Archive for Febbraio, 2021

M5S, Casalino: “Per due milioni di euro farei il portavoce di Berlusconi. Ma non lavorerei mai per Renzi”

domenica, Febbraio 28th, 2021

“Per due milioni di euro andrei a fare il portavoce di Silvio Berlusconi, di Matteo Renzi mai”. A dirlo è il grillino Rocco Casalino, ex portavoce di Giuseppe Conte. Dopo aver rilasciato nelle ultime settimane varie interviste in cui ipotizzava un suo futuro in Parlamento, Casalino è stato intercettato dalle telecamere di Striscia la notizia e ha parlato, ancora una volta, della sulla sua esperienza a Palazzo Chigi. Disponibile a fare lavorare per il leader di Forza Italia per uno stipendio “di due milioni di euro”, l’ex concorrente del Grande Fratello ha chiarito: “Non fare mai il portavoce i Matteo Renzi, per nessuna cifra. Non mi sentirei moralmente di prendere i soldi, perché la sua immagine pubblica è irrecuperabile. Renzi dopo quello che ha fatto dovrebbe sparire dalla vita politica per l’eternità”.

Negativo anche il giudizio di Casalino su un’altra esponente di Italia viva, Maria Elena Boschi, che accusa di “co-responsabilità” nell’apertura della crisi che ha portato alla caduta del governo Conte, più positivo quello sulla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, attualmente a capo dell’unico partito di opposizione del governo Draghi. “Un po’ la stimo – sostiene l’ex portavoce di Conte – È meglio di come la dipingono, ma non mi piacciono le sue idee”.

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Covid e paura delle varianti, Berlino chiude le frontiere. Scontro con Parigi

domenica, Febbraio 28th, 2021

di Stefano Montefiori

Covid e paura delle varianti, Berlino chiude le frontiere. Scontro con Parigi

Dal nostro corrispondente
PARIGI La Germania ha definito la Mosella, territorio francese confinante, come «zona a massimo rischio», il che equivale quasi a una chiusura della frontiera: a partire da martedì 2 marzo i circa 16 mila lavoratori frontalieri francesi potranno passare il confine ed entrare in Germania solo se in possesso di un test molecolare (Pcr) negativo al Covid effettuato nelle 24 ore precedenti. Il ministro agli Affari europei francese, Clément Beaune, si dice «dispiaciuto» per la decisione e rende noto che «stiamo parlando con le autorità tedesche per ottenere un’attenuazione delle misure», per esempio l’accettazione del test antigenico, più rapido del Pcr, e da realizzare ogni 48 o 72 ore invece di 24. Parigi chiede a Berlino di evitare controlli stretti che equivarrebbero a una chiusura di fatto delle frontiere.

La Mosella è uno dei 20 dipartimenti (l’equivalente amministrativo delle province italiane) posti sotto «sorveglianza rafforzata» dal governo francese, e nei giorni scorsi è sfuggita di poco al lockdown localizzato proclamato invece a Nizza, a sud, e a Dunkerque, nel nord del Paese. A preoccupare è soprattutto la grande diffusione della variante sudafricana (circa il 60% dei casi), ritenuta più contagiosa e forse (ma i dati sono ancora incompleti) più resistente ai vaccini attuali. I primi a stabilire una vigilanza particolare sulla Mosella sono stati quindi gli stessi francesi.

Dall’inizio della pandemia il presidente francese Emmanuel Macron è stato l’alfiere della necessità di tenere aperte le frontiere all’interno dell’Unione europea — «Il virus non si ferma alla frontiera», ha sempre ripetuto — raccomandando ai partner europei la ricerca di soluzioni condivise. Ma nel momento in cui anche all’interno dei vari Paesi si fa strada la tendenza a prendere misure su scala locale piuttosto che nazionale, diventa difficile contestare la decisione tedesca, che punta a stabilire controlli più stretti non lungo tutta la frontiera ma laddove è più necessario, cioè al confine con la Mosella.

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La variante inglese contagia i bimbi. Il pediatra: “Colpisce il 40% in più”

domenica, Febbraio 28th, 2021

di ALESSANDRO MALPELO

Professor Villani, perché l’infanzia e l’adolescenza sono così bersagliate adesso dalla catena dei contagi?

“I bambini in particolare sono più coinvolti – risponde Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria (Sip) – perché la variante inglese del virus Sars-Cov-2 ha la capacità di diffondersi maggiormente rispetto al virus originario, nella misura del 30-40% in più nella fascia di età da zero a 18 anni”.

Si rischia così la moltiplicazione dei focolai. Come si spiega questo effetto leva?

“Se prima una persona ne infettava in media altre 2, ora ne infetta 3, che al passaggio successivo diventeranno 27, e così via, con incremento esponenziale”.

I contagi in età pediatrica ridanno fiato alla pandemia da Covid-19. I piccoli ora rischiano di più rispetto a prima?

“I bambini fortunatamente hanno forme lievi e non ci sono prove di un incremento della letalità. Per quanto dolorosi, i decessi si contano sulle dita delle mani. I giovanissimi mostrano tuttora una spiccata capacità di resistere alla malattia grave, superiore rispetto alle persone di età avanzata”.

Lei fa parte del Cts, comitato tecnico scientifico, che indica le misure di igiene e profilassi. Le scuole, anche le primarie, restano un luogo sicuro?

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M5S, summit dello stato maggiore con Grillo e Conte

domenica, Febbraio 28th, 2021

Marina di Bibbona, 28 febbraio 2021 – Vertice dello stato maggiore del M5S sul futuro assetto del Movimento. Alla riunione partecipa anche l’ex premier Giuseppe Conte, dalla sua casa di Roma. Beppe Grillo è nella sua villa di Marina Di Bibbona dove inizialmente, avrebbe dovuto tenersi il vertice. Probabile, quindi, che anche il Garante del M5S sia collegato da remoto.

C’è l’ipotesi di un capo unico, sulla falsariga del ruolo esercitato da Luigi Di Maio prima e Vito Crimi poi, nei panni del reggente. O almeno sarebbe questo, a quanto apprende l’Adnkronos, il ruolo che Grillo vorrebbe affidare a Conte. Con un mandato a termine, da poi rimettere al voto della base. Nel summit in corso – che vede riunito il quartier generale del Movimento oltre all’ex premier – alcuni avrebbero sollevato la necessità di affiancare al ruolo politico uno o due vice, per non centralizzare troppo il ‘potere’ nella mani di un’unica persona. Non solo. Altri, tra questi Crimi, avrebbero sottolineato la necessità di non ignorare il voto della base, che ha indicato la strada di una ‘governance’ a 5 al posto del capo politico, votando la modifica dello statuto in tal senso.

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Mascherine Ffp2, il test choc: «Modelli “certificati” si rivelano quasi tutti non a norma»

domenica, Febbraio 28th, 2021

di Marco Angelucci e Cristina Marrone

Mascherine Ffp2, il test choc: «Modelli 'certificati' si rivelano  quasi tutti non a norma»

BOLZANO — Un anno fa erano sconosciute, oggi sono diventate indispensabili. Almeno in Alto Adige dove le mascherine Ffp2 sono obbligatorie per entrare nei negozi e nei luoghi chiusi. Più costose delle normali mascherine chirurgiche, le Ffp2 (o Kn95) possono arrivare a costare anche più di 2 euro. Tuttavia la maggior parte di quelle in commercio non hanno le caratteristiche delle Ffp2. La denuncia arriva da una società internazionale che si occupa di import export sull’asse Italia-Cina. «Da quando è iniziata la pandemia — raccontano i due legali rappresentanti, entrambi altoatesini — si sono moltiplicati i clienti che vogliono importare dispositivi di protezione dall’Asia. Il punto — avvertono — è che la maggior parte del materiale in commercio non corrisponde alle certificazioni». La società ha fatto infatti fare una serie di test che sono stati controllati anche da un laboratorio. La maggior parte delle mascherine infatti non ha superato la prova del cloruro di sodio e dell’olio paraffina (utilizzate per verificare il filtraggio) e alcune non sono state nemmeno in grado di contenere il respiro.

«Il messaggio che vogliamo lanciare è di fare molta attenzione alla merce che si trova sul mercato: in questa fase una buona mascherina può fare la differenza tra la vita e la morte. Specialmente in luoghi come le case di riposo, gli ospedali o i servizi sociosanitario. O le scuole visto che esistono anche linee per bambini» proseguono i titolari che stanno cercando di capire come sia possibile che simili prodotti arrivino sul mercato. Il risultato è stato che la maggior parte dei dispositivi difettosi — sono circa una ventina i modelli testati — è stata certificata con il marchio CE2163. Il codice è quello della Universalcert un laboratorio di Istanbul, in Turchia. Questo accade perché le mascherine, ma anche altri dispositivi medici come tamponi antigenici o test sierologici seguono un percorso di autocertificazione europea senza alcun controllo a monte.

«In sostanza chi produce mascherine e le vuole vendere in Europa deve rivolgersi a un laboratorio europeo accreditato per la certificazione. La documentazione va quindi inviata all’apposito ufficio della Comunità europea dove viene rilasciato il marchio CE. A questo punto tutti gli stati membri sono autorizzati ad acquistare le mascherine» spiega Pierangelo Clerici, presidente dell’ Associazione Microbiologi Clinici italiani . Gli eventuali controlli, comunque non obbligatori, di competenza dell’ Istituto Superiore di Sanità o del Ministero della Salute, sono in genere affidati ai Politecnici o a Istituti di Fisica delle Università che possiedono le strutture e le tecnologie per valutare il reale filtraggio delle mascherine, ma oggi sono derogati per lo stato d’ emergenza e non vengono svolti.

Inoltre l’Inail, tramite procedura d’ urgenza attivata per favorire l’approvvigionamento di mascherine, può autorizzare alla commercializzazione presidi fabbricati in Cina altrimenti non validi in Europa. L’Inail non ha l’ obbligo di verifica ma solo di rilasciare parere in deroga. «Purtroppo non esiste un percorso di controllo a livello centrale» aggiunge Clerici che auspica la creazione di enti equivalenti all’Ema in Europa e all’Aifa in Italia che certifichino quando dichiarato dal produttore, come succede con vaccini e farmaci.

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Papa Francesco, il libro: «Verrà un nuovo Diluvio se non cambiamo strada sul clima e i ghiacciai»

domenica, Febbraio 28th, 2021

di papa Francesco

Papa Francesco, il libro: «Verrà un nuovo Diluvio se non cambiamo strada sul clima e i ghiacciai»

L’ira distrugge. L’ira è una tempesta il cui scopo è distruggere. Pensiamo al bullismo fra i giovani. Il bullismo oggi è terribile. È molto presente nelle scuole. Anche i piccoli hanno la capacità di distruggere l’altro. (…) Il bullismo nasce quando invece di cercare la propria identità si sminuisce e si attacca l’identità altrui. E quando nei gruppi giovanili, a scuola, nei quartieri avvengono episodi di aggressione, di bullismo, si vede la povertà dell’identità di chi aggredisce.
L’unico modo per «guarire» dal bullismo è condividere, vivere insieme, dialogare, ascoltare l’altro, prendersi del tempo perché è il tempo che fa la relazione. Ognuno di noi ha qualcosa di buono da dare all’altro, ognuno di noi ha bisogno di ricevere qualcosa di buono dall’altro.

L’ira di Dio

L’ira di Dio è contro l’ingiustizia, contro Satana. È rivolta contro il male, non quello che deriva dalla debolezza umana, ma il male di ispirazione satanica: la corruzione generata da Satana, dietro al quale vanno singoli uomini, singole donne, intere società. L’ira di Dio intende portare giustizia, «pulire».
Il diluvio è il risultato dell’ira di Dio, lo dice la Bibbia. È una figura dell’ira di Dio, che secondo la Bibbia ha visto troppe cose brutte e decide di cancellare l’umanità. Quello biblico, secondo gli esperti, è un racconto mitico. (Adesso spero che qualcuno non sostenga che il Papa ha detto che la Bibbia è un mito!) Ma il mito è una forma di conoscenza. Il diluvio è un racconto storico, dicono gli archeologi, perché hanno trovato tracce di un’inondazione nei loro scavi.
Un diluvio grande, forse a causa di un innalzamento della temperatura e dello scioglimento dei ghiacciai: quello che succederà adesso se proseguiamo sulla stessa strada. Dio ha scatenato la sua ira, ma ha visto un giusto, l’ha preso e l’ha salvato.
La storia di Noè dimostra che l’ira di Dio è anche salvatrice.

La prudenza

Per alcuni la prudenza sarebbe una virtù pura, senza contaminazione. È come se fosse un ambiente sterilizzato. La prudenza però è la virtù del governo. Non si può governare senza prudenza, anzi. Chi governa senza prudenza governa male e fa cose brutte, prende decisioni cattive, che distruggono il popolo, sempre. La prudenza nel governo non è sempre equilibrio. Talvolta la prudenza dev’essere squilibrata, per prendere decisioni che producano un cambiamento. Però la prudenza è una virtù essenziale per chi governa: gli uomini sono passionali, e c’è bisogno di qualcosa che ci dica «Fermati, fermati a pensare». Non è così facile avere prudenza. Ci vuole tanta riflessione, tanta preghiera, ma soprattutto ci vuole empatia. L’asettico, diciamo quello che non si sporca mai, quello che si lava nel disinfettante, non è il vero prudente. La prudenza va di pari passo con la simpatia, con l’empatia, per le situazioni, le persone, il mondo, i problemi (…)

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La rotta di Biden: gli ideali politici prima degli affari

domenica, Febbraio 28th, 2021

VITTORIO E. PARSI

La pubblicazione del rapporto della Cia sull’omicidio Khashoggi conferma quello che tutti sapevano da almeno tre mesi e che si sospettava fin dall’inizio della sanguinosa vicenda: ovvero che dietro il delitto ci fosse il principe ereditario e primo ministro saudita Mohamed bin Salman (MbS).

La decisione di desecretare il documento, di cui il re saudita e padre del principe era stato avvisato in anticipo con una telefonata da parte del presidente americano, è tuttavia un gesto di rilevante importanza simbolica: segna il ritorno degli Stati Uniti a una conduzione della politica estera nella quale, accanto agli interessi, anche i valori devono trovare il loro posto. La tradizione americana è del resto questa: un impasto di realismo e idealismo. A ribadirlo, il fatto che, nello stesso giorno in cui si annunciava la pubblicazione del rapporto su Khashoggi, aerei americani colpivano in Siria alcune posizioni di milizie filo-iraniane responsabili di attacchi alle basi americane nel Kurdistan siriano.

In poco più di un mese di presidenza, Joe Biden ha ammonito severamente la Russia sul caso Navalny e ha rammentato al Cremlino che la questione dell’annessione della Crimea non è in nessun modo superata. Ha chiarito alla Cina che gli Stati Uniti non tollererebbero pressioni militari su Taiwan. Ha sospeso le forniture di armi all’Arabia Saudita e tolto la propria copertura politica alla guerra in Yemen. Si tratta di uno sforzo importante per la ricostruzione della credibilità degli Stati Uniti come leader di un sistema internazionale ancora fondato sull’adesione a quei principi liberali intorno ai quali Washington ha costruito l’ordine internazionale del Novecento. La capacità americana di presentare la propria egemonia come “il male minore” rispetto a qualunque altra alternativa è del resto una delle ragioni principali dell’opposizione relativamente modesta che essa ha incontrato. Non per caso, proprio l’appannamento del prestigio americano e della natura “unica” della sua leadership ha offerto a Pechino una gigantesca opportunità per proporsi come un candidato possibile alla successione, contribuendo a minimizzarne i fattori di debolezza: che sono principalmente di carattere politico e normativo piuttosto che economici.

Uno dei danni principali inferti dall’amministrazione Trump al prestigio degli Stati Uniti nel mondo deriva proprio dalla scelta deliberata di ignorare questa tradizione così importante. L’Arabia Saudita era stato il primo Paese visitato dal neoeletto Trump e MbS era stato tra i primi leader a essere ricevuto alla Casa Bianca. Ora Joe Biden afferma che MbS è “impresentabile”. Vedremo nelle prossime settimane gli sviluppi da parte saudita. Va comunque osservato che, con buona pace dei suoi gratuiti e retribuiti adulatori, sotto la guida di MbS, il ruolo regionale del “Regno” si è indebolito. La lotta senza quartiere contro l’Iran – condotta dapprima attraverso il coinvolgimento massiccio nella guerra civile siriana e con il robusto contributo alla destabilizzazione dell’Iraq, poi scatenando la guerra in Yemen, infine con un sempre più marcato riavvicinamento a Israele – non ha prodotto i risultati sperati. E questo nonostante il deciso sostegno garantito ai sauditi durante i quattro anni di presidenza Trump. Anche le riforme interne segnano il passo, come peraltro il tentativo di rendere il futuro del Paese – e della dinastia – meno dipendente dagli introiti petroliferi.

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Covid, contagi in classe a Roma: un caso su 5 tenuto “nascosto” dai genitori

domenica, Febbraio 28th, 2021

Alunni positivi non segnalati dalle famiglie: scatta l’allerta nelle scuole già in allarme per i contagi da variante. Dopo la scuola Chizzolini del Villaggio Prenestino nel quartiere Lunghezza, periferia est di Roma, chiusa per 14 giorni dopo che una maestra e uno studente erano risultati positivi alla mutazione inglese. Con effetto domino, i cancelli sono stati sbarrati anche alla media Sinopoli del quartiere Africano, in questo caso per un contagiato dalla brasiliana.

Covid, boom di casi a Roma: più bambini positivi. L’allerta dei pediatri

Dunque l’attenzione su assenze e sintomi sospetti è altissima. Ma i conti nel registro delle assenze dei professori non torna. Difficile dunque “mappare” la situazione dei contagi negli istituti romani: secondo gli ultimi report, almeno 1 positivo su 5 sfugge al controllo. 

LA COMUNICAZIONE
A partire dal liceo Torquato Tasso. L’istituto dallo scorso gennaio non ha avuto casi Covid ma ha mandato classi in isolamento cautelare in seguito a influenze sospette, poi risultate negative al tampone. Tuttavia, il liceo ginnasio di via Sicilia, ha segnalato un aumento di “lavoro” dovuto al monitoraggio giornaliero delle assenze. Rilevando che: «Non sempre i genitori comunicano i casi sospetti all’addetto Covid per ragioni inspiegabili, ostacolando la messa in quarantena precauzionale dell’intera classe» come spiegato dalla scuola. 
La segnalazione era arrivata mercoledì scorso, dopo che era stato accertato un “contatto” tra la scuola media Sinopoli (appena chiusa per un alunno positivo alla mutazione brasiliana) e alcuni studenti del liceo. 
Un caso analogo si era però registrato al Villaggio Prenestino: l’istituto comprensivo era stato chiuso il 29 gennaio per una maestra e un bambino positivi. 
Mentre le classi erano state sospese, i sanitari delle Asl procedevano con lo screening di massa individuando poi la variante inglese. Eppure la preside Angela Giuseppina Ubrìaco, non era stata informata per vie ufficiali dell’individuazione del nuovo ceppo: «Non so nulla sui positivi alle varianti» aveva detto il pomeriggio del 10 febbraio.
Un “cortocircuito” che rischia di aumentare così la diffusione del virus.

LA PROCEDURA
«La questione è molto delicata- aggiunge Rusconi- non c’è nessun obbligo di legge sull’informazione, questo lo dobbiamo chiarire, ma di responsabilità. Non possiamo costringere i genitori a dare informazioni in merito. Ma rinnoviamo l’invito, soprattutto ora che sono iniziate le vaccinazioni per i docenti e il personale scolastico. Proprio mentre sono emersi diversi casi di mutazione inglese e brasiliana.

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Alitalia, Draghi tratta con l’Ue. Giorgetti: basta buttare soldi

domenica, Febbraio 28th, 2021

ilario lombardo

È sui tempi che vuole agire Mario Draghi per trovare la soluzione migliore all’eterno dossier aperto di Alitalia. Incidere subito sui tempi per segnare quella «discontinuità» che la vicepresidente della Commissione europea con delega alla Concorrenza Margrethe Vestager pretende prima di garantire il via libera alle operazioni del governo italiano. I dipendenti hanno paura, la cassa è vuota e i sindacati temono il peggio. L’Europa, però, non vuole formule pasticciate che ripropongano sotto una nuova veste la disastrata compagnia di bandiera. Tra la vecchia Alitalia e la newco Italia Trasporto Aereo (Ita), già dotata di 3 miliardi di euro, non ci devono essere continuità tali da far passare come soluzioni di mercato quelli che di fatto sono invece aiuti di Stato. In questa cornice deve muoversi il premier, che ieri ha riunito attorno al tavolo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e i ministri interessati: Giancarlo Giorgetti dello Sviluppo economico, Daniele Franco dell’Economia, Enrico Giovannini dei Trasporti. Solita consegna del silenzio alla fine del vertice e una raccomandazione da far trapelare: «È ancora presto per parlare di formule definitive». Però qualcosa di più alla fine anche dalle bocche cucite filtra. Draghi vuole usare tutta la credibilità acquisita in otto anni alla guida della Banca centrale europea e metterla sul tavolo della Vestager per strappare un compromesso. Ci sono diverse strade e diverse possibilità. La soluzione sarà, come chiede l’Europa, di mercato, ma una delle ipotesi allo studio sarebbe quella di realizzarla in tempi diversi. La proposta sarà offerta alla commissaria danese nella videocall prevista tra mercoledì e giovedì. L’idea, secondo quanto si apprende, è di superare il sistema classico dei bandi di gara e si poggerebbe sulla ricetta offerta dal commissario straordinario di Alitalia Giuseppe Leogrande: verrebbe subito venduto a Ita il comparto “aviation”, aerei e personale, in modo da battezzare la nuova compagnia già in primavera, alla vigilia della stagione che, complice la vaccinazione di massa, riporterà la gente a viaggiare. Gli altri asset preziosi, servizi a terra (il cosiddetto handling) e manutenzione, verrebbero affittati, per poi essere messi a gara in un secondo momento, come chiesto dall’Ue. In questo modo si tampona l’emergenza di cassa, la compagnia continua a volare, non devi chiedere altri indennizzi nel brevissimo termine e non disturbi i nervi della Commissione.

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Caro Draghi, serve subito il colpo d’ala

domenica, Febbraio 28th, 2021

massimo giannini

Il semplice “governo del Paese” muove i primi passi, e qua e là si colgono già paradossali indizi di una “Draghi fatigue”. Segnali minimi, ma tangibili, di una svolta che non si vede, di un nuovo che non avanza e di un vecchio che resiste. Quindici giorni dopo il giuramento e dieci giorni dopo la fiducia, l’Italia affronta la pandemia con gli stessi strumenti di sempre: i deprecati Dpcm. Il primo draghiano, in vigore dal 6 marzo, rinnova lo schema non sempre coerente di quelli contiani: regioni in tricolor e lockdown settoriali. Le scuole richiuderanno, cinema e musei riapriranno. Qual è la “ratio”? Nulla da fare per palestre e piscine, alle quali ora si aggiungeranno anche barbieri e parrucchieri. Qual è la logica? Sui treni locali la quota di riempimento resta al 50 per cento, sull’alta velocità no. Sugli aerei cresce il numero dei voli “Covid tested”, su tutti gli altri ci si assembra come sempre.

Qual è la differenza? Le restrizioni sono necessarie: il virus e le sue varianti tornano a minacciare la nostra salute. Ma devono essere spiegate: e invece nessuno ce le spiega. L’esecutivo era già costruito sull’equilibrio complesso tra due piani distinti e distanti: l’algida squadra dei tecnici che cucinano la torta del Recovery Plan con gli ingredienti della competenza, e l’allegra comitiva dei politici che si spartiscono le briciole ai tavoli della propaganda. Ora la mediocre accozzaglia dei sottosegretari crea delusione in chi si aspettava una volta-pagina radicale, e allarga il fossato che separa il “governo dei migliori” dal “sub-governo dei peggiori”. Lo staff di Palazzo Chigi fa trapelare un messaggio chiaro: la distribuzione e l’assegnazione degli incarichi di sottogoverno le hanno decise i partiti, il premier si è limitato a indicare solo i principi ispiratori di fondo (il cosiddetto “algoritmo Draghi”).

Capisco lo sforzo, ma segnalo un pericolo: fermi restando l’eccezione del suo status politico e l’estensione della sua base parlamentare, il governo resta pur sempre uno solo. E il presidente del Consiglio lo rappresenta tutto. Che gli piaccia o no, lo incarna in tutte le sue anime: quelle belle e quelle dannate.

Le differenze di stile, la sobrietà, l’arte del silenzio, sono un valore oggettivo in un Paese estenuato dal picaresco teatrino della politica. Ma non possono costituire un “altrove” nel quale il capo del governo si rifugia, mentre sul palco i partiti continuano a bastonarsi come pupi siciliani. In parte sta già succedendo. L’entrata in scena dell’ex presidente della Bce ha funzionato come potente Big Bang, scatenando terremoti a destra e bradisismi a sinistra. Ha scompaginato i resti dell’arrembante “bi-populismo perfetto” che alle elezioni del 2018 aveva sostituito il declinante “bipolarismo imperfetto”. Ma dopo appena due settimane si vede già con chiarezza l’immane rifondazione politica che c’è ora da compiere, mentre riaffiorano già le solite liti tra comari: Salvini contro Zingaretti, Zingaretti contro Renzi, Renzi contro Grillo, Grillo contro Dibba.

Il Capitano leghista fa l’europeista nei giorni pari e lo sfascista in quelli dispari. Al mattino, in felpa #ioapro, dichiara guerra a Speranza e ad Arcuri, ai virologi e ai politologi. Al pomeriggio, in giacca e cravatta, va da Draghi e fa la pace. Il giorno dopo ricomincia. E via così, in un’alternanza di codici che gli serve per puntare sull’ingresso nel popolarismo europeo grazie a Berlusconi, e per non lasciare il monopolio del sovranismo patriottico alla Meloni. Il Movimento consuma la sua transizione verso un assetto sorprendentemente “moderato e liberale”, come dice Di Maio, ma non sa ancora che uso fare di Conte né come completare una volta per tutte il suo passaggio all’età adulta, preferendo a un normale congresso con mozioni e candidature contrapposte il rituale ritrovo carbonaro convocato dal Capo Comico nel suo buen retiro di Bibbona. Il Pd, per contro, si dilania e il suo congresso lo fa permanente, tra lisergiche vocazioni maggioritarie e nostalgiche resistenze correntizie, eroiche battaglie di genere e patetiche infatuazioni d’ursiane. Il risultato, per il cittadino che guarda e che ascolta in platea, è una recita sguaiata, cacofonica, a tratti dadaista.

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