Archive for Febbraio, 2021

La politica e il senso del futuro

lunedì, Febbraio 8th, 2021
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di   Angelo Panebianco

Prima di tutto bisogna ribadire l’ovvio: i governi tecnici non esistono, i governi sono tutti politici. L’alternativa «governo tecnico/governo politico» di cui si discute in questi giorni dovrebbe essere diversamente formulata: la scelta è fra governi con un orizzonte temporale relativamente ampio e governi con un orizzonte più ristretto. In una situazione come quella italiana il cosiddetto «governo dei tecnici» non è altro che un governo capace di agire in funzione di obiettivi di medio-lungo termine. Un governo che, come ha scritto Alberto Mingardi sul Corriere di ieri, sperabilmente, non si limiti a distribuire pesci (politica dei sussidi, assistenzialismo), qui e ora ma che si dia da fare perché ricominci nel Paese la costruzione di canne da pesca (capace cioè di rilanciare lo sviluppo economico, oltre che di fronteggiare la pandemia).
Il riferimento a persone e situazioni del nostro recente passato non è casuale.

Mario Draghi è l’uomo che rassicura l’Europa e il mondo su di noi. Come ha mostrato il favore che gli hanno riservato i mercati. Sappiamo che il governo Draghi, se si formerà, sarà in grado di elaborare un piano più che serio e convincente sull’uso che l’Italia intende fare dei fondi europei in arrivo, tale da rassicurare i nostri partner. Ma sarà anche in grado di dare vita a un esecutivo dotato della autonomia necessaria (dai partiti che lo sosterranno) per non farsi schiacciare, nel corso della sua navigazione, sul presente, per operare in funzione di obiettivi di medio termine?

È vero, come ha sostenuto Massimo Cacciari, che l’incarico a Draghi è il segno del fallimento di una classe politica. Si può discutere su quali ne siano le cause. Di sicuro ha pesato il drammatico impoverimento culturale — fatte, si capisce, le debite eccezioni — della nostra classe parlamentare (Ernesto Galli della Loggia, Corriere del 5 febbraio), la sua forte perdita di qualità nei corso dei decenni (Stefano Passigli, Corriere, 1 febbraio). Però è possibile che questo deterioramento si sia aggravato a causa dall’inesistenza di meccanismi correttivi. Questa potrebbe anche essere la ragione della periodica necessità che questo Paese ha, una volta esaurite le possibili combinazioni parlamentari, di rivolgersi a personalità estranee (Ciampi, Monti, Draghi) al gioco politico-partitico.

Proviamo a spiegarci. L’assenza dei meccanismi di cui parlo favorisce la tendenza della classe politica a gestire il consenso qui e ora senza nessun incentivo a preoccuparsi del domani. Naturalmente non bisogna fare del moralismo: la ricerca del consenso è, per chiunque faccia politica, una necessità. Ma il punto è se ci sia o no un qualche equilibrio fra tale ricerca e il perseguimento di vantaggi di medio termine per il Paese. Un tempo esistevano i partiti, forti e con forte radicamento sociale. Talvolta nel male ma spesso nel bene selezionavano la classe dirigente.

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Perché difendo Matteo Renzi

lunedì, Febbraio 8th, 2021

Massimo Recalcati

Non senza nascondere un certo compiacimento Massimo D’Alema aveva riconosciuto, nei giorni precedenti la crisi di governo, in Conte il politico più popolare in Italia e in Renzi il più impopolare. Questo a seguito della decisione del leader di Italia Viva di sfiduciare il governo ritirando i suoi ministri. D’Alema si è fatto interprete di un coro che, soprattutto nei giorni precedenti la caduta di Conte, è apparso unanime e rabbioso: Renzi sarebbe vittima patologica del suo Ego, irresponsabile a generare una crisi di governo al buio in un tempo di emergenza sanitaria ed economica, abbagliato dalla necessità solo tattica di recuperare visibilità politica, indifferente alle conseguenze collettive dei suoi scellerati passaggi all’atto. Quando i giudizi si compattano in modo così conformistico contro qualcuno, uno psicoanalista, abituato a diffidare da ogni forma di pensiero unico, non può non interessarsene. La soluzione Draghi ha forse raffreddato gli animi consentendo un’altra lettura dell’azione politica di Matteo Renzi?

Non abbiamo forse in questi giorni la sensazione di una risposta finalmente adeguata alla crisi sanitaria ed economica senza precedenti che ha travolto il nostro Paese? Aveva allora davvero torto Italia Viva a porre le critiche nei confronti del governo Conte? Immobilismo, esautoramento del Parlamento, errori di fronte alla emergenza sanitaria e, soprattutto, nella programmazione dei futuri investimenti, per non citare il tema del Mes. Davvero la crisi che ha innescato la nomina di Draghi è stata avvertita come incomprensibile da parte degli italiani, come si è sentito ripetutamente dire in ogni occasione? Davvero è stata una pura manovra di palazzo? Non poteva esserci una giusta istanza in quelle critiche grazie alla quale abbiamo oggi l’occasione di avere un presidente del Consiglio che non potrà più essere rappresentato da Casalino per evidente incompatibilità estetica ed etica? Nessuno dei critici più severi e implacabili di Renzi nutre dei dubbi su questo punto?

A proposito di Renzi è toccato a Bersani nelle settimane della crisi a lasciarsi sfuggire il Witz che raduna attorno a lui una generazione di sconfitti. Non credevo alle mie orecchie di psicoanalista quando in televisione l’ho ascoltato definire Renzi, in modo allusivo, come un eiaculatore precoce, ovvero come qualcuno che non si saprebbe trattenere, come un ragazzo alle prime armi di fronte al marasma dell’eccitazione erotica… Eccoli, ho pensato. Ti giri un attimo e ritorna immancabile il paternalismo della sinistra tradizionalista e il suo immancabile livore! In un attimo questo Witz ha radunato attorno a sé tutti gli ex-rottamati da Renzi che hanno avuto l’ennesima occasione per ribadire che avevano visto lungo, che il ragazzo è un corsaro, una canaglia, un poco di buono, un figlio bastardo e, soprattutto, la prova più evidente della loro innocenza.

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Dal mare di Ciampi alle notti del Papeete: se il buen retiro svela l’anima dei politici

lunedì, Febbraio 8th, 2021

flavia perina

L’idea che uno come Mario Draghi, «l’Americano», «Il Professore», «SuperMario», uno di casa a New York, Londra, Francoforte, sempre al top degli incarichi e delle location, abbia la sua Mar-a-Lago in un paese di settemila abitanti – Città della Pieve – dove gira in Panda è piuttosto strana. Ma solo perché la Seconda Repubblica ci ha abituato a una certa vena esibizionista del potere, che senza arrivare agli estremi del Papeete è passata per la villa col vulcano finto di Silvio Berlusconi in Costa Smeralda, i tuffi dallo yacht di Roberto Formigoni, il timoniere Massimo D’Alema con il suo Ikarus di 18 metri, i capodanni esotici alle Maldive di Pierferdinando Casini, Renato Schifani, Francesco Rutelli, e molte altre cose al confine tra politica e cinepanettone.

L’idea del buen ritiro, del posto lontano e «normale» dove rilassarsi, appartiene ad altre generazioni e a biografie dove l’impegno full-time (impegno vero, inchiodati ai tavoli e ai dossier) era un dovere e al tempo stesso una maledizione che richiedeva, quando possibile, «stacchi» assoluti. Era logico cercare luoghi dove risultasse improbabile incontrare il compagno di partito, il collega, l’avversario, il fan esuberante e voglioso di conversazione. Così, Aldo Moro se ne andava a Terracina, vestito pure in spiaggia (c’è una memorabile foto mentre gioca con la figlia in giacca, cravatta e scarpe coi lacci). Giulio Andreotti si arrampicava ogni estate fino a Merano, in tempi pre-Variante di valico, quando arrivarci era davvero un tormento. Sandro Pertini idem, Val Gardena. Giorgio Almirante a Levico. Enrico Berlinguer a Stintino, nella casa d’affitto di un pescatore. Tutti posti dove il rischio di parlare di lavoro era minimo, quello di incontrare un giornalista quasi inesistente.

Negli ultimi 25 anni, questa abitudine è stata conservata solo dai due «marziani» che hanno preceduto Draghi in operazioni di salvataggio nazionale, Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti, entrambi con percorsi professionali molto simili. Per Ciampi il buen ritiro era una villa assai poco sfarzosa a Santa Severa, dove remava in pattino e giocava a tresette con gli amici del posto. Per Monti, Porto Recanati o Lesa, sul Lago Maggiore, anche se le sue vacanze più discusse furono quelle di montagna a Silvaplana (Svizzera) con figli e nipotini: gli avversari lo raccontarono ospite di un resort di lusso, stava in un appartamento condominiale di quattro camere.

Il paradosso è che i nostri leader o premier apparentemente «provinciali», quelli che in vacanza scomparivano in paesi piccolissimi, dedicandosi agli eterni passatempi paesani delle carte o del far niente seduti nel patio di casa, erano in realtà i più internazionali: quelli che avevano viaggiato, visto il mondo, occupato ogni immaginabile Senior Suite nei posti più importanti dell’Occidente e dell’Oriente. Ovvio che nel relax volessero altro. Ovvio che i fine settimana in pantofole avessero per loro un fascino assoluto.

Al contrario, i desideri e le ambizioni degli altri – i festaioli delle estati sotto i riflettori, spesso circondati da piccole folle di fedelissimi – rivelano almeno tre cose. La prima è la loro insicurezza, l’idea che sparire per un po’ sia deleterio (hai visto mai che si dimenticano di me?). La seconda è la gran confusione tra pubblico e privato, con la convinzione che persino la polenta cucinata per cena o la biciclettata debbano diventare messaggio politico. Infine, c’è il bug esperienziale di giovinezze quasi interamente dedicate a quel mestiere triste che è diventato la politica: le troppe serate in sede per le assemblee di circolo, o in parrocchia, o a cercar voti alla bocciofila; le domeniche al seguito del capocorrente; i «non posso» pronunciati ogni weekend mentre i coetanei se ne andavano al cinema, in discoteca, appresso alla più bella della comitiva.

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Una politica senza partiti

lunedì, Febbraio 8th, 2021

massimo cacciari

Pudore è morto. Eccoci fuori dal Palazzo, dopo che al suo interno si sono consumati invano tutti i riti possibili, a predicare al successore, che null’altro è se non il testimone indubitabile dei nostri fallimenti, che il suo governo, sia chiaro, deve essere politico, si badi politico, poiché politici sono tutti i problemi che dovrà affrontare (e che noi non siamo stati in grado neanche di sfiorare), politica la crisi, e via politicando. Dunque, ci sbagliavamo, prima non era un governo politico. Erano dei “tecnici competenti” i Di Maio e compagnia, e ora finalmente occorrerà cambiar registro. Ma se invece i Conte 1 e Conte 2 erano governi ultra-politici, come forse ai più sono apparsi, non sarebbe proprio il caso di dire: d’ora in poi solo governi non politici?! La realtà è che l’impotenza riformatrice di tutti i governi che si stanno succedendo in questo Paese da ormai un trentennio, nel tentativo sempre più vano di mascherare una crisi di sistema, sta producendo una vera e propria confusione mentale, un radicale fraintendimento di lessici e categorie, un imbarbarimento di idee.

Che cosa significa questa ridicola distinzione tra politica e competenza? Si è dimenticato, dopo trent’anni di demagogie e populismi, non certo solo appannaggio delle destre, anche l’Abc di cosa sia vera politica. Non ne è mai esistita una che non avesse, al suo interno, reali competenze. Come scienza e tecnica formano un’unità del mondo moderno, così politica e competenza. Non nella stessa persona, ma nell’organizzazione di cui il politico, anche il capo politico, è espressione. Senza competenza il progetto politico mancherà sempre di fondamento, sarà comunque irrealistico, destinato a trasformarsi in un cumulo di promesse, di vacui dover-essere, di appelli populistici. Avere visione politica non significa sognare – come ora chiedere a Draghi la flat tax nel pieno di questa crisi finanziaria-, ma commisurare i propri fini alla situazione concreta. Non esiste politica che sia mera amministrazione dell’esistente. Un governo puramente tecnico è come l’araba fenice. Esiste invece, purtroppo, politica incompetente – e questa produce i peggiori disastri.

Il governo Draghi sarà perciò politico per forza. A meno che, tra i nostri eroi, politico non significhi altro che partitico(e allora occorrerebbe chiedere di grazia dove esista da noi oggi qualcosa che somigli alla forma di un partito). Se Draghi avesse in mente un governo che pasticcia tra i due termini incontrerebbe inevitabilmente dei bei problemi.

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Temi, squadra e tempi del governo. Le prime tre spine per il professore

lunedì, Febbraio 8th, 2021

alessandro barbera

A Città della Pieve, nel cuore nascosto della penisola, piove. E’ domenica, ma Mario Draghi non mette il naso fuori di casa nemmeno per un minuto. Non ha voglia di affrontare i cronisti fuori della proprietà, e non ha tempo. Nonostante abbia ricevuto l’incarico ormai da qualche giorno, nonostante un giro di consultazioni, il suo governo di unità quasi nazionale è ancora in alto mare. L’appello del presidente della Repubblica a unire le forze in un momento difficile non è arrivato bene alle orecchie di tutti. Prendiamo Matteo Salvini. Di buon mattino, in un’intervista alla radio, dice: «L’esperienza non è ancora iniziata, quindi non possiamo indicare la data di scadenza». Detta così, un assegno quasi in bianco all’ex banchiere centrale. Poi però aggiunge una frase che stravolge la prima: «E’ chiaro che un governo di ricostruzione come questo non può andare avanti all’infinito. Deve fare alcune cose come nel Dopoguerra fece Parri. Un governo con forze così diverse si mette d’accordo su alcune cose: piano vaccinale, fisco, infrastrutture, riapertura di scuole e attività». Per i cultori della storia, il governo Parri durò meno di sei mesi, dal 21 giugno al 10 dicembre 1945. Nicola Zingaretti, da sempre attratto dalla prospettiva del voto, nota le parole di Salvini con una certa preoccupazione. E così nel pomeriggio «fonti di largo del Nazareno spiegano: «Constatiamo che Salvini fissa una scadenza e pone un problema. Attendiamo la sintesi del presidente Draghi, ma maggioranza larga non vuol dire necessariamente stabilità». Ecco il primo nodo irrisolto del governo Draghi: la durata. Il Quirinale e l’ex presidente della Bce non vorrebbero far nascere un governo a scadenza, ma fra i suoi molti azionisti potenziali c’è già chi lo vede finire a primavera, fatte le poche cose ritenute urgenti: l’uscita dall’emergenza, il via a Recovery Plan e l’accordo per il nuovo Capo dello Stato. Dalla risposta a questa non banale precondizione ne discende una seconda: se del governo debbano far parte tecnici, politici, o entrambi. Nei primi giorni, quelli carichi di entusiasmo, nei palazzi non si parlava che del «modello Ciampi», il governo che nel 1993, in piena emergenza giudiziaria (non c’era giorno in cui un politico non ricevesse un avviso di garanzia) unì personalità di tutti i partiti, tecnici e non. Ora con più cautela si cita Dini, colui che nel 1995, dalle ceneri del primo governo Berlusconi, formò una squadra di soli tecnici. Nessuno dei due governi durò moltissimo: il primo 377 giorni, il secondo 487.

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Bassino e Brignone a caccia dell’oro

lunedì, Febbraio 8th, 2021

A Cortina è tutto pronto per l’inizio dei Mondiali di sci, primo grande evento internazionale in era Covid. Serratissimo il calendario della rassegna con 12 gare in 14 giorni. Si parte lunedì con la combinata femminile, il cui programma è stato invertito a causa di una forte nevicata. Tra le big in pista Sofia Goggia non ci sarà a causa di una frattura del piatto tibiale, ma l’Italia potrà schierare comunque due punte di diamante come Federica Brignone e Marta Bassino, tra le favorite per il podio insieme a Petra Vlhova, Michelle Gisin e Mikaela Shiffrin

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“Sto molto bene. Chiaramente avvicinandosi alle gare c’è un po’ di emozione e di tensione che si fa sentire, ma sono comunque tranquilla – ha spiegato la Bassino -. Ci hanno invertito lo slalom e sarà un po’ diverso. Spero che il tempo ce lo permetta”. “Penso di essere pronta, sappiamo tutti che il mondiale è una gara secca e come va va sicuramente mi sento pronta per affrontare tutto”, ha aggiunto. “Sto sempre meglio, mi sento bene – invece le parole di Federica Brignone -. Non so se cominciare con la combinata è un vantaggio. E’ una gara di un giorno, devo azzeccare tutto e deve funzionare tutto nel modo giusto”. “Per noi importante essere qui e dare il massimo – ha proseguito -. Spero di riuscire a dare tutto quello che ho e a esprimere sugli sci il mio 100% e col giusto atteggiamento”. 

Le due azzurre sono cariche e hanno voglia di fare subito ben, ma in pista dovranno vedersela con avversarie decisamente agguerrite come Gisin e Vlhova, ma anche Mikaela Shiffrin. “Nella combinata femminile c’è un livello incredibile – sottolinea Brignone che la scorsa stagione è stata tra le protagoniste della specialità -. Sarà difficile. E’ la gara di un giorno, quello che è successo prima non conta. bisogna essere fortissime in slalom e in superg. Si riparte da zero, come sempre d’altra parte”. 

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Draghi, settimana decisiva dopo la pausa sulle colline umbre | L’obiettivo: giurare entro venerdì 12

lunedì, Febbraio 8th, 2021

Una domenica in famiglia, nella sua casa di Città della Pieve, prima di affrontare la settimana decisiva per la formazione del nuovo governo. Mario Draghi, presidente del Consiglio incaricato, ha ricaricato le batterie ed è pronto al secondo giro di consultazioni con i partiti (qui il calendario) grazie alla giornata trascorsa nel suo “buen ritiro” nelle campagne umbre. La sfida, dopo aver incassato quasi tutti sì nel primo giro di consultazioni, è trovare il perimetro della maggioranza. La seconda tornata di incontri, stavolta a ritmi più serrati, servirà a spiegare quale sarà il suo piano di azione in vista della formazione del governo.

L’obiettivo dell’ex numero uno della Bce è quello di far incastrare tutti i tasselli di una nuova allargatissima maggioranza (dal Pd a Leu e Forza Italia, passando dall’inaspettata Lega, per finire al M5S), salire al Quirinale con il puzzle finito e sciogliere la riserva dell’incarico ricevuto il 3 febbraio. Al presidente Mattarella, Draghi potrebbe riferire mercoledì 10 o la sera prima, dopo i colloqui con i partiti. Nella migliore delle scalette, il successore di Giuseppe Conte e la sua squadra potrebbero giurare entro venerdì 12.

L’incaricato dovrebbe anche confrontarsi con le parti sociali. Un dialogo molto atteso da imprese e sindacati, anticipato da Draghi subito dopo aver ricevuto il mandato dal Colle ma per ora senza convocazione ufficiale. Tanto da far pensare che sindacati, imprese e categorie potrebbero essere chiamati formalmente a governo fatto, direttamente a Palazzo Chigi. Certo è, invece, il calendario delle consultazioni politiche. Il lunedì (pomeriggio) toccherà ai piccoli partiti piccoli (dalle 15 con il gruppo Misto della Camera fino alle 17.30 con le Autonomie, in mezzo il Movimento italiani all’estero, Azione, +Europa, i radicali, Noi con l’Italia, Cambiamo e Centro democratico). Martedì i primi a sedersi di nuovo al tavolo con Draghi saranno i cosiddetti ‘responsabili’, il gruppo di Europeisti-Maie-Centro democratico nato al Senato dopo le dimissioni di Conte. Poi Leu, Italia viva, Fratelli d’Italia, Pd, Forza Italia e Lega. Chiuderà, come sempre, il M5S (forse ancora con Beppe Grillo come capodelegazione).A quel punto il quadro potrebbe essere chiaro per far scattare la sintesi del super banchiere, mentre la fiducia del Parlamento potrebbe anche arrivare la settimana successiva, dopo il 14 febbraio. In ogni caso, secondo la prassi dell’alternanza, il primo voto dovrebbe essere al Senato.

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Sondaggio, Draghi al 71% di gradimento

domenica, Febbraio 7th, 2021

Gradimento al 71%. Mario Draghi schizza in testa alla classifica del gradimento e scavalca Giuseppe Conte. E’ quanto emerge dal sondaggio Demos per Repubblica. L’ex-premier resta comunque secondo con il 65%. In fondo alla classifica Matteo Renzi con il 17%.

Quanto al giudizio sul possibile governo Draghi è positivo “soprattutto fra gli elettori del Pd. Dove raggiunge l′85%, cioè, quasi la totalità. Tuttavia, sfiora il 70% anche nella base della Lega e dei Fratelli d’Italia, probabilmente appagati dalle dimissioni di Conte. Nonostante le perplessità dei gruppi dirigenti e la posizione apertamente contraria espressa da Giorgia Meloni”.

“Meno ampio appare il sostegno fra gli elettori di Forza Italia e, ancor più (meno), del M5S. Internamente diviso, tanto più dopo le dimissioni Conte. Nel complesso, il gradimento dei cittadini nei confronti di Draghi appare altissimo: 71%”. E’ stato chiesto agli intervistato anche sulla durata del governo Draghi e per il 52% dovrebbe arrivare a fine legislatura. Mentre sulla composizione per il 61% è preferibile il mix tra tecnici e politici. Infine sulle intenzioni di voto: Lega al 22,8%, Pd al 20,9%, Fdi al 16,9, M5S al 15,2, Forza Italia al 7,8%, Leu al 3,2, Azione al 2,8, Italia Viva al 2,7, Più Europa al 2.

L’HUFFPOST

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Il fascino discreto della borghesia meritocratica

domenica, Febbraio 7th, 2021

C’è un’aria fresca in questo scorcio d’inverno, qualcosa di nuovo. È bastato un nome, non certo uno qualsiasi, perché tutto, discretamente, si ribaltasse. I vecchi meccanismi narcisistici della politica, l’esaltazione fatua del potere, i canoni estetici, le roboanti parole d’ordine, le cene eleganti.

Tutto silenziato, quasi arreso se non addirittura deriso. Un banchetto da venditore ambulante davanti a Montecitorio, voltagabbana senza mercato, legioni estremiste improvvisamente ridicole. Tutto appare sommesso: gli anatemi sindacali, i malumori della politica improvvisamente afona.

Tutto si adegua magicamente a uno stile che è fatto di pochi microfoni, di nessun social network.

E tutti hanno intuito la grande bellezza della sobrietà e del merito, quello vero, quello che conosce il mondo e che il mondo riconosce, quello dell’inglese parlato come l’italiano, della forza dell’esperienza.

Draghi permette a tutti, qualsiasi ideologia appartengano, di pronunciare una parola: dignità. E l’abbiamo scoperta in un secondo come se fossimo usciti da un coma farmacologico, e finalmente, nonostante la pandemia e il debito pubblico, possiamo sorridere, covare una speranza non fideistica.

Improvvisamente le lauree e i talenti tornano a contare, le esperienze e la considerazione internazionale riconquistano il peso che meritiamo. Non più Tweet minacciosi, anche le tastiere degli ossessionati dal fatuo presenzialismo sembrano perdere la forza e il senso del linciaggio. Dall’impotenza dell’odio possiamo sperare di costruire un futuro fatto di competenze, di rispetto, di autorevolezza.

È tornata l’eleganza dell’apparire senza concessioni, della severità mascherata con un sorriso.

E il resto sembra sciogliersi nel ridicolo. Piattaforme digitali che dovrebbero giudicare chi? I più furbi e navigati hanno subito colto l’attimo per alzare il braccio e manifestare inusitate compiacenze, ma sanno che anche il giochino dei voltagabbana è giunto a termine.

Forse, dopo decenni, possiamo dire con orgoglio: ce lo meritiamo. E non saremo più giudicati per le barzellette di bassa lega o per i bomboloni inghiottiti sulla spiaggia come novelli ducetti.

Un solo nome e abbiamo capito, con sollievo, quanta politica (e non solo) era fatta da persone molto “vuote di sé” e finalmente possiamo dirlo. Finalmente la politica può rivolgersi a persone non ricattabili e questa potrebbe essere una vera rivoluzione: entrano i bravi, escono i furbi.

Forse è arrivato il nostro capitano che non possiede né parole forti, né ville in Sardegna, ma sa perfino parlare senza sbagliare un congiuntivo.

Ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che era proprio questo che cercavamo e che il mondo si aspettava da noi. Non cercavamo solo un curriculum, ma una persona autorevole che non ha bisogno di esternare ogni giorno né di smanettoni da social nel suo back-office.

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Christine Lagarde: “Draghi farà ripartire l’economia con l’aiuto Ue”

domenica, Febbraio 7th, 2021

“L’Italia e l’Europa sono fortunate che Mario Draghi abbia accettato la sfida di aiutare a mettere fine alla crisi economica e sociale dell’Italia, in un momento in cui questa è il Paese dell’Eurozona colpito più duramente dalla pandemia”.


Lo dice Christine Lagarde, presidente della Bce, a proposito dell’incarico a formare il governo dato al suo predecessore all’Eurotower. “Ho piena fiducia – dice Lagarde in un’intervista al francese Journal Du Dimanche – che Mario Draghi sarà all’altezza della sfida. Ha tutte le qualità che ci vogliono: ha la competenza, il coraggio e l’umiltà necessarie” per “far ripartire l’economia italiana con l’aiuto dell’Europa”.

L’HUFFPOST

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