Archive for Febbraio, 2021

È nato il governo Draghi: 23 ministri, 15 uomini e 8 donne. Più politici che tecnici, più Nord che Sud

sabato, Febbraio 13th, 2021

di Alessandro Sala

Il grande giorno è arrivato, Mario Draghi ha sciolto la riserva. Alle 19, al termine di una giornata in cui l’agenda è più volte cambiata e in cui si sono susseguite voci di possibili allungamento dei tempi, si è recato al Quirinale e ha incontrato il presidente Sergio Mattarella comunicandogli la composizione del suo nuovo governo. Il giuramento è previsto per sabato alle 12. Poi mercoledì Draghi chiederà la fiducia al Parlamento: alle 10 si presenterà in Senato e successivamente alla Camera.

Incontri con Casellati, Fico e Conte

In serata Draghi ha incontrato i presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico , e il premier uscente Giuseppe Conte. Il neo premier, davanti alle telecamere, si è limitato a leggere l’elenco dei nuovi ministri, senza aggiungere considerazioni e senza intrattenersi con i giornalisti per rispondere a domande. Le sue uniche parole sono quelle riportate da un gruppo di fotografi che gli hanno augurato «in bocca al lupo»: abbassando il finestrino dall’auto che si allontanava dal Quirinale, Draghi ha sorriso e ha risposto loro con il classico «Crepi il lupo!».

I nuovi ministeri

La squadra che lo affiancherà è composta da 23 ministri — 15 uomini e 8 donne — e, per ora, un solo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. Come da previsione, si tratta di un esecutivo misto, composto da figure tecniche e figure politiche. Ci sono diverse novità, come il ministero per la Transizione ecologica, affidato a Roberto Cingolani; quello alla Transizione digitale, che sarà guidato da Vittorio Colao; e quello del Turismo, materia che sarà scorporata dai Beni culturali, che andrà al leghista Massimo Garavaglia; quello per la Disabilità, affidato a Erika Stefani.

Le riconferme

Molte le riconferme, rispetto al governo Conte: Luciana Lamorgese all’Interno; Luigi Di Maio agli Esteri; Roberto Speranza alla Salute, Riccardo D’Incà ai Rapporti con il Parlamento; Lorenzo Guerini alla Difesa; Dario Franceschini alla Cultura; Elena Bonetti alle Pari opportunità e alla famiglia (Bonetti, esponente di Italia viva, si era dimessa assieme a Teresa Bellanova, non riconfermata, causando di fatto la crisi del governo Conte bis). Conferma anche per Stefano Patuanelli, che passa dallo Sviluppo economico all’Agricoltura, e di Paola Dadone, che passa alle Politiche giovanili e che dovrebbe avere la delega allo Sport.

Rating 3.00 out of 5

Paolo Liguori: “Nuovo governo impressionante per tempi, modi, equilibrio e forma”

sabato, Febbraio 13th, 2021

“Questo nuovo governo lo definirei “impressionante“. E ti giuro che non sono impressionabile perché ne abbiamo visti tanti”. Con queste parole il direttore di Tgcom24, Paolo Liguori, interviene a “Stasera Italia” per commentare la lista dei ministri presentata da Mario Draghi dopo aver accettato l’incarico di premier.

“Impressionante per i tempi, i modi, l’equilibrio e la forma – spiega nella trasmissione di Rete 4 – Il modo con cui è stato fatto e perfino annunciato: di solito quando sulla finanza si devono annunciare delle decisioni si fanno a Borsa chiusa, il venerdì alle 19 Draghi si è presentato al Quirinale per non “impressionare” i titoli di domani e di domenica, lunedì sarà già un’altra cosa”.

E ancora: “L’equilibrio perfetto, tre ministri a ogni partito, ma lui ha un pacchetto di ministri che fanno la politica nuova, cioè quella che deve rispondere al Recovery Fund. Impressionante anche la forma, che è stata rispettata fino al dettato della costituzione, letteralmente. Nessuno sapeva il nome dei ministri, non è stato trattato. Certamente, ha lasciato al loro posto quelli che hanno un ruolo politico perché ha bisogno dei partiti”.

Rating 3.00 out of 5

Nato il governo Draghi: la lista dei nuovi ministri

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Alessandro Sala

Nato il  governo Draghi: la lista dei nuovi ministri

Il grande giorno è arrivato, Mario Draghi ha sciolto la riserva. Alle 19 si è recato al Quirinale e ha incontrato il presidente Sergio Mattarella comunicandogli la composizione del suo nuovo governo. Il giuramento è previsto per domani alle 12.

Dopo avere incontrato il capo dello Stato, Draghi ha letto l’elenco di uomini e donne che compongono la squadra che lo affiancherà. Come da previsione, si tratta di un esecutivo misto, composto da figure tecniche e figure politiche. I ministri sono nel complesso 23, con alcune novità come il ministero per la Transizione ecologica , affidato a Roberto Cingolani; quello alla Transizione digitale, che sarà guidato da Vittorio Colao; e quello del Turismo, scorporato dai Beni culturali, che andrà al leghista Massimo Garavaglia; quello per la Disabilità, affidato a Erica Stefani.

Molte le riconferme, rispetto al governo Conte: Luciana Lamorgese all’Interno; Luigi Di Maio agli Esteri; Roberto Speranza alla Salute, Riccardo D’Incà ai Rapporti con il Parlamento; Lorenzo Guerini alla Difesa; Dario Franceschini alla Cultura; Elena Bonetti alle Pari opportunità e alla famiglia (Bonetti, esponente di Italia viva, si era dimessa assieme a Teresa Bellanova, non riconfermata, causando di fatto la crisi del governo Conte bis). Conferma anche per Paola Dadone, che passa però alle Politiche giovanili.

Il ministero dell’Economia, forse il più importante della partita, viene assegnato ad un tecnico, Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia. Un profilo tecnico di alto livello, quello di Marta Cartabia, già presidente della Corte costituzionale, è stato scelto anche per la Giustizia.

Ci sono poi dei ritorni a ruoli ministeriali: per Renato Brunetta, alla Pubblica amministrazione; Maria Stella Gelmini, agli Affari generali e alle Autonomie; Mara Carfagna, al Sud e alla Coesione territoriale; Andrea Orlando al Lavoro.

Rating 3.00 out of 5

Libertà vigilata, non ergastolo

venerdì, Febbraio 12th, 2021

Alessandro Sallusti

L’ultimo miglio di una corsa è sempre il più insidioso e questo vale per Mario Draghi che, superato ieri lo scoglio del referendum grillino, ora deve mettere nero su bianco i nomi dei ministri e il contenuto del suo programma.

Mi dicono che a Roma si vivano momenti di tensione, perché a poche ore dall’insediamento di un nuovo governo, dal presidente incaricato per la prima volta non è trapelata la benché minima indiscrezione sulla composizione della squadra di governo. Si inseguono voci frutto per lo più di autocandidature, ma nessuno ha ancora ricevuto la telefonata fatidica che lo sollecita a preparare il vestito buono per il giuramento.

Oggi probabilmente sapremo, ma non stiamo parlando solo di poltrone nel senso deteriore del termine. Dalla lista dei nomi e dalla attribuzione a ognuno di un incarico specifico dipenderà infatti il tasso di gradimento sostanziale – quello formale lo diamo per scontato – dei partiti al governo. In questo momento Draghi può permettersi tutto o quasi tutto, ma siamo pur sempre in una Repubblica parlamentare dove il peso dei partiti e l’equilibrio tra i partiti giocano comunque un ruolo determinante soprattutto se parliamo di una larga maggioranza fatta di sensibilità assai diverse tra loro.

Paradossalmente la soluzione più indigesta alla politica – un governo di soli tecnici – sarebbe anche la più gestibile dai partiti, perché sgombrerebbe il campo da invidie e gelosie tra di loro e rivolte interne degli esclusi. È possibile appaltare all’esterno, cioè solo a tecnici non eletti, la più grande manovra economica della storia della Repubblica quale è l’utilizzo dei 209 miliardi in arrivo dall’Europa? La domanda non ha risposte certe e, per certi versi, la politica meriterebbe di essere lasciata sulla porta per l’incapacità che ha dimostrato negli ultimi anni.

Rating 3.00 out of 5

Governo, ultime news: lista dei ministri pronta. Alle 19 Draghi salirà al Quirinale

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Silvia Morosi e Alessandro Sala

Governo, ultime news: lista dei ministri pronta. Alle 19 Draghi salirà al Quirinale

Il gran giorno di Mario Draghi è arrivato. Alle 19 salirà al Quirinale per incontrare il presidente Mattarella, sciogliere la riserva e presentare la lista dei nuovi ministri. L’ex presidente della Bce ha messo a punto in giornata la squadra che lo affiancherà: dovrebbe trattarsi di un mix tra ministri tecnici e ministri politici, anche se i partiti sembrano essere stati tagliati fuori dalla fase delle scelte. Draghi, come del resto prevede la Costituzione, ha proceduto motu proprio con la composizione dell’esecutivo. Resta intanto aperto il tema della spaccatura nel M5S, dopo il voto di ieri sulla piattaforma Rousseau che ha dato il via libera al governo di unità nazionale. A seguito del risultato, Alessandro Di Battista ha annunciato che lascerà il Movimento, seguito da una decina di parlamentari.

Ore 17.30 – +++ Mattarella riceve Draghi alle 19 +++
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella riceverà oggi alle 19 il presidente incaricato Mario Draghi. Il premier in pectore, da quanto si è appreso, si presenterà al Quirinale già con la lista dei nuovi ministri. Una nota del Colle fa sapere che è già stata allestita la sala stampa nel Salone delle Feste del palazzo presidenziale, da dove sarà effettuata la comunicazione ufficiale alla presenza di alcuni giornalisti sorteggiati (si tratta numeri ridotti rispetto alla prassi, per evitare assembramenti in funzione anti-Covid, come già avvenuto durante le consultazioni).

Ore 17.00 – Adriano Celentano: «Bene il triplo salto di Salvini»
Ha apprezzato la posizione di Salvini sottolineando che «solo gli sciocchi non cambiano idea». Adriano Celentano, che si definisce «un Grillino della prima ora», ha elogiato via Instagram il leader della Lega per vere deciso di «non perdere il treno» del governo di unità nazionale. «Il quale —sottolinea — solo se è veramente di unità nazionale può avere qualche probabilità di vincere sul “carceriere” che sta imprigionando il mondo», ovvero il virus.

Ore 16.30 – L’ultimo Consiglio dei ministri dell’era Conte
Si è chiuso l’ultimo consiglio dei ministri del governo guidato da Giuseppe Conte. Il premier uscente ha salutato tutti i membri «con grande affetto» ed è stato a sua volta ricambiato con un lungo applauso. L’ultima seduta è servita per approvare il decreto che vieta gli spostamenti tra le regioni dal 15 al 25 febbraio su tutto il territorio nazionale, fatti salvi i casi di necessità.

Ore 14.45 – Di Battista: «Finita una bellissima storia d’amore»
Nel M5S si è aperto un «dibbattito» virtuale, sull’annuncio di Alessandro Di Battista di volersi fare da parte dopo il voto di Rousseau favorevole al sostegno a Draghi. Luigi Di Maio in un post su Fb dice ci augurarsi che il suo non sia un addio perché con lui «come con pochissimi altri, il Movimento sarà sempre in debito». Luigi Di Maio chiede ora «rispetto» per la scelta dell’amico, con cui ammette di non avere sempre avuto visioni comuni nell’ultimo periodo. «Ho letto commenti vergognosi contro di lui in queste ore e retroscena e titoli di giornale indegni». Anche Danilo Toninelli non pensa che quello di Dibba sia un addio definitivo: «Sono certo che le nostre strade continueranno ad incrociarsi». E ha aggiunto: «È stato uno dei pochi che mi ha difeso pubblicamente durante il massacro mediatico quando ero ministro». Lo stesso Alessandro Di Battista, sempre via social, parla di una «rappresaglia mediatica» contro di lui lanciata da «giornali berlusconiani». Intercettato dai cronisti fuori da casa sua, ha detto che «è finita una bellissima storia d’amore». E ha precisato: «Sono felice di aver preso una decisione difficile, ma in linea con quello che sono io. Ora non ho alcun futuro politico, sto scrivendo libri». Il capogruppo al Senato, Ettore Licheri, lo esorta tuttavia a «cercare di capire che c’è stata una votazione». E, come sottolineava anche Vito Crimi dopo l’esito del voto, «tutti gli eletti ne devono prendere atto».

Rating 3.00 out of 5

Distanze necessarie/ Il vero volto di un premier diverso dagli altri

venerdì, Febbraio 12th, 2021

ALESSANDRO CAMPI

Sulle capacità personali di Mario Draghi nessuno ha dubbi. Il suo curriculum è stato setacciato, alla ricerca di falle o punti deboli (che so, un master mai frequentato, una laurea honoris causa concessa dall’Università della Kamchatka, una pubblicazione a sedici mani sul “Liechtenstein Journal of Economics”). Niente da fare, tutto in ordine. Ha avuto una carriera impeccabile (e invidiabile), gode di grande credito internazionale, ha accumulato cariche una più prestigiosa dell’altra, ha competenze economiche indiscusse e sembrerebbe possedere anche inaspettate doti politiche. 

Eppure anche uno così potrebbe fallire. Non solo perché i problemi che già oggi ha dinnanzi sono oggettivamente enormi, ma per i pericoli e gli inciampi che si troverà sulla strada e che con abilità dovrà schivare. 

No, non parliamo dei partiti che appoggeranno la sua (ampia) maggioranza. Quelli faranno semmai qualche atto d’ostruzionismo e proveranno ogni tanto a mettersi di traverso, come stanno facendo in queste ore Pd e M5S, in pressing felpato su Draghi affinché rifiuti il sostegno della Lega. Ma se da un lato è chiarissimo il mandato del Capo dello Stato (tutti dentro salvo chi si chiama volontariamente fuori, senza veti di nessuno su nessuno), dall’altro è ancora più chiaro che il governo Draghi nasce per dare soluzione a un fallimento politico-istituzionale prodotto proprio dai partiti. 

Ai quali dunque, sinché l’emergenza durerà, non resta che fare buon viso a cattivo gioco. Per il bene del Paese, ma in fondo anche per il loro. 

Sono allora altri i pericoli che Draghi dovrà schivare. Il primo, già largamente materializzatosi, sono gli eccessi di adulazione e la corsa a santificarlo. Atteggiamenti che la dicono lunga sia sullo stato di prostrazione degli italiani, alla ricerca di un santo (anche politico) cui votarsi, dall’altro sulla loro atavica tendenza ad adagiarsi sul potente di turno.

L’incensamento e la cortigianeria non sono un male in sé, anche se alla lunga possono risultare destabilizzanti per chi ne è oggetto. Sarebbe invece un problema se, in questa corsa a chi encomia di più Draghi, si smarrissero il senso critico e l’indipendenza di giudizio. Per lavorare bene Draghi non avrà bisogno di persone disposte a ricordargli, in privato e in pubblico, quanto sia bravo e intelligente, ma in grado di disapprovarne eventualmente le proposte e le scelte. Va da sé in modo argomentato e razionale, non per pregiudizio o partito preso. L’unanimismo acritico in democrazia è pericoloso – su questo ha ragione Giorgia Meloni, anche se le motivazioni politiche del suo “No” a Draghi non convincono più di tanto.

Parente stretta della cortigianeria è poi la retorica pubblica su Draghi estrema e unica riserva della Repubblica, salvatore in extremis della patria, insomma il “Mr. Wolf” tarantiniano chiamato a risolvere tutti i nostri problemi. Il pericolo in questo caso è duplice: mettere sulle spalle di una sola persona un carico ingestibile di aspettative, dimenticando che uno Stato è un sistema complesso che funziona solo se tutte le sue articolazioni funzionano; precostituirsi un alibi e scaricarsi da ogni responsabilità per prendersela con quell’unico e solo uomo allorché le cose dovessero prendere una piega sbagliata o inattesa. 

Un terzo pericolo che presto si addenserà, più tecnico, riguarda la porosità del sistema burocratico-amministrativo italiano, la sua tendenza autoconservativa che va oltre le logiche di schieramento politico e le simpatie personali di questo o quel burocrate. E’ un riflesso protettivo di casta, una difesa ad oltranza di privilegi che spesso non sono nemmeno economici, ma di status e di ruolo. 

Le riforme in Italia, quelle poche che si sono fatte, spesso sono fallite o hanno funzionato male proprio perché chi doveva implementarle e renderle operative ha agito controvoglia e in modo pedissequo, seguendo un’antica regola: se vuoi produrre blocchi e rallentamenti applica i regolamenti e le procedure alla lettera.
A Draghi si sta chiedendo (gli italiani prima che l’Europa) di fare riforme importanti, anche se in due anni più di tante non potrà farne. Il problema è renderle concrete, affinché producano effetti reali, soprattutto quelli desiderati. Ma c’è appunto una macchina pubblica da rimotivare e (in non pochi casi) mettere in riga, alla quale ricordare che le sue azioni sono funzionali alle scelte adottate sul piano politico e che le sue attività sono sempre al servizio della collettività.

Fare le riforme (quelle vere) significa toccare equilibri e interessi consolidati, rendite di posizione piccole e grandi, modificare procedure e linee operative. Bisogna dunque mettere in conto resistenze e sabotaggi, atteggiamenti passivi e formalismi esasperati, da superare e stroncare subito. 
Ma il pericolo finale e più grande, il più legato ai tempi che stiamo vivendo, è quello che verrà a Draghi dalle dinamiche della politica-spettacolo e dalla bulimia che governa il sistema dell’informazione. Anche su questo versante i primi segnali negativi si sono già visti. Si è partiti con l’agiografia relativa all’uomo pubblico (il banchiere, il professore) per poi buttarsi subito sull’aneddotica riguardante l’uomo privato (il padre, il marito, il compagno di scuola). Ma molto peggio potrebbe ancora venire.

Rating 3.00 out of 5

Le regioni in zona arancione, secondo i dati di oggi

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Le regioni in zona arancione, secondo i dati di oggi

Il ministero della Salute dovrebbe decidere oggi che la provincia di Trento, Toscana, Liguria e Abruzzo cambieranno «colore» – passando dalla zona gialla a quella arancione — mentre l’Umbria potrebbe rimanere in arancione.

La decisione si baserà sui dati del monitoraggio dell’Istituto superiore di Sanità, diffuso nel pomeriggio di venerdì 12 febbraio. Il report descrive un generale peggioramento della pandemia di Covid-19 in Italia, anche a causa della aumentata circolazione delle varianti ad alta trasmissibilità del coronavirus Sars-Cov-2. (La variante inglese del virus, in Italia, rappresenta quasi un caso su 5, come indicato in questo report sempre dell’Iss).

Se l’Umbria dovesse rimanere arancione, a «pesare» nella decisione sarebbe il fatto che la Regione ha deciso il varo di zone rosse localizzate per contenere la diffusione della variante brasiliana. La situazione, nella Regione, è comunque critica: la protezione civile sta cercando con urgenza medici, infermieri e personale socio-sanitario da impiegare contro l’ipennata di contagi.

Rating 3.00 out of 5

Recovery, riforme e ripresa dell’export: così il Nord produttivo ha spinto Salvini

venerdì, Febbraio 12th, 2021

fabio poletti, francesco rigatelli

L’emergenza Covid e l’esperienza forzata dello smart working hanno spinto l’acceleratore sull’esigenza delle imprese di rinnovarsi per reggere al meglio la competizione internazionale. E’ questa la ragione per cui il Nord produttivo implora la politica perché il governo Draghi duri fino alla fine della legislatura e realizzi le riforme auspicate almeno da 20 anni. Come ricorda il rapporto della Fondazione Nordest entro il 2025 nelle aziende ci sarà più bisogno di competenze che di capacità fisica e gli operai dovranno farsi lavoratori «imprenditivi» capaci di nuove professionalità digitali.

In questa direzione va il contratto dei metalmeccanici firmato settimana scorsa. «Una piccola rivoluzione che cambia l’inquadramento del lavoro e ci fa attendere il governo Draghi con fiducia – racconta Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica -. La pandemia ha reso evidente che il mondo è cambiato e servono nuove conoscenze. Nelle aziende bisogna dare spazio ai giovani e formare continuamente». Il primo scoglio sarà quello dei licenziamenti: «Un momento critico, per cui serviranno ristori per le aziende ferme come quelle legate ai voli aerei, ma anche sostegni al settore manufatturiero affinché possa mantenere i posti di lavoro. Il taglio del cuneo fiscale resta prioritario e ben venga un ministero per la Transizione ecologica, poi però incentiviamo chi fa componentistica a spostare la produzione verso idrogeno e batterie».

Da sempre attento all’innovazione, Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, non perde tempo nelle definizioni di Draghi «di cui non si può che essere contenti. Dopo tre settimane di crisi di governo è il momento della concretezza e fa piacere che il presidente incaricato abbia ricevuto le parti sociali. Ora speriamo nelle riforme di cui si parla da decenni: pubblica amministrazione, giustizia e fisco per tornare un Paese normale, far ripartire l’export e dare un futuro solido al made in Italy».

Il tema dell’innovazione viene sentito anche nel Bresciano, dove Roberto Zini, vicepresidente di Confindustria Brescia, ha curato le trattative sindacali durante le chiusure: «L’incertezza non aiuta, a Draghi chiediamo stabilità e speriamo resti fino a fine legislatura per fare le riforme. I licenziamenti? Non si può creare un problema sociale, ma bisogna riformare gli ammortizzatori per stimolare nuove competenze. A Brescia un terzo delle imprese non trova le specializzazioni che cerca».

E se a Brescia sperano a Bergamo pregano, come Aniello Aliberti, presidente della Piccola Confindustria e vicepresidente di Confindustria Bergamo: «Preghiamo tutte le sere che il governo parta. Guardiamo con curiosità alle varie motivazioni dei partiti per sostenerlo, quando dovrebbe essere scontato. Il Recovery plan è un treno da non perdere e in Italia non c’è nessuno con le competenze e i rapporti di Mario Draghi».

Rating 3.00 out of 5

Il ruggito del Grillo

venerdì, Febbraio 12th, 2021

Marcello Sorgi

Bisogna dare a Grillo quel che è di Grillo. Pur con tutte le riserve su quel che è accaduto. La rottura con Di Battista. Il quesito per la consultazione degli iscritti scritto com’era scritto e la validità del risultato (59,3 per cento “Sì”, 40,7 “No”), perdoni il notaio, certificata ma discutibile. È ancora: la piattaforma Rousseau che funziona come funziona e un Movimento ancora primo in Parlamento che continua a dipendere da una società privata. Malgrado ciò, Grillo è il vero vincitore di questa tornata. Non voleva questa votazione, avrebbe preferito rinviarla, ma alla fine ha accettato di correre il rischio.

E c’è da credere che si sarebbe sottomesso al verdetto delle urne telematiche anche se fosse stato un “No”. Ha capito subito cosa stava accadendo: s’è scaraventato a Roma quando ha capito che la sua creatura e i suoi ragazzi non erano in condizione di gestire la situazione e di decidere. Realisticamente, ha digerito l’estromissione di Conte, mentre i suoi continuavano a sperare in un improbabile fallimento del tentativo di Draghi, magari per riproporre l’avvocato del popolo. E ha scelto immediatamente la linea della partecipazione al governo, sebbene fosse evidente che stava montando una forte opposizione interna anche tra i parlamentari. L’ha domata. L’ha costretta a ripiegare dall’opposizione all’astensione, tal che se ci saranno nuove fuoruscite parlamentari, o “passi di lato” come quelli di Dibba, saranno insignificanti.

Nel frattempo ha stabilito un rapporto con l’incaricato (non era facile, non era scontato tra due personaggi così diversi, e specialmente con uno come Draghi, in passato considerato dall’Elevato una bestia nera). Merito, ovviamente anche dell’ex presidente della Bce. Ha ottenuto, unico tra i numerosi consultati, di poter avanzare una richiesta come quella del ministero per la Transizione ecologica, nelle corde del Movimento (l’ambiente è una delle 5 stelle), e vedersela accogliere, anche a costo di moltiplicare quelle, inascoltabili, degli altri partiti. Poi ha bloccato la consultazione degli iscritti quando ha intuito che era stata costruita contro di lui da Casaleggio, dalla sua Rousseau e dall’anima nostalgica del Movimento delle origini. E si sarebbe potuta concludere con la somma di “No” e astensioni superiore ai “Sì”. Per questo, ha dovuto fronteggiare una contestazione durissima, piena di insulti, sulla rete, e ha dovuto rassegnarsi alla fine alla votazione che l’ha confermata con oltre il 40 per cento di “No”.

Rating 3.00 out of 5

Rocco Casalino, nell’autobiografia le violenze del padre, le cene con Trump e Merkel

venerdì, Febbraio 12th, 2021

Il racconto del padre violento, alcolizzato. Le notti trascorse a dormire con la sorella nella vasca da bagno, perché quella era l’unica stanza che si poteva chiudere a chiave per difendersi dal genitore violento. E quando si trova davanti a quest’ultimo, sul letto di ospedale, lo guarda e dice: «Muori. Devi morire». Poi: «Pronuncio queste parole con lingua ferma. Senza rabbia. Parole ferme, dure, normali… Sono sollevato. Tutto il male che mio padre aveva fatto a mia madre, a me e mia sorella…». È uno dei passaggi privati e più duri, anticipati da La Verità, che Rocco Casalino rivela nella sua autobiografia: Il portavoce-La mia storia, edito da Piemme, la cui uscita è slittata al 16 febbraio a causa della crisi di governo.

Casalino, portavoce dell’ex premier Giuseppe Conte, nelle 272 pagine ripercorre la sua vita: da figlio di emigranti pugliesi che viene bullizzato dai compagni di scuola negli anni in cui la sua famiglia vive in Germania. Poi gli anni di studio, la laurea in Ingegneria, la fatica a trovare una strada e soprattutto un lavoro.

Poi, d’improvviso, arriva il 2000. Prima edizione del Grande Fratello:16 milioni di spettatori. Rocco si tuffa ai provini e dice: «Sono qui con la mia ragazza, ma mi piacciono anche gli uomini». Casalino arriva quasi in finale, ma in quei 93 giorni con le telecamere fisse addosso lui riesce a fare il grande salto mediatico e diventa «Rocco».

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.