Rosa Fioravante
Teaching assistant di Political Sociology alla Luiss
Il 6 Gennaio 1914 nasceva Federico Caffè.
I suoi testi, tra i quali ricordiamo “la solitudine del riformista” e
“la dignità del lavoro” sono importantissimi. Importanti non solo per
coloro che si considerano keynesiani o vogliono approfondire il pensiero
di Keynes, importanti non esclusivamente per coloro che studiano
economia (non solo nell’ottima facoltà di Roma Tre a Caffè intitolata),
bensì importanti per capire la differenza tra coloro che hanno fatto
dell’economia una materia da tecnocrati e coloro che, al contrario,
l’hanno vissuta e insegnata come una disciplina intellettuale con
risvolti politici e radici sociali.
La scomparsa di Federico Caffè rimane uno dei grandi misteri che
riguardano personalità di straordinario ingegno italiano (il paragone
ricorrente è quello col destino di Majorana), ma il suo pensiero torna
oggi di grande attualità non solo per i temi su cui egli lavorava ma
perché il suo più noto allievo si chiama Mario Draghi.
Nel puntuale ritratto che ne fa Michelangelo Morelli su Pandora rivista,
si ricorda il ruolo di Caffè nella Resistenza, il suo sostegno alla
politica economica laburista sul finire degli anni ’40 mentre studiava
presso la LSE, il suo rapporto col pensiero di Einaudi e con, tra gli
altri, il collega Claudio Napoleoni, la sua capacità di vivere tra il
mondo accademico-scientifico e quello della “messa in pratica” delle
idee all’interno principali istituzioni finanziarie internazionali.
Come
è noto, Keynes sosteneva che, nel tempo, è il potere delle idee più che
quello degli interessi a essere pericoloso per il bene o per il male:
“I matti al potere, i quali sentono voci nell’aria, distillano le loro
frenesie da qualche scribacchino accademico di pochi anni addietro”.
Proprio Federico Caffè sosteneva che, anche quando gli interessi sono
più forti, bisogna tuttavia che gli economisti badino alle idee.
Poiché
viviamo in quella che Crouch ha definito una “post-democrazia”, il
Parlamento e il Governo, invece di essere luogo di composizione di
interessi rappresentati dai partiti, diventano teatro di scorrerie
individuali dei leader, di invocazione dell’uomo salvifico “tecnico”,
della speranza che si risolva istituzionalmente una crisi che dovrebbe
essere risolta politicamente.
Concluso
martedì il secondo giro di consultazioni con le forze politiche, il
premier incaricato Mario Draghi ha incontrato ieri le parti sociali (qui
la cronaca politica di ieri). Oggi gli iscritti al M5S sono chiamati
alla scelta sull’appoggio al governo Draghi, attraverso il voto sulla piattaforma Rousseau, dalle 10 alle 18. Tredici parlamentari pentastellati parlano però di quesito volto a inibire il voto contrario (qui il quesito).
Di Maio chiede di votare «sì»: «Draghi ha garantito che il reddito di
cittadinanza non si tocca e il Mes non si è citato», rassicura. Ci sarà
un ministero della Transizione ecologica.
Ore 18.45 – Si a Draghi dal M5S ma solo con il 59% di sì I
vertici del M5S hanno proclamato il risultato del referendum. «Il voto
si è regolarmente svolto, gli aventi diritto erano 119.444, quelli
espressi 74.817. I sì sono stati 44.177 pari al 59,3%, i contrari
30.360 corrispondete al 40,7%». Dunque il sì a Draghi passa con
percentuali notevolmente più basse rispetto ai due governi Conte che
avevano ottenuto rispettivamente il 94 e il 79% di consensi da parte
della base.
Ore 18.40 – Mario Draghi arrivato alla Camera Il
premier incaricato Mario Draghi è arrivato da pochi minuti alla Camera
dei deputati. L’ex numero uno della Bce è partito alla volta di Roma da
Città della Pieve attorno alle 9. In mattinata e nel primo pomeriggio ha
lavorato dalla sua abitazione capitolina, in zona Parioli, e
dall’ufficio in Banca d’Italia.
Ore 18.30 – Zingaretti chiede la presenza di ministri «politici» «La
scelta dei ministri rispetti il pluralismo politico e la parità di
genere»: lo ha detto il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Il
passaggio, all’interno di una lunga dichiarazione letta al termine di un
vertice del partito. La frase sembrerebbe alludere a una richiesta
formulata a Draghi perché nella compagine di governo vengano inclusi
rappresentanti dei partiti e non solo figure tecniche.
Ore 18.15 – Chiusa la votazione su Rousseau, risultati verso le 19 Si
è chiusa alle 18 la votazione sulla piattaforma Rousseau dove gli
iscritti M5s sono stati chiamati a esprimersi su un eventuale supporto a
un Governo presieduto da Mario Draghi. L’esito del voto è atteso
intorno alle ore 19.
Ore 18 – Nuovo record dello spread: chiude a quota 91 Non
si arresta il calo dello spread tra Btp decennali e omologhi Bund
tedeschi. Il differenziale chiude a 91 punti dopo un’apertura a 95,
mentre il rendimento dei Buoni italiani si attesta al nuovo minimo
storico dello 0,45%. A restringere ulteriormente la forbice sul Bund
tedesco, l’ottimismo sulle prospettive di un nuovo governo italiano a
guida Mario Draghi.
Ore 16.35 – Il precedente referendum sul Conte 2: come andò In
attesa di conoscere l’esito del referendum del M5s su Draghi, vale la
pena ricordare il precedente del governo Conte 2. Anche l’alleanza tra i
Pentastellati e il Pd passò dal vaglio degli iscritti il 3 settembre
del 2019. Parteciparono al voto sulla piattaforma Rousseau 79.634
iscritti e i sì’ all’intesa con i dem furono il 79%. In occasione del
primo governo Conte fu invece messo al voto sulla piattaforma del M5S il
«contratto di governo«», che incassò ben il 94% di consensi ma fu
votato il 18 maggio 2018 solo da 44.796 militanti.
Ore 16.15 – Il fotomontaggio di Grillo Beppe
Grillo ha pubblicato un fotomontaggio nel quale mostra Mario Draghi in
bilico su un cornicione e Mattarella che lo osserva da una finestra.
Didascalia a corredo dell’immagine: «Aspettando Rousseau». Con evidente
allusione all’esito della consultazione online del M5S che sarà
determinante per il cammino del nuovo esecutivo
Ore 16.04 – Toti: prima si archivia Rousseau e meglio è «Quello su Rousseau lo ritengo un voto scontato. Dopo di che non rientra nella liturgia delle consultazioni della Costituzione italiana e prima si fa e ci si mette a lavorare, prima si archiviano queste cose anche un poco bizzarre come quelle di Rousseau e meglio è per la drammaticità del momento». Lo ha detto il presidente della Regione Liguria e leader di Cambiamo Giovanni Toti intervenendo su TgCom24, a meno di due ore dalla chiusura della votazione.
Ore 15.54 – Di Battista: «Il curriculum di Berlusconi ci impone di dire no a Draghi. Non ha fatto altro che pagare e pagare» Nuovo affondo di Alessandro Di Battista,
mentre sulla piattaforma Rousseau è in corso la votazione della base
M5S sul sostegno al governo Draghi. «Da Dell’Utri a Bontate: il
curriculum di Berlusconi ci impone di dire “no” al nuovo governo», tuona
l’ex deputato 5 Stelle nel titolo del suo intervento su Tpi.it,
la testata online per la quale collabora. In un lunghissimo articolo,
l’ex deputato romano ripercorre le tappe di diverse questioni
giudiziarie che hanno visto coinvolto il Cavaliere ma anche Marcello
Dell’Utri. «Viviamo in una crisi. Crisi pandemica, economica. Anche una
crisi etica. Il miglior vaccino per la crisi etica è la memoria – scrive
dunque Di Battista tirando le somme del suo ragionamento -. Le imprese
chiudono e molti imprenditori si affidano all’usura, ovvero ad una delle
armi in mano alle cosche. Quelle cosche, queste cosche». «Non è
accettabile dividere questioni economiche da questioni morali. Perché
nella nostra Italia vi sono stati esempi virtuosi… E l’hanno fatto
mentre un imprenditore che oggi viene ricevuto con tutti gli onori nelle
stanze del potere romano non ha fatto altro che pagare, pagare e ancora
pagare. Ed oggi rischia di tornare al governo del Paese», conclude con
un’ultima stoccata.
Gli investitori hanno di nuovo messo nel mirino i titoli di Stato
dell’Italia. Lo dimostra il nuovo minimo record raggiunto dal Btp a
dieci anni, sceso oggi a un tasso dello 0,48%. La fase positiva per la
carta italiana è iniziata non appena è emerso il nome di Mario Draghi
per la guida del Paese. Da quel momento il rendimento del Btp a dieci
anni è calato senza sosta fino a toccare oggi il nuovo minimo storico.
E’ la prima volta che il decennale dell’Italia sconfina sotto il livello
dello 0,50%. Intanto lo spread Btp/Bund si muove in area 93 punti base
nel contesto di una seduta postiva per Piazza Affari e per le altre
piazze europee: Milano avanza dello 0,31% mentre Francoforte è in avanti
dello 0,67%.
Per gli esperti, il buon andamento della carta
italiana potrebbe proseguire anche nelle prossime sedute. All’orizzonte
ci sarebbe un avvicinamento all’area «zero» in linea con quello che è il
rendimento degli altri Paesi periferici: il governativo di pari durata
della Spagna si muove a quota 0,15% quello del Portogallo è arrivato
addirittura allo 0,07%.
«L’effetto Draghi si sta facendo sentire
e il Btp ha l’opportunità di scendere ancora – dice Alessandro
Parravicini, strategy advisor indipendente per le società di
investimento -. In questo momento gli investitori stanno scommettendo su
un futuro più virtuoso del nostro Paese». Draghi, secondo le
indiscrezioni, potrebbe salire al Quirinale tra venerdì 12 e lunedì 15
febbraio per sciogliere la riserva.
Per l’esperto il valore del
nostro Btp è ancora interessante a livello di rendimento e dal momento
che c’è ancora una quantità rilevante di liquidità nel sistema, il
decennale così come le altre scadenze hanno le caratteristiche per
performare bene anche nei prossimi mesi.
Intanto, sulla buona
intonazione del momento, oggi il Tesoro ha piazzato il massimo
dell’offerta su una forchetta pari a 7,5-9 miliardi di euro nelle
riaperture del Btp a 3, 7 e 20 anni. Su tutte le scadenze, l’effetto
Draghi ha consentito di raggiungere minimi record.
Con la curva dei contagi che non si piega e le varianti a fare
sempre più paura, il dado è oramai tratto: si andrà alla proroga del
divieto di spostamento anche dalle regioni gialle, in scadenza il
prossimo lunedì. Contatti informali tra governo uscente ed entrante ci
sono già stati e tutti convergono sul fatto che riaprire i confini in
queste condizioni non si può.
L’unica
incognita è se a firmare il decreto legge di proroga sarà Conte oppure
Draghi. In quest’ultimo caso si aprirà una finestra di 48 ore giudicata
comunque non troppo pericolosa. Oggi le Regioni diranno al governo la
loro sulla necessità o meno di varare già nel week end il decreto senza
attendere l’insediamento del nuovo governo. Ma la proroga o subito o
dopo un paio di giorni ci sarà.
Coronavirus: i contagi in Italia e quali sono le regioni da tenere sotto controllo
A raccomandare prudenza sono i numeri del bollettino di ieri, che conta ancora 12.956 casi. E sono oramai due settimane che la curva non scende sotto quella soglia quando il numero dei tamponi è quello standard di metà settimana. Anche i decessi che sembravano in discesa ora oscillano tra i 300 e gli oltre 400 al giorno, ieri 336. Numeri ancora troppo alti per abbassare la guardia. Tanto più in presenza di varianti sicuramente più contagiose del virus, che sembrano dilagare a macchia d’olio. I casi di infezione attribuibili alle varianti inglese o brasiliana (di quella sudafricana è emerso solo un caso in Lombardia) sembrano infatti molto più numerosi dei numeri ufficiali. Due studi condotti nelle provincie abruzzesi di Chieti e Pescara e nel bresciano nel primo caso rilevano il 50% di casi attribuibili a mutazioni del virus, nel secondo un pur sempre preoccupante 43%.
Nel modulo per la prenotazione per il vaccino anti Covid della
azienda sanitaria di La Spezia, la Asl 5, tra le 30 categorie
considerate a rischio sono state inserite anche le persone omosessuali.
Nel documento si legge infatti « persone con comportamenti a rischio: tossicodipendente, soggetto dedito alla prostituzione, omosessuale».
Lo hanno denunciato i consiglieri regionali del Pd, Luca Garibaldi e
Davide Natale: «Una discriminazione di cui la Liguria non si può
macchiare. Un disservizio è scusabile, mentre una cosa del genere mai:
discriminazioni e ignoranza non possono avere posto nelle aziende
pubbliche, soprattutto se si parla di salute».
La Asl: «Un chiaro errore, possiamo solo scusarci»
La
Asl ha chiesto scusa per l’errore, dicendosi dispiaciuta per
l’accaduto. «Un chiaro errore, lo riconosciamo, che stiamo anche
tentando di spiegarci per cui possiamo solo scusarci», ha ammesso il
direttore dell’Azienda sanitaria locale 5, Paolo Cavagnaro. Intanto il
governatore della Liguria Giovanni Toti ha annunciato provvedimenti disciplinari
una volta che saranno state accertate le responsabilità. «La Regione
Liguria – si legge in una nota – stigmatizza e condanna fermamente
quanto accaduto nella Asl5: si tratta di un episodio inaccettabile e discriminatorio».
Per questo saranno attivate le procedure di indagine amministrativa per
verificare le responsabilità e adottare i necessari provvedimenti.
La denuncia sui social del consigliere Sansa
L’esistenza di questo modulo discriminatorio è stata denunciata su Facebook anche dal consigliere regionale ed ex candidato presidente della Regione Liguria per l’alleanza centrosinistra-M5S, che ne ha postato anche la foto.
VACCINO COVID: PER L’ASL5 GLI OMOSESSUALI SONO SOGGETTI CON “COMPORTAMENTO A RISCHIO” (come tossicodipendenti e…Pubblicato da Ferruccio Sansa su Giovedì 11 febbraio 2021
“L’unico modo nel mezzo di
una pandemia era chiamare il miglior giocatore, perché Mario è il
miglior giocatore”. Così Matteo Renzi in un’intervista al Financial Times torna a rivendicare il suo “capolavoro” politico. Ieri il leader di Italia Viva aveva condiviso il proprio entusiasmo con il NyTimes; oggi è la volta del quotidiano finanziario con base a Londra.
“L’Italia
è tornata, proprio come ha detto Joe Biden degli Stati Uniti. Se guardi
ai mercati finanziari, ai leader internazionali, alla fiducia dei
nostri cittadini, è un miracolo”. E questo miracolo – insiste Renzi –
non sarebbe avvenuto senza di lui.
Il suo piccolo partito politico
segna il 3% – ricorda il Ft – e rischia di essere spazzato via in
future elezioni. Eppure Renzi, 46 anni, primo ministro italiano dal 2014
al 2016, è di umore trionfante. Mario Draghi, l’ex presidente della
Banca centrale europea celebrato come il salvatore dell’euro, è sul
punto di formare un governo di unità nazionale. E niente di tutto questo
sarebbe successo – sottolinea l’ex premier – senza di lui. Il mese
scorso ha fatto cadere il governo di coalizione di Giuseppe Conte
ritirando il sostegno del suo piccolo partito Italia Viva.
“Nella
mia cerchia ristretta molte persone mi dicevano, ‘ma sei pazzo?’ Ogni
talk show in Italia diceva: guarda questo pazzo che apre una crisi per
motivi personali”. In molti – prosegue il Ft – lo accusano di aver
tentato di minacciare di far cadere Conte per aumentare la propria
influenza sulla coalizione, cosa che lui nega. “Molte persone mi hanno
detto: lo stai facendo solo per avere più ministri, solo per te. Ma un
mese fa avevo la golden share nel governo, con Draghi no. Ho perso
potere con questa operazione”. Renzi sostiene che il piano fin
dall’inizio era quello di creare un’apertura per portare Draghi. “La
possibilità di essere guidato da Draghi era un’incredibile speranza”.
“Così ho deciso di rischiare tutto, perché l’obiettivo avrebbe
giustificato quel rischio”.
“Ho ricevuto molti messaggi che
dicevano: un mese fa ho scritto su Facebook che eri un figlio di
puttana, ma ora riconosco che hai avuto coraggio – va avanti l’ex
sindaco di Firenze – Ma è una minoranza. Per molte persone continuo a
essere un figlio di puttana”.
L’economia dell’area
dell’euro crescerà del 3,8% quest’anno e anche l’anno prossimo, più o
meno come il pil di tutta l’Unione Europea (+3,7% nel 2021 e +3,9% nel
2022). Rispetto alle stime presentate lo scorso novembre, migliorano le
previsioni economiche della Commissione Europea per un continente ancora
nella stretta della pandemia. È l’effetto del traino della Germania che
si riprende più in fretta, anche per la decisione del governo di
“annullare il taglio dell’Iva e introdurre nuove tasse sull’energia”, e
dovrebbe tornare ai livelli pre-crisi per la fine del 2021. Ma in Italia
la ripresa non arriverà nemmeno per la fine del 2022, scrive la
Commissione che però in questo report con conteggia gli eventuali
effetti positivi del recovery plan ancora ‘in costruzione’. In generale,
in tutta l’Ue l’incertezza resta alta: legata all’andamento della
campagna vaccinale e alla concretizzazione del piano anti-crisi ‘Next
Generation Eu’.
L’Italia è in compagnia della Spagna e altri paesi
(uno su quattro tra i 27 arranca) nella rincorsa ad una ripresa che
potrebbe non arrivare nemmeno per la fine del 2022, scrive la
Commissione Ue. Invece, gli altri paesi dell’Unione raggiungeranno i
livelli di produzione pre-crisi già alla fine del 2021, in testa la
Germania, dove il Pil ha perso ‘solo’ il 5 per cento nel 2020 e dovrebbe
crescere del 3,2 per cento quest’anno e del 3,1 per cento l’anno
prossimo.
Il Pil in Italia, contratto dell’8,8 per cento dalla
pandemia nel 2020, crescerà del 3,4 per cento quest’anno e 3,5 per cento
l’anno prossimo. “Il Pil reale – si legge nel report della Commissione –
non dovrebbe tornare al livello del 2019 entro la fine del 2022”. Ma,
si precisa, “l’impatto sulla crescita derivante dalle misure politiche
relative al ‘Next Generation Eu’ non sono ancora incluse in questa
previsione e costituiscono quindi un notevole rischio al rialzo per le
prospettive di crescita”.
“I contagi in aumento e gli alti livelli
di ospedalizzazione hanno richiesto al governo di re-imporre le
restrizioni alla mobilità e alle attività economiche, il che implica una
contrazione della produzione in autunno che probabilmente continuerà
nel primo trimestre di 2021 – si legge nel report della Commissione –
Tuttavia, rispetto alla primavera del 2020, le ultime misure di
contenimento incidono direttamente su una fetta minore di attività
economiche”. Per esempio, i settori “industriale ed edile hanno
continuato a operare senza restrizioni”. Ma non è così per il turismo,
settore fondamentale dell’economia italiana, “particolarmente colpito
dalla pandemia”, che resterà indietro: “Si prevede che i visitatori,
soprattutto dall’estero, torneranno solo gradualmente con il diminuire
dell’incertezza”.
Città del Vaticano – L’ennesima rivelazione choc travolge il fondatore dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre, la ricchissima fondazione pontificia che si occupa di aiutare i cristiani perseguitati in Iraq e nei paesi islamici: padre Werenfried van Straaten (1913-2003) noto tutto il mondo come Padre Lardo – un buffo soprannome che gli deriva dal periodo post bellico quando distribuiva ai tedeschi sfollati cibo, abiti, pane e speck (da qui il soprannome) alle persone sfollate che non avevano più niente – avrebbe aggredito sessualmente una giovane nel 1973. Gli abusi secondo quanto ha rivelato il supplemento Christ und Welt del settimanale tedesco Die Zeit, erano ben noti sia in Vaticano che ai vertici della Fondazione pontificia già da dieci anni, anche se finora non erano mai affiorati perchè in Vaticano era stato dato l’ordine di tenere tutto sotto il tappeto e tacere.
In questi giorni c’è stato il risarcimento di 36 mila euro pagato alla vittima, che all’epoca delle violenze aveva 20 anni.
Ad
indagare sulla associazione pontificia posta sotto la guida del
cardinale presidente Mauro Piacenza sarebbe stato il vescovo ausiliario
di Paderborn, Manfred Grothe che ha promosso accertamenti
sull’associazione tra il 2009 e il 2011 per conto di Benedetto XVI.
Subito dopo avrebbe informato la Congregazione per il clero nel 2010 vi
erano diverse accuse contro van Straaten. Esse includevano una tentata
violenza sessuale così come “immoderatezza nello stile di vita, notevoli
deficit nella gestione del personale così come certe idee
fascistoidi”.
Si capisce, dunque, perché il Vaticano non abbia
mai voluto aprire l’iter per arrivare alla beatificazione di van
Straaten, a lungo richiesta da diverse voci nella Chiesa. La
Congregazione per il Clero avrebbe raccomandato, in un documento
interno, di tenere il caso segreto e di non fare uscire questa notizia.
Il giornale tedesco ha rilevato anche che Aiuto alla Chiesa che Soffre
ultimamente ha però preso le distanze dal suo fondatore.
Locali riservati a Palazzo Pirelli con relativo personale a disposizione, la possibilità di prenotare gratuitamente sale dove tenere convegni e incontri, un badge che permette di andare e venire a piacimento dalla sede della Regione con interessanti benefit a prezzi agevolati come bar, mensa e (fino a poco tempo fa) parcheggio. E per gli amanti della lirica c’è anche il privilegio di usufruire del palco riservato ai politici regionali al Teatro alla Scala. Per accedere a tutto questo basta essere un ex consigliere lombardo, pagare una quota di 100 euro all’anno e iscriversi all’Associazione Consiglieri regionali della Lombardia. Membri a vita e privilegi altrettanto duraturi, ma che presto potrebbero essere cancellati.
ISCRIZIONE AUTOMATICA In commissione Affari istituzionali è arrivata la proposta di legge firmata dall’opposizione ma, da quanto trapela, apprezzata anche dalla maggioranza che si è affrettata a calendarizzarla. Perché la storia dell’Associazione crea un po’ di imbarazzo e mette a disagio tutti i consiglieri che, per scelta personale, non intendono far parte di club di qualsiasi tipo. E invece, per effetto di un cambio di statuto dell’Associazione, si ritrovano automaticamente iscritti nel momento in cui vengono eletti. La proposta di legge è firmata dal consigliere M5s Luigi Piccirillo, secondo il quale l’Associazione non ha i requisiti giuridici sufficienti per essere riconosciuta e «ingloba illegittimamente anche i consiglieri in carica che a essa non hanno aderito, violando così il principio costituzionale». In più riconosce agli ex consiglieri «alcuni poteri istituzionali come l’accesso alle sedi, l’uso di spazi istituzionali e catering, la fruizione delle biblioteche, l’accesso alle mense. Mantenere benefici senza essere eletti è un privilegio indecoroso». Affittare una sala nel palazzo regionale costa, a qualunque organizzazione voglia realizzare un evento, svariate migliaia di euro. Per gli ex consiglieri iscritti è gratis. Eppure l’Associazione è nata il 28 gennaio 1983 con tutt’altro spirito, quello di mantenere viva la passione politica di chi non siede più al Pirellone, una sorta di club amatoriale. Tutto cambia nel 2001: arriva un nuovo statuto, cade la parolina ex, diventa Associazione Consiglieri regionali della Lombardia e fissa la sede presso il consiglio regionale.
1 Come mai Israele e
il Regno Unito che stanno vaccinando rapidamente sono in lockdown mentre
l’Italia, che procede più lentamente nel piano vaccinale, è quasi
interamente in zona gialla? «I due Paesi si sono trovati con un elevato numero di contagi quando è partita la campagna vaccinale, che giustificava il lockdown. Israele è stato molto rapido a organizzarsi ma conta appena nove milioni di abitanti, meno della Lombardia, e si è assicurato le dosi necessarie di vaccino Pfizer in cambio di un ampio database sugli effetti dell’immunizzazione sulla popolazione. Non ci sono stati problemi di approvvigionamento come
stiamo subendo in Europa. È vero che anche il Regno Unito procede
spedito ma non lo prenderei come esempio perché hanno cambiato i
protocolli, fanno sperimentazioni, ritardano la seconda dose, scelta
quest’ultima che potrebbe portare alla comparsa di varianti dal momento
che con una dose fornisco una quantità di anticorpi neutralizzanti non
sufficiente a bloccare il virus. Rischiano dunque di essere facilitate
quelle varianti che non sono riconosciute dagli anticorpi
somministrati».
2 La Germania procede agli stessi ritmi dell’Italia con i vaccini ma sta prorogando le restrizioni. Come mai? «La Germania, pur registrando complessivamente un calo dei contagi, teme la diffusione delle varianti,
soprattutto quella inglese che rischia di diventare prevalente e
potrebbe causare un nuovo boom di contagi. Anche l’Italia ha lo stesso
problema con la variante brasiliana in Umbria, dove sono state infatti predisposte zone rosse».
3 Cosa dovrebbe fare l’Italia? «Dobbiamo stare molto attenti, in questa fase non possiamo permetterci grandi riaperture. Sono contraria al ritorno dello sci, delle piscine o degli sport di gruppo. Dobbiamo tenere duro ancora due o tre mesi: se riapriamo troppo presto non solo ci esponiamo a una nuova ondata, ma anche alla diffusione di nuove varianti». 4 Perché chi è vaccinato deve continuare a seguire le precauzioni? «Prima di tutto perché per raggiungere l’efficacia riportata negli studi bisogna attendere in media una settimana dopo la seconda dose. Inoltre non abbiamo ancora una prova sicura che questi vaccini oltre alla malattia blocchino l’infezione, e quindi il contagio. Abbiamo forti indicazioni su questo punto per Pfizer e Moderna ma non c’è certezza. Infine ricordiamo che nessun vaccino è efficace al 100% (Pfizer e Moderna intorno al 95%, Astrazeneca 62%): questo significa che non tutti i vaccinati saranno protetti».