Archive for Febbraio, 2021

Ristoranti pieni a Roma e dintorni: “5 milioni di fatturato solo oggi”

sabato, Febbraio 6th, 2021

Pienone nei ristoranti di Roma nel primo sabato ‘giallo’ del Lazio. Tanti i locali che, complice il bel tempo, hanno riempito i tavolini all’aperto. Il presidente della Fiepet-Confesercenti di Roma e Lazio Claudio Pica segnala “dati impressionanti, dal centro di Roma fino al mare, la gente con il clima mite ha avvertito l’esigenza di uscire. Stimiamo per la provincia un fatturato di 5 milioni solo oggi”. L’appello di Pica è “a evitare assembramenti. Non dobbiamo abbassare la guardia, in primis per la salute a poi anche per l’economia: meglio una lenta ripresa ma duratura che gli stop and go”. Tanta gente anche nei parchi.

L’HUFFPOST

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Matteo Salvini, gli industriali del Nord avvertono: “Dì sì a Mario Draghi o la pagherai”. Oggi l’apertura della Lega alle consultazioni

sabato, Febbraio 6th, 2021

La Lega di Matteo Salvini, alla fine, ha aperto a un governo con Mario Draghi. Il prezzo da pagare, in caso contrario, sarebbe stato troppo alto. Come diversi retroscena hanno raccontato, infatti, il segretario del Carroccio avrebbe ricevuto un forte pressing da parte dei governatori e degli industriali del Nord. “La Lega sarà obbligata a sostenere un governo Draghi, altrimenti perderà la sua base, che è fatta di piccole e medie imprese, di partite Iva, di gente che sta sul mercato e ha bisogno di un governo serio. Se la Lega vuole affossare l’Italia solo per una questione ideologica o di convenienza politica, la pagherà”: parlava così – poco prima delle consultazioni di questa mattina – un imprenditore veneto, Alberto Baban, ex presidente nazionale della Piccola industria di Confindustria.

“Non ci sono altre soluzioni, ce n’è una sola. Ci è stata offerta e tradire questa opportunità vuol dire andare contro gli interessi del Paese”, ha continuato l’imprenditore in un’intervista al Giorno. Secondo lui, inoltre, il governo che verrà dovrà innanzitutto fare una buona impressione sull’Ue, “visto che le risorse arrivano da lì”. Le aspettative, comunque, sono già molto alte. Lo ha dimostrato anche il modo in cui hanno reagito i mercati finanziari dopo l’incarico all’ex presidente della Bce. 

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Draghi supera la maggioranza Ursula: al Senato l’asticella è già a 200 e può arrivare oltre 290: scenari e numeri

sabato, Febbraio 6th, 2021

Paolo Festuccia

I numeri sono chiari: perfino con il voto contrario del M5Stelle (che pure non ci sarà come hanno confermato gli esponenti dopo le consultazioni con il presdente incaricato) un esecutivo guidato da Mario Draghi otterrebbe al Senato almeno 190 voti. Una maggioranza significativa che alla Camera, sempre nell’ipotetico scenario descritto, raggiungerebbe i 400 seggi. Tanti e tali da poter consentire all’ex presidente della Bce non solo di partire ma di guidare l’esecutivo con la giuste dote di consensi accanto. Ma se invece, come sta accadendo (almeno prima del voto in aula) anche il Movimento 5Stelle, seppur con qualche defezione interna darà via libera al nuovo governo, il premier in pectore avrebbe una maggioranza schiacciante oltre quella chiamata Ursula, sul modello di quella ottenuta da Ursula von der Leyen per la presidenza della Commissione Ue. L’asticella, infatti, si fermerebbe tra i 200 e i 250 favorevoli al Senato e a 470 deputati a Montecitorio. Insomma, almeno, stando alla cornice che si sta manifestando in queste ore il governo Draghi non avrebbe proprio alcuna difficoltà ad entrare subito operativo. Al punto che qualora non avesse il via libera dai 5Stelle avrebbe alla Camera  comunque 400 voti alla Camera e 214 al Senato, oltre settanta rispetto a quelli ottenuti da Conte nella più recente fiducia. Tirando le somme, insomma, il governo Draghi nell’ipotesi migliore potrebbe anche ottenere 590 sì alla Camera e 291 favorevoli al Senato. Questo caso, contemplerebbe solo il voto contrario di Fratelli d’Italia. La situazione più possibile, o almeno quella che si sta delineando, è una cornice dove anche i 5Stelle voteranno a favore con qualche defezione. Defezioni che, in questi casi, sono di fatto normalità: in questa situazione l’asticella passerebbe a circa 470 sì alla Camera e 271 al Senato.

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Coppia scomparsa a Bolzano, ripescato dall’Adige la madre di Benno Neumair. Si cerca il corpo del padre

sabato, Febbraio 6th, 2021

Ubaldo Cordellini

BOLZANO. L’abbassamento del livello dell’Adige ha portato all’esito previsto. Come sperava la Procura di Bolzano, le centinaia di sub e vigili del fuoco volontari dispiegati lungo tutto il corso del fiume tra il ponte di Vadena e la diga di Mori hanno individuato un corpo. Il recupero è avvenuto verso le 11.30, all’altezza di Laghetti di Egna, ancora in provincia di Bolzano. Secondo i primi accertamenti si tratterebbe di Laura Perselli, la donna scomparsa insieme al marito Peter Neumair nella gelida sera del 4 gennaio dalla loro casa di via Castel Roncolo a Bolzano. Gli inquirenti, che avrebbero identificato il corpo grazie ad alcuni elementi non ancora resi noti, stanno proseguendo nelle verifiche, ma dall’atmosfera che si respira lungo il fiume, a Laghetti, sembra ci siano pochi dubbi sull’identità della salma che non è stata ancora spostata. A quanto risulta, i parenti della donna sarebbero già stati avvisati. 

Benno Neumair arrestato per la scomparsa dei genitori: è accusato di omicidio

Le ricerche stanno comunque proseguendo nella speranza di trovare anche il corpo del marito Peter. I carabinieri e la Protezione civile hanno provveduto a mettere in sicurezza tutta l’area. Sul posto è atteso l’arrivo del medico legale. Di fondamentale e importanza per le indagini sarà l’autopsia sul cadavere della donna. Dalla scorsa settimana il figlio della coppia,  Benno, è in carcere con l’accusa di duplice omicidio e occultamento di cadavere. Il giovane si è sempre detto innocente anche se su di lui si addensano molti indizi. Appena l’altro ieri al suo avvocato, Flavio Moccia, che è andato a trovarlo in carcere, il giovane aveva detto di essere in ansia per la sorte dei genitori. Il ritrovamento del corpo della madre, se dovesse essere confermato dai successivi accertamenti, ora mette un primo, tristissimo, punto fermo a tutta la vicenda.

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Giallo su un appoggio esterno Pd al governo Draghi, ma il Nazareno smentisce

sabato, Febbraio 6th, 2021

Carlo Bertini

Giallo su un possibile appoggio esterno del Pd al governo Draghi. Da quanto filtra da fonti di primissimo piano del partito il Pd sarebbe pronto a votare la fiducia ma senza entrare nel governo Draghi qualora nella compagine entrassero ministri della Lega. Ma con una nota ufficiale, il Nazareno smentisce e definisce infondate queste voci, secondo cui se ci sarà un governo europeista allargato anche a Forza Italia ci saranno esponenti politici dem, altrimenti il partito di Zingaretti voterà la fiducia, ma si terrà le mani libere di votare volta per volta. Ad alimentare il giallo, ci sono le parole di un esponente della segreteria dem molto vicino a Zingaretti, Nicola Oddati, che sembrano avvalorare la tesi di un minore coinvolgimento nell’esecutivo nel caso di un ingresso della Lega: “Abbiamo detto al professore Draghi che sosterremo il suo sforzo: se si darà vita ad un governo coeso con un profilo chiaramente europeista ed un atteggiamento solidale volto alla tutela delle fasce deboli, potremo dare un grande contributo. Non poniamo veti a nessuno ma se tutti appoggiassimo il governo probabilmente ci troveremmo a fare solo le cose sulle quali ‘non possiamo non essere d’accordo’, perché tra noi e i sovranisti ci sono profonde differenze, dalle riforme ad altre questioni importanti come l’immigrazione o la sicurezza. Ma anche sulla gestione della pandemia, voglio ricordare che a scendere in piazza con i negazionisti non eravamo noi, era la destra”. 

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Governo Draghi, le ultime notizie. Oggi le consultazioni con Salvini e Grillo

sabato, Febbraio 6th, 2021

Si chiude oggi il primo giro di consultazioni del presidente del consiglio incaricato, Mario Draghi. Dopo avere incassato il sostegno quasi incondizionato di Pd e Forza Italia (entrambe le forze politiche hanno annunciato l’invio di propri dossier sul programma), nonché dei centristi e anche di Leu, seppure con malumori all’interno dello schieramento (QUI il resoconto della giornata di ieri), oggi il confronto è con la Lega di Matteo Salvini e con il M5S, che per l’occasione torna ad essere guidato da Beppe Grillo. Nella giornata di ieri il solo no netto al premier in pectore era arrivato da Giorgia Meloni che ha ribadito l’intenzione di tenere Fratelli d’Italia all’opposizione. «Come potrei altrimenti essere credibile per i miei elettori?» ha spiegato, tra l’altro, nell’intervista a Paola Di Caro.

***

Ore 13.40 – Il M5S: «Al Paese serve subito un governo»
«Al Paese serve un governo il prima possibile per varare le misure necessarie a fare fronte alla situazione. Se nascerà un esecutivo noi ci saremo con lealtà». Lo ha detto il capo politico reggente del M5S, Vito Crimi, dopo l’incontro con Mario Draghi. «Il nostro obiettivo è portare al centro i temi» ha precisato, spiegando che la presenza del Movimento nell’esecutivo che sarà chiamato a gestire il recovery plan sarà anche la garanzia del fatto che quei fondi possano essere utilizzati in maniera corretta e onesta. Il portavoce pentastellato ha anche elencato tutta una serie di punti programmatici, da quelli legati alla sostenibilità ambientale al mantenimento del reddito di cittadinanza, che sono stati presentati a Draghi come essenziali per il coinvolgimento del Movimento. Crimi ha inoltre riferito che da parte di Draghi c’è stata «la consapevolezza di partire con l’umiltà di chi accoglie quanto fatto prima».

Ore 13.35 – L’imbarazzo di Pd
L’ingresso della Lega nel governo Draghi provoca grande imbarazzo nel Pd. Del resto la delegazione dem ,che ieri aveva incontrato il presidente del Consiglio incaricato, non aveva fatto mistero di nutrire molte perplessità a riguardo. Ed è per questa ragione che Nicola Zingaretti sta valutando l’opportunità di votare la fiducia all’esecutivo presieduto dall’ex presidente della Bce , senza però far entrare i ministri dem nella compagine governativa. Una sorta di appoggio esterno che non si realizzerebbe con l’astensione, bensì con una via libera a Draghi, che però non comporterebbe l’ingresso nel governo di dirigenti del Pd. Sarebbe un modo per cavarsi d’impaccio. A favore di questa linea del segretario uno dei grandi padri nobili del Partito democratico, ovvero sia Goffredo Bettini. Molto perplessi su questa operazione i franceschiniani e una parte della componente «Base riformista». “Già abbiamo sbagliato a schierare il partito sulla posizione o “Conte elezioni”, pur sapendo che non avremmo potuto dire di no a Sergio Mattarella, evitiamo di fare altri errori”, dicono. Una decisione non è ancora stata presa, anche perché una scelta così gravida di conseguenze dovrà essere discussa negli organismi direttivi del Pd. Se nei dem le tensioni prodotte da due differenti visioni della gestione della crisi finora erano rimaste sopite, adesso invece rischiano di esplodere. (Maria Teresa Meli)

Ore 13.00 – Attesa per l’uscita dei Cinque Stelle
C’è attesa per l’uscita della delegazione dei 5 Stelle dal confronto con Mario Draghi. Lo slot a disposizione termina ufficialmente alle 13.15, ma l’incontro è iniziato più tardi del previsto per un ritardo nell’arrivo dei grillini. Con questo confronto si chiuderà il primo giro di consultazioni del premier incaricato. Primo perché è già previsto un secondo confronto con le forze politiche, la prossima settimana, preceduto dall’incontro con le parti sociali.

Ore 11.40 – Salvini: «Confronto stimolante, da noi niente veti»
Uscendo dall’incontro con Draghi, Matteo Salvini ha parlato di «confronto stimolante sui temi» e si è detto «in sintonia» con il premier incaricato «sullo sviluppo del Paese». È poi tornato a sottolineare che «la Lega non pone condizioni o veti» e che «il bene del Paese è superiore agli interessi personali». Incalzato dai giornalisti, il leader della Lega ha evitato di dire subito se il suo partito — che pure ha definito «a disposizione» —, sosterrà oppure no un esecutivo Draghi: «Abbiamo sentito l’inizio di un percorso interessante. La settimana prossima ci siamo impegnati a entrare nel merito, per cui non possiamo dire oggi un sì o un no». In ogni caso, Salvini è tornato a ribadire che dal Carroccio arriverà, se arriverà, solo un’adesione piena: «La Lega non sarà per il forse, se sarà sì sarà un sì convinto e saremo partecipi, non staremo alla finestra. Se non ci saranno le condizioni, allora sarà un giudizio diverso. Ma io penso che stiamo dimostrando lealtà e serietà». E ancora: «Visto che si deciderà come spendere i 209 miliardi dell’Europa, preferisco essere dentro la stanza e fare in modo che vengano spesi bene, anziché restare fuori».

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Italia First. Forse potrà dirlo Salvini, ma potrà farlo solo Draghi

sabato, Febbraio 6th, 2021

Dopo quasi tre anni il cui sfarzoso epilogo s’è avuto ieri con Giuseppe Conte al tavolino in piazza Colonna, e il portavoce Rocco Casalino che invitava i cameraman a non riprendere palazzo Chigi, non trattandosi d’una iniziativa istituzionale, e dunque palazzo Chigi non doveva vedersi anche se era lì, anche se c’era fisicamente, con ognuno dei suoi mattoni, e cioè il racconto doveva escludere la realtà, per dire che cosa è circolato dentro certe teste in questi lunghi mesi, e comunque dopo un decennio, un decennio e mezzo, complessivamente e tranne rare eccezioni un po’ troppo sotto il limite della decenza, ecco, dopo tutto questo tempo la sola idea di avere Mario Draghi a palazzo Chigi dovrebbe mettere di buon umore anche i depressi.

Il rischio di farsi prendere dalla sindrome del loden, e cioè dall’euforia fanciullesca che condusse molti di noi a sdilinquirsi per Mario Monti, per la sua sobrietà, per il suo umorismo (buongiorno professore, come sta? – Bene, è una bella giornata – e giù a ridere come nemmeno per Groucho Marx), e infatti per le leggi della fisica la santificazione si rivoltò nella più incurante diffamazione, ecco, dicevo, il rischio è forte e toccherà darsi un contegno. Sarà lo sforzo di Ercole, se soltanto ci si sofferma pochi secondi a riflettere, come l’ottimo Piercamillo Falasca (direzione nazionale di Più Europa) sul circense spettacolo di una legislatura aperta dalla (umoristica) minaccia di impeachment a Sergio Mattarella da parte di Luigi Di Maio, poiché resisteva alla nomina a ministro di Paolo Savona col suo piano di uscita dall’euro, e che promette di chiudersi con un governo a guida del presidente emerito della Banca centrale europea, sostenuto dal medesimo Di Maio con entusiasmo almeno pari al nostro.

Ma, e vengo al punto, stupefacente è la resistenza dei sovranisti, e forse c’era bisogno di un’ultima prova a dimostrare che sono più sciocchi che pericolosi (per quanto la pericolosità degli sciocchi mai va sottovalutata). Giorgia Meloni resterà all’opposizione del governo, Matteo Salvini più probabilmente finirà con l’entrarci, e più delle parole ferventi di Giancarlo Giorgetti, attese, sono quelle in una bella intervista alla Stampa di Alberto Bagnai, responsabile del dipartimento economia della Lega, a restituire il senso di una manovra consapevole: sempre con un sovrapprezzo di tracotanza (peccato veniale), Bagnai si concentra sul succo della questione, piano del recovery, piano vaccinale, ristori. Eppure, è proprio Salvini a sprofondare in sé stesso, nella sua inadeguatezza oltre il mercimonio di carabattole, quando annuncia di voler imporre a Draghi – sennò nisba – la guerra ai barconi e alle patrimoniali di Beppe Grillo. Proprio non ce la fa a non essere sguaiato, fuori fuoco, non ce la fa a uscire dalla logica del click e del like, non ce la fa a non addentrarsi nei territori della festa di piazza che sono la periferia del centro a cui il mondo si sta dedicando.

Nemmeno un bacio del cielo avrebbe offerto ai sovranisti un’occasione più favorevole di un tiro in rete dalla linea di porta, e non sanno coglierla. Giorgia Meloni ha l’aria di considerare la tanto sbandierata presidenza dei conservatori europei (carica che ricopre da settembre) un punto d’arrivo anziché un punto di partenza, e allora tanti auguri, i sondaggi continueranno a crescere, l’affidabilità internazionale no. E tanti auguri a entrambi, incapaci di realizzare che prima gli italiani, se è espressione con un senso, lo ha adesso con Draghi capo del governo. Dice giustamente Bruno Tabacci che fino a ieri noialtri ci siamo chiesti, andando a Bruxelles, che avrebbe pensato di questo o di quello Angela Merkel, che avrebbe pensato Emmanuel Macron, o Ursula von der Leyen. Da ora in poi saranno gli altri a chiedersi che pensi Mario Draghi. Fra sei mesi sarà lui l’uomo forte dell’Unione, se avrà un governo e una maggioranza con le due dita di testa necessarie a sostenerlo.

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Effetto Draghi: posti in piedi e cappello in mano

sabato, Febbraio 6th, 2021
Effetto Draghi: posti in piedi e cappello in

Il paradosso di questa storia, che consuma tappe prima ancora che si manifestino, è che Mario Draghi corre il rischio del “troppo”, non del “troppo poco”. Perché, detta in modo un po’ prosaico, davvero non ce n’è uno che adesso non voglia entrare nel governo, a tutti i livelli e in ogni partito pronto ad offrire il sostegno. Raccontano che anche Matteo Salvini, dopo l’iniziale perplessità, ci abbia preso gusto. E abbia iniziato a immaginare un suo ritorno in grande stile, dopo aver constatato quanto gli sia costata la perdita del Viminale in termini di consensi. E vorrebbe tanto rientrare, magari proprio lì, per ricominciare da dove tutto era finito.

Raccontano anche che Beppe Grillo, grande artefice di questa ennesima svolta del Movimento Cinque Stelle dopo l’estate del 2019, arriverà a Roma con la precisa intenzione di traghettare le sue anime perse in un’operazione che, con ogni evidenza, non contempla alternative. Perché ormai lo hanno capito anche i sassi che, se salta Draghi, salta l’Italia. Vuoi per ragioni di tenuta interna, vuoi per un disegno più alto, la svolta è riassumibile soprattutto in una casella in un nome. La casella della Farnesina, da affidare all’Elevato Conte. Il nome più ingombrante, per tutta una serie di ragioni essendo il presidente del Consiglio uscente, che peraltro è stato protagonista di una serie episodi diplomaticamente non felici col presidente del Consiglio in pectore, da alcune dichiarazioni di mal celata insofferenza al mancato invito, in quanto troppo ingombrante, agli Stati Generali, concepiti come il conclave delle migliori menti per risollevare l’Italia. E così via, compreso Nicola Zingaretti che, ospite di Otto e Mezzo, non ha escluso un suo ingresso nel governo con la stessa nettezza con cui smentiva l’eventualità, quando gli veniva prospettata in relazione al governo precedente. E l’elenco potrebbe continuare, giù pe’ li rami, scorrendo l’elenco del Conte 2, del Conte 1, e di quelli che, nel Conte 2 e nel Conte 1, hanno visto le proprie ambizioni ministeriali frustrate.

Insomma, la fotografia di giornata è questa: in 72 ore scarse si è passati dal “se nascerà” (ricordate il quesito: “avrà i numeri in Parlamento?”), al “come nascerà”, in un gioco di veti in cui il Pd aveva sofferenza per la presenza della Lega, la Lega sulla presenza di Grillo, i Cinque stelle su tutto ciò che non fosse Conte. Al terzo giorno, caduti i veti, siamo al “chi ci sarà”. Perché la verità è che i veti sostanziali, quelli sull’inconciliabilità degli opposti non ci sono più, resta solo un ragionevole “ci confronteremo sui contenuti”. Titolo di Salvini: “Vorrei che ci fossero tutti”.

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Il nuovo governo: una sfida per tutti

sabato, Febbraio 6th, 2021

di Federico Fubini

Dato il carattere di noi italiani, forse presto molti confesseranno una passione insospettabile per la campagna umbra — dove Mario Draghi ha un casale — così come alla fine del 2011 facevano furore i loden alla Mario Monti. Ma le mode passano. Le agende di governo restano. Anche dopo le consultazioni, i giuramenti e gli applausi di rito. E se ci si chiede cosa nei decenni abbia dato mordente alle figure istituzionali chiamate a Palazzo Chigi — prima di Monti stesso, Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini — la risposta è sempre la stessa: la paura. Lo spettro dell’insolvenza dello Stato misurata dallo spread, la differenza dei rendimenti, fra i titoli tedeschi e i nostri.

Fu la paura dopo il crollo della lira del ’92 a indurre i partiti al crepuscolo della Prima repubblica a mettersi nelle mani di Ciampi. Fu la paura e non certo la convinzione a indurli quasi tutti ad appoggiare, o almeno non impedire, le riforme delle pensioni di Dini e di Monti. Da questo punto di vista Draghi si avvia ad essere un premier istituzionale decisamente diverso, per un duplice motivo. In primo luogo è stato chiamato dal Quirinale quando lo spread era già basso (da allora è sceso ulteriormente) e gran parte dei nostri politici il rischio di una nuova crisi finanziaria per il momento non sembra proprio vederlo.

Ma soprattutto a questo premier nessuno oggi sta chiedendo austerità. Non la chiedono i mercati né Bruxelles, anche perché le regole europee di finanza pubblica molto probabilmente resteranno sospese anche nel 2022 e ciò nel prossimo autunno darà spazio al governo per una legge di bilancio un po’ meno complicata da scrivere. Draghi oggi ha non solo licenza ma il dovere di spendere, perché la sua missione più urgente sarà dare vita al Recovery plan da 209 miliardi.

Sembra un mondo rovesciato, rispetto agli altri governi tecnici della nostra storia. Ma è così? Non proprio. E i partiti che in qualche modo sosterranno Draghi potrebbero tenere d’occhio anche lo spread reale, non solo quello dei titoli di Stato. Perché quello è alto. Fra i principali 45 Paesi del mondo dei quali l’Ocse di Parigi prende la temperatura ogni settimana, l’Italia in questo momento mostra la caduta dell’attività economica più profonda. L’anno scorso le moratorie sul credito o i prestiti garantiti hanno artificialmente tenuto in vita oltre 15 mila imprese che erano destinate a fallire, secondo stime della Banca d’Italia (l’altro lato della medaglia è la dinamica debole nei settori che altrove in Europa vanno bene, dal digitale alla farmaceutica: nessuno esce e nessuno entra nel mercato, tutto resta immobile).

Quanto al blocco in scadenza a fine marzo, sempre la Banca d’Italia stima che abbia determinato un accumulo di circa 450 mila licenziamenti arretrati che le imprese aspettano di fare. A metà di quest’anno potrebbero esserci fra 800 mila e un milione di posti di lavoro in meno rispetto all’inizio della pandemia, anche se dall’estate la situazione probabilmente è destinata a migliorare.

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Covid, boom di casi, la Grecia rafforza il coprifuoco. Il Brasile (230 mila morti) è la frontiera delle varianti più aggressive

sabato, Febbraio 6th, 2021

GIACOMO GALEAZZI

ROMA. C’è un assedio al quale il mondo intero è chiamato a rispondere nel più breve tempo possibile. E’ quello delle varianti che rendono il Sars-Cov-2 più aggressivo e ne accelera la trasmissione abbassando l’età media dei contagiati fino ad includere la fascia pediatrica. Il boom di nuovi casi riguarda tutti i continenti e i paesi corrono ai ripari blindandosi con ulteriori restrizioni e accelerando la campagna di vaccinazione di massa.  Spiega alla Stampa.it il professor Patrick Franzoni, medico internista e d’urgenza, responsabile del progetto Test rapidi e vaccinazioni in Alto Adige: «Più il virus viene lasciato libero di circolare. più varia. La vaccinazione fa pressione sulle mutazioni. Dobbiamo immunizzare rapidamente la popolazione per frenare l’escalation di contagi. Con l’arrivo del vaccino AstraZeneca va estesa già da lunedì la vaccinazione anche agli under 50 tra le forze dell’ordine, il personale scolastico e altre categorie».

Corsa contro il tempo

Prosegue il professor Franzoni: «Vaccinarsi provoca un beneficio enorme in termini di produzione di anticorpi e di immunità cellulare. Sulla rivista scientifica internazione “Lancet” è stato pubblicato uno studio approfondito sul vaccino russo a vettore virale Sputnik V di cui è stata accertata un’altissima efficacia. Prima somministriamo tutti i vaccini che abbiamo a disposizione prima si uscirà dalla tragedia collettiva della pandemia. I vaccini vanno fatti appena arrivano, ogni ora persa contribuisce all’allargamento dell’infezione planetaria». 

Coprifuoco rafforzato

Dopo l’aumento dei casi giornalieri di Covid, la Grecia indurisce il coprifuoco ad Atene e Salonicco, le due principali città del Paese: invece che dalle nove di sera sarà vietato uscire in strada dalle sei del pomeriggio e fino alle cinque del mattino. Inoltre, i negozi ad Atene, Salonicco e nelle zone a rischio opereranno solo dal lunedì al venerdì ed esclusivamente per la raccolta degli ordini effettuati online; e nei fine settimana saranno operativi solo i negozi di alimentari, le farmacie e le panetterie. Si elimina così la possibilità di fissare un appuntamento in negozi di abbigliamento, calzature e librerie per ritirare compere, come accadeva nelle ultime settimane. Dopo il forte aumento dei casi nelle città più popolate del Paese, il governo del conservatore Kyriakos Mitsotakis, sta cercando di correre ai ripari. Le scuole di livello inferiore rimangono aperte, mentre continua l’insegnamento a distanza Per i ragazzi delle superiori. Le nuove misure inizieranno oggi sabato e dureranno fino al 15 febbraio.

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