Archive for Febbraio, 2021

Allarme delle Regioni e delle Asl:“Senza medici di base non si riescono a vaccinare gli anziani”

venerdì, Febbraio 5th, 2021

GIACOMO GALEAZZI

ROMA. Allarme nelle Regioni e nelle Asl per la carenza di medici e infermieri da destinare alla vaccinazione a domicilio degli anziani non autosufficienti e impossibilitati a raggiungere i siti di somministrazione. «Occorre potenziare subito il reclutamento del personale medico e infermieristico per le vaccinazioni-  spiega alla Stampa.it Filippo Saltamartini, assessore regionale alla Salute-.  Ce lo impone il modello di inoculazione dei vaccini. Tutti i pazienti over 80, quello fragili e che rientrano nelle categorie previste devono necessariamente essere vaccinati a casa. Non possono essere immunizzati negli ospedali o nei distretti sanitari perché rischiano di essere contagiati dal Covid. Molti di loro hanno paura dell’infezione e rinunciano a vaccinarsi, quindi serve immediatamente un accordo con i medici di famiglia per somministrare le dosi».

Allarme delle Regioni e delle Asl:“Senza medici di base non si riescono a vaccinare gli anziani”

Urgenze di vaccinazione
Aggiunge Saltamartini: «Abbiamo studiato un modello pubblico per la vaccinazione prendendo esempio da quello di stampo militare israeliano. Abbiamo applicato questo tipo di organizzazione alla campagna di screening di massa nei palazzetti dello sport. In un mese abbiamo sottoposto a tampone antigenico 200 mila persone, scoprendo 1200 positivi asintomaci e interrompendo così la catena del contagio. Se abbiamo i vaccini, entro giugno raggiungiamo l’immunita di gregge vaccinando in cinque mesi un milione di marchigiani». Quindi «inutile perdere tempo con concorsi o con le cause collettive contro la Pfizer proposte alle regioni dal commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri», aggiunge Saltamartini, «concentriamoci sulla produzione e la somministrazione dei vaccini». Le Marche puntano a «essere la prima regione ‘Covid free’ d’Italia, con tutto ciò che comporta in termini economici e di rilancio turistico».

L’urgenza sanitaria richiede la disponibilità di vaccini più maneggevoli per immunizzare a domicilio nelle Marche 300 mila anziani. «Solo accordandosi con i medici di famiglia si può realizzare il piano vaccinale. Un infermiere può vaccinare a casa 5-6 persone per ogni turno- puntualizza l’assessore regionale alla Sanità-. Ciascun medico di famiglia ha 1500 assistiti in media, se vaccina 500 anziani abbiamo coperto la popolazione più fragile. A quel punto apriamo i palazzetti e vacciniamo tutti gli altri cittadini in due mesi». Quanto al personale sanitario, chiarisce Saltamartini, «il governo ci ha autorizzato ad assumere medici e infermieri per l’emergenza Covid, ma tra un po’ avremo una mortalità eccezionale per l’inadeguata prevenzione sulle altre malattie. Le regioni che hanno i conti in ordine devono poter il loro bilancio in equilibrio per assumere a tempo indeterminato. Altrimenti non avremo personale per metterci a pari con gli screening e altre prestazioni sanitarie indispensabili».

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La nostra classe dirigente e il sapere che serve in politica

venerdì, Febbraio 5th, 2021

di Ernesto Galli della Loggia

Quanto sta accadendo in questi giorni mostra ancora una volta la pochezza, la mancanza di coraggio e di visione, l’indecisione, in una parola l’inconsistenza politica, dell’universo partitico italiano. È il risultato di un fenomeno oramai trentennale: della catastrofe culturale che ha colpito la classe politica del nostro Paese determinandone un pauroso abbassamento qualitativo. La colpa sarà pure del modo d’essere del sistema politico o dei partiti, della legge elettorale o magari della crisi della democrazia rappresentativa. Ma qui c’è qualcosa di molto più basilare e personale. C’è l’esperienza e la formazione culturale dei singoli, c’è la biografia di coloro che nell’ultimo trentennio hanno ricoperto l’incarico di parlamentari o ministri della Repubblica. È in questa direzione che va indirizzato lo sguardo cominciando da un confronto con il passato.

La prima Repubblica — i cui traguardi appaiono sempre più straordinari con il passare del tempo — fu dominata sul versante governativo democristiano da quattro nomi: De Gasperi, Andreotti, Moro e Fanfani. I primi due, dopo aver frequentato con merito il liceo classico avevano avuto una precocissima e intensissima (anche se per mille ragioni diversissima) esperienza organizzativa e politica; Moro e Fanfani, invece, erano entrambi professori universitari provenienti anch’essi dall’associazionismo cattolico. Sul versante degli altri partiti la quasi totalità dei loro leader più significativi proveniva dall’attività più o meno clandestina contro il fascismo (con l’eccezione di Craxi e Berlinguer, troppo giovani). Cioè da una scuola di carattere e di disciplina ispirata ovviamente al più totale disinteresse, dove quel che contava oltre il coraggio erano le idee: in altre parole i libri, i giornali, il saper leggere e scrivere. Con le ovvie diversità del caso lo stesso più o meno valeva pure per gli esponenti del neofascismo.

La cesura è intervenuta alla metà degli anni Novanta. Segnata per quel che riguarda l’argomento di cui ci stiamo occupando da tre fatti: a) il progressivo ringiovanimento della classe politica (in questa legislatura l’età media — media! — dei deputati è di poco meno di 44 anni e oltre un terzo di essi non ha avuto alcuna esperienza politica precedente; b) la presenza sempre più massiccia in politica di uomini del fare provenienti direttamente dal mondo tecnico-imprenditoriale (l’avvento di Forza Italia è stato da questo punto di vista decisivo); e infine c) l’inizio del disfacimento dell’intero sistema dell’istruzione (alleggerimento/banalizzazione di tutti programmi, riduzione delle ore di storia e geografia, rilassamento disciplinare e crescente irrilevanza dovunque dell’accertamento del merito, introduzione della laurea 3+2 nell’università, venir meno di qualsiasi controllo dell’istruzione sulla soggettività giovanile a causa soprattutto della digitalizzazione dilagante).

In pratica dunque — grazie anche all’abbandono della vita pubblica da parte di ogni tipo di élite — una percentuale sempre più ampia della classe politica di vertice del Paese si è trovata composta di individui giovani o relativamente giovani con alle spalle studi mediocri e perlopiù privi di una buona cultura di base (del resto basta ascoltarli quando parlano), e che non sono mai stati chiamati a dare una qualche prova significativa delle proprie capacità e del proprio carattere. Si aggiunga un ultimo elemento ancora: e cioè che grazie a leggi elettorali che virtualmente sottraggono agli elettori qualsiasi concreta possibilità di scegliere i propri eletti, quasi sempre la loro presenza in Parlamento è stata dovuta a una cooptazione basata esclusivamente sul criterio della fedeltà e dell’obbedienza.

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I partiti si fanno un film senza aver capito chi è il regista

venerdì, Febbraio 5th, 2021

Prodigi dell’italica politica: adesso il governo Draghi è già in overbooking, come un ristorante alla moda dove ci si vuole accaparrare il miglior posto a tavola. Fuor di metafora: posti di governo. Brutalmente: se ieri la discussione era sul “se” il governo sarebbe mai nato, oggi è il “come”, inteso come perimetro e caselle. Un cambio radicale determinato, più che da un sussulto di consapevolezza del momento, dalla disarmata constatazione che, evidentemente, non c’è alcuna possibilità di opporsi al disegno. Perché dopo Draghi non c’è il ritorno a Conte o qualche formula di piccolo cabotaggio, ma il collasso dell’Italia. Bastava leggere come lo strampalato dibattito nostrano è stato fotografato dai giornali internazionali. Titolo di oggi del Ny Times: “Draghi rischia di diventare ostaggio dei partiti”. Titolo del Washington Post: “Draghi sogno impossibile per una coalizione paralizzata da divisioni e incompetenza”. Punto.

Nasce da questa oggettiva forza delle cose più che dalla potenza della volontà l’accettazione, più o meno convinta, a partire da quella di Giuseppe Conte, arrivata dopo la frenata nei giorni scorsi e vincolando il via libera alla richiesta di un “governo politico”, che garantisca la continuità col precedente. A proposito: il “partito di Conte”, altro tormentone delle scorse settimane, è già sparito dai radar e l’ex premier, di fatto, si è proposto come guida del Movimento e, al tempo stesso della coalizione dei centrosinistra, nel tentativo – o illusione – di tenerla viva nel nuovo quadro garantendola con l’assetto di governo.

Insomma, si è voltato pagina, ma i protagonisti della precedente ancora non ne hanno preso atto in fondo, proiettando un film senza sapere le intenzioni del regista, cioè Draghi. È come se si pensasse che, in fondo, a palazzo Chigi ora c’è una controfigura su cui costruire lo stesso copione. Il che, nel gioco di veti, ambizioni e appetiti, non tiene conto di un fatto politico molto rilevante: l’apertura di una dialettica vera nel centrodestra. Che testimonia anch’esso l’elemento dirompente della proposta di Draghi. E non solo perché il centrodestra andrà separato alle consultazioni, dove Silvio Berlusconi si dirà pronto a un sostegno pieno fondato sulla “discontinuità rispetto al precedente”. La vera novità è il travaglio che si è aperto nella Lega, che nel paese è il primo partito, immortalata dalla icastica dichiarazione di Giancarlo Giorgetti, che in quel partito rappresenta la voce dei produttori e di quel blocco del Nord, concreto, di governo e poco parolaio che giudicherebbe incomprensibile il fallimento dell’operazione: “O si è a favore o contro, nessuna astensione”. Parliamoci chiaro: Salvini è trascinato in un orizzonte che non è il suo proprio dalla sua constituency, intesa come amministratori, governatori, produttori. Nasce da qui la sua dichiarazione di disponibilità, sia pur condizionata a un disco rotto sull’immigrazione e a veti rispetto alla presenza di Beppe Grillo.

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Covid, varianti «più letali del 40%». In arrivo le prime zone rosse

venerdì, Febbraio 5th, 2021

di Mauro Evangelisti

ROMA In uno spicchio di Abruzzo, tra le province di Pescara e Chieti, sono già stati rilevati 107 casi (dato parziale, potrebbero essere di più) della variante inglese del coronavirus, la B.1.1.7. Sempre nel centro Italia, si attende l’esito della verifica dell’Istituto superiore di sanità di 44 tamponi, ma c’è il forte sospetto che sia presente la variante brasiliana o una con caratteristiche simili. Non si esclude che la mutazione abbia portato a una variante autoctona: la Regione Umbria vuole fare degli approfondimenti. Da giorni gli ospedali di Chieti e di Pescara hanno esaurito i posti e devono inviare i pazienti all’Aquila. Allo stesso modo, a Perugia c’è un incremento dei contagi anomalo, che non avviene nella vicina provincia di Terni.

Alto Adige in lockdown da lunedì: boom di casi, timori per variante inglese


Il caso Umbria


Per capirci, viaggiando lungo la E45, a Terni l’incidenza è di 83,1 infetti ogni centomila abitanti su base settimanale, a Perugia è 273,3. Quasi un mistero. Questi primi dati sono stati illustrati ieri pomeriggio, nel corso della riunione del Comitato tecnico scientifico, dal presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, e dal dirigente Prevenzione del Ministero della Salute, Gianni Rezza. Bisogna intervenire. I membri del Cts hanno concordato e hanno chiesto di incrociare questi primi numeri con quelli del report della cabina di regia (le pagelle settimanali che determinano i colori delle Regioni) che saranno completati e analizzati oggi. Appare molto probabile l’individuazione di due zone rosse, non su base regionale, ma locale: una in provincia di Perugia, l’altra ai confini delle province di Chieti e Pescara.

C’è il timore che ciò che si sta vedendo in Abruzzo e in Umbria sia solo l’anticipazione di ciò che sta arrivando nel resto d’Italia. Intanto, l’Alto Adige dà lunedì va in lockdwon, perché c’è un incremento dei contagi. Eppure, in parallelo ci sono nel Paese anche dati contrastanti e, in parte, inspiegabili. In Veneto il presidente Luca Zaia ha parlato di un crollo dei contagi quasi misterioso. In generale, l’Rt (l’indice di trasmissione) resta ben al di sotto del livello critico di 1; dal Veneto al Lazio, anche i valori delle Regioni sono stabili se non in miglioramento.

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I ministri del governo Draghi: da Ruffini a Scannapieco, tecnici per l’economia. Il rebus

venerdì, Febbraio 5th, 2021

di Giuseppe Albero Falci e marco Galluzzo

I  ministri del governo Draghi: da Ruffini a Scannapieco, tecnici per l'economia. Il rebus

I tre ministeri di spesa, Mef (Economia), Mise (Sviluppo economico) e Mit (Infrastrutture), affidati a tecnici, d’area o puri. Poi due ministri a partito, almeno per quelli più grandi, uno ad Italia viva. Uno schema che subirebbe comunque una dinamica a fisarmonica in base al perimetro della maggioranza: più è larga più è possibile immaginare una prevalenza di tecnici sui politici, proprio per sminare conflitti e incompatibilità, anche caratteriali dentro il nuovo esecutivo.

È comunque ancora prematuro immaginare la futura squadra di Mario Draghi, il momento della verità arriverà solo alla fine delle consultazioni, dopo che l’ex governatore della Bce avrà chiara la dimensione del sostegno politico al suo esecutivo e sarà pronto a giurare nella mani del capo dello Stato.

Alcune ipotesi continuano a circolare con insistenza fra Camera e Senato. Marta Cartabia, ex presidente della Consulta, alla Giustizia, Enrico Giovannini al Lavoro, Dario Scannapieco, attuale vicepresidente della Bei in un dicastero economico così come Ernesto Maria Ruffini, vicino ad Italia viva, il docente di economia industriale Patrizio Bianchi all’Istruzione, Antonio Malaschini, ex segretario generale del Senato e già membro del governo Monti, papabile fra coloro che potrebbero tenere i rapporti con il Parlamento.

Non sono escluse alcune riconferme, da Speranza a Boccia, da Di Maio a Guerini e Franceschini, mentre circola anche il nome di Andrea Orlando ed è possibile una promozione di Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia. Ovviamente resta in campo anche l’ipotesi che lo stesso Giuseppe Conte possa restare al governo in un altro ruolo, una mossa utile a conquistare quella parte del M5S restìa all’appoggio a Draghi. Circolano anche i nomi di Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina, della scienziata Ilaria Capua, ma è indubbio che alla fine saranno più le sorprese che le conferme delle indiscrezioni.

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Draghi, lo sbarco di un «marziano» nel mondo della politica social: sul web non ha alcun profilo

venerdì, Febbraio 5th, 2021

di Antonio Polito

Draghi, lo sbarco di un «marziano» nel mondo della politica social: sul web non ha alcun profilo

Dal primo ministro dell’Interno food-blogger che mostrava ai follower la sua cena, spaghetti con ragù star e Barolo, al primo ministro senza neanche un account social? Mentre Mario Draghi arrivava ieri a Roma in un’auto con i vetri oscurati, avvolto dal riserbo di una vita in fumo di Londra, Matteo Salvini postava su Twitter la foto della figlia di otto anni con cappuccetto rosso e senza pixel: «Buona giornata papà: e il giovedì, con questi occhietti furbi, diventa subito più bello». Il salto nell’intimità domestica dei politici ha frantumato le ultime barriere del pudore. Al punto che fanno ormai tenerezza i vecchi selfie con le fidanzate: Salvini dormiente al fianco della bruna, e per l’alter ego, Di Maio, il bacio plateale con la bionda, residui di un esibizionismo macho-affettivo studiato apposta per presentarsi al grande pubblico come «uno di noi», invece di «uno di loro».

Il Capitano leghista, si sa, è il più avanti di tutti nella corsa al magico mondo alla rovescia della celebrity, nel quale si è bravi se si è famosi, e non viceversa. Con l’aiuto della “Bestia”, la formidabile macchina di propaganda digitale guidata da Luca Morisi, il Matteo con la barba sfiora i sei milioni di follower sulle varie piattaforme, in particolare le più pop come Facebook e Instagram, in cerca dell’effetto Trump. L’altro Matteo, Renzi, arranca molto indietro, e tiene botta solo su Twitter, roba più cerebrale e radical chic, dove posta selfie mentre corre al mattino, cercando l’effetto Obama.
Ruspante e in crescita la Meloni, molto impressionista con i suoi video urlati“en plein air”. Ma Salvini è più sperimentatore. Primo politico italiano a sbarcare su TikTok, il social vietato ai minori di 13 anni, ci ha provato perfino su Parler, la piattaforma dei sovranisti trumpiani diventata celebre dopo l’assalto a Capitol Hill: non ha fatto neanche in tempo a iscriversi che già l’avevano chiusa per motivi di ordine pubblico. Senza dire di Giuseppe Conte, l’ex anonimo avvocato del popolo: avendo alle spalle Casalino, uno che il grande fratello orwelliano lo conosce, con le conferenze stampa dei Dpcm raddoppiò l’audience in un solo mese (purtroppo il più brutto per l’Italia, tra marzo e aprile dell’anno passato). Perfino Zingaretti, non esattamente un leone da tastiera, non disdegna di usare Facebook per «fatto personale», e polemizzare con una giornalista che gli aveva dato dell’ologramma.

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Draghi, per il governo l’idea di incarichi a «personalità d’area» per tenere insieme la maggioranza

venerdì, Febbraio 5th, 2021

di Francesco Verderami

Draghi, per il governo l'idea di incarichi a «personalità d'area» per tenere insieme la maggioranza

Ha già incassato la fiducia dell’Europa e dei mercati, incasserà presto la fiducia del Parlamento. Quarantottore fa Mario Draghi non aveva i numeri per varare il suo governo, ventiquattrore dopo ne ha persino troppi: c’è la ressa. Ci sono i grillini liberatisi dalle mire di Conte, c’è il Pd e ovviamente Renzi, che ha prodotto il big bang nel Palazzo. Poi c’è Berlusconi e in più si approssima Salvini, spinto verso l’ex presidente della Bce dal Nord produttivo prima ancora che dai suoi governatori e dai dirigenti del suo partito.

È l’unità nazionale. Nemmeno Draghi immaginava che il disgelo si verificasse in così poco tempo. Caduto ogni pregiudizio, stanno cadendo pure storici steccati. Il Pd — che aveva già dovuto metabolizzare la crisi del suo governo e il controllo della corsa per il Quirinale — sperava almeno di resistere dietro una gracile linea Maginot: «Mai con i partiti eversivi», come aveva detto tra il serio e il faceto il costituzionalista Ceccanti, poche ore prima che il capo dello Stato assegnasse l’incarico al braccio destro di Ciampi.

Con Draghi è cambiato tutto. E ieri Zingaretti l’ha fatto capire chiaramente: «Pd e Lega sono alternativi ma spetterà al premier incaricato costruire la maggioranza». «Troveremo il modo per gestire gli equilibri che dovranno portarci fino all’elezione del capo dello Stato», spiega uno dei notabili dem: «Poi si andrà alle urne». Se così stanno le cose, anche il percorso sarebbe più chiaro. Il governo di scopo potrebbe avere durata limitata: il tempo di mettere in sicurezza il Paese e assegnare Draghi a un futuro incarico istituzionale.

Ma l’ex uomo di Francoforte intanto è concentrato sul presente e si prende del tempo. Ha già previsto il secondo giro di consultazioni che avvierà all’inizio della prossima settimana. Al primo giro, sta facendo ai suoi interlocutori la stessa domanda finale: «Propendete per il governo tecnico o politico?». Le dimensioni che sta assumendo la maggioranza lo inducono a riflettere se sia più opportuno scolorire politicamente l’esecutivo con esponenti di partito capaci di dialogare pur nella diversità di collocazione, oppure — come sembra più probabile — affidarsi a personalità di area.

Il confine è sottile, la differenza è evidente. E chissà se a Draghi giunge l’eco dei partiti, dove già si sgomita per avere un posto finestrino. Per adesso è fermo alle questioni di programma, che espone a ogni gruppo consultato, e che ruota attorno all’ormai nota parola d’ordine: «C’è un debito buono e un debito cattivo», ci sono gli investimenti e i soldi dati a pioggia, gli aiuti all’imprenditoria per rilanciare l’occupazione e i sussidi. Già questo basta per evidenziare un segno di discontinuità rispetto al passato. E rispetto al passato nel Palazzo si assiste a una rivoluzione.

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Nero su bianco

venerdì, Febbraio 5th, 2021

Buongiorno

Mattia Feltri

Fra l’incredibile (molto credibile) delle intercettazioni a Luca Palamara, esce una storia particolarmente dolorosa. Sono i giorni in cui il procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, è candidato alla guida della procura di Roma.

Una pm antimafia di Palermo chiede in chat a Palamara di giurare «che il porco cade subito». Il porco naturalmente è Creazzo. La procura generale della Cassazione convoca dunque la pm per avere chiarimenti, e lei ne dà: nel 2015 ha subito violenza sessuale da Creazzo, ecco perché lo chiama porco, e ancora «porco mille volte» e «essere immondo».

Ed ecco perché si industria per complicargli la carriera. Ora nei confronti della pm è stato aperto un procedimento disciplinare, per avere usato metodi scorretti in ostacolo a Creazzo. Lei ne è sconvolta, sente sulla pelle un secondo stupro, ed è molto comprensibile, ma che altro si potesse fare non lo so, poiché la vittima mai ha denunciato il carnefice. Metodi scorretti dicevamo, e il metodo corretto era di andare in procura – dove peraltro lei lavora – e mettere la faccenda nero su bianco.

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Von der Leyen: “Bene Draghi, ora sul Recovery plan l’Italia lavori senza sosta”

venerdì, Febbraio 5th, 2021

Von der Leyen: “Bene Draghi, ora sul Recovery plan l’Italia lavori senza sosta”

Marco Bresolin

DALL’INVIATO A BRUXELLES.Bisogna «lavorare senza sosta» al Recovery Plan italiano. Perché il tempo a disposizione è poco e i soldi da utilizzare tanti. Ma soprattutto perché ci sono ancora molti dettagli da definire, obiettivi da fissare e riforme da concordare. Ursula von der Leyen cerca di tenersi fuori dalle dinamiche politiche romane, ma il sorriso che compare sul suo volto quando sente pronunciare la parola «Mario Draghi» fotografa alla perfezione il sentimento di fiducia che si respira nel Palazzo Berlaymont verso il nuovo capo del governo. Dal quartier generale della Commissione europea, la presidente difende il piano Ue sui vaccini che le sta costando parecchie critiche. Ma per la prima volta – nel corso di un’intervista con “La Stampa” e altri media europei – ammette i passi falsi: l’Ue ha sottovalutato i problemi legati alla produzione e soprattutto ha contribuito ad alzare più del dovuto le aspettative dei cittadini.

In Italia sta per nascere un governo guidato da Mario Draghi: per voi è l’opzione migliore?
«Alt. Si tratta di un affare italiano. E come sapete abbiamo una regola d’oro: non commentiamo mai le questioni politiche interne. Posso solo dire che Draghi alla Bce ha svolto un ruolo straordinario e di questo ne sono tutti consapevoli. Non solo in Italia».

Con il precedente governo italiano avevate avviato la discussione sul Recovery Plan: che impatto avrà il cambio della guardia a Palazzo Chigi? 
«Da settimane, per non dire mesi, lavoriamo con le autorità italiane e con le parti interessate per sviluppare i dettagli della bozza. E il lavoro è ancora in corso. Lo dico per sottolineare quanto dettagliato sia questo lavoro, visto che si tratta di un ammontare enorme di fondi da spendere in un periodo di tempo relativamente limitato, in pochi anni. Dobbiamo andare in profondità nei dettagli, definendo obiettivi e tabella di marcia. Per questo siamo pronti e impegnati con l’amministrazione italiana per lavorare senza sosta e andare avanti perché il tempo è prezioso e non vediamo l’ora di vedere come sarà formato il nuovo governo».

Vi aspettate continuità sul piano italiano? 
«Questa sarà una decisione del nuovo governo. Ma la cornice del piano è chiara perché è stata concordata da Consiglio e Parlamento sulla base della proposta della Commissione. Serve un mix di riforme e investimenti legati al Semestre europeo che rispetti il Green Deal, al quale va destinato il 37% delle risorse. Il 20% deve andare alla digitalizzazione e poi c’è la parte relativa alla resilienza che rappresenta un pilastro importante. Si tratta di obiettivi comuni, condivisi da tutti gli Stati con il Parlamento: contiamo che ci sia continuità nell’attenersi a questi princìpi».

Il piano Next Generation EU ha rappresentato una svolta per l’Europa: è un primo passo che verrà ripetuto in futuro oppure sarà soltanto una parentesi?
«La sua struttura è molto chiara: si tratta di un progetto “una tantum”. Per la prima volta possiamo andare sui mercati e raccogliere capitali da distribuire agli Stati in base a dei progetti chiari, con obiettivi e tabelle di marcia precise. Credo sia una grande conquista, storica. Perché durante l’ultima crisi finanziaria del 2008-2010 si decise di muoversi con un accordo intergovernativo e non a livello europeo. Questa volta abbiamo fatto un grande passo avanti, ma è chiaro che è stato costruito per essere uno strumento da usare “una tantum”. Così ha deciso il Consiglio. Che ovviamente potrà essere libero di prendere altre decisioni in futuro, ma al momento è così».

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Grillo e Casaleggio a Roma. Oggi nell’agenda di Draghi gli incontri con Leu, Pd e F.I.

venerdì, Febbraio 5th, 2021

Arriva Beppe Grillo e anche Davide Casaleggio. Lo stato maggiore dei 5Stelle si ritrova a Roma, dove oggi il presidente incaricato Mario Draghi incontrerà le delegazioni dei partiti alla Camera dei Deputati. alle 11 sarà la volta dei senatori delle Autonomie (Svp-Patt,Uv), poi alle 11.45 toccherà a Leu e un’ora più tardi a Italia Viva che sarà guidata da Matteo Renzi. Alle 15, sarà la volta di Giorgia Meloni e della delegazioni di Fratelli d’Italia. Il centrodestra andrà diviso all’incontro con Draghi, tant’ che l’ex presidente della Bce vedrà poi alle 17.30 la delegazione di Forza Italia con Silvio Berlusconi e domani la Lega guidata da Matteo Salvini.

Alle 17.15 toccherà invece al Pd di Nicola Zingaretti che andrà in delegazione con i capigruppo. Domani Mario Draghi, dunque, chiuderà i suoi incontri con i partiti con i 5Stelle e la Lega.

LA STAMPA

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