Archive for Febbraio, 2021

Allarme mutazioni: le regioni non aprono, resta il coprifuoco e lo stop di asili ed elementari non è più un tabù

venerdì, Febbraio 19th, 2021

paolo russo

Il governo non intende farsi prendere in contropiede dalle varianti. Che per ora dovrebbero tingere di arancione solo Emilia-Romagna e Campania, ma che tra due, tre settimane – secondo le previsioni di Iss e ministero della Salute – spingeranno con ogni probabilità verso l’alto la curva epidemica. Per questo la parola d’ordine del ministro Roberto Speranza è: nessun allentamento delle misure in scadenza. Il 25 febbraio scade il decreto che vieta gli spostamenti anche tra le regioni gialle e sicuramente verrà reiterato. Il 5 marzo poi è la volta del Dpcm, che contiene il coprifuoco alle 22 e le chiusure di cinema, teatri, piscine, palestre, oltre che di ristoranti e bar la sera. Tutto prorogato anche in questo caso. Ma con il moltiplicarsi delle varianti probabilmente non basterà.

Lo sa prima di tutto l’Europa. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è confrontata ieri con il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, per parlare, così come ha fatto con i più importanti Paesi dell’Unione, di accelerazione della campagna vaccinale e dell’obiettivo «Covid zero» da raggiungere attraverso nuovi lockdown. Il ragionamento che fa la Commissione è questo: «Se non facciamo un sacrificio ora rischiamo di non uscire mai dalla pandemia, perché se le varianti prendono il sopravvento c’è il rischio che gli stessi vaccini perdano efficacia, facendo svanire l’agognato obiettivo dell’immunità di gregge».


L’Italia in questo momento di andare in lockdown nazionale non ci pensa proprio ma un inasprimento della stretta sembra nelle cose. La chiusura di asili e scuole elementari non è più un tabù e per consentire ai genitori di andare comunque al lavoro si farebbe uso a piene mani dei bonus baby sitter, come ha fatto l’Umbria per la provincia di Perugia in lockdown. Del resto le varianti sembrano contagiare maggiormente i più piccoli, che non possono nemmeno essere vaccinati.

In Piemonte, ad esempio, è già allarme per la diffusione del virus tra i ragazzini. «Registriamo un trend crescente nella fascia di età 6-10 anni. I giovani si stanno contagiando di più rispetto agli anziani», ammette l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, mentre la Giunta sta pensando di istituire zone rosse circoscritte laddove ci fossero focolai di varianti.

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La scommessa sulla giustizia

venerdì, Febbraio 19th, 2021

Marcello Sorgi

Chi si aspettava dalla nascita del governo Draghi conseguenze sull’intero panorama politico, forse non avrebbe immaginato che arrivassero così presto: in pratica nel giorno in cui, dopo la seconda, larghissima fiducia della Camera, l’esecutivo prende il largo. Con un programma che, nella replica di fronte ai deputati, il presidente del Consiglio ha precisato molto chiaramente. Mario Draghi ha in mente di affrontare a passo di carica le tre emergenze, sull’onda delle quali l’esecutivo è nato.

Ovvero le vaccinazioni per por fine, dopo oltre un anno, alla pandemia e al blocco in cui ha precipitato la vita economica del Paese; i licenziamenti, annunciati per fine marzo, che ne sono la diretta conseguenza; i piani per l’utilizzo del Recovery Fund, destinati a segnare quel che ha definito il futuro per i nostri figli e nipoti. Ma accanto a queste urgenze, Draghi ha intenzione di realizzare in tempi brevissimi altre tre indispensabili riforme: il fisco, per spingere la ripresa dei consumi dei ceti medi, ridotti al minimo dal loro progressivo impoverimento; la burocrazia, la lentezza e le opacità della quale possono essere sconfitti con una veloce e autentica digitalizzazione dei ministeri e dei pubblici uffici. Ciò che è accaduto da tempo in altri importanti Paesi europei nostri partners, ciò che sembrava impossibile – eppure è avvenuto – in settori nella nostra economia come le banche, deve essere realizzato in tutto il resto. Costi quel che costi.

Infine la giustizia: ma non solo quella penale per cui ieri una parte della Camera ha applaudito il premier e che tuttavia rischia di provocare divisioni nella maggioranza. Piuttosto, quella civile, la cui lentezza inspiegabile è legata solo alle vecchie abitudini dei magistrati civili, che rappresentano la maggior parte dei giudici togati e magari si portano a casa le carte per lavorarci. Senza spiegare perché, se ci lavorano tanto, i procedimenti civili durano più di quelli penali, e un imprenditore straniero che abbia voglia di venire a lavorare in Italia trova in questa incognita un ostacolo che lo trattiene.

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Modello Genova per il Recovery. Oggi il debutto con i leader del G7

venerdì, Febbraio 19th, 2021

ALESSANDRO BARBERA

ROMA. La libertà di dileguarsi nei momenti meno utili dei cerimoniali del potere non l’ha più. Tolta l’ora di pausa per la sanificazione, Mario Draghi ieri è rimasto inchiodato nell’aula di Montecitorio dodici ore. Oggi l’agenda è poco meno implacabile. Alle 11 lo attendono alla Corte dei Conti per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, nel pomeriggio dovrà essere davanti al computer per un collegamento zoom con i sei capi di Stato più influenti della terra in una riunione informale del G7. Due giorni fa, durante il discorso per la fiducia, il premier ha letto una frase sibillina: «Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo». Non è chiaro quanto tempo gli daranno i partiti al timone del Titanic Italia. Mario Monti ebbe giusto il tempo di evitare la collisione. L’iceberg di Draghi è più lontano, ma non è detto abbia molto più tempo.

Matteo Salvini, l’azionista di lotta e di governo della sua maggioranza, non passa giorno senza accender micce. L’ultima è sotto la poltrona del commissario all’emergenza Domenico Arcuri. Draghi, abituato ad andare per obiettivi praticabili, ha deciso che per ora rimane al suo posto. I primi cento giorni passano in fretta, e un avvicendamento rischia di essere un problema prima che un’opportunità. Lo si è capito dalle persone scelte fin qui e in alcuni dei passaggi del discorso sulla fiducia a proposito del Recovery Plan. «È già stata svolta una grande mole di lavoro. Dobbiamo approfondire e completare quel lavoro entro la fine di aprile».

Il Recovery Plan è l’argomento attorno al quale Matteo Renzi ha costruito le premesse della crisi del Conte due. Il Recovery Plan è ciò che il mondo si attende Draghi non fallisca. «I progressi nell’attuazione sono lenti e faticosi», si leggeva ieri nelle minute dell’ultima riunione della Banca centrale europea. Ogni riferimento all’Italia è puramente voluto.

Draghi ha chiesto ai ministri di non perdere un minuto. Daniele Franco, il responsabile del Tesoro a cui il premier ha affidato la cabina di regia, ne ha già discusso con molti colleghi. I progetti ci sono, e d’altra parte la gran parte delle risorse sono vincolate dalla stessa Commissione europea. Il problema era e resta l’attuazione. «A Bruxelles non hanno particolare fiducia nella nostra capacità di spendere bene i soldi che ci hanno messo a disposizione», ammette un ministro che accetta di parlare solo sotto stretto anonimato. Per questo occorrerà replicare il «modello Genova», un concetto che spaventa i cultori della legalità ma alla base della ricostruzione in tempi da record di Ponte Morandi. Draghi aveva accennato la questione con discrezione durante le consultazioni, nella replica alla Camera è più preciso. Parla di «strumenti e meccanismi di carattere ancora troppo formali», dell’eccesso di adempimenti che «alimentano l’illegalità», di «semplificazioni con funzione anti-corruttiva» da attuare attraverso l’Autorità anticorruzione.

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“Giorgia Meloni non ha paura di finire nel ghetto. La sua scelta pagherà”

venerdì, Febbraio 19th, 2021

“Giorgia Meloni ha fatto un discorso duro ma abile. Intransigente con Draghi e con l’Europa senza chiudere la porta all’opposizione patriottica”. Flavia Perina, scrittrice, giornalista ed ex direttrice del “Secolo d’Italia”, commenta il No al governo di FdI. “E’ stata l’unica a parlare ai suoi elettori dicendo: gli altri si sono acconciati, noi no. A differenza della destra storica, i giovani non temono che l’opposizione li rinchiuda nel ghetto dei partiti anti-sistema come fu per il Mis”.

Meloni è stata l’unica leader di partito a dire No a Draghi. Le è piaciuto l’intervento in aula a Montecitorio?

E’ stato un discorso duro, ma abile. Ha espresso una posizione di assoluta intransigenza, con una critica forte all’Ue e alle modalità di designazione del premier – con il paradosso della Corea del Nord – tenendo però la porta aperta a un’opposizione patriottica. E ha rifiutato radicalmente l’idea di Draghi salvatore della patria che tutti gli altri hanno accettato.

FdI non vota la fiducia a Draghi perché gli manca la legittimazione popolare. E perché il suo governo è troppo in continuità con il precedente.

Ha criticato i ministri con nome e cognome, cosa che in Parlamento non usa, perché parlava ai suoi elettori e simpatizzanti seduti davanti alla tv. Ha agitato le muletas davanti al toro: Speranza, Di Maio… I nomi che fino a poco fa anche Salvini e Berlusconi agitavano. E’ stato l’unico discorso che parlava non al palazzo bensì a chi ne sta fuori: io dico No, gli altri si sono acconciati.

Motiva il No con la lealtà agli elettori mentre Salvini motiva il Sì con la lealtà al Paese. Siamo nel campo dei princìpi o della tattica?

Anche Salvini ha dovuto dire Sì per lealtà ai suoi elettori: quelli del Nord. FdI non ha questo vincolo non avendo un elettorato così specifico, e in assenza di pressioni si è tenuto le mani più libere. Ha ponderato la scelta più conveniente nel breve termine per guadagnarsi un upgrade in Parlamento con le presidenze di Vigilanza Rai e Copasir e per occupare più spazi in tv come unica opposizione. Mentre nel medio termine spera in un aumento del consenso elettorale.

Secondo lei c’è margine ulteriore per il bacino della destra sovranista o è già arrivata al massimo?

Credo che ci sia un limite fisiologico tra il 14 e il 20%. Ma non dimentichiamoci che fino a poco fa FdI lottava per la sopravvivenza: nato nel 2013, alle Europee dell’anno dopo non supera la soglia di sbarramento del 4%. Alle Politiche del 2018 prende il 4,3% e solo alle Europee del 2019 il 6,4%. Vivono ancora l’euforia di avercela fatta, sono concentrati nel conservare il consenso. In più FdI è un partito piccolo senza correnti né ala “governista”.

Fino a che punto li si può considerare sul serio “diversamente europeisti”?

Sul versante dell’europeismo FdI ha fatto silenziosi passi avanti di cui nessuno si è accorto. Ricordo il documento del congresso fondativo: “Vogliamo uscire dall’euro perché è lo strumento dell’egemonia tedesca”. Erano molto più No Euro della Lega, è Salvini ad essersi accodato. E in sei anni Giorgia è diventata la versione più moderata di Matteo. Ritirando fuori la visione dell’Europa delle patrie ed evocando De Gaulle: un dibattito politico archeologico che però ha consentito di abbandonare il gruppo degli euro-estremisti scalando quello dei Conservatori e Riformisti.

L’opposizione fa parte della democrazia, e così le urne, protesta FdI. Viviamo in una “democrazia dimezzata”?

Il ragionamento non è infondato, non sono assurdità. Il presidente della Repubblica Mattarella ha spiegato con attenzione i motivi per cui non ha mandato l’Italia alle elezioni. E’ un problema che anche le istituzioni si sono poste, giungendo però a conclusioni diverse.

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Bersani: “Progetto con Pd e 5s o vince la destra”

venerdì, Febbraio 19th, 2021
Agf
Agf

Il deputato di Leu, Pierluigi Bersani, nel 2013 segretario del Pd e candidato premier del centrosinistra, saluta la partenza del governo Draghi, ma in un’intervista a ‘La Stampa’ prevede che la ‘navigazione’ sarà “Tribolata”. La riflessione parte dall’eterogeneità della maggioranza che lo sostiene, così suggerisce: “Il governo si concentri sulle emergenze, coltivi un buon rapporto con le parti sociali e non vada in agitazione. E se Salvini parla male di Speranza o di Arcuri, va beh, basta che li si lasci lavorare, non si impressioneranno”. Per Bersani, dunque, “non ci sarà la Pax, non c’è il clima” ma l’esecutivo “deve pensare a governare, lo giudicheremo dai fatti”. Sul futuro dell’alleanza tra Pd, M5S e Leu, invece, le idee sono chiare: “O si va a messa, o si sta a casa. Lavoriamo a un progetto politico. Altrimenti ci riposiamo, e poi però c’è solo la destra”.

L’HUFFPOST

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Draghi: «Tutto interessante». E dai ministri consigli sui riti del Palazzo

venerdì, Febbraio 19th, 2021

di Francesco Verderami

Ieri alla Camera Mario Draghiha evitato di fare ciò che l’altro ieri stava per fare al Senato. Durante il dibattito a Palazzo Madama era accaduto infatti che il presidente del Consiglio avesse trovato di suo gradimento un intervento, e fosse sul punto di battere le mani per manifestare il suo consenso. Non si saprà mai chi fosse il senatore, è certo invece che sia stato Giancarlo Giorgetti a fermare il capo dell’esecutivo un istante prima che applaudisse. «Non lo fare, non si fa mai dai banchi del governo», ha sussurrato al premier il ministro dello Sviluppo Economico che gli stava seduto a fianco.

Insomma, la prima volta in Parlamento a Draghi non è servita solo per ottenere lafiducia, è stata anche una sorta di apprendistato rapido rispetto alle regole del Palazzo. Per esempio: se l’altro ieri al Senato — mentre scrosciavano gli applausi al termine del suo discorso — il capo del governo aveva chiesto «ditemi quando mi posso sedere», ieri a Montecitorio gli hanno detto quando restare seduto. Perché appena terminata la replica, il premier riteneva che il rito si fosse esaurito, aveva raccolto i suoi appunti e si accingeva a lasciare l’emiciclo. Appena Federico D’Incá ha intuito cosa stava per succedere, l’ha afferrato per la giacca. Un gesto impercettibile, che il titolare per i Rapporti con il Parlamento ha accompagnato con la spiegazione. «Presidente, deve restare ancora in Aula. Bisogna attendere le dichiarazioni di voto». Il tour de force è stato stancante e insieme un condensato di emozioni, come lo stesso Draghi ha ammesso dopo due giorni di dibattito che ha trovato «interessante». E il giudizio è quanto meno un indizio, un modo di iniziare a conoscerlo per molti dei suoi stessi ministri, che con lui ancora non sanno come comportarsi. D’altronde sono due mondi diversi, storie che hanno avuto rari incroci. Al punto che il premier — quando parla coi politici della sua squadra — si rivolge dando e ricevendo il «lei», eccezion fatta per Giorgetti che conosce da quando stava a Bankitalia e per Renato Brunetta che conosce da una vita.

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Maturità, Bianchi: «Nel 2021 niente scritti, ma un elaborato da discutere all’orale»

venerdì, Febbraio 19th, 2021

di Gianna Fregonara

Maturità, Bianchi: «Nel 2021 niente scritti, ma un elaborato da discutere all'orale»

Dopo soli quattro giorni da ministro dell’Istruzione il professor Patrizio Bianchi ha già incontrato di persona o via video quasi tutto il mondo della scuola, che per dirla con lui «è la metà del Paese»: presidi, uffici scolastici, regioni, Invalsi, il Cts, le associazioni dei trasporti e presto i sindacati. È pronto ad annunciare il suo primo provvedimento, l’esame di Maturità 2021. L’ordinanza è pronta: anche quest’anno niente tradizionali prove scritte, ma soltanto l’orale. Si comincia a metà giugno.

Ministro, sarà il maxi orale con la tesina come lo scorso anno?
«Non voglio sentir parlare di tesina! I maturandi sono ragazzi e ragazze alla fine del loro percorso scolastico di cinque anni: dovranno preparare un elaborato ampio, personalizzato, sulle materie di indirizzo concordandolo con il consiglio di classe. Lo discuteranno con la commissione, composta dai loro insegnanti. Da qui comincerà l’orale che si svilupperà poi anche sulle altre discipline. Consentiremo loro di esprimere quanto hanno maturato e compreso nel corso degli anni anche con una visione critica».

Saranno tutti ammessi all’esame, come lo scorso anno?
«L’ammissione sarà disposta in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe».

Il premier Mario Draghi nel suo discorso alla Camera ha messo a fuoco diverse sfide per la scuola: recupero di quanto perso con la Dad, allineamento agli standard europei, sviluppo dell’istruzione tecnica e anche qualche cambio di calendario. Da dove comincerà?
«Sono grato al presidente Draghi per l’importanza che ha dato alla scuola. Così come sono grato ai docenti e al personale della scuola che è stato eroico in questi mesi così difficili, imparando a usare strumenti digitali che tutti fino ad un anno fa conoscevamo poco».

Si sono dati molto da fare ma i dati sugli studenti che si sono persi in questi mesi di emergenza e di Dad sono allarmanti . Come si recupera?
«Purtroppo la pandemia ha esasperato problemi di diseguaglianza che erano già gravi. Ha mostrato come nel nostro Paese ci siano situazioni molto differenti. E io voglio ripartire dal Sud che è la zona più in difficoltà perché per rilanciare il sistema si comincia da chi ha più problemi, da chi è più debole: non dimentichiamo che in certe zone della Calabria e della Campania uno studente su tre si perde per strada, che in Sicilia solo il 5 per cento dei bambini va al nido».

C’è intanto il problema di tornare tutti a scuola: le superiori sono ancora al 50 per cento e nelle nuove zone rosse anche scuole materne ed elementari sono chiuse, che piano ha per la sicurezza della scuola?
«Dobbiamo essere molto cauti perché la sfida del virus è ancora alta. La prima cosa da fare è vaccinare tutti gli insegnanti e il personale, anche i più grandi di età. Solo se loro saranno in sicurezza le scuole saranno sicure anche per i ragazzi e le famiglie».

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Il momento dell’atterraggio del rover Perseverance su Marte e l’entusiasmo alla Nasa

venerdì, Febbraio 19th, 2021
Le prime immagini del rover della NASA alla ricerca di tracce di vita sul Pianeta Rosso – Ansa /CorriereTv
Il rover Perseverance e il drone Ingenuity sono atterrati su Marte dopo un viaggio spaziale iniziato il 30 luglio 2020. La missione Mars 2020 della NASA è ufficialmente partita: Il nuovo rover resterà sul Pianeta Rosso per un anno marziano (687 giorni, quasi due anni sulla Terra) e ha l’obiettivo di cercare qualsiasi traccia di vita del passato su Marte.
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Draghi, governo diretta oggi. Replica di 13 minuti: 8 applausi. «Combatteremo mafie e corruzione. Sostegno a turismo, Pmi e sport»

giovedì, Febbraio 18th, 2021

È in corso nell’Aula della Camera il dibattito sulla fiducia. Mario Draghi ha replicato alle ore 18. La replica di Draghi nell’Aula della Camera è durata 13 minuti. Ha ricevuto otto applausi dall’Assemblea: sulla semplifcazione, sulla lotta alla corruzione, sull’impegno per le carceri, sullo sport e sul turismo. Poi sono in programma le dichiarazioni di voto e alle 20 avrà inizio la chiama per la votazione.

Draghi, la potenza di un’analisi che la politica voleva ignorare

Ecco il programma:

La giornata in diretta 

Ore 19.40 Sei deputati M5S annunciano di votare no. «Esprimiamo la nostra piena solidarietà ai senatori M5S espulsi per aver votato contro la fiducia a questo Governo della grande ammucchiata, per essersi astenuti o per non essere stati presenti. La loro espulsione suona anche come un avvertimento nei confronti di noi deputati». Lo affermano Pino Cabras, Andrea Colletti, Jessica Costanzo, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero e Andrea Vallascas annunciando che «anche noi voteremo convintamente ‘no’».  «Il nostro impegno, nel solco del programma elettorale – aggiungono i sei deputati – non verrà certo meno, nonostante le minacce e i tentativi di condizionare il nostro voto. Lavoreremo insieme – concludono – per costruire un’alternativa a un Governo del ‘tutti dentrò e dell’austerità. L’alternativa c’è!».

Ore 19.10 Anche alla Camera mozione unica di maggioranza. Come al Senato, anche alla Camera la nuova maggioranza ha presentato una mozione unica sulla fiducia al governo Draghi. Un testo che ricalca quello di palazzo Madama, stringatissimo, per dire che la Camera ascoltate le comunicazioni del presidente del Consiglio esprime la fiducia al governo. A firmarla i capigruppo Davide Crippa (M5s), Riccardo Molinari (Lega), Graziano Delrio (Pd), Roberto Occhiuto (Forza Italia), Maria Elena Boschi (Iv) e Manfred Schullian (Misto).

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Gualtieri, l’ex ministro verso la candidatura per Roma. Ma resta il nodo Calenda

giovedì, Febbraio 18th, 2021

Marco Grimaldi

L’ex ministro dell’economia Roberto Gualtieri starebbe valutando la proposta del Pd di candidarsi a sindaco di Roma e si sarebbe preso «qualche giorno», a quanto apprende l’Adnkronos da fonti del Pd romano, per decidere se accettare la sfida per il Campidoglio. Nel Pd, comunque, sembra esserci ottimismo sulla possibilità che Gualtieri possa sciogliere positivamente la riserva. Lo schema, in ogni caso, sarebbe quello all’interno del tavolo del centrosinistra con l’ormai tradizionale appuntamento delle primarie, sempre che ci siano, si sottolinea, altri sfidanti a contendersi la candidatura a sindaco della capitale. La mossa di Gualtieri, nell’eventualità accettasse la candidatura, potrebbe anche risolvere il rebus su Napoli. A quel punto non è escluso che Roberto Fico possa correre per il capoluogo partenopeo. Certo, resta da sminare il nodo Carlo Calenda. L’ex ministro, infatti, da mesi ormai è sulla piazza come candidato in pectore di Roma.

LA STAMPA

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