i capigruppo.Conte ha ostentato sicurezza, ha detto «abbiamo la maggioranza assoluta alla Camera e la maggioranza relativa al Senato e tutto il tempo per rafforzarci». Ma Luigi Di Maio, che pure in questi giorni sostiene pubblicamente Conte, non aveva ancora stoppato il «dialogo con soggetti indagati per mafia» e quindi il tentativo di attirare l’Udc in maggioranza.

E non è solo Cesa il problema. Gli aspiranti «costruttori», centristi, azzurri o renziani che siano, si affacciano e si ritraggono, perché la scialuppa dell’avvocato non appare abbastanza solida da traghettarli a fine legislatura. E poiché il rischio di non farcela si fa sempre più concreto, Conte torna ad accarezzare la suggestione del voto anticipato. Raccontano che «la voglia di elezioni in lui è fortissima». L’avvocato guarda ai sondaggi gonfi del suo personale consenso e vede le urne come l’unica via di fuga, nel caso il suo fragilissimo governo dovesse cadere. Dal Nazareno è ripartito il pressing per convincerlo a imboccare la stretta via del Conte ter: presentarsi al Colle da dimissionario, con la lista dei ministri in tasca e sperare che Mattarella gli affidi un incarico esplorativo. Ma se tanti dem pensano che l’unica strada sia ricucire con Renzi, lui resiste. E continua la caccia ai volenterosi.

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Vaccino anti-Covid, Ippolito (Cts): «I ritardi possono essere recuperati»

domenica, Gennaio 24th, 2021

di Margherita De Bac

Vaccino anti-Covid,  Ippolito (Cts): «I ritardi   possono essere recuperati»

Le dosi non arrivano, la campagna vaccinale è a rischio?
«Non disperiamo. Abbiamo il tempo per riprenderla. La pianificazione della campagna vaccinale è stata effettuata sulla base di una potenziale disponibilità di dosi in un dato momento. Purtroppo non tutti i vaccini sono stati approvati nei tempi previsti. Inoltre, quando le quantità attese non vengono, come sta accadendo, consegnate è necessario rimodulare i programmi e l?Italia lo sta facendo»

Per Giuseppe Ippolito, componente del Comitato tecnico scientifico, la situazione si può riprendere in mano: «Sono difficoltà che andavano messe in conto. Ci troviamo in uno scenario di emergenza. I vaccini di Moderna e Pfizer, gli unici due approvati in Europa, utilizzano tecnologie innovative. I ritardi erano preventivabili»

E adesso?
«Il Commissario Arcuri ha comunicato che oltre alle mancate dosi di questa settimana, la prossima saranno rese disponibili da Pfizer ancora il 20% di dosi in meno. È evidente che questo ritarderà la distribuzione del vaccino, che ha già visto una riduzione di due terzi delle dosi iniettate al giorno. Spero che la promessa di riprendere le consegne regolarmente il 1 febbraio verrà rispettata»

Quali sono le prospettive?
«L’agenzia EMA potrebbe approvare il vaccino di AstraZeneca che dovrebbe fornire all’Italia 8 milioni di dosi nel primo trimestre. L’azienda ha comunicato che le prime consegne nella regione europea potrebbero non rispettare i volumi previsti a causa di un problema tecnico di produzione.La speranza è che sia presto disponibile anche il vaccino Johnson & Johnson che ha il vantaggio di poter essere somministrato in una unica dose».

Il ritardo si può recuperare?
«Il Paese, anche se con differenze da regione a regione, è stato in grado di attivare una macchina per vaccinare nei tempi dovuti tutte le popolazioni previste dal piano. Speriamo che questo consenta di recuperare il tempo perduto a causa dei ritardi che rendono molto arduo l’obiettivo fissato dalla Commissione Europea di vaccinare in tutti i paesi il 70% della popolazione in età adulta».

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Vaccino Covid in ritardo, così l’immunità di gregge rischia di slittare a fine anno

domenica, Gennaio 24th, 2021

di Lorenzo Salvia

L’obiettivo era ambizioso già prima, quando si sperava che tutto sarebbe filato liscio. Ma adesso chiudere la campagna entro settembre, raggiungendo l’immunità di gregge con il 70% degli italiani vaccinati, rischia di diventare un miraggio. E di slittare anche a fine anno. Tra ambizioso e miraggio c’è una bella differenza, esattamente quella disegnata dai tagli alle forniture già fatti da Pfizer BioNTech e adesso annunciati da AstraZeneca.

Gli scenari possibili sono tre. Il primo rischia di somigliare a un’illusione. Il commissario all’emergenza Domenico Arcuri sta per inviare una diffida per inadempimento nei confronti di Pfizer BioNTech. La stessa mossa potrebbe essere fatta più avanti con AstraZeneca. È il primo passo verso un possibile esposto in una procura italiana oppure a Bruxelles. Se le due aziende dovessero fare marcia indietro o compensare velocemente i tagli, qualche ritardo ci potrebbe essere ma limitato e sostenibile. Pfizer BioNTech ha promesso di recuperare, ma nel governo c’è un certo scetticismo.

Il secondo scenario prevede che i tagli si fermino a quelli annunciati finora, solo uno slittamento ma senza recupero. In questo caso l’immunità di gregge potrebbe essere raggiunta con poche settimane di ritardo.

Poi c’è il terzo scenario, quello più preoccupante, con tagli e ritardi che vanno avanti per mesi. A quel punto diventerebbe difficile chiudere persino entro l’anno. Questo non vuol dire che non siano possibili contromisure.

«Chiudere a settembre — dice il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa — è comunque possibile. Per farlo potremo estendere gli orari di somministrazione, portandoli a 16 o 18 ore al giorno». Ma il nodo delle forniture resta, come certificato nell’incontro di ieri tra il ministro Francesco Boccia e le regioni. Nel primo trimestre di quest’anno, spiega il commissario Arcuri, «avremo 15 milioni di dosi», poco più della metà rispetto a previste dal primo piano vaccinale.

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Giuseppe Conte, “dimissioni entro 48 ore”. Anche Travaglio si è arreso: responsabili, il premier va a casa?

domenica, Gennaio 24th, 2021

Due giorni per decidere se dimettersi oppure no. Giuseppe Conte adesso sarebbe disposto anche a questa mossa estrema, che solo qualche giorno fa rifiutava. Se l’unica strada per poter andare avanti è il Conte ter, allora la perseguirà, come spiega il Fatto Quotidiano. Tuttavia, è necessario – prima delle dimissioni – che si formi un gruppo di cosiddetti volenterosi al Senato disposti a sostenerlo. Le cose, comunque, non sembrano mettersi bene per il premier: i responsabili che lo aiuterebbero a rimanere a Palazzo Chigi sono fermi a 156. Sono gli stessi, quindi, che hanno votato la fiducia al governo al Senato. Né più né meno. Una soluzione, però, va trovata in fretta, possibilmente nel weekend, o comunque prima di mercoledì, quando si voterà la relazione sulla Giustizia del ministro Alfonso Bonafede. I renziani hanno già parlato di voto contrario, mentre alcuni “costruttori”, come Sandra Lonardo, non sanno ancora se la voteranno oppure no. 
Intanto i negoziati vanno avanti, soprattutto con i centristi. Ma tutti ormai alzano il tiro: non bastano un ministero dell’Agricoltura, un sottosegretario agli Esteri e una delega alla Famiglia per accontentarli. Ecco perché si parla sempre più di Conte ter, di un esecutivo “rinnovato”.

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