Archive for Febbraio, 2021

Covid in Toscana, impennata di nuovi casi: 1.374. A Cecina scatta la Zona Rossa: cosa si può fare

giovedì, Febbraio 25th, 2021

di Giulio Gori

Dopo sette giorni consecutivi di numeri stabili dei nuovi contagi (tra gli 800 e i 1.000 al giorno), in Toscana la giornata di giovedì registra un boom di positivi, 1.374. Un dato così alto non si registrava dal 22 novembre. Alta anche la percentuale di positività al tampone, il 10,9%. Rispetto alla settimana scorsa, i contagi crescono ormai di ben oltre il 50%.

Il governatore della Regione Eugenio Giani comunque conferma che l’Rt, l’indice di trasmissione del virus, «è a 1,19, sotto l’1,25 che farebbe scattare la Zona Rossa. Dovremmo rimanere arancioni». L’Rt a 1,19 è calcolato dall’Agenzia regionale di Sanità provvisoriamente, prima del calcolo ufficiale dell’Istituto superiore di Sanità. Da almeno 7 giorni sia il numero dei nuovi contagiati sia il tasso dei positivi al tampone sembrano essersi assestati. Secondo il rapporto della Fondazione Gimbe, la nostra regione ha un tasso di 150 nuovi contagi settimanali ogni 100.000 abitanti, perfettamente nella media nazionale, ma il suo tasso di crescita dell’epidemia è superiore alla media italiana e la pone tra le 8 regioni con le peggiori performance.

Intanto Cecina è la prima Zona Rossa locale della Toscana, decisa per arginare l’aumento dei contagi Covid. Ma è destinata a non restare l’unica. A Cecina due focolai — in una Rsa ed in una scuola elementare — ed un evento pubblico, cioè una messa con le suore della Rsa, hanno portato in alto i positivi e fatto preoccupare il sindaco Samuele Lippi (in una città in cui però proprio pochi giorni fa si sono tenuti mercati all’aperto e persino lo «sbaracco», una vendita straordinaria in strada, con diverse folle e altrettante polemiche). Quindi, scuole chiuse, divieto di spostamento in entrata e uscita dal territorio comunale se non essenziale, anche verso abitazioni private se non la propria, sospesi i mercati e chiusi i negozi non alimentari, bar e ristoranti fanno solo asporto. Restano aperte edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie. «Terremo questi divieti per 9 giorni. Lo stesso processo potrebbe esserci per altri Comuni»» spiega il governatore Eugenio Giani, che ha condiviso la scelta col sindaco.

L’altro Comune sotto osservazione era Monteroni d’Arbia, ma non entrerà subito in Zona Rossa, nonostante sia stata verificata la presenza della variante brasiliana: «Abbiamo fatto mille tamponi, nessun positivo. Ci siamo aggiornati a domani» dice Giani che reputa questi tipi di screening essenziali, «un sistema che sta funzionando: il progetto Territori sicuri è molto efficace. Lo è stato a Chiusi, sta funzionando a Sansepolcro, a Limite e Capraia».

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Covid, Gimbe: «Vaccinato meno del 3% degli over 80. Aumentano i contagi (+10%) per le varianti»

giovedì, Febbraio 25th, 2021

di Carlotta De Leo

Covid, Gimbe: «Vaccinato meno del 3% degli over 80. Aumentano i contagi (+10%) per le varianti»

Dopo quattro settimane di «calma piatta», con una sostanziale stabilità dei contagi, le curve dell’epidemia hanno ricominciato a salire. La Fondazione Gimbe – che con il suo monitoraggio indipendente analizza i dati del coronavirus in Italia- rileva un incremento che sfiora il 10% di nuovi casi in sette giorni. «Un’inversione di tendenza che evidenzia la rapida diffusione di varianti più contagiose» spiega il presidente Nino Cartabellotta. A confermarlo anche le impennate di casi a livello locale: in ben 74province (il 68,5% di tutte quelle italiane) si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con valori che superano il +20% in 41 province. «Le Regioni devono applicare con massima tempestività e rigore le zone rosse locali per evitare lockdown più estesi e arginare gli effetti della terza ondata – aggiunge il presidente di Gimbe – Ma per uscire dalla pandemia occorre incrementare le forniture di vaccini e accelerare le somministrazioni con uno stretto monitoraggio visto che alcune Regioni non sono ancora pronte alla fase di massa».

I dati

Il monitoraggio Gimbe rileva nella settimana 17-23 febbraio, rispetto alla precedente, un incremento di +9,8% dei nuovi casi (92.571 contro 84.272),a fronte di un numero stabile di decessi (2.177 contro 2.169). In lieve riduzione i casi attualmente positivi (387.948 contro 393.686), le persone in isolamento domiciliare (367.507 contro 373.149) e i ricoveri con sintomi (18.295 contro 18.463), mentre risalgono del +3,5% le terapie intensive (2.146 contro 2.074). Ma al di là dei numeri, quello che colpisce sono le spie rrispetto alla settimana precedente, in 11 regioni aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti, e in 10 Regioni sale l’incremento percentuale dei casi totali. Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti Covid supera in 4 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 8 Regioni quella del 30% delle terapie intensive, che, a livello nazionale, dopo 5 settimane di calo fanno registrare un’inversione di tendenza.

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Etna, l’attività del vulcano non si ferma: è la sesta eruzione di seguito

giovedì, Febbraio 25th, 2021
Dopo una fase iniziale di media intensità ora fontane di lava alte 400 metri – Ansa /CorriereTv
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo, comunica che a partire dal tardo pomeriggio si è registrato un incremento in intensità e frequenza dell’attività stromboliana al cratere di Sud Est. Attività che interessa le due bocche nella parte più orientale del cono, con fontane di lava alte 400 metri. Prosegue la fase di incremento dell’ampiezza del tremore vulcanico, che mostra valori medio-alti. Le sorgenti risultano localizzate al di sotto del Cratere di Sud Est ad una profondità di circa 2500 m sopra il livello del mare. Anche l’attività infrasonica è in aumento, e le sorgenti degli eventi sono localizzate in corrispondenza del cratere di Sud Est.
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Contenuti a pagamento. Il primo passo dei giganti della Rete

giovedì, Febbraio 25th, 2021

di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Facebook riconoscerà agli editori di tutto il mondo la somma di un miliardo di dollari diluiti in tre anni (820 milioni di euro) per lo “sfruttamento” delle notizie prodotte da editori e giornalisti, e sul quale il social Usa guadagna miliardi. Qualche giorno fa Google e Murdoch avevano reso noto un accordo commerciale in base al quale al grande editore australiano venivano riconosciuti i “diritti” sulle notizie che Google rilanciava dai media di Murdoch. Nelle settimane scorse sempre Google aveva raggiunto un’intesa con gli editori francesi, anche in questo caso per poter «utilizzare» le news contenute nei giornali e nei siti d’oltralpe.

Al di là dell’aspetto commerciale (probabilmente 800 milioni di euro triennali a livello mondiale a fronte dei miliardi di guadagno realizzato ogni anno sono pochissimi, una briciola) la decisione di Facebook e Google riconosce un principio importante, non solo e non tanto per gli editori, quanto per tutti i cittadini: l’informazione di qualità, quella che non si trova a buon mercato gratis in giro per la rete, si paga, come si paga ogni bene di qualità. Poco o tanto, ma si paga. E nonostante gli stessi Google e Facebook siano pieni di notizie, spesso piratate, spesso dragate a casaccio nei bassifondi del web, sono le notizie “verificate”, quelle trattate professionalmente, che fanno la differenza per gli stessi social che le utilizzano, e che pertanto vale la pena per loro rilanciare e di conseguenza pagare agli editori.

Dopo anni di ubriacatura da fake news e di disprezzo per qualsiasi tipo di intermediazione (citofonare Movimento 5 Stelle), ci si sta in sostanza accorgendo che il grande mercato dei falsi in rete era un danno per tutti. Se ne stanno accorgendo i lettori, sempre più stanchi di essere trattati come pecoroni e diventati ormai sospettosi di informazioni buttate là a casaccio, in cui il cittadino-lettore è il vero obiettivo “commerciale” di qualche lupo nascosto nel bosco; se ne stanno accorgendo i big tech, che non a caso si sono decisi a pagare, perché la richiesta per le notizie di qualità aumenta il loro stesso giro d’affari.

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Vaccino, pressing Ue sulle case farmaceutiche. AstraZeneca ci offre le dosi degli altri Paesi

giovedì, Febbraio 25th, 2021

di Marco Conti

Le frontiere resteranno chiuse e i certificati vaccinali resteranno al palo, ma poiché il problema sono i vaccini la riunione del Consiglio Europeo di oggi e domani troverà alla fine una sintesi bacchettando le aziende farmaceutiche che non rispettano gli impegni o non danno certezze sulle consegne, e premendo affinché consegnino tutte le dosi promesse. 

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LA SVOLTA
Anche stavolta la riunione è a distanza. Per il debutto in persona di Mario Draghi si dovrà attendere il Consiglio Europeo di fine marzo, ma l’occasione è importante perché coglie i Ventisette nel guado di una pandemia che attende solo i vaccini per essere debellata. Resterà quindi sullo sfondo la questione del Recovery Fund, anche perché non solo l’Italia è ancora alle prese con la sua stesura. Anche ieri la presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è detta ottimista sulla possibilità di vaccinare il 70% degli europei entro l’estate. «La situazione nei prossimi mesi migliorerà in modo sensibile», ha spiegato la presidente tedesca che si è anche detta contraria a far slittare la seconda dose del vaccino di Astrazeneca, come invece stanno facendo gli inglesi.

Ed è proprio AstraZeneca a smentire – il giorno dopo – un taglio delle forniture all’Europa: «Non siamo ancora in grado di fornire previsioni dettagliate per il secondo trimestre. In ogni caso AstraZeneca conferma che lavora con l’obiettivo di essere in linea con quanto indicato nel contratto» e «con l’obiettivo di consegnare all’Italia più di 20 milioni di dosi» che arriveranno in parte dall’Europa mentre «il resto proverrà dalla nostra rete di approvvigionamento internazionale». 

Un balletto di promesse e docce fredde che conferma come sia importante non mollare la presa. Ed è proprio quello che sta facendo Draghi che anche ieri ha continuato con le sue telefonate in vista anche dell’appuntamento Ue di oggi e domani. Dopo la conversazione con la Cancelliera, ieri è stata la volta del presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Al centro della conversazione il piano di distribuzione dei vaccini e il possibile aumento della produzione in nuovi siti che anche l’Italia è pronta a mettere a disposizione. Come correttamente ricorda il presidente di Novartis Pasquale Frega «quello dei brevetti e delle licenze è un falso problema» perchè «oggi chiunque vada da Pfizer, AstraZeneca e Moderna a dire ti aiutiamo nella produzione riceve un bel sorriso. Il tema di licenze obbligatorie, dei brevetti è un falso problema».

Ed è per questo Draghi vorrebbe che venisse creata una filiera produttiva tutta europea, con l’Italia chiamata a lavorare alla fase dell’infialamento di un prodotto lavorato, o semi-lavorato, altrove. Proprio da Bruxelles ieri sono arrivate conferme su questa opportunità che si aprirebbe per il nostro Paese. «L’Italia – spiegano dalla Commissione – ha un ruolo di primo piano per la spinta nella produzione dei vaccini in Ue, in particolare per quanto riguarda i siti ‘fill and finish’ per il confezionamento di prodotti iniettabili».

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Vaccino, frenata ingiustificata nel Lazio. I medici: «Da noi niente prenotazioni»

giovedì, Febbraio 25th, 2021

di Lorenzo De Cicco

«Perché non farò i vaccini anti-Covid? Eh… sono stanco, non mi sento neanche benissimo ultimamente. Già mi hanno fatto passare i guai con l’antinfluenzale. Si rivolga alla Asl». Parola di Luigi Probbo, medico di base nel popoloso quartiere dell’Appio Tuscolano, quadrante Sud Est della Capitale. È uno dei tanti, tantissimi dottori di famiglia del Lazio che tentano di schivare un’incombenza che la Regione, al contrario, ritiene obbligatoria oltre che doverosa: iniettare il siero anti-virus ai mutuati. Operazione che in teoria negli ambulatori di base dovrebbe partire tra meno di quattro giorni, lunedì, con le fiale di AstraZeneca, destinate agli under 65. Per distribuirle ai pazienti di Roma e delle province la Pisana ha optato per il modello isreaeliano: si procede per classi d’età. Prima i 65enni, poi a scalare i 64enni e così via. Due terzi dei camici bianchi, però, secondo i calcoli dell’Ordine dei medici, non saranno della partita. Almeno per il momento: tra chi non ha aderito al bando e chi traccheggia, a poche ore dal via riuscire a trovare uno studio disponibile a prenotare la vaccinazione è un’impresa.

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LE SCORTE
«Con pochissime fiale a settimana, molti dicono: meglio di no, ci ritroveremmo con la gente a protestare fuori dalla porta», spiega Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma. «Al bando della Regione avevano aderito in 1.300 su 4.200. Ma con queste scorte, anche tra chi ha detto sì, molti stanno aspettando». Cosa? «Di avere maggiori certezze sulle forniture. Poi ci saremo, saremo pronti». Sia chiaro: i flaconi che arriveranno, almeno al primo giro, sono pochi. Appena 5 fiale a settimana per studio. Dovevano essere il quadruplo, comunque una goccia nell’oceano, dato il numero degli assistiti, ma è quanto arriverà dalla distribuzione nazionale. «Ci hanno detto che inizieremo con 10 dosi ogni 15 giorni», spiega Pier Luigi Bartoletti, segretario romano della Fimmg (federazione medici di medicina generale), lui sì in prima linea dall’inizio dell’emergenza, tra tamponi e visite, e ora con l’antidoto al Covid non si tira certo indietro. C’è chi si sta organizzando ugualmente, come Giampiero Pirro, medico di Portonaccio, responsabile comunicazione della Fimmg: «Partirò anche con 5 fiale, inizierò con i 65enni con la data di nascita più arretrata, per non far torto a nessuno», racconta. Ma tanti altri hanno schiacciato sul freno. Di fatto, quasi nessuno studio ha stilato una lista, anche se al vaccine-day mancano 4 giorni scarsi.

PIOGGIA DI NO
Girandola di telefonate random da un capo all’altro della Capitale, a caccia di un ambulatorio disponibile a far prenotare un 65enne: «Il dottore non ha aderito, almeno fino a ieri, se ha cambiato idea non lo so, ma non credo», risponde la segretaria di via Orvieto, zona San Giovanni. Dalla Garbatella alla Borgata Finocchio, da Re di Roma al Portuense, tanti studi ai pazienti raccontano di non saperne nulla, anche se la Regione da giorni pubblicizza in ogni modo la partenza delle vaccinazioni dal medico di base dal 1 marzo per chi ha 65 anni. E ha strappato un accordo firmato dalle principali sigle dei sanitari, perfino da quelle più bellicose.

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Congo, l’autopsia: Attanasio e Iacovacci morti in una sparatoria, non è stata un’esecuzione

giovedì, Febbraio 25th, 2021

Non si è trattato di un’esecuzione. È quanto emerge dai primi risultati dell’autopsia effettuata al Policlinico Agostino Gemelli, oggi, sui corpi dell’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi nel corso di un tentativo di sequestro il 22 febbraio in Congo. 

I corpi delle vittime sono stati trapassati da sinistra a destra: Attanasio è stato colpito all’addome, Iacovacci a un fianco e alla base del collo, dove è stato individuato un proiettile di un ak47. Il carabiniere ha riportato una frattura multipla all’avambraccio sinistro che fa ipotizzare che il proiettile arrivato al collo abbia prima colpito l’arto. Solo un proiettile è stato recuperato. Le salme sono sottoposte a tac completa del corpo.

Saranno gli esami balistici a chiarire se i corpi siano stati colpiti da vicino o da lontano. Quel che appare certo è che i due siano morti nel corso della sparatoria immediatamente successiva al sequestro.  Congo, attacco all’ambasciatore Attanasio: il video

LA STAMPA

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Scuola, Bianchi pensa già all’anno prossimo: “Docenti in classe a inizio settembre”

giovedì, Febbraio 25th, 2021

flavia amabile

ROMA. Il primo settembre a scuola con tutto il personale in servizio e senza riduzioni del corpo docente. Per riuscirci il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è stato al Mef a chiedere che non ci siano tagli all’organico come potrebbe avvenire se si tenesse conto del calo degli iscritti per motivi demografici.

Di questo e di molto altro si è parlato ieri nel primo incontro tra il ministro e i sindacati. Un incontro virtuale ma che, nelle intenzioni del ministro, deve essere il primo di molti regolarizzando il rapporto e il confronto con le organizzazioni sindacali. Clima disteso e commenti positivi al termine per la ripresa di un dialogo in precedenza interrotto.

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I problemi da risolvere restano, però, quelli di sempre. Innanzitutto il precariato: il ministro ha ammesso che ammonta a 213mila insegnanti. Non sono state fornite ancora soluzioni, né sarebbe stato possibile a pochi giorni dall’insediamento. Per Pino Turi, segretario generale della Uil scuola bisogna superare il sistema dei concorsi che «ha mostrato tutti i suoi limiti nella scuola». Servono, invece, «soluzioni alternative». Che fine hanno fatto i nostri ragazzi? Solo a Torino “spariti” 650 studenti in un anno

E’ il principale nodo da sciogliere per assicurare un rientro a settembre con classi finalmente meno affollate e quindi in grado di affrontare meglio un autunno che non si annuncia del tutto libero dalla pandemia. «Al primo settembre ci saranno 220mila cattedre vacanti – avverte Francesco Sinopoli , segretario generale della Flc-Cgil -La scuola non può permettersi un numero così alto di posti da coprire, servono procedure semplificate per mettere in cattedra da subito i precari con almeno tre anni di servizio e serve il consolidamento, almeno sul prossimo anno scolastico, dell’organico Covid dove è stato attivato». «Bisogna scendere al di sotto del tetto di 27 alunni per classe, si dovrebbe arrivare a 20», spiega Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl scuola. Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti ha insistito sulla necessità «inderogabile» di intervenire sull’edilizia scolastica e sulla riduzione del numero di alunni per classe, per superare le classi pollaio. “Mi piaceva studiare, mi hanno bullizzato, ho lasciato la scuola”. I ‘ragazzi interrotti’ raccontano la fatica di essere adolescenti e la scuola ai tempi della DAD

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Zingaretti, la difesa della D’Urso e il pensiero “forte” dei progressisti

giovedì, Febbraio 25th, 2021

L’Italia sta attraversando una crisi talmente grave e profonda che viene spontaneo chiedersi che senso possa avere il tweet scritto ieri dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti, a sostegno del programma televisivo di Barbara D’Urso. Certo, nessuno nega l’importanza di portare la politica vicino alla gente. Ma come si fa a immaginare anche solo di avvicinare la gente alla politica quando i responsabili politici non si occupano di chi, in questa crisi, sta affogando? Mi chiedo: nel giorno in cui un tribunale impone di assumere 60 mila rider perché «non sono schiavi», è possibile che la più importante forza della sinistra italiana si preoccupi di una star televisiva e non di loro? Sono talmente costernata dal tweet, che mi sorge persino il dubbio che Giovanni Orsina non abbia poi avuto così torto quando ieri, sulle pagine di questo giornale, ha violentemente denunciato la «fragilità del pensiero progressista». Poi, riprendendo con attenzione e calma il commento di Orsina, i dubbi si dissipano: Giovanni ha torto, perde di vista il cuore stesso dei valori della sinistra e si concentra sul “mito della propria superiorità morale” cui, di fatto, credono solo in pochi.

Intendiamoci, sono io la prima a essere stanca di chi, rivendicandosi di sinistra, guarda e giudica tutto e tutti dall’alto delle proprie convinzioni senza mai buttarsi nella mischia, attraversare il fango della condizione umana, vivere sulla propria pelle il dramma della perdita di un lavoro o anche lo sradicamento di chi ha dovuto lasciare il proprio paese, la propria madre lingua e i propri cari. Sono stufa di chi, cancellando la storia delle lotte a fianco dei più fragili, pensa che la sinistra debba ormai essere “progresso” e “movimento”, come scrisse Matteo Renzi nella prefazione al celebre saggio di Norberto Bobbio, “Destra e sinistra”, immaginandosi eticamente superiore a chi aveva gli occhi rivolti al passato. Tanto più che chiunque pensi di essere moralmente superiore agli altri ha capito molto poco di cosa sia la morale.

Come sa bene chi la filosofia morale la studia e l’insegna, esistono sistemi etici differenti, che si fondano su valori differenti, e che non per questo possono essere gerarchizzati: si può scegliere di fondare il proprio pensiero etico sull’utilità, sulla libertà, sull’autonomia o sulla dignità, e ogni scelta è degna di interesse e di rispetto, anche se poi le posizioni che si assumono di fronte ai dilemmi morali sono opposte (esattamente come sono opposte le conclusioni cui si giunge se si scelgono i postulati di una geometria euclidea oppure di una geometria ellittica o iperbolica).

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Cottarelli consigliere di Brunetta: “Un piano per abolire venti tasse”

giovedì, Febbraio 25th, 2021

giuseppe bottero

TORINO. «Bisogna far funzionar bene la macchina, la pubblica amministrazione richiede l’introduzione di obiettivi ben chiari, definiti». Carlo Cottarelli, ex commissario alla Spending Review, da ieri collaboratore del ministro Renato Brunetta, si presenterà a Palazzo Vidoni con un dossier di 91 punti. Sono gli «interventi mirati» che servirebbero a far cambiare passo allo Stato, messi in fila grazie «ai suggerimenti delle imprese che lottano ogni giorno con la complessità della normativa italiana». Una serie di proposte che il presidente dell’Osservatorio sui Conti Pubblici aveva già spedito alla ministra Fabiana Dadone, per combattere la burocrazia e migliorare il dialogo tra le aziende e gli uffici pubblici. Ora tocca a lui, parte di un team guidato da Marcella Panucci, ex Confindustria, che comprende una serie di tecnici di altissimo profilo: Carlo Altomonte, Alessandro Bacci, Giorgio De Rita, Bernardo Mattarella, Antonio Naddeo, Germania Panzironi, Raffaella Saporito e Andrea Tardiola.

«Ho sempre detto che occorre agire su due piani – spiega Cottarelli–. Oltre alla macchina, che richiede l’introduzione di obiettivi ben chiari e definiti, c’è il tema delle semplificazioni, bisognerebbe intervenire per rimuovere regole e norme. Temi semplici, ma da qualche parte bisogna iniziare». C’è da aggredire la giungla dei balzelli, delle microimposte che danno un gettito minimo – 685 milioni – ma complicano la vita di chi fa imprese. Resistono, per esempio, la tassa da versare all’Ente risi, quella sulla raccolta funghi e quella sulle emissioni sonore degli aerei. Vale lo stesso per l’edilizia: un’impresa al lavoro in un cantiere, ricorda il piano dell’Osservatorio, deve conservare ed essere in grado di mostrare sessantasei documenti cartacei. «Potrebbero essere trasformarti in file digitali» propone lo studio di Cottarelli, che ha tra i suoi obiettivi anche quello di fornire «maggiori certezze sulle tempistiche e un miglior coordinamento nella gestione e amministrazione delle procedure». Passaggi «essenziali per rendere efficiente l’operato del nostro tessuto imprenditoriale».

La battaglia ai «fannulloni» lanciata dieci anni fa da Brunetta, invece, non lo sfiorerà, «mi limiterò a dare consigli», spiega, ma sicuramente c’è già un’idea su uno degli snodi chiave: lo smart working, che nell’ultimo anno ha permesso di risparmiare oltre 50 milioni di euro. «Secondo me – dice Cottarelli – può funzionare, ma solo se c’è un sistema di valutazione della produzione».

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