Archive for Febbraio, 2021

Ma magari Sasso avesse letto (e studiato) Topolino!

sabato, Febbraio 27th, 2021
Ma magari Sasso avesse letto (e studiato)

Ma magari l’avessero letto, e studiato, Topolino!

Magari ne avessero assorbito anche soltanto le parole: il lessico più vario, ricco e raffinato che si sia mai visto negli album illustrati, e persino in tanta narrativa contemporanea.

Fidatevi: se da piccoli, o anche da grandi, avessero letto davvero Topolino, oggi avremmo tutta un’altra classe politica (e forse certi partiti fondati sulla più rozza e ignorante propaganda razzista e sovranista nemmeno esisterebbero).

Per cui, no, vi prego: non dileggiate Rossano Sasso, leghista (meridionale: al momento la variante più incredibile del leghismo) neo sottosegretario all’Istruzione che nel suo trionfale tweet cita Topolino convinto di citare Dante, dicendo che «umpf, quello è Topolino». Perché così fareste un torto a Topolino, e pure a Dante.

Con tutta evidenza, chi li confonde non ha letto né l’uno né l’altro, ma più probabilmente è inciampato in qualche citazione in rete e l’ha riportata senza farsi domande (ovvero, proprio quello che non si dovrebbe fare, mai).

Che poi, come si possa solo pensare che «Chi si ferma è perduto, mille anni ogni minuto» sia Dante è un mistero glorioso: basta aver letto anche una sola terzina per capire che i conti non tornano, e non può proprio essere vero. E peraltro «chi si ferma è perduto» è motto ben più inquietante, uno dei più citati del Ventennio (Mussolini lo ululò alla folla di Genova nel discorso del 14 maggio 1938).

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Altra grana Pd: scoppia la rivolta degli esclusi

sabato, Febbraio 27th, 2021

di ETTORE MARIA COLOMBO

Nel Pd, ormai, ogni giorno ha la sua pena. Ieri è stata la giornata della ‘rivolta degli esclusi’ o meglio delle ‘escluse’. Trattasi delle ormai ex sottosegretarie Sandra Zampa (Salute) e Alessia Morani (Mise) che accusano Zingaretti perché 1) “non mi ha fatto neppure una telefonata per motivare la mia esclusione” e 2) “di aver perso un ruolo strategico”, che si tratti della Sanità o, appunto, del Mise. Non che altri esclusi maschi covino minori rancori. Antonio Misiani, già viceministro al Mef, e Matteo Mauri, sottosegretario all’Interno, ancora non si capacitano del perché sono stati fatti fuori. E così pure tutti gli orlandiani (Martella) sono stati fatti fuori. Entra in tackle scivolato pure un ex big di peso, Gianni Cuperlo: “Molteni (sottosegretario agli Interni in quota Lega, ndr) è bravo e conosce la struttura, ma ci deve preoccupare ancora di più. C’è il rischio che la destra resusciti la miscela di propaganda e disumanità dei suoi vecchi decreti Sicurezza”.

Infine, arriva pure la stoccata del sindaco di Firenze, Dario Nardella, che lamenta “l’assenza dei toscani dal governo”. In più, a spargere sale sulle ferite, ecco l’intervista che il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci, dà al Foglio. Papale papale, Marcucci – toscanaccio di Base riformista – dice che “al posto di Orlando (oggi ministro e, ancora, vicesegretario di Zingaretti) mi sarei già dimesso. La ex vicesegretaria, Paola De Micheli ha lasciato quando è andata a fare il ministro ai Trasporti”. Poi, non soddisfatto dei colpi di fioretto, affonda di sciabola: chiede, di fatto, un congresso anticipato, “una necessità riconosciuta da tutti”, e tesse le lodi di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, che “avrebbe la statura e l’autorevolezza per il ruolo di segretario”.

Parole che, ovviamente, vengono vissute, al Nazareno, come una guerra di logoramento continua degli “ex renziani che vogliono riportare Renzi dentro il Pd”. Per ora, in realtà, gli ex renziani di Base riformista – che terranno, la prossima settimana, una assemblea interna di corrente – preferiscono il wait and see. “Calma e gesso – spiega ad alcuni dei suoi il ministro Lorenzo Guerini – per chiedere il congresso c’è molto tempo e lavoro da fare e di certo non si può fare il congresso col Covid che soffia…”.

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Draghi, primo obiettivo: vaccinare tutti

sabato, Febbraio 27th, 2021

di BRUNO VESPA

Giorno dopo giorno è sempre più chiaro che Mario Draghi ha come obiettivo primario la vaccinazione di massa il più presto possibile. Lo si è visto nelle ultime ore con due mosse: la ferma presa di posizione sui vaccini con la Commissione europea e la sostituzione alla guida della Protezione civile di Angelo Borrelli con Fabrizio Curcio. Borrelli, bravissima persona, aveva esperienza contabile e aveva dovuto cedere le armi a Domenico Arcuri. Curcio è un vigile del fuoco specialista in emergenze e questo lascia supporre un progressivo depotenziamento della struttura di Arcuri.

Né si può escludere una conversione italiana alla linea inglese (una prima dose per il maggior numero di persone) o che si arrivi perfino all’approvazione urgente da parte dell’ Agenzia italiana del farmaco di vaccini ancora non autorizzati dall’Agenzia europea, come suggerito ieri dall’ex direttore generale di Aifa, Luca Pani, sulla base di una norma del 2006.

Draghi deve muoversi su un binario molto stretto, mentre i contagi risalgono e i colori si accendono. Da un lato il rischio di nuove chiusure come quella delle scuole paventata ieri dal direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza. Dall’altro la riapertura di cinema e teatri dal 27 marzo nelle zone gialle annunciato dal ministro Franceschini, nell’entusiasmo del settore, mentre Salvini e Zingaretti si scontrano sulla possibile riapertura serale dei ristoranti.

Le opinioni politico-sanitarie sono influenzate dalle turbolenze successive al completamento dell’assetto di governo con la nomina dei sottosegretari. Il Pd – che aveva soddisfatto le tre correnti con altrettanti ministri – ha dovuto rinunciare ad avere sottosegretari in un posto simbolico come l’Interno e ha ceduto con fortissimo imbarazzo l’Editoria a Forza Italia di Berlusconi. Salvini, spiazzato dalla scelta di ministri ‘dialoganti’ nella Lega, è stato risarcito con suoi uomini all’Interno, all’Agricoltura (a dispetto dei rispettivi ministri) e all’Economia. Il PD è lacerato per il sacrificio di pedine importanti come Misiani all’Economia e Zampa alla Salute: uno schiaffo a Prodi, quest’ultimo.

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L’asse tra Grillo e l’ex premier per depotenziare Casaleggio

sabato, Febbraio 27th, 2021

Federico Capurso

ROMA. Giuseppe Conte sarebbe pronto a guidare i Cinque stelle, ma ne vorrebbe prima parlare con Beppe Grillo e con i colonnelli del Movimento, faccia a faccia, per mettere in chiaro il suo ruolo e le tappe del progetto di rifondazione del partito. L’incontro era stato organizzato, ma adesso rischia di saltare. Si sarebbe dovuto tenere domani a villa Corallina, la residenza toscana di Grillo in riva al mare di Bibbona, alla presenza di Luigi Di Maio, Roberto Fico, Paola Taverna, Alfonso Bonafede e pochi altri eletti. Il fondatore aveva raccomandato l’assoluto silenzio ai suoi ospiti, non voleva giornalisti assiepati ai cancelli, ma quando si è reso conto che poche ore dopo aver fissato l’appuntamento la notizia era già di dominio pubblico, è andato su tutte le furie. «Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere», ha tuonato su Twitter, citando Ludwig Wittgenstein. E così, niente conclave.

Nel peggiore dei casi, «è solo rimandato – spiega però uno degli invitati -, non possiamo permetterci di perdere altro tempo». L’ex premier, d’accordo con Grillo, ha bisogno di aprire il nuovo cantiere M5S intorno a un perimetro chiaro e di farlo in fretta. La struttura del nuovo Movimento dovrà essere più solida e articolata di quanto non lo sia ora. L’ipotesi è quella di affiancare alla figura di Conte due vice con deleghe precise, che lo sgravino di alcuni pesi organizzativi, come la gestione interna al partito e quella dei territori. Si dovrà discutere, poi, dell’opportunità di mantenere la segreteria politica a 5 appena varata dagli iscritti. I maggiorenti M5S vorrebbero preservarla, per evitare ulteriori strappi con la base e aggiungere un utile filtro alla catena di comando. Grillo l’ha messa in sospeso, ma non è affatto una bocciatura. Inizia a circolare anche l’idea di cambiare nome e simbolo del Movimento, con l’obiettivo nascosto – nel caos della rivoluzione – di far saltare la regola dei due mandati. «Qualcuno vorrebbe, ma prima dobbiamo decidere tante altre cose, tra cui la nostra futura collocazione politica», spiega chi sta lavorando alla riorganizzazione.

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Covid e le varianti, si va verso la chiusura delle scuole

sabato, Febbraio 27th, 2021

flavia amabile

ROMA. Le scuole si vanno lentamente richiudendo. Per ora la bozza di Dpcm consegnata alle regioni sulla scuola non cambia una virgola del vecchio provvedimento in scadenza il 5 marzo. Ma il testo potrebbe essere radicalmente rivoluzionato, sbarrando i cancelli degli istituti e di ogni ordine e grado nelle regioni in fascia rossa e arancione, se il Cts formalizzasse – come dovrebbe fare a breve – con un parere scritto quello che a voce gli esperti ripetono da giorni a governo e governatori. Ossia che con le varianti dilaganti lasciare aperte le scuole significa mettere altra benzina nel motore già su di giri dell’epidemia.

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Una richiesta formale di chiusura è arrivata dalle regioni. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e la ministra degli Affari Regionali Mariastella Gelmini hanno chiesto una valutazione agli esperti del Comitato tecnico-scientifico e, a differenza di quanto accaduto fino a un mese fa, stavolta anche nel Cts sembra prevalere la convinzione che le scuole siano veicoli di contagio e che occorra cautela. Ma che anche il governo, o almeno la sua ala rigorista capeggiata da Speranza, sia sulla stessa lunghezza d’onda lo provano le parole del “suo” direttore della prevenzione, Gianni Rezza. «Dobbiamo essere pragmatici. Il tasso di incidenza sta crescendo in età scolastica. Abbiamo una diminuzione dell’età media dei casi che può essere un primo effetto delle vaccinazioni di anziani e ospiti delle Rsa». «Però -aggiunge subito dopo, commentando i dati del monitoraggio- si cominciano a vedere anche focolai nelle scuole e questo potrebbe essere effetto delle varianti che infettano maggiormente i bambini». Da qui la conclusione che «parlare di chiusure scolastiche è sempre doloroso, ma laddove ci sono dei focolai e in presenza di varianti è chiaro che la decisione è assolutamente da considerare». Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi non commenta l’evoluzione dei contagi nelle scuole, ma già durante l’incontro con i sindacati di tre giorni fa però era apparso preoccupato per il nuovo scenario creato dalle varianti.

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Un cigno bianco insidia i mercati

sabato, Febbraio 27th, 2021

Francesco Guerrera

Dopo tanti “cigni neri”, i mercati sono stati attaccati da un cigno bianco. Il cigno nero – secondo l’analisi di Nassim Nicholas Taleb nel libro omonimo – è il simbolo dell’improbabile, un evento inaspettato con conseguenze epocali, come le due guerre mondiali, la crisi finanziaria del 2008 o l’agghiacciante pandemia odierna. Ma negli ultimi giorni, gli investitori hanno dovuto fronteggiare un pericolo più prevedibile: il ritorno dell’inflazione. Dopo decenni di latitanza, lo spettro del caro-prezzi è tornato a tormentare operatori, governi e banchieri centrali. Se le condizioni attuali persistono, ci potremmo trovare di fronte a un svolta decisiva nel ciclo di mercati, aziende ed economie, un momento della verità per le politiche di stimolo somministrate dalle autorità monetarie sin dal 2008. Partiamo da ciò che è successo: un’impennata nei rendimenti delle obbligazioni governative.

Soprattutto, ma non solo, negli Usa. C’è chi parla di motivi “tecnici” ma un balzo di questo tipo non può essere causato solo dai capricci dei computer. La ragione di fondo per questi movimenti è la paura di una ripresa “troppo” veloce, alimentata dai vaccini, che creerebbe i presupposti per l’inflazione e per un aumento dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali di mezzo mondo.

E’ un ragionamento contorto e non del tutto logico soprattutto perché l’inflazione rimane a livelli storicamente bassissimi in tutte le economie sviluppate. Ma quando i mercati sono di un umore così cattivo, non ci si può ragionare.

Chi ha buona memoria ha ricordato il “taper tantrum” del maggio del 2013 – la “scenata infantile” dei tassi delle obbligazioni quando Ben Bernanke, allora capo della Federal Reserve, annunciò che la Banca centrale americana avrebbe cominciato a ritirare (“taper”) lo stimolo ai mercati. In questo caso, però, nessuno dei banchieri centrali si è azzardato a parlare della fine dello stimolo. Anzi, Jerome Powell, che ora fa il lavoro di Bernanke, proprio questa settimana ha detto al Congresso che la Fed continuerà a pompare denaro a poco costo nell’economia americana.

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Covid, alleanze, difesa. Draghi: all’Europa serve una bussola strategica

sabato, Febbraio 27th, 2021

di Francesca Basso

Covid, alleanze, difesa. Draghi: all'Europa serve una bussola strategica

Il premier Mario Draghi

Dopo l’emergenza Covid e gli sforzi da mettere in campo a livello Ue per accelerare sulla produzione di vaccini, sul tavolo dei leader, nel secondo giorno di Consiglio europeo in formato video, ci sono difesa e sicurezza, rapporti con la Nato e i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’Ue sta cercando di ridefinire il proprio posto negli equilibri globali. In Europa «siamo pronti a fare la nostra parte per essere un partner forte e affidabile. Non solo per gli Usa, ma anche per l’Onu e i partner regionali — ha detto il presidente Charles Michel —. Vogliamo aumentare gli investimenti nella difesa e le capacità civili e militari».

Le capacità militari

Non bastano le buone intenzioni. Una delle «principali debolezze» dell’Ue è «la frammentazione dei diversi sistemi militari», ha detto la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma «ci stiamo lavorando — ha proseguito — uno scopo è avere un approccio comune alle capacità militari che condividiamo nell’Ue, svilupparle insieme. Non è solo interoperabilità». Per la presidente «un’ottima cooperazione con la Nato resta una priorità» ma ci sono scenari in cui la Nato non è coinvolta e l’Ue deve essere capace di muoversi sola.

La Ue e la Nato

Le sensibilità sulla difesa tra i 27 Stati Ue sono differenti. I Paesi dell’Est restano saldamente ancorati alla Nato in un’ottica anti russa. La Francia spinge per una maggiore autonomia strategica che investe tutta l’industria inclusa quella della difesa. L’Italia del premier Mario Draghi è una cerniera tra le due posizioni. Le dichiarazioni programmatiche in Parlamento erano state chiare: «Questo governo sarà convintamente europeista e atlantista — aveva detto —, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia». E Draghi intervenendo al video summit ha confermato la posizione. Ha sottolineato l’importanza dell’autonomia strategica dell’Ue in un quadro di complementarietà con la Nato e di coordinamento con gli Usa, collaborazione resa più facile dall’amministrazione Biden. Ma esistono anche nuove minacce e per il premier l’Ue deve continuare a rinforzare la cooperazione con la Nato. Il rilancio dell’agenda transatlantica è un obiettivo cruciale.

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Mamma la Dad

sabato, Febbraio 27th, 2021
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di   Massimo Gramellini

Sono completamente d’accordo a metà con la madre di Caserta che ha denunciato alla facoltà di Medicina l’esaminatore di sua figlia e promette esposti contro chi ha diffuso il video dell’interrogazione. Ciò che rende contemporanea questa scena è che si è svolta dentro i riquadri di un computer. La ragazza sbaglia una risposta e il professore esplode: «Al sesto anno parli ancora di divisione cellulare nel morto? T’hannà arrestà!». Appena la studentessa scoppia in lacrime, si materializza la madre: «Ci sono modi e modi. Mia figlia è esaurita». «Signora, è colpa mia se sua figlia si è esaurita? Deve andare a curare la gente, ma li ammazza!».

Capisco il cuore di mamma davanti alle lacrime della prole, ma anche lo scoramento del prof, che magari era alla decima interrogazione e non ne poteva più di ascoltare strafalcioni. Qui però entra in ballo il contesto: la didattica a distanza. Un rimprovero solo sgradevole a porte chiuse diventa violento in presenza di uno strumento capace di spararlo all’istante in tutto il pianeta. L’avvento della rivoluzione digitale ci obbliga a comportamenti irreprensibili, dato che ogni nostro gesto si trova potenzialmente sotto gli occhi del mondo. A meno che non si riesca a subordinare la circolazione delle immagini al consenso delle persone coinvolte. Perciò sono d’accordo solo a metà con la signora: ha fatto bene a denunciare i diffusori del video, non il prof esasperato. Lui, come la ragazza, merita una seconda occasione, possibilmente in presenza.

CORRIERE.IT

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Vaccino Covid: dose unica, avanti per gradi. Si comincia con i 2 milioni di guariti

sabato, Febbraio 27th, 2021

di Lorenzo Salvia

Avanti, ma un passo alla volta. Sulla dose unica c’è stata un’accelerazione dopo che il presidente del Consiglio Mario Draghi ne ha parlato due giorni fa, nel suo debutto al Consiglio europeo. Anche altri Paesi stanno pensando al modello di Israele e Regno Unito, dove per i richiami si aspetta più tempo dando così la precedenza alle prime somministrazioni per un numero maggiore di persone.

Un primo passo l’Italia l’ha deciso. La somministrazione unica si farà a chi il Covid lo ha già avuto ed è guarito. Gli anticorpi ci sono e quindi una sola dose viene considerata sufficiente. L’Agenzia del farmaco ha già dato il suo parere favorevole, a stretto giro dovrebbe arrivare il via libera del ministero della Salute. Al momento le persone guarite dal Covid sono oltre due milioni. Per la precisione, dice il bollettino di ieri, 2.387.032. Evitare il richiamo per tutti loro, semplificando un po’ perché in realtà le cose sono più complicate, significherebbe «guadagnare» oltre un milione di dosi da iniettare a persone che altrimenti avrebbero dovuto aspettare di più. Non poche, visto che rappresentano il 25% dei quattro milioni di somministrazioni che siamo riusciti a fare fino a ieri.

Ma è chiaro che la versione integrale del modello israeliano e inglese è un’altra cosa, perché lì la dose singola riguarda praticamente tutti, non solo i guariti. Almeno fino a quando non si finisce il primo giro. Ed è proprio qui che si entra nella logica dei passi successivi.

Il prossimo vaccino in arrivo, Jansen, è in tutto e per tutto un monodose. E quindi non c’è discussione. AstraZeneca un po’ lo è. Già oggi, in base al protocollo dell’Aifa, il richiamo ideale va fatto alla dodicesima settimana. Ma nella pratica gli appuntamenti per i richiami vengono dati più in là. Perché è quasi un monodose? La vaccinazione con questo prodotto è appena iniziata, e in alcune regioni è ancora ferma. I primi richiami, quindi, arriveranno tra almeno due mesi. C’è ancora tempo per decidere.

La questione più complessa riguarda i primi due vaccini che abbiamo cominciato a usare, Pfizer e Moderna. Qui il richiamo va fatto dopo tre settimane. Per questo tutte le persone che hanno avuto sia la prima che la seconda somministrazione, quasi 1,4 milioni, hanno ricevuto questo prodotto. Ma qui sulla dose unica sembra esserci più cautela. Anche perché ora questi vaccini vengono usati essenzialmente per medici, infermieri e over 80. I più esposti al rischio contagio e i più fragili.

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Milano, impennata dei contagi: picco atteso il 20 marzo

sabato, Febbraio 27th, 2021

di Gianni Santucci

Milano, impennata dei contagi: picco atteso il 20 marzo

Le previsioni anticipate dal Corriere dieci giorni fa indicavano una soglia. Oltre mille nuovi «positivi» al giorno a Milano per fine febbraio. La crescita, costante, è arrivata: e ha rispecchiato lo scenario disegnato in anticipo dai modelli matematici. Ieri 1.145 contagiati in provincia (457 in città), giovedì erano 1.072. Vuol dire oltre 4 mila nuovi contagiati negli ultimi 5 giorni. Quasi 40 per cento in più rispetto a due settimane fa. Se si considera l’intera Lombardia (ieri 4.557 «positivi») va anche peggio. Il problema è il futuro: perché l’ondata è ripartita, e avrà una curva di crescita che durerà almeno 30 giorni.

Le «campane» epidemiche hanno infatti un andamento non modificabile. Intervenire ora potrà servire a limitare una parte dei danni. Ma il contagio è ripartito e non si può bloccare, perché oggi vediamo solo i primi segnali di quel che è già successo (e non di quello che deve ancora accadere), dunque non arginabile. Si poteva fare due settimane fa. Oggi è tardi. E la nuova ascesa, secondo più esperti consultati dal Corriere, i cui dati sono stati incrociati con l’ultimo report dell’Institute for health metrics and evaluation (centro di ricerca statunitense creato dalla fondazione di Bill Gates), non si arresterà almeno fino al prossimo «picco» che dovrebbe arrivare intorno al 20 marzo. Ieri il tasso di casi positivi sui circa 50 mila tamponi elaborati è arrivato vicino al 10 per cento, con una percentuale doppia rispetto a un paio di settimane fa. È probabile che la nuova ondata sia meno drammatica delle precedenti, ma sarà comunque pesante.

Le autorità sanitarie si organizzano per gestire le conseguenze. Perché mentre la politica lombarda rivendicava con orgoglio di poter «trascorrere» l’attuale settimana ancora in «zona gialla», la pressione sugli ospedali mostrava i primi segnali di sofferenza. Ieri il saldo tra nuovi ingressi e dimissioni dai reparti Covid lombardi è arrivato a 4.034 ricoverati (più 10) e 416 persone assistite in terapia intensiva (più 9). Ma quel che più conta è la tendenza.

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