Archive for Febbraio, 2021

I partiti e le regole: se la politica cambia rotta

giovedì, Febbraio 11th, 2021

di Sabino Cassese

La decisione del presidente della Repubblica e la sua scelta di Draghi per formare un nuovo governo stanno spingendo le forze politiche a cambiare rotta. Nel rimescolamento delle carte, la Lega riconosce le regole del gioco (l’Italia fa parte dell’Ue da 64 anni), così completando il suo accreditamento quale partito nazionale, il M5S si avvia a continuare la sua trasformazione da movimento anti-sistema a forza di governo. Ma questo è un esito incerto; Pd e Leu accettano una inedita alleanza.Si tratta ora di vedere quanto schietti siano i protagonisti del nuovo corso, quanto questo sia duraturo, e quali altre correzioni di rotta esso richieda.

Le forze politiche italiane, negli ultimi tempi, hanno sperimentato molte nuove alleanze e contrapposizioni. Prima Lega con M5S, poi M5S con Pd e Leu; ora si tenta un «ménage à trois». I partiti sono da tempo liquidi, lo sta diventando anche la politica, nel senso di non avere programmi, ma solo collocazioni negli schieramenti. L’assenza dei partiti-associazione, il leaderismo dei loro segretari, il predominio del centralismo, la tendenza a cogliere, improvvisando, gli umori passeggeri dell’elettorato, il disorientamento che ne consegue nei loro stessi seguaci, rendono le forze politiche fragili e questa fragilità si riverbera sulla democrazia. Quindi, il contratto che si accingono a sottoscrivere, dando la fiducia a un nuovo governo, deve registrare i cambiamenti intervenuti e va firmato da contraenti in buona fede.

In questa fase di gestazione, s’è detto che il governo non può durare all’infinito ed è stato evocato il governo Parri, di durata semestrale. S’è affacciata l’idea di un governo più largo e più breve. Ma la Costituzione non prevede governi di durata predeterminata. Maurizio Lupi ha giustamente osservato che «un governo non ha una data di scadenza, come lo yogurt».

Varare ora un governo di breve durata vorrebbe dire lasciare ai governi successivi la parte più ardua del compito. Infatti, il regime di eccezione per gli aiuti di Stato termina a fine 2021 e la «general escape clause» del patto di Stabilità potrà esser estesa nel 2021 fino al 2022. Inoltre, una volta che si sopprime la clausola di sospensione del patto di Stabilità, vanno riformate le regole finanziarie e, con Draghi, l’Italia ha la possibilità di influenzare il nuovo «Rulebook». Insomma, tra il 2022 e il 2023 riprendono vita le più stringenti disposizioni europee, dal cui rispetto siamo oggi esentati. Inoltre, la presidenza del G20 e la co-presidenza della Cop26 dànno all’Italia l’opportunità di modellare la sovranità globale nella direzione di un multilateralismo inclusivo e di una nuova centralità transatlantica. Avere oggi un governo di unità nazionale guidato dall’italiano più apprezzato in Europa, per poi cambiare governo domani, quando ce ne sarà più bisogno, mentre continua la ricca dote che ci viene data (un quarto di più dei fondi del piano Marshall e il doppio di quel che viene concesso alla Francia) sarebbe un palese errore.

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Idrogeno, rinnovabili e addio al carbone. Draghi punta 90 miliardi sulla svolta green

giovedì, Febbraio 11th, 2021

di ALESSANDRO FARRUGGIA

“Il mio governo sarà europeista, atlantista e ambientalista, metterà l’ambiente al centro di tutte le politiche, in maniera trasversale. Sulla transizione ecologica si costruiscono posti di lavoro, grazie a queste politiche produrremo occupazione, crescita e rafforzeremo la tutela dell’ambiente”. Non poteva essere più esplicito il presidente incaricato Mario Draghi nell’incontrare Wwf, Legambiente e Greenpeace, ai quali ha annunciato che nel nuovo esecutivo – scelta epocale – ci sarà un dicastero della transizione ecologica, una vecchia idea degli ambientalisti. Draghi non ha detto quali ministeri assorbirà, ma le ipotesi sono due: la prima è che unisca il ministero dell’Ambiente e le competenze energetiche e forse anche parte di quelle industriali del ministero dello Sviluppo Economico, la seconda che li inglobi totalmente.

L’idea dell’ex governatore Bce è quella prevalente in Europa, al di là degli schieramenti: l’ambiente non è un vincolo ma una opportunità. La leva finanziaria delle sue politiche sarà costituita dai fondi di NextGenUe, il Recovery fund. Nella bozza allestita dal governo Conte, all’ambiente sarebbero andati 68,9 miliardi. Draghi vorrebbe andare oltre, portando nel duplice contenitore della transizione ecologica e delle infrastrutture per la mobilità sostenibile oltre 90-95 miliardi.

In lista ci sono interventi per la creazione di una filiera dell’idrogeno verde (in linea con la strategia Ue) che produca questo carburante alternativo nelle aree industriali dismesse; l’utilizzo dell’idrogeno nella siderurgia per favorire la decarbonizzazione (vedi l’Ilva di Taranto) e nelle ferrovie non elettrificate. Grande impulso avranno le rinnovabili, sia sostenendo la filiera industriale sia sviluppando impianti fotovoltaici e parchi eolici, anche offshore. Inoltre, si punta ad accelerare le procedure regolatorie e le possibilità di revamping (riavviamento e potenziamento) dei vecchi impianti, creando anche nuove strutture di accumulo per lo stoccaggio dell’energia da fonti rinnovabili.

Piena l’adesione di Draghi agli obiettivi europei sul cambianto climatico (taglio delle emissioni del 55%) che richiederà la revisione del piano nazionale di energia e clima. In questo senso possibili nuovi fondi sia per le reti di trasmissione sia per l’accelerazione della chiusura delle centrali a carbone, che Enel ha in agenda entro il 2025.

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Governo Draghi, il totoministri: spunta Giovannini per la transizione verde

giovedì, Febbraio 11th, 2021

di ETTORE MARIA COLOMBO

Li sceglierà, alla fine, tutti Draghi, ma la ripartizione sarà di dieci ministri politici e di dieci tecnici. Dopo una settimana di tormentone sulle scelte del premier incaricato, in merito alla titolarità degli attuali 21 dicasteri (ma un paio dovrebbero essere scorporati: le Finanze dal Tesoro, come avveniva fino agli anni ’80, e i Beni culturali dal Turismo), ormai appare chiaro che il caro, vecchio, manuale Cencelli ha colpito ancora.

Una decina abbondante di ministeri sarà di piena e incondizionata scelta di Draghi, di sua esclusiva pertinenza. Anche se in piena intesa, ovviamente, col Capo dello Stato, che guarda sempre con attenzione a chi va a ricoprire quattro caselle strategiche (Esteri, Difesa, Interni e Giustizia). Caselle che, da quando è scoppiata la pandemia, sono diventate cinque con la Salute.

Gli altri dieci, però, saranno appannaggio dei partiti. Non ministri tecnici di area, come fu nel governo Dini, ma politici. E qui scattano le quote, da calcolare sulla base della attuale consistenza dei gruppi parlamentari. Al M5s, la forza politica più grande (un terzo di Camera e Senato), spettano tre dicasteri, e di buon peso: Di Maio verrà confermato alla Farnesina, Patuanelli potrebbe restare al Mise (sempre che non vada a Giorgetti), più un terzo M5s che è ancora da definire (D’Incà ha ottime possibilità). Ai tre (Lega, Pd, FI) di medio peso vanno due ministri a testa. A LeU e Iv uno, e uno ai Responsabili neo-centristi. Solo la Lega è tranquilla: in pole position ci sono Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia per due ministeri di peso o, in alternativa a questi, è assai quotato Riccardo Molinari, attuale capogruppo alla Camera dal profilo ‘moderato’.

Dentro FI salgono le chances di Mariastella Gelmini (Famiglia) e di Mara Carfagna (Pari Opportunità), mentre scendono quelle di Antonio Tajani agli Affari Europei. Nel Pd è in corso una guerra al coltello tra Franceschini, che rischia di saltare – ma se Fico si candiderà a Napoli potrebbe presto succedergli alla Camera – e Orlando. Il quale potrebbe essere recuperato in extremis, in quota Nazareno, che altrimenti resterebbe a bocca asciutta. Sembra certa solo la conferma di Guerini (Difesa), che gode anche del placet del Colle. Per Iv, al netto delle voci che riguardano anche la Bonetti ed Ettore Rosato, non ci sono dubbi: entrerà la Bellanova, ma la pasionaria non andrà all’Agricoltura (dicastero ambito dalla Lega). Per LeU non vi sono dubbi: la riconferma di Roberto Speranza è quasi una certezza. Anche in questo caso con il nulla osta del Colle. Infine, per i centristi, è quasi certo l’arrivo dell’esperto Bruno Tabacci, ex Dc di lungo corso, forse ai Rapporti con il Parlamento, per tenere a bada gruppi e parlamentari spesso riottosi agli ordini di scuderia, specie al Senato.

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L’Italia appesa a “Rousseau”

giovedì, Febbraio 11th, 2021

massimiliano panarari


L’eterno ritorno. Per l’ennesima volta, questo Paese si ritrova appeso alla sentenza dei militanti del Movimento 5 Stelle. Un’entità metafisica e un feticcio (al pari della fantasmatica visione grillina della democrazia diretta) di cui è impossibile conoscere consistenza numerica e reale rappresentatività. Eppure siamo ancora tutti qui a domandarci cosa uscirà dalla piattaforma-Pizia (retoricamente intitolata a Jean-Jacques Rousseau, incolpevole almeno di questo). Il sistema operativo, quintessenza del modello (pseudo)partecipativo del partito-movimento, che ora – alla luce del consumarsi di una rottura profonda tra i vertici pentastellati e Davide Casaleggio – si è pure fatto un po’ ingombrante. Ma che rimane comunque, a quanto pare, un Moloch al quale sacrificare (per finalità di marketing politico) un passaggio delicatissimo della drammatica vicenda pubblica italiana, alle prese con la triplice crisi sanitaria, economica e sociale. Ma chissenefrega, rumoreggia la corrente grillina antisistemica, se Parigi val bene una messa, il nascituro esecutivo Draghi dovrà ben sottoporsi alle forche caudine “russoviane”. Ulteriore segno di un’anomalia irrisolta, che condiziona in maniera sostanziale la vita pubblica nazionale a partire dall’esito elettorale del 4 marzo 2018, con la prima formazione politica rappresentata in Parlamento che ha continuato bellamente a rigettare la propria istituzionalizzazione, e non è riuscita neppure a completare la sua partitizzazione (rimanendo dalle parti del «non-partito»). Un Movimento prigioniero del rifiuto delle correnti interne – che invece ci sono, eccome, e da parecchio – nel nome di una finzione monistica di unità interna assoluta, quando invece proprio un dibattito trasparente e alla luce del sole tra posizioni differenti sarebbe stato salutare per la sua maturazione politica.

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Italiani e no

giovedì, Febbraio 11th, 2021

Buongiorno

Mattia Feltri

Mentre noi ci apprestiamo a celebrare i settecento anni dalla morte di Dante, la Francia si appresta a celebrare i duecento dalla morte di Napoleone. La Polizia della morale ex post già annuncia sabotaggi davanti all’indegnità dell’Imperatore guerrafondaio, razzista e colonialista, e mezza Francia si leva in difesa del «figlio più illustre». Mi ha sempre impressionato l’orgoglio francese per un italiano, nato in Corsica da una famiglia originaria della Toscana, e della cui biografia mi affascinano soprattutto gli anni giovanili, quando Bonaparte era al fianco del generale Pasquale Paoli nella lotta per l’indipendenza e l’italianità córse. È un peccato che anche noi ci siamo scordati di Paoli.

Prima della nascita di Napoleone, lui l’indipendenza l’aveva conquistata e, con due decenni di anticipo sui rivoluzionari americani e quasi quattro su quelli francesi, aveva dato alla Corsica una Repubblica in cui il suffragio era esteso alle donne e una Costituzione in cui gli uomini erano dichiarati liberi, uguali e titolari del diritto alla felicità. Uno struggente capolavoro che inebriò Rousseau e Voltaire, ma non durò molto: la Corsica fu piegata dalle baionette francesi, e su questi presupposti il giovane Napoleone si infiammò per Paoli.

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Il Senato processa Trump e Twitter lo condanna per sempre al silenzio

giovedì, Febbraio 11th, 2021

francesco semprini

NEW YORK. Da Twitter arriva la condanna in via definitiva di Donald Trump che non potrà più cinguettare per il resto della sua vita. Il tribunale social di Silicon Valley ha deciso per il massimo della pena nella revisione del caso @realDonaldTrump (questo il suo account) confermando quanto stabilito dopo i fatti di Capitol Hill del 6 gennaio.

«Lo stop è permanente», recita l’impietoso verdetto. Quando «si è rimossi dalla piattaforma si è rimossi a prescindere» dalla carica, ovvero «se si è un commentatore, un direttore finanziario, un attuale o un ex funzionario pubblico». A leggere la «sentenza» è stato il direttore finanziario della società con sede a San Francisco, Ned Segal, in un’intervista al network Cncb. Questo significa che anche nel caso in cui Trump dovesse ricandidarsi non avrebbe accesso al suo account né potrebbe accedervi con altri profili o prestanomi, come precisato dallo piattaforma guidata da Jack Dorsey. Ben inteso non che la cosa impensierisca Trump o lo faccia rinunciare alle sue mire politiche, l’ex inquilino della Casa Bianca, anzi, appunta al petto come una medaglia il castigo del social rilanciando il suo mantra della persecuzione perpetrata dai «cospiratori Dem» rappresentati dal cartello delle Big Tech.

Ciò che invece sembra impensierire l’ex presidente è la linea difensiva adottata nel processo di impeachment in corso al Senato, dai suoi legali Bruce Castor, ex pm nel processo all’attore Bill Cosby del 2005, e David Schoen, eclettico principe del foro e i tra massimi esperti di diritti civili. The Donald, chiuso nel suo studio di Mar-a-Lago, in Florida, dove ha seguito l’inizio del dibattimento, sarebbe andato su tutte le furie per quello che ha definito esordio incerto. Gli avvocati, tuttavia, hanno negato che la loro arringa abbia deluso l’ex presidente, spiegando a Fox New come «non gli è stato comunicato» che il loro cliente si sia arrabbiato per la performance. Ieri intanto la procedura di impeachment è entrata nel vivo: dopo il via libera sulla costituzionalità di mercoledì l’accusa ha iniziato a presentare le sue argomentazioni – per cui ha a disposizione (come la difesa) sino a 16 ore – e ha giocato la carta di inedite immagini violente dell’assalto al Congresso come nella prima audizione. Si tratta di frammenti mai visti prima del sistema di video di sorveglianza del Campidoglio sull’irruzione dei trumpisti, scene violente non adatte agli spettatori più giovani, come spiegato dalla stessa accusa.

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Via libera al ministero green chiesto dai 5S. Oggi il voto sulla piattaforma Rousseau

giovedì, Febbraio 11th, 2021

federico capurso

ROMA. I tasselli del mosaico al quale sta lavorando Mario Draghi, nell’ultimo giorno di consultazioni, dedicato ad associazioni e forze sociali, iniziano a prendere posto. Il primo segnale arriva in mattinata: viene «sospeso temporaneamente» il voto previsto su Rousseau, attraverso il quale gli iscritti M5S avrebbero dovuto decidere sull’eventuale ingresso del Movimento nel nascente esecutivo.

«Se votiamo in questo momento – protestano tutti i capicommissione di Camera e Senato dopo una riunione interna – lo trasformiamo in una valutazione su Draghi e non sui temi che vogliamo portare nell’esecutivo». Rischio bocciatura, dunque, altissimo. La sospensione voluta dal fondatore M5S si trasforma così in una leva per spingere il premier incaricato a compiere un passo verso i Cinque stelle ripetendo «pubblicamente», come gli chiede Grillo, quanto di buono ha detto e promesso nel privato delle consultazioni. Non un gesto ostile, come spiega poco dopo lo stesso Grillo a Draghi in una telefonata che interrompe la liturgia delle consultazioni.

Ma il Garante M5S – secondo quanto riferiscono fonti del partito – recapita un messaggio chiaro: «Abbiamo bisogno di una prova di buona volontà». Altrimenti, sarà impossibile rasserenare gli animi degli attivisti e quelli dei senatori che minacciano di astenersi sul voto di fiducia. Nel corso della telefonata, l’ex presidente della Bce rigetta l’idea di una dichiarazione pubblica in favore del Movimento, perché destabilizzerebbe gli equilibri politici, ma la prova di buona volontà viene assicurata. Si materializza più tardi, nel pomeriggio di consultazioni con le parti sociali, quando la presidente del Wwf Donatella Bianchi, al termine del suo colloquio con Draghi, dà notizia che il ministero della Transizione ecologica proposto con forza negli ultimi giorni da Grillo «ci sarà» e che «le sue competenze saranno concentrate».

È questo l’annuncio che permette di sbloccare in serata il voto su Rousseau (che si terrà oggi dalle 10 alle 18) formulando un quesito che suoni più dolce alle orecchie degli attivisti: non sulla persona di Draghi, ma sul più ampio «sostegno a un governo tecnico-politico che preveda un super-ministero della Transizione ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal Movimento». Più semplice, insomma, da mandar giù.

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Draghi sceglierà i ministri con Mattarella: sarà seguito «alla lettera» l’articolo 92 della Costituzione

giovedì, Febbraio 11th, 2021

di Francesco Verderami

Draghi sceglierà i ministri con Mattarella: sarà seguito «alla lettera» l'articolo 92 della Costituzione

La notizia che temevano è arrivata. Al termine delle consultazioni, il presidente del Consiglio incaricato ha fatto formalmente sapere alle forze politiche che per la formazione della squadra di governo verrà applicato l’articolo 92 della Costituzione. «Alla lettera». Tradotto vuol dire che saranno solo Mattarella e Draghi a decidere la compagine ministeriale, scegliendo in piena autonomia i politici che ne faranno eventualmente parte. «Prepariamo i sali, perché si prevedono mancamenti», sospira un dirigente del Pd, rappresentando una condizione che accomuna anche le altre forze della futura maggioranza.

D’altronde — com’è stato spiegato — l’esecutivo non è espressione dei partiti ma un governo del presidente, dettaglio che stronca le ambizioni di quei leader, da Salvini a Zingaretti, che meditavano di farne parte. Il Consiglio dei ministri dovrebbe essere composto per metà da donne e per l’altra metà da uomini. E qui sostanzialmente finiscono le informazioni concesse alle forze politiche, dove c’è ancora chi si ostina a seguire il messale laico di altre liturgie. «Noi non daremo nomi secchi a Draghi», ha detto ieri sera il vicesegretario del Pd Orlando. In realtà al comitato politico del suo partito, Zingaretti ha spiegato altro, specificando che i dicasteri di peso saranno in mano ai tecnici, mentre i politici serviranno a stabilizzare l’esecutivo.

Fino a quando non si sa, visto che il maldipancia collettivo porta tutti a scommettere che così l’orizzonte del governo non sarà di legislatura. Ma è un fatto che molti, anche dopo la scelta di Mattarella, ritenessero impossibile la nascita di un governo delle larghe intese, «nemmeno se lo guidasse Superman». Invece Draghi deve solo superare l’ultimo ostacolo: il voto dei grillini sulla piattaforma Rousseau. Quando l’altra notte — con un surreale video — ha bloccato la consultazione interna, Grillo era terrorizzato dalla prospettiva che potesse vincere il «no» al governo istituzionale. Di qui l’appello all’ex presidente della Bce, perché facesse un endorsement pubblico a favore del ministero della Transizione ecologica, il nuovo totem di M5S.

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M5S, ipotesi voto su Rousseau tra stasera e domani. Lezzi: «Restiamo fuori dal governo». Grillo: «Serve super ministero green»

mercoledì, Febbraio 10th, 2021

di Stefania Piras

Il voto su Rousseau sul governo Mario Draghi, secondo quanto spiegano alcune fonti parlamentari pentastellate, potrebbe tenersi stasera o domani. L’indizione della votazione non viene confermata da fonti ufficiali del M5S ma la scelta online degli iscritti, in questo caso, non necessita di una pre-convocazione entro le 24ore dall’inizio del voto essendo la base già convocata e la votazione solo sospesa. APPROFONDIMENTI

Con una comunicazione sul blog delle Stelle, il capo politico reggente Vito Crimi ha scritto: «Il voto sul governo previsto dalle ore 13.00 di oggi è temporaneamente sospeso. I nuovi orari di inizio e termine votazione saranno successivamente comunicati». Un annuncio che sta creando tensioni fortissime tra i militanti M5S; Beppe Grillo per tenere la base compatta ieri sera ha puntato sull’istituzione di un super ministero alla Transizione ecologica, lo ha chiesto a Draghi durante le consultazioni. Ha scritto anche un post sul suo blog in merito.

Il M5S aspetta un segnale, un cenno di sintonia da parte del premier incaricato Draghi. Si attende cioè che Draghi confermi e spiani la strada ai contenuti politici di cui si è parlato durante le consultazioni. Grillo lo ha detto: «Io aspetterei quando Draghi farà le dichiarazioni che ha fatto a noi, in modo pubblico, mi ha dato ragione su tutto». «Sul reddito di cittadinanza ha detto che è una gran cosa, che ora ci vuole per la pandemia, che il recovery fund è da completare che resterà come lavorone quello fatto da Conte e dalle forze politiche». Se quel segnale arrivasse, i 5 Stelle punterebbero a dare il la al voto degli attivisti su Rousseau subito dopo, dunque nel tardo pomeriggio di oggi, o al più tardi domattina, nel secondo caso lasciando alla base la possibilità di esprimersi nella sola giornata di domani. Il Movimento punta a non incidere troppo sulla tabella di marcia del premier incaricato, «non possiamo lasciare appesi Draghi e il Quirinale», ragiona infatti uno dei big del Movimento.

Intanto è cominciata una terza giornata di consultazioni per Mario Draghi che incontra oggi, dalle 10,30 a Montecitorio, gli enti locali e le parti sociali per capire le emergenze del paese piegato da un anno di pandemia. 

Grillo: «Draghi? Mi aspettavo banchiere di Dio, invece è un grillino»

M5S, voto online sospeso

Ma le acque all’interno del Movimento 5 stelle sono sempre più agitate e il rischio scissione è concreto. Tanto per cominciare il voto online sulll’imminente governo Draghi, come aveva fatto capire ieri sera Beppe Grillo, è stato sospeso. Ed è una decisione che è stata fortemente caldeggiata dal garante M5S e che arriva dopo un’altra assemblea infuocata notturna su Zoom. È stata convocata dai parlamentari ribelli che non vogliono votare la fiducia a Draghi. C’erano: Barbara Lezzi, Bianca Laura Granato, Rosa Silvana Abate, Raphael Raduzzi, Pino Cabras, Andrea Colletti,  Leda Volpi, Mattia Crucioli, Jessica Costanzo, Alvise Maniero, Paolo Giuliodori ed Elio Lannutti. Hanno partecipato in tutto una media di 890 fra portavoce e attivisti. Barbara Lezzi durante l’assemblea ha detto: «Sto pensando al bene del Paese ma anche al bene del Movimento 5 stelle. Se noi dovessimo entrare in questo governo perderemmo credibilità e serietà.

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Governo diretta, Draghi: l’ok di Confindustria e dei sindacati. Lega e Forza Italia: nostro sì senza veti. Meloni: Salvini non parli a nome di tutto il centrodestra

mercoledì, Febbraio 10th, 2021

Ultimo giro di consultazioni oggi per il premier incaricato Mario Draghi che incontra i presidenti dell’Anci e della Conferenza Stato Regioni, poi le parti sociali. Se Draghi scioglierà positivamente la riserva, dovrà poi presentare il programma e la lista dei ministri del governo. La maggioranza che lo sosterrà non è ancora chiara. Giorgia Meloni starebbe valutando un’astensione. Il Movimento 5 stelle è a rischio scissione ma ha rinviato il voto su Rousseau. Il Pd preme per una maggioranza che abbia un perimetro il più possibile giallorosso. Mentre Lega e Forza Italia sono compatti nel votare la fiducia a Draghi.

Draghi, il nodo tasse: riduzioni per il ceto medio, taglio del costo del lavoro e niente patrimoniale

La diretta della giornata

Ore 16.18 – Meloni: strano Salvini parli per il centrodestra

«È naturale che si siano incontrati in vista della formazione della squadra di governo che appoggiano, non foss’altro per ‘difendersi’ dalla preponderante presenza dell’asse Pd-M5S. È un bene che i partiti di Salvini e Berlusconi si raccordino nel ruolo nel governo», dice Giorgia Meloni, interpellata dall’Adnkronos dopo l’incontro tra i leader di Lega e Forza Italia, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. «Piuttosto – continua la leader di Fdi – trovo strano, se non frutto di un errore di interpretazione della stampa, che Salvini possa essersi espresso a nome di tutto il centrodestra nei rapporti con Draghi e il governo visto che Fratelli d’Italia ha detto che non voterà la fiducia e farà un’opposizione patriottica in Parlamento. Il centrodestra unito parlerà con una sola voce al prossimo vertice quando dovremo decidere i candidati alle amministrative».

Ore 15.40 Furlan: Scuola? Disponibili a proroga se necessario. Se sarà necessario allungare la durata dell’anno scolastico per recuperare il tempo perso «la Cisl darà la disponibilità, ma la necessità va valutata bene rispetto a chi e al come perché la scuola in questi mesi ha continuato a lavorare». Lo ha detto la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan su Rai1. «È un argomento da attivare attraverso un confronto. Può esservi questa necessita ma va individuata bene rispetto al chi e al come». «Se si rivelerà necessaria e servirà a recuperare le lacune dei ragazzi e delle ragazze tutti dobbiamo darci disponibili».

Ore 14.33  Capone (Ugl): lavoro torni «al centro dell’agenda politica». Lo afferma il segretario generale Ugl, Paolo Capone, al termine delle consultazioni con il presidente del consiglio incaricato Mario Draghi. «Abbiamo raccomandato, condiviso – dichiara Capone – la necessità di dotare il paese di politiche industriali che possano favorire l’occupazione e il mantenimento degli asset strategici per il paese. Abbiamo richiesto la necessità dello sblocco dei cantieri», anche «attraverso al superamento del codice degli appalti» e attraverso «il modello Genova, usato per il ponte Morandi». Ugl chiede «una riforma rapida della giustizia civile, per dare certezza a tutti gli operatori del settore». Infine, in un’ottica di relazioni sindacali, «abbiamo chiesto il superamento delle relazioni conflittuali», per arrivare «finalmente alla realizzazione dell’articolo 46 della Costituzione che prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa. Abbiamo insistito perché è necessario che il nostro paese diventi in questa occasione straordinaria il fautore di un nuovo modello di sviluppo, che sia un modello verde, partecipato, e soprattutto che abbia al centro dell’agenda politica il lavoro».

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