Archive for Gennaio 26th, 2021

Il processo costa? Ora c’è l’avvocato pro bono

martedì, Gennaio 26th, 2021

Maria Sorbi

Riescono a malapena a pagare l’affitto e tirare la fine del mese. Figuriamoci se si imbarcano in una causa legale. Sono le famiglie dei precari, quelle da mille euro al mese o poco più. Troppo povere per andare dall’avvocato, ma non abbastanza per ottenere il patrocinio di Stato, concesso solo a chi non supera un reddito lordo di 11.493 euro.

Allora che fanno? Rinunciano a difendersi, anche se hanno subìto un torto grave. I soldi non sono sufficienti per pagare le spese legali, i bolli, le notifiche e chissà cos’altro. Va così in frantumi uno dei principi più nobili sancito dalla nostra Costituzione che, dal 1948, stabilisce come «inviolabile» il diritto alla difesa per tutti. Tutti chi? Tutti quelli che se lo possono permettere. Non quelli che già rinunciano a vacanze, cure mediche, apparecchio per i figli, assicurazione dell’auto e qualsiasi tipo di spesa extra pur di far bastare lo stipendio risicato.

In base ai dati Istat, le famiglie in condizioni di povertà assoluta sono 1,7 milioni e quelle in povertà relativa, che stanno attente anche alle ricariche del telefono, sono 3 milioni (cioè 8,8 milioni di persone). I numeri sono peggiorati durante la pandemia e la percentuale di chi non è in grado di risparmiare nemmeno un euro è salita dal 30 al 45%. Immaginabile tra attività chiuse e contratti saltati.

In questo sottobosco di nuovi poveri ci sono anche quelli che hanno subito un’ingiustizia, ma si trovano costretti a buttare giù il boccone amaro senza muovere un dito. Possono essere vittime di un intervento chirurgico andato male che li lascia invalidi a vita, di un incidente sul lavoro per cantieri poco sicuri e norme non rispettate, di una truffa. Oppure devono semplicemente affrontare un divorzio, un ricongiungimento familiare, il riconoscimento di una paternità, un diritto su un immobile, un problema di pignoramento e indebitamenti vari.

Ma non osano intraprendere un’azione legale contro ospedali super celebrati, enti pubblici o colossi assicurativi. Figuriamoci poi se la causa è contro il datore di lavoro, con il rischio di perdere il posto e mandare all’aria un equilibrio economico di famiglia già in bilico tra spese ordinarie e piccoli imprevisti.

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Inchieste e trame tra giudici e politici: ecco tutta la verità di Palamara

martedì, Gennaio 26th, 2021

Alessandro Sallusti

Il governo Conte due cade oggi per sua debolezza ma anche, e non è una coincidenza, perché stava andando a sbattere sull’iceberg della giustizia (domani è in agenda il voto sulla riforma Bonafede) che da sempre si muove ingombrante e minaccioso nei mari della democrazia italiana.

Da oltre vent’anni i due mondi, politica e giustizia, si intrecciano e si scontrano, ma quello che ci è stato dato di vedere – e già non è poco – è solo la parte emersa del fenomeno. Per tutto questo tempo sotto il pelo dell’acqua, e quindi lontano da occhi indiscreti, è in realtà accaduto di tutto e di più. E c’è un uomo, Luca Palamara, magistrato radiato un anno fa in seguito a un’inchiesta che lo ha riguardato, che di quel sistema occulto è il depositario di verità e segreti per esserne stato il regista dal 2008 al 2019.

Luca Palamara è stato il pilota di quell’iceberg e, di volta in volta, insieme al suo Stato Maggiore e al suo equipaggio, ha scelto chi puntare, chi schivare e chi investire dentro la magistratura e nella politica. Oggi ha deciso di aprire il suo ricco archivio e ne è nato un libro, Il Sistema – potere politica e affari Storia segreta della magistratura italiana (edizioni Rizzoli, 300 pagine, 19 euro), che per la prima volta squarcia lo spesso e impenetrabile velo di omertà dietro il quale la magistratura ha coperto fatti e a volte misfatti. È una lunga intervista che Palamara mi ha concesso, io e lui appartati soli per settimane, circondati da faldoni di documenti, appunti e migliaia di messaggini telefonici ed email estratti dal suo telefonino e dal suo computer.

Non sta ovviamente a me giudicare il risultato. Quello che certo emerge è che la magistratura italiana – egemonizzata dalla sua corrente di sinistra della quale Palamara è stato a lungo alleato – è intervenuta direttamente e indirettamente, ma sopratutto coscientemente, sulla vita politica italiana, a volte di sua sponte, altre in accordo con le massime istituzioni del Paese, Quirinale non escluso. Attraverso un complicato sistema di nomine – spesso concordate con la politica, compresa quella dell’attuale vicepresidente del Csm David Ermini -, organizzato in modo militare, il «Sistema» raccontato da Palamara ha avuto il controllo delle principali procure, della Corte (…)

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Crisi governo, M5S a rischio implosione. E cresce la tentazione di sacrificare Bonafede

martedì, Gennaio 26th, 2021

di Mario Ajello

ROMA «Di Conte non ne posso più. E’ sacrificabilissimo». Ecco il mood di molti parlamentari nell’assemblea di ieri notte. Il timore che lui faccia il partito e io resti fuori, la paura che si vada alle urne e io non ritorno in Parlamento, sono i pensieri fissi del grillino medio. Ma anche del grillino top. Non muoio per Giuseppe ma non muoio neppure per Bonafade. Ecco la foto dell’esplosione 5 stelle, mentre il capo politico – Vito Crimi – non fa che ripetere: «Con Conte fino alla fine!». «Questo lo dice lui», confidano big e peones stellati mentre si avviano alla mega riunione modello ultimo valzer sul Titanic e si salvi chi può.  APPROFONDIMENTI

Crisi governo, Conte domani al Colle per le dimissioni. M5S: «Ter unica via». Berlusconi: larghe intese o elezioni


E’ in gioco la prosecuzione della legislatura, cioè dello stipendio. E M5S non è affatto «più unito che mai», come vorrebbero far credere i vertici. Chi vuole mollare Bonafade pur di salvare se stesso. Chi non vuole morire per Renzi ma spera di sopravvivere con i renziani. Chi, per evitare le elezioni, sposerebbe Berlusconi, le larghe intese, il governo di unità nazionale, Draghi o Cottarelli o Cartabia o anche Mazinga o magari Fanfani (se fosse ancora vivo) o la Boschi (sempre di aretini di tratta), pur di non tornare a casa dalla moglie (o dal marito) disoccupata/o. 


Ceppaloni trend


Chi mastelleggia. Chi evviva i Responsabili e chi abbasso i Responsabili. E Conte? Va bene, ma anche no. Al fianco del premier fino alla fine, come ha annunciato il capo politico Crimi ma chissà chi rappresenta, e però anche senza Conte si può fare e va bene tutto pur di evitare il voto che azzererebbe i 5 stelle e ne riporterebbe meno della metà in Parlamento. Quel che dice il deputato Andrea Colletti non lo dice soltanto lui: «Nel governo Conte 2, Bonafede ha fatto molto poco e qualcosa è stato fatto anche male».

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Crisi governo, caccia ai responsabili: centristi e transfughi di FI per i nuovi gruppi alle Camere. L’udc De Poli: io all’Agricoltura

martedì, Gennaio 26th, 2021

di Alberto Gentili

Bruno Tabacci, che in nome e per conto del premier ha l’incarico di arruolare volenterosi, è convinto che oggi si sbloccherà la partita. Una volta che Giuseppe Conte si sarà dimesso, è la scommessa del leader del Centro democratico, fioccheranno le adesioni di centristi vari, forzisti in libera uscita e perfino di qualche renziano. Ma a una condizione: Matteo Renzi non dovrà essere determinante per la sopravvivenza del nuovo governo. L’ormai famoso Conte-ter. «Al massimo», dice chi ha parlato con il capo dell’esecutivo, «Italia Viva potrà essere aggiuntiva». APPROFONDIMENTI

Crisi governo, Boschi e Orlando in squadra, rischiano Fraccaro e Catalfo: ecco chi entra (e chi fa spazio)


Al nuovo governo dovrebbe aderire anche l’Udc che da oggi avrà titolo per partecipare alla trattativa su poltrone e programma. A dispetto del comunicato fatto uscire dai centristi Antonio De Poli, Paola Binetti e Antonio Saccone («non voteremo la fiducia»), qualcosa infatti si muove. Tant’è che De Poli domenica ha confidato a un gruppo di amici e conoscenti: «Vedrete, farò il ministro dell’Agricoltura». Il posto, guarda caso, lasciato libero dall’ex ministra di Italia Viva, Teresa Bellanova e di cui Conte ha conservato l’interim.


Un altro segnale arriva dalla parole della Binetti che detta le condizioni al premier per l’adesione: «Conte si deve dimettere per far nascere un governo nuovo». Perché l’Udc non farà da stampella all’attuale governo, ma intende entrare a pieno titolo nel Conte-ter. «E vogliamo sapere con chi verrà fatto e quali obiettivi si propone. Noi tutti siamo propensi a portare l’Udc come soggetto politico al servizio dell’Italia, nei modi in cui sarà più utile. Ma non ci muoveremo mai come singole persone…». Della serie: o tutti o nessuno. Epilogo (eventuale) molto utile a Conte, in quanto l’Udc potrebbe fornire il proprio simbolo per la formazione del nuovo gruppo in Senato. E dunque allargare con un gruppo strutturato, il perimetro della maggioranza. «Che deve essere autonoma da Renzi», ribadisce chi ha parlato con Conte.

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Palermo, arrestato il nuovo capomafia dello Zen: il boss distribuiva la spesa ai poveri durante il lockdown

martedì, Gennaio 26th, 2021

La Dda di Palermo ha disposto il fermo di 16 persone accusate di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, danneggiamenti, per aggravate e detenzione abusiva di armi da fuoco. L’indagine riguarda il “mandamento” mafioso di Tommaso Natale e, in particolare, le famiglie di Tommaso Natale, Partanna Mondello e Zen-Pallavicino.

Secondo le indagini, il capomafia palermitano Giuseppe Cusimano sarebbe stato il punto di riferimento per le famiglie indigenti del quartiere Zen e avrebbe tentato di organizzare una distribuzione alimentare per i poveri durante il primo lockdown del 2020.

E’ la conferma di quanto gli inquirenti denunciano dall ‘inizio della pandemia: Cosa Nostra tenta di accreditarsi come referente in grado di fornire aiuti alla popolazione alla ricerca del consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per il potere mafioso. 

Il boss che faceva beneficenza durante il lockdown era il pupillo di Calogero Lo Piccolo, l’erede di una famiglia che ha segnato la storia di Cosa nostra. Quando non distribuiva la spesa, aveva anche maniere piuttosto sbrigative. E minacciava incursioni armate contro chi non accettava le sue disposizioni. Mafia, summit in gommone per non essere intercettati

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Governo, il rischio che prevalga solo l’istinto di sopravvivenza

martedì, Gennaio 26th, 2021

di Massimo Franco

Fino a ieri il problema del governo è stato lo strappo maldestro di Renzi. Bisogna sperare che da oggi non diventi anche la voglia di sopravvivenza di Conte. Sarebbe paradossale se il timore di non restare a Palazzo Chigi sovrastasse l’urgenza del Paese di avere un esecutivo più forte. L’esigenza di cambiare passo, ormai è acuta. L’obiettivo è di lasciarsi alle spalle i ritardi accumulati e affrontare i due anni terribili che aspettano l’Italia con una coalizione all’altezza della sfida: per coesione e competenza. La crisi apertasi il 13 gennaio e tuttora sospesa in un limbo surreale è nata dalla forzatura, ai più incomprensibile, di Iv; ma si è nutrita della miopia con la quale il premier ha pensato di gestire i 209 miliardi di euro degli aiuti europei. Adesso Conte ha la possibilità di rinascere dalle proprie ceneri, dando vita alla terza maggioranza diversa in due anni e mezzo al potere. Sarebbe un miracolo di abilità e spregiudicatezza degne di quella che con un eufemismo viene definita «cultura post-ideologica» del grillismo. Se è utile a salvare la legislatura e a non perdere altro tempo, può essere accettata perfino dopo parole e gesti di rottura in apparenza definitivi da entrambe le parti. Sarebbe irresponsabile, invece, se servisse solo a fare prevalere gli interessi del M5S e del suo premier su quelli dell’Italia.

L’esigenza di riconoscere i limiti

Scambiare la maggioranza relativa alle Camere con un potere di veto sulle sorti della legislatura finirebbe per apparire un atteggiamento simmetrico a quello renziano, giustamente criticato. Con l’aggravante che, proprio in quanto baricentro del governo, Conte e il M5S hanno il diritto e insieme il dovere di mostrare un supplemento di senso di responsabilità. Il credito goduto da parte degli alleati, del Quirinale e dell’Europa va rispettato, non solo usato per continuare una navigazione rivelatasi nell’ultima fase erratica e autoreferenziale. Si avverte l’esigenza di riconoscere limiti ed errori commessi da quando, a giugno, sono stati convocati Stati generali dell’economia tanto pomposi quanto inconcludenti. Avere ottenuto successivamente un generoso aiuto dall’Europa è un merito che va riconosciuto a Conte. Sprecarlo in nome di una visione ombelicale del proprio ruolo, tuttavia, significherebbe cancellare quel risultato. In democrazia non esistono governi né uomini e donne insostituibili. Dare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a questo punto è un gesto opportuno e inevitabile. Conte lo farà oggi, con un epilogo subìto e non voluto.

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Dimissione Conte, il premier sa di giocarsi tutto: «Ora capiremo se ero io l’obiettivo della crisi»

martedì, Gennaio 26th, 2021

di Monica Guerzoni

ROMA- Rassegnato al passo indietro, consapevole che d’ora in avanti nulla sarà scontato e che il rischio di ritrovarsi fuori da Palazzo Chigi non è mai stato così alto. Giuseppe Conte salirà oggi al Quirinale con la testa ancora piena di dubbi e l’animo gonfio di rammarico, per una crisi che ritiene di aver ingiustamente subìto e per il dispiacere di dover arrestare la macchina del governo sui dossier cruciali, dalla pandemia al Recovery.

«È il momento della verità – ha preso atto il presidente del Consiglio, a quanto raccontano fonti di governo — Adesso capiremo se ad aver innescato le dimissioni delle ministre di Italia Viva siano state questioni di merito, o se l’obiettivo era un altro». Cioè far fuori lui, costringerlo al passo indietro e sostituirlo con un altro premier. La grande paura ha un nome e un cognome, Matteo Renzi. Ma i sospetti lambiscono anche il Pd e il Movimento. Perché i renziani hanno ripreso a far girare i nomi di Franceschini e Guerini come «papabili» successori. E perché la sofferta decisione di infilarsi nel vicolo stretto delle dimissioni con la speranza del reincarico, è stata innescata anche dal M5S. Durante gli ultimi, tempestosi vertici, Bonafede, Di Maio, Crimi e gli altri «big» 5 Stelle avrebbero in sostanza chiesto a Conte di sacrificarsi per salvare il capo delegazione e la storica linea giustizialista, totem del Movimento. È vero che il partito che a suo tempo lo incoronò premier per caso sta facendo, a parole, platealmente scudo a Conte, ma ai cronisti parlamentari non è sfuggita la formula con cui il ministro degli Esteri ha stoppato la conta sul Guardasigilli: «Quello su Bonafede è un voto sul governo».

E adesso? «Ora cambia tutto», ha ammesso la sua preoccupazione Conte, consapevole di essersi avventurato in un territorio sconosciuto, pieno di trappole e di insidie. Si entra in una partita nuova, di cui nessuno può prevedere la fine. Il «gioco» è allargare la maggioranza, costruire in un grappolo di ore una compagine politica che si impegni a sostenere il suo terzo governo, con uno spirito che si avvicini alla «salvezza nazionale». Senza la destra sovranista, ma con dentro pezzi di centro e magari di Forza Italia. I numeri al momento non ci sono. Conte stamattina si dimette sapendo che dovrà trovarsi una maggioranza. Un po’ come accadde a Pier Luigi Bersani nel 2013, quando scese dal Quirinale con un incarico «esplorativo» destinato al fallimento. Lui ovviamente spera di farcela e già pensa che i ministri della crisi, sanitaria ed economica, non dovranno cambiare: Gualtieri, Amendola, Speranza, Boccia…

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