Archive for Febbraio, 2021

Draghi, ora è il popolo a volere un’élite

martedì, Febbraio 9th, 2021

di Antonio Polito

Draghi, ora è il popolo a volere un'élite

Dopo anni passati a cercare un «popolo» mitico e indistinto su cui fondare effimere fortune elettorali, ora è il popolo che cerca una élite per farsi guidare fuori dal guaio in cui siamo. Si spiega così l’ampio favore con cui gli italiani hanno accolto l’incarico a Draghi e il suo tentativo di formare un governo. Il sostegno quasi unanime delle forze politiche ne è una conseguenza.

C i sarà del resto una ragione se in tutta la storia umana ogni società, anche la più semplice, ha conosciuto una qualche forma di stratificazione sociale. C’è sempre bisogno di un ceto di persone, dotate di speciali capacità, in grado di svolgere funzioni vitali: dai sacerdoti/agronomi delle civiltà mesopotamiche, agli inventori di vaccini in quelle contemporanee. Ma le competenze, addestrate in lunghi e faticosi periodi di apprendimento, e le gerarchie di valori che inevitabilmente creano tra i membri della società, non bastano a formare una élite. Perché questa trasformazione avvenga c’è bisogno di qualcosa di più del sapere: serve la capacità di interpretare l’interesse generale, di mettere le proprie capacità al servizio della nazione, di unirla intorno a una meta.

In fin dei conti la democrazia politica, con il suo sistema della rappresentanza, non è altro che la ricerca di un equilibrio tra il popolo e le élite. Quando questo connubio riesce, hai Franklin Delano Roosevelt, rampollo di una delle famiglie più antiche d’America, eppure ricordato per aver vinto la guerra alla povertà della Grande Depressione. Quando le élite si comportano come il Principe di Salina, che rifiuta la carica di senatore del nuovo Regno d’Italia, convinto che tutto deve cambiare perché tutto rimanga com’è, allora è un’altra storia.

Eppure anche in questa storia, la storia d’Italia, ci sono stati periodi e fasi in cui le élite hanno svolto un ruolo decisivo. Il banchiere antifascista Raffaele Mattioli, l’imprenditore partigiano Enrico Mattei, l’industriale cosmopolita Gianni Agnelli, letterati e poeti come Italo Calvino o Pier Paolo Pasolini, hanno rappresentato per la nazione una guida che andava al di là e al di sopra della politica, e spesso anche oltre il proprio interesse di ceto. L’Italia del dopoguerra ha dimostrato di avere eccome una élite, e la cosa non è stata ininfluente nello straordinario successo economico di quegli anni, nella travolgente modernizzazione di un Paese uscito dalla guerra non solo sconfitto, ma provinciale, arretrato e bigotto.

È vero però che negli ultimi decenni si è affermata un’altra idea di élite: più simile alla casta brahminica dell’India, al ceto chiuso delle società di antico regime, concentrata sull’obiettivo di autoriprodursi cibandosi di potere. E non parlo solo del personale politico prodotto da partiti in precipitosa caduta di rappresentanza e prestigio. Ma anche della classe dirigente che stava fuori dal Parlamento, nell’apparato pubblico, nelle imprese, nelle università, nei corpi intermedi, e che si è mangiata a bocconi lo Stato, appesantendolo con un debito pubblico mostruoso, privatizzando i profitti e pubblicizzando perdite e sacrifici. Questo ha infuriato l’opinione pubblica; e le ha anche fornito un grande alibi per non vedere le colpe comuni, di tutti, giustificandole con il cinismo di pochi. Si spiega così perché ogni volta che per rimetterci in sesto abbiamo dovuto far ricorso alle élite, come con il governo Ciampi e il governo Monti, ci sia poi stato un colpo di frusta; e siano nati proprio allora movimenti politici, pur diversissimi tra loro come il berlusconismo nel 1994 e il grillismo nel 2013, entrambi basati su quella che Ortega y Gasset descrisse come «la ribellione delle masse».

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Draghi, i ministri possibili per la squadra di governo (con tante donne)

martedì, Febbraio 9th, 2021

di Giuseppe Alberto Falci e Marco Galluzzo

Anche se i partiti continuano a dirsi all’oscuro di tutto, Mario Draghi sembrerebbe essere orientato per una squadra di «alto profilo» costituita da tecnici e da figure professionali con connotazione politica. Di certo, almeno stando alle delegazioni che hanno partecipato alle consultazioni, non si è aperta alcuna trattativa fra partiti e presidente del Consiglio incaricato. L’unica persona con cui l’ex governatore della Bce si sta confrontando per la formazione della squadra di governo è il capo dello Stato Sergio Mattarella. In sintonia con quest’ultimo individuerà le caselle più importanti dell’esecutivo: dai tre ministeri economici (Economia e Finanza, Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti), ai dicasteri degli Esteri, Interno, Difesa e Giustizia. In questo schema gli altri dicasteri , dall’Ambiente alla Sanità, dall’Istruzione alle Pari opportunità, sarebbero destinati ai partiti.

È probabile che la rappresentanza politica sia ridotta all’osso, con non più di due ministri appartenenti ai grandi partiti, Pd, Cinque Stelle e Lega. Per i democratici i nomi forti sono Dario Franceschini, Andrea Orlando e Lorenzo Guerini. Con le senatrici del Nazareno che mormorano: «E le donne?». Nel M5S in pole position c’è Luigi Di Maio. Ma è possibile che nel gioco dei veti incrociati fra i diversi movimenti politici alla fine potrebbero essere indicati solo dei tecnici d’area, per arrivare ad un governo interamente tecnico. Di sicuro, a quanto sembra, non parteciperanno i leader dei partiti, troppo ingombranti, per non causare problemi.

Sottosegretario a Palazzo Chigi: Luisa Torchia o Daniele Franco

È una delle figure centrali di ogni esecutivo e deve godere della fiducia massima del presidente del Consiglio. È in sostanza il suo braccio destro per mandare avanti la macchina di Palazzo Chigi, per coordinare le politiche del governo e incidere sull’indirizzo generale che Mario Draghi vorrà imprimere alla sua azione. Ecco perché continuano a circolare i nomi di Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia, e Luisa Torchia, giurista e allieva di Sabino Cassese e Massimo Severo Giannini. Si fa anche il nome di Luigi Carbone, oggi capo di gabinetto al Ministero dell’Economia. Al momento nessuno osa sbilanciarsi e al Quirinale affermano in modo ufficioso che è prematuro parlare di nomi.

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Allarme varianti in Centro Italia, ipotesi aumentare quarantena a 21 giorni

martedì, Febbraio 9th, 2021

E’ allarme varianti in Centro Italia, con la presenza di focolai anche tra bambini. In alcune province di Marche e Abruzzo il 50% di contagi è dovuto al ceppo inglese. In Emilia Romagna la prevalenza è stimata al 30%. In Umbria è stata rilevata a Chiusi la presenza della “brasiliana”. Per questo il ministero della Salute e l’Iss hanno sottoposto al Cts l’intenzione di una nuova stretta sulle regole della quarantena, allungando a 21 giorni l’isolamento. 

TGCOM

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La messa, le partite a golf, le meringhe. Nel rifugio di Draghi, sui colli dell’Umbria

lunedì, Febbraio 8th, 2021

grazia longo

INVIATA A CITTA’ DELLA PIEVE. Il cancello della villa immersa nella campagna di Città della Pieve, in provincia di Perugia, rimane sempre chiuso. Si turnano le pattuglie dei carabinieri che presidiano l’ingresso, mentre un gruppetto di giornalisti aspetta invano che il presidente incaricato Mario Draghi esca di casa. La pioggia torrenziale certo non invita a fare passeggiate all’esterno della grande tenuta che circonda il casolare acquistato nel 2009 e finito di ristrutturare nel 2011.

L’ex presidente della Bce e la moglie Serenella Cappello non si allontanano neppure per la messa. «Chissà magari è troppo impegnato a lavorare per formare il nuovo governo – osserva Don Aldo Gattobigio, 81 anni, parroco del Duomo di questo paese umbro di quasi 8 mila persone al confine con la Toscana -. Il professore non ha un orario preferito per la messa, a volte viene a quella delle 10.30, altre volte alle 18 ma capita spesso che partecipi a quella del mattino presto, alle 7.30, al convento delle suore di clausura Clarisse». Don Aldo è molto vicino alla famiglia Draghi. È stato lui, il 4 giugno 2011, a celebrare le nozze di Giacomo, il secondogenito di Mario Draghi, 43 anni, ex trader finanziario alla Morgan Stanley, attualmente impegnato in un fondo hedge Lmr Partners. «Sono una famiglia molto unita e molto osservante, compresa l’altra figlia, Federica. In paese il professor Draghi e la moglie sono molto ben voluti. Fanno anche beneficenza, ma con discrezione. Sono entrambi molto gentili, lui più riservato, lei più aperta e socievole. Sono molto contento che lui sia stato scelto dal Presidente della Repubblica Mattarella per formare un nuovo governo. Ho molto apprezzato che Draghi abbia accettato l’incarico perché questo conferma il suo impegno e la sua dedizione per le istituzioni. Sia lui, sia la moglie mi sembrano molto ben integrati e il paese li ha accolti molto bene».

Lo conferma anche il sindaco Fausto Risini, 67 anni, eletto in una lista civica vicina al centro-destra «ma con esponenti in giunta che provengono anche dalla sinistra. Amministro Città della Pieve da due anni e da subito ho colto il legame che c’è con il premier incaricato. Per questo motivo un anno fa, prima che scoppiasse l’emergenza Covid, gli ho proposto la cittadinanza onoraria. Il professor Draghi ha accettato con entusiasmo ma poi a causa della pandemia abbiamo rimandato perché io ci terrei a fare una cerimonia in grande e adesso, con tutte le restrizioni dovute alla pandemia, non è possibile»

Nel frattempo il primo cittadino rievoca com’è scoccata la scintilla tra la famiglia Draghi e Città della Pieve. «La signora Serenella ha un’amica suora di clausura qui al convento delle Clarisse. Venne a farle visita, più o meno 13 anni fa, e come il marito si innamorò del posto. Il centro storico perfettamente curato, il Duomo impreziosito da due affreschi del Perugino che nacque qui nel 1446, le campagne ricche di vigneti e campi di zafferano. Poi acquistarono il casale che fecero ristrutturare e da allora vengono appena possono. Hanno vissuto qui anche durante il lockdown dello scorso marzo».

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Effetto Draghi: volano stracci tra i sovranisti

lunedì, Febbraio 8th, 2021

Un primo effetto della svolta di Matteo Salvini a sostegno di ‘Mario Draghi premier’ è che volano stracci tra i sovranisti all’Europarlamento. Il leghista Marco Zanni, presidente del gruppo Identità e democrazia, attacca il suo vice, Jorg Meuthen dell’ultradestra tedesca Afd, proprio per difendere l’ex governatore della Bce. E’ solo la punta dell’iceberg di un terremoto politico che potrebbe portare la Lega a lasciare il gruppo di Identità e Democrazia e magari a rischiare una scissione per tentare un’adesione molto complicata al Ppe, col rischio di restare senza gruppo politico all’Eurocamera. Intanto domani in plenaria c’è un primo test su questo tentativo di svolta europeista da parte del Carroccio. 

Domani, nelle stesse ore in cui Salvini si recherà da Mario Draghi per il secondo giro di consultazioni per la formazione del governo, la plenaria dell’Europarlamento voterà per l’approvazione definitiva del regolamento della ‘Recovery and resilience facility’, la parte del recovery fund che da sola contiene 672,5 miliardi di euro, di cui 312,5 mld di sussidi, 360 mld di prestiti. A metà gennaio, in Commissione, gli eurodeputati leghisti si sono astenuti sul provvedimento, come Fratelli d’Italia, che conferma l’astensione anche in plenaria. Ora, si apprende, la delegazione del Carroccio è immersa in una riflessione per niente semplice, come per niente semplice è questo tentativo di svolta europeista.

L’11 gennaio scorso, la scelta della Lega di astenersi sulla governance della parte più cospicua del piano anti-crisi europeo scatenò un acceso scontro con gli ex alleati di governo pentastellati – che votarono a favore come faranno in aula domani – oltre che con il Pd, pure a favore. In una nota congiunta, il presidente del gruppo sovranista di ‘Identità e democrazia’ Marco Zanni e l’eurodeputato Antonio Maria Rinaldi attaccarono la scelta Dem e del M5s sostenendo che il regolamento approvato contiene regole di “austerità e tasse”, in altre parole “condizionalità” imprescindibili.

Ma domani l’atteggiamento potrebbe essere diverso, ora che Matteo Salvini ha cambiato rotta, virando a tutto gas verso il governo Draghi. In queste ore, la delegazione leghista sta discutendo il da farsi. I 29 voti degli eletti della Lega all’Europarlamento non sono determinanti, il regolamento verrà approvato con una solida maggioranza. Ma una nuova astensione verrebbe notata in Italia e soprattutto a Bruxelles e non sarebbe un buon viatico per il nuovo percorso politico verso il Ppe. Perché è evidente che la nuova collocazione politica in Italia non si concilia con la presenza della Lega nel gruppo dei sovranisti a Bruxelles, la stessa famiglia politica dell’arci-nemica di Draghi Marine Le Pen, principale alleata di Salvini nella campagna elettorale per le europee 2019.

Alla vigilia del test di domani, un primo assaggio della nuova situazione politica lo si ha oggi con lo scontro diretto tra Zanni e Meuthen. Il leader del partito tedesco di ultra-destra ‘Alternative für Deutschland’ attacca Draghi e la scelta della Lega di sostenere il suo governo. L’ex governatore, dice Meuthen, è “responsabile della spesa senza controlli della Bce”, “la Germania pagherà il conto”. Secca la replica di Zanni, presidente di tutto il gruppo sovranista ‘Identità e democrazia’: “Questo non è il momento delle polemiche, ma di lavorare per il bene dell’Italia e degli italiani. Se qualcuno all’estero critica il professor Draghi per aver difeso l’economia, il lavoro e la pace sociale europea – quindi anche italiana – e non solo gli interessi tedeschi, questa per noi non sarebbe un’accusa, ma un titolo di merito”.

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COMUNICATO STAMPA: ITS SISTEMA MECCANICA LANCIANO

lunedì, Febbraio 8th, 2021

Fondazione di Partecipazione”Istituto Tecnico Superiore Nuove Tecnologie per il Made in Italy Sistema Meccanica”

Corso Trento e Trieste “Palazzo Degli Studi” N. 72

Il collegamento tra ITS SISTEMA MECCANICA di Lanciano e aziende diventa sempre più stretto anche nella fase didattica. Cinque aziende abruzzesi, Fater e Au.Tec. di Pescara, Taumat di Atessa, Aumatech di San Salvo (Ch) e Vision device di Torrevecchia, hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa che porterà gruppi di allievi dell’ITS, dell’IIS Da Vinci De Giorgio di Lanciano (Ch) e dell’IIS Mattei di Vasto, aseguire un percorso di #fablab di diversi mesi che li farà misurare con il mondo dell’Automazione e dell’Industria 4.0.

Infatti partendo da “problematiche” aziendali concrete verranno progettati e realizzati veri e propri prototipi automatizzati che porteranno gli studenti a partecipare al Premio Nazionale “Olimpiadi Automazione” di SIEMENS 2021, prestigioso concorso indetto dalla grande azienda di automazione e dal MIUR, e all’iniziativa ITS 4.0, programma innovativo promossodal MIUR edall’Università Ca’Foscari di Venezia.  

“Il progetto – afferma Paolo Raschiatore, Presidente della Fondazione ITS – è un bell’esempio di collaborazione tra scuola, ITS e aziende, per lo sviluppo e la sperimentazione di tecnologie abilitanti tipiche di Industria 4.0 con la finalità di aumentare le competenze dei giovani del territorio, oltre ad essere un’occasione di orientamento verso la specializzazione tecnica di cui il mondo produttivo ha bisogno”.

Al kick off meeting, svoltosi il 4 febbraio in parte in presenza nella sede dell’ITS a Lanciano ed in parte a distanza nel rispetto delle norme anti-covid, è stata presentata una prima idea progetto che verrà affrontata in tutti i suoi aspetti “automatizzabili” dalle squadre operative dei ragazzi seguiti da un team di docenti:proff. Antonio Del Casale, Sandro Pompa, Matteo Fitti, delle scuole coinvolte, Prof. Fabrizio Ciancetta dell’Università de L’Aquila e Ing. Francesco Vacca dell’impresa.

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Mario Draghi, due nomi per il sottosegretario: Daniele Franco e Luisa Torchia

lunedì, Febbraio 8th, 2021

di Giuseppe Alberto Falci e Marco Galluzzo

Mario Draghi, due nomi per il sottosegretario: Daniele Franco e Luisa Torchia

Linda Laura Sabbadini, Marcella Panucci, Luisa Torchia, Marta Cartabia

Non ci sono dubbi sul fatto che il cuore della squadra di governo sarà deciso nelle prossime ore da Mario Draghi in sintonia e collaborazione con il capo dello Stato Sergio Mattarella. E questo non solo perché il Quirinale ha sempre e comunque una voce in capitolo, almeno da prassi, ma perché si tratta di un governo del presidente, che ne ha dettato il perimetro quando ha parlato di un esecutivo di «alto profilo».

Sottosegretario

Il primo nodo da sciogliere al momento resta il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, una figura strategica per la macchina del governo. Ecco perché a meno di colpi di scena dovrebbe trattarsi di un tecnico: un giurista o un economista di altissimo livello. Non a caso girano due nomi: Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia e già ragioniere generale dello Stato, e Luisa Torchia, giurista e allieva di Sabino Cassese e Massimo Severo Giannini.

I ministeri economici

La seconda tappa sarà quella di decidere la guida dei tre ministeri economici, fondamentali per l’attuazione del Recovery plan. E in questo caso i papabili restano l’attuale vicepresidente operativo della Bei, Dario Scannapieco, il vicedirettore generale di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, e Marcella Panucci, che è stata direttore generale di Confindustria dal 2012 al 2020. Ma nella rosa per il Mise (Sviluppo economico), Mit (Infrastrutture e Trasporti) e Mef (Economia e Finanza) ci sono anche Carlo Cottarelli, Lucrezia Reichlin ed Ernesto Maria Ruffini, attuale capo dell’Agenzia delle entrate.

Lamorgese al Viminale

D’intesa con il capo dello Stato il presidente incaricato potrebbe scegliere di lasciare Luciana Lamorgese al Viminale e alla Giustizia piazzare Marta Cartabia, ex presidente della Consulta. Anche alla Farnesina sarebbe destinato un tecnico, e in questo caso il nome forte resta quello di Elisabetta Belloni, segretario generale del ministero degli Esteri.

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Covid e zone, senza decreto le Regioni riaprono. Il Cts avverte: troppo pericoloso

lunedì, Febbraio 8th, 2021

di Mauro Evangelisti

Zone rosse a Chiusi (Siena), in tre comuni dell’Abruzzo, in mezza Umbria; allarme a Bologna, per il focolaio con dieci positivi nel reparto di Gastroenterologia del Sant’Orsola, e nelle Marche, nelle scuole di Tolentino, Pollenza e Castelfidardo: sono solo cinque esempi che hanno un elemento comune, la presenza delle varianti inglese (in maggioranza) e brasiliana.

Sono campanelli di allarme che in Italia fanno alzare il livello di attenzione perché ormai si è dimostrato che la velocità di trasmissione è estremamente più elevata rispetto alla versione originale di Sars-CoV-2. Non solo: ieri il governatore del Molise, Donato Toma, ha disposto una zona rossa in 27 comuni, compreso quello di Termoli, a causa di un anomalo aumento dei nuovi casi. Non si sa se dipenda dalla presenza delle varianti, ma anche questo è un importante tassello.

Vaccinazioni per fasce demografiche
Infogram


INSIDIE


Di fronte a questo scenario, in continua espansione, l’Istituto superiore di sanità ha invitato tutti a un supplemento di prudenza; eppure tra una settimana, se non ci saranno cambiamenti, gli italiani potranno spostarsi da una Regione all’altra, purché “gialle”. «Non ce lo possiamo permettere» è la tesi del Comitato tecnico scientifico. Riaprire i confini delle Regioni è una insidia, perché la caratteristica della diffusione delle varianti, ormai lo abbiamo capito osservando l’andamento dell’epidemia negli altri Paesi europei, è che spesso cominciano a circolare sottotraccia, per poi fare esplodere i numeri dei contagi e dei ricoveri all’improvviso.

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Vaccino Covid, si può prenotare ma solo in otto regioni

lunedì, Febbraio 8th, 2021

di Lorenzo Salvia

Vaccino Covid, si può prenotare ma solo in otto regioni

La vaccinazione delle persone con più di 80 anni è il passo che ci farà uscire dalla fase uno della campagna, quella con gli interventi mirati su medici, infermieri ed Rsa, le residenze sanitarie assistenziali. E che ci farà entrare nella vera e propria immunizzazione di massa. In realtà, alcuni over 80 hanno già avuto almeno la prima dose. E non parliamo delle persone ricoverate nelle Rsa, conteggiate a parte. Fino a ieri erano quasi 20 mila le persone con più di 80 anni ma non ricoverate nelle Rsa che hanno ricevuto almeno una dose. Diverse regioni, ad esempio il Lazio, hanno scelto di immunizzare gli anziani ricoverati in ospedale. Altre, come l’Emilia-Romagna, hanno dato la precedenza a quelli assistititi a domicilio, estendendo l’immunizzazione anche ai loro coniugi. Altre ancora, come il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta, non si limitano a queste sottocategorie e stanno già chiamando gli over 80 «normali». Aiutate da una popolazione contenuta, certo. Ma anche, è il caso della provincia di Bolzano, dai molti no al vaccino di medici e infermieri. C’era il rischio di non utilizzare le fiale consegnate. Tanto che venerdì scorso a Bolzano, per gli over 80 sono cominciati addirittura i richiami. Ma anche stavolta Bolzano è un’eccezione. Fino a ieri erano solo cinque le regioni in cui gli over 80 potevano prenotarsi. Oggi se ne dovrebbero aggiungere altre tre. Nelle altre si aspetta.

Dove si può già

Tecnicamente non si tratta di una vera e propria prenotazione. Non si può scegliere e nemmeno sapere il giorno e l’ora in cui si riceverà la prima dose. Si tratta di una manifestazione di interesse: una dichiarazione in cui si dice che si vuole essere vaccinati, visto che non si tratta di un obbligo m di una scelta. Registrarsi prima non significa essere chiamati prima perché in ogni regione la precedenza andrà ai più anziani e a quelli che hanno una o più patologie. Ma non è bastato dire che non fosse un clic day per evitare il blocco dei siti internet.

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Recovery Fund, come l’Italia può usare i miliardi della Ue: la lezione del Piano Marshall

lunedì, Febbraio 8th, 2021

di Milena Gabanelli e Danilo Taino

George Marshall fu il Chief of Staff dell’esercito degli Stati Uniti che inventò il Piano di ricostruzione dell’Europa, il quale prese il suo nome. Churchill lo definì «organizzatore della vittoria». Proprio per la sua visione gli fu assegnato il Premio Nobel per la Pace nel 1953. Morì nel 1959, ma ancora 70 anni dopo, quando c’è una crisi si invoca un Piano Marshall. Il fatto è che non è replicabile, e non fu unicamente una questione di soldi, come non lo è oggi per l’Italia, di fronte ai miliardi del Recovery Fund europeo. Che le differenze tra l’immediato dopoguerra e i nostri giorni della pandemia siano enormi è evidente. Allora c’erano Paesi completamente da ricostruire, la manodopera costava niente, il mondo dei commerci era chiuso. C’era una leadership crescente, e in quei giorni governavano statisti veri, temprati in una delle tragedie maggiori della Storia. Dovremmo però studiarla bene quell’operazione che fu la base del Miracolo Economico, nel momento in cui ci avviamo a ricevere più di 200 miliardi di euro tra sussidi e prestiti europei.

Quanto vale oggi quel miliardo e mezzo di dollari

Nominalmente, l’European Recostruction Plan (Erp) – questo era il nome ufficiale – canalizzò 13,3 miliardi di dollari dagli Stati Uniti a 16 Paesi europei tra l’aprile 1948 e il giugno 1952: la Spagna non faceva parte del Piano in quanto dittatura. Se ci si limita a calcolare l’inflazione, 13 miliardi del 1950 corrispondono a poco più di 140 miliardi di dollari oggi. Ma in 70 anni non sono aumentati solo i prezzi, anche i Pil si sono moltiplicati. Fare un confronto preciso tra le portate dei due interventi, dunque, è difficile. L’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, però, ha calcolato che il miliardo e mezzo di dollari che arrivò in Italia con il Piano Marshall corrispose al 9,2% del Pil italiano medio di quegli anni. Se si considera che il Prodotto interno lordo italiano del 2019 è di 1.787 miliardi, il 9,2% corrisponde a 164 miliardi di euro, non molto meno dei 206 del Recovery Fund.

Le condizioni del Piano Marshall

Originariamente, l’Erp avrebbe dovuto beneficiare soprattutto Gran Bretagna e Francia. Infatti, i due Paesi furono quelli che ricevettero la quota maggiore di aiuti, 3,2 miliardi di dollari Londra, 2,7 Parigi. L’Italia fu la terza beneficiata, con 1,5 miliardi: si trattava di sostenerla economicamente anche con l’obiettivo di non farla cadere nelle mani delle sinistre e in prospettiva del nascente blocco sovietico, tanto che un mese prima delle elezioni del 18 aprile 1948 lo stesso Marshall chiarì che il Piano per l’Italia si sarebbe arrestato se avesse vinto il Fronte Popolare. Il lato politico e geopolitico dell’Erp fu infatti non meno importante, per Washington, di quello economico: la Germania, il Paese chiave nel confronto con l’Unione Sovietica, pur entrando un anno dopo nel progetto, ricevette 1,4 miliardi. Anche il Recovery Fund e il New Generation Eu hanno un forte contenuto politico: il rafforzamento dell’Unione europea e il mercato unico da non frammentare con tassi di crescita troppo divergenti nel momento dell’uscita dalla crisi pandemica.

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