Archive for Febbraio, 2021

Vaccini, nuovi tagli alle consegne da AstraZeneca. Rallenta la campagna per insegnanti e forze dell’ordine

domenica, Febbraio 21st, 2021

di Alessandra Ziniti

Ancora tagli alle forniture dei vaccini, ancora impegni non mantenuti da parte delle case farmaceutiche che rallentano ancor di più la campagna che solo in questi giorni, con grande ritardo sui tempi originariamente previsti dal piano, sta cominciando con gli over 80.

Grafici e mappe L’andamento delle vaccinazioni

Questa volta a consegnare meno dosi del previsto è stata Astrazeneca che ieri avrebbe dovuto far arrivare in Italia 560.000 dosi e che invece ha operato un taglio dell’11 per cento consegnandone 60.000 in meno. Novemila dosi in meno sono giunte nei centri vaccinali del Lazio, 5.000 in meno in Emilia Romagna e via via in proporzione in tutte le altre regioni che hanno già avviato da pochi giorni le vaccinazioni di insegnanti, forze dell’ordine, militari. Ad alcune regioni i tagli sono stati annunciati per la consegna prevista il 28 febbraio.

“Gravissima la riduzione improvvisa della consegna di vaccini Astrazeneca. Noi ce la stiamo mettendo tutta ma con questa incertezza è tutto più difficile. L’Italia tuteli gli interessi nazionali e le programmazioni delle Regioni, intanto prepariamoci alla produzione di vaccini validati da Ema e Aifa da parte delle nostre aziende”, dice il presidente della Regione Lazio e segretario del Pd, Nicola Zingaretti.

E il governatore lombardo Attilio Fontana chiede l’intervento del premier. “Il presidente Draghi faccia sentire la sua autorevole voce in Europa per tutelare gli interessi nazionali e la campagna vaccinale delle Regioni. Bisogna garantire al più presto la stabilità  delle forniture perchè i nostri cittadini hanno diritto di conoscere i tempi della programmazione della somministrazione dei vaccini”.

Se ne sta parlando nel corso della Conferenza delle Regioni convocata dal presidente Stefano Bonaccini per le valutazioni da consegnare al governo sulle nuove misure da adottare alla vigilia della scadenza del Dpcm prevista per il 5 marzo. Non c’è unità di vedute. Alcuni governatori spingono per una zona arancione nazionale per alcune settimane nel tentativo di contenere l’espandersi delle varianti anche perché la campagna vaccinale, al di là degli obiettivi annunciati, procede a rilento.

“Ci è stata comunicata una riduzione di 9 mila dosi del vaccino Astrazeneca per le prossime consegne e questa è una brutta notizia. Mi domando come si possano conciliare le presunte offerte di mediatori proposte ad alcune regioni su mercati paralleli per il vaccino Astrazeneca con l’acclarata riduzione?”, dice l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato.

Anche la Sicilia ha rievuto meno dosi, 40.000 sulle 45.000 previste e il Friuli Venezia Giulia è stato avvisato di un taglio alle forniture per la prossima settimana. “La prossima settimana il nostro sistema sanitario riceverà infatti 10.100 dosi invece della 11.300 previste – dice il vicegovernatore del Friuli Venezia Giulia con delega alla Salute, Riccardo Riccardi – la riduzione è contenuta, ovvero il 10 per cento, non inciderà in maniera rilevante sulla campagna vaccinale e sulle agende definite dalle aziende sanitarie tuttavia non possiamo registrare che invece di accelerare rischiamo di rallentare. Gli appuntamenti già fissati per i prossimi giorni verranno quindi rispettati; al momento la nostra Regione dispone infatti di una quantità di vaccini sufficiente al proseguimento delle azioni avviate in base alle indicazioni del Ministero della Salute”.

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La pandemia ci ha rubato 20 milioni di anni di vita

domenica, Febbraio 21st, 2021

di Elena Dusi

Centodieci milioni di contagi e 2,4 milioni di morti nel mondo. Non sono gli unici numeri capaci di dare l’idea delle dimensioni della pandemia. Un’équipe di ricercatori americani ed europei ne ha aggiunto un altro: la somma degli anni di vita perduti. L’ondata del coronavirus ha spazzato via 20,5 milioni di anni dall’umanità. Il calcolo, riportato su Scientific Reports, comprende solo 81 paesi, per non rendere l’analisi troppo complicata, e si basa sulla durata della vita media nelle varie nazione. Dimostra che il Covid ha un impatto tra 2 e 9 volte superiore rispetto alla normale influenza e che è dunque impossibile dire che le due malattie sono più o meno equivalenti. In Italia, in particolare, gli anni persi per il Covid sono 7,5 volte superiori all’influenza.

Tre quarti degli anni di vita sono stati persi da persone morte a meno di 75 anni. In Italia, dove gli anziani hanno pagato un prezzo molto alto, questa percentuale scende al 50%. A livello mondiale, quasi un terzo degli anni di vita sono stati persi da persone morte al di sotto dei 55 anni. Gli uomini hanno sofferto le perdite più importante: il 45% in più delle donne. Ognuna delle vittima ha perso in media 16 anni di vita. Avendo incluso nel calcolo solo 81 paesi e solo fino al 6 gennaio, al denominatore va usata una cifra inferiore a 2,4 milioni, cioè poco meno di 1,3 milioni. La gravità del Covid resta comunque inferiore a quella delle malattie di cuore: a lui sono imputabili fra un quarto e la metà degli anni di vita perduti per colpa dei disturbi cardiovascolari. Ma l’Italia qui si discosta dalla media: nel nostro paese il Covid ha fatto pagare un prezzo leggermente più alto delle malattie di cuore.

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Blocco sfratti fino a giugno e liberalizzazione dell’energia rinviata di un anno

domenica, Febbraio 21st, 2021

ROMA – Sfratti, rimane il blocco fino alla fine di giugno. E per il mercato dell’energia, viene rinviata ancora di un anno la completa liberalizzazione dei contratti di fornitura elettrica. Prime decisioni politiche della nuova maggioranza che ha votato il governo Draghi. Non senza qualche frizione (Forza Italia il gruppo che si è lamentato di più), si è arrivato al compromesso su alcuni emendamenti al decreto Milleproroghe, alla fine della discussione nelle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio della Camera. Tra le altre novità che ora passano in aula anche un mini-proroga della moratoria delle trivelle, più tempo ai sindaci alle prese con la carta per le aree idonee in cui localizzare il deposito nazionale delle scorie nucleari e fine dell’anno accademico 2019-2020 prorogato al 15 giugno per dare tempo agli universitari di laurearsi in corso nonostante gli stop imposti dall’emergenza.

Sfratti, niente retromarcia

Sugli sfratti l’idea era quella di consentire dal primo aprile il rilascio degli immobili se le morosità degli inquilini erano state certificate prima della pandemia (cioè prima di marzo 2020). Per negozi e attività commerciali a fare da spartiacque ci sarebbero state invece le chiusure anti-Covid. Ma a metà pomeriggio il ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà spiega che c’è bisogno di più tempo, chiede alle forze politiche di preparare un ordine del giorno che possa guidare il governo nelle prossime settimane verso una soluzione condivisa, da inserire nel primo provvedimento utile. Alla fine, niente di fatto: il blocco rimane fino alla fine di giugno.

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Arcuri e la strategia dell’immersione per inseguire la riconferma

domenica, Febbraio 21st, 2021

di Lorenzo Salvia

Arcuri e la strategia dell'immersione per inseguire la riconferma

ROMA — La strategia dell’immersione. Chiedere che fine abbia fatto Domenico Arcuri dopo il cambio di governo e di tutti gli equilibri politici e non, significa sentirsi rispondere così.

Immersione vuol dire apparire di meno. Anzi per niente, dopo settimane in cui il commissario all’emergenza era stato intervistato in tv anche da Mara Venier e Fabio Fazio.

Significa annullare le conferenze stampa del giovedì, all’inizio con la motivazione ufficiale che c’è la crisi di governo ma comunque per ripararsi dagli spifferi. Significa, soprattutto, non rispondere agli attacchi che adesso hanno un peso diverso. Perché non vengono più solo da Matteo Renzi e dall’opposizione ma dalla maggioranza stessa, visto che Lega e Forza Italia sono al governo.

Immersione, quindi. Senza se e senza ma. Ad Invitalia (la società del Tesoro per lo sviluppo delle imprese) Arcuri è arrivato nel 2007. Da allora, tra alti e bassi, è riuscito ad attraversare 9 governi. Un record. E sa bene che quando sei sotto attacco la scelta migliore è proprio quella di sparire. Stop alle interviste in tv, dunque.

Sospese le conferenze stampa che gli erano state «consigliate» dal precedente governo anche perché facesse da parafulmine, scelta che lui aveva assecondato di ottimo grado. Nella strategia dell’immersione rientra anche il fatto di aver mollato di fatto le primule, i padiglioni che avevano fatto parecchio discutere, una delle carte migliori in mano ai suoi critici. Si possono sacrificare, nessun problema.

Questo non vuol dire che il commissario non continui a fare il commissario. Ieri ha partecipato alla solita riunione del sabato al ministero della Salute. Si è dovuto occupare dell’ennesimo taglio alle forniture dei vaccini, stavolta di AstraZeneca. Continua a lavorare alla ricerca di stabilimenti italiani che possano partecipare al processo produttivo degli antidoti già autorizzati. Senso di responsabilità in un momento delicato come questo o preoccupazione di non farsi prendere in castagna? Tutte e due, probabilmente.

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Luna Rossa batte Ineos 7-1 e vince la Prada Cup: ora la sfida con New Zealand in Coppa America

domenica, Febbraio 21st, 2021

di Gaia Piccardi

Luna Rossa batte Ineos 7-1 e vince la Prada Cup: ora la sfida con New Zealand in Coppa America

Con la Prada Cup in cambusa, la vita è più bella. È una domenica felice per Luna Rossa e tutto lo sport italiano: servivano due punti per chiudere 7-1 la serie di finale contro gli inglesi di Ineos e due punti, nella baia di Auckland, sono puntualmente arrivati nelle regate 7 e 8, confermando lo strapotere del team italiano sullo squadrone plurimedagliato in missione per conto di sua maestà la regina. Luna Rossa conquista così la Prada Cup, la selezione degli sfidanti al trofeo più antico dello sport, e va all’arrembaggio della 36esima Coppa America (6-22 marzo) contro i detentori di team New Zealand.

La sensazione non è nuova per Luna Rossa: è la seconda volta (su quattro finali) che la barca dell’armatore Patrizio Bertelli, ad di Prada, si aggiudica il passaggio obbligato verso l’America’s Cup. Stessa spiaggia, stesso mare: nel 2000, sempre nel Golfo di Hauraki, la Luna aveva vinto la battaglia navale con America One di Paul Cayard, il timoniere con i baffi del Moro di Venezia che aveva regalato all’Italia il successo in Vuitton Cup (l’allora Prada Cup) a San Diego nel ‘92, per poi arrendersi in Coppa America a Black Magic, l’imbattibile vascello nero dei kiwi.

Le ultime regate della serie di finale della Prada Cup sono, come le precedenti, senza storia. Ventuno anni dopo il trionfo 2000, dove tutto era iniziato, Luna Rossa alza al cielo la coppa diventando sfidante ufficiale all’America’s Cup dopo due prove dominate nell’aria leggera, l’habitat naturale della Luna. Ci sono 9-10 nodi sul campo di regata A di Auckland quando scatta la prima prova, settima della serie: l’attacco a due teste italiano, i timonieri Francesco Bruni e Jimmy Spithill, pretendono la destra in partenza e se la prendono, sono davanti al primo incrocio, applicano una marcatura asfissiante su Ineos che non ha scampo e ci mette del suo cadendo dai foil al primo cancello di poppa e perdendo drammaticamente terreno. Da lì in poi, dominio della Luna. 1’45” il delta finale. 6-1.
La seconda regata, l’ottava e ultima, non sfugge allo schema. Sul match point per Luna Rossa Ben Ainslie, timoniere di Ineos, gioca il tutto per tutto: tenta il corpo a corpo con Bruni e Spithill, volano le richieste di penalità, gli italiani per liberarsi dall’asfissiante morsa inglese tagliano in anticipo la linea di partenza e vengono sanzionati dai giudici. Luce verde per Ineos, che passa davanti al primo incrocio (una rarità) e va in marcatura, come da regole sacre del match race. Ma è Pietro Sibello, randista e tattico sull’Ac75 azzurro, a pescare un buono sul campo di regata.

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M5S, partono le espulsioni. Di Battista con i ribelli: “Fossi in loro farei ricorso”

domenica, Febbraio 21st, 2021

alessandro di matteo

Sarà pure semplicemente uno che «porta avanti battaglie da fuori», ma di sicuro Alessandro Di Battista è ancora molto attento a quello che accade «dentro». A poco più di una settimana dal suo addio a M5s l’ex “gemello” di Luigi Di Maio fa capire – se ce ne fosse stato bisogno – che uscire dal Movimento non significa affatto lasciare la politica, anzi. La diretta di un’ora su Instagram, piazzata proprio nel giorno in cui i probiviri annunciano le espulsioni dei ribelli, conferma i timori dei vertici Cinque stelle. Per carità, come da copione lui nega di voler «fondare partiti» o organizzare «scissioni», ma nel suo comizio online di 50 minuti Di Battista dispensa «consigli» agli espulsi che pensano di fare ricorso («io lo farei»), definisce «una accozzaglia indecorosa» la maggioranza che sostiene il governo Draghi e, di fatto, rivendica di essere lui il vero Movimento 5 stelle, quello delle origini: «Io non ho mai cambiato idea, è il Movimento che non la pensa più come me».

Il tutto, appunto, subito dopo la notizia dell’avvio della procedura di espulsione nei confronti dei parlamentari M5s che hanno votato contro il governo Draghi. Una decisione annunciata dai probiviri con un comunicato e contestata da Raffaella Andreola, una dei componenti del Collegio dei probiviri M5S. Ma i colleghi non le danno ascolto e vanno avanti, annunciando anche l’avvio di «una fase di attenta verifica su tutti i portavoce (i parlamentari, ndr) non in regola con le rendicontazioni».

Di Battista si schiera con i ribelli, spiega di non essere d’accordo con le sanzioni e dice di essere d’accordo con Nicola Morra – uno dei cacciati – che chiede di far votare gli iscritti. «Magari con un quesito che sia su questo molto, molto chiaro», aggiunge velenoso, dopo il quesito decisamente “schierato” con il quale il M5S ha fatto decidere i militanti sul governo Draghi. Di sicuro, aggiunge, se lui fosse stato in Parlamento avrebbe «votato no».

Durante la diretta lui risponde a molte domande di ascoltatori, regala momenti degni di un film di Carlo Verdone quando spiega per quale motivo non si è candidato alle ultime elezioni: «Nel 2018 ero “cotto”, avevo dato “il fritto”». Parla di complotti, «congiure» che sarebbero dietro la caduta di Giuseppe Conte, «un galantuomo molto leale».

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Draghi-Biden, bentornato Occidente

domenica, Febbraio 21st, 2021

MASSIMO GIANNINI

Tutto bene, a parte il virus. Corriamo sul filo del paradosso, perché a un anno esatto dalla scoperta del Paziente Uno a Codogno il Covid è e resta l’Apocalisse che ha sconvolto, e in molti casi anche distrutto, le nostre vite. Ma dobbiamo riconoscerlo: nonostante questa maledetta pandemia, il mondo sta cambiando in fretta e in meglio. Fino a pochi mesi fa la scena globale era prepotentemente occupata dalla “tirannia dei buffoni” (secondo la formula del politologo francese Christian Salmon): Trump e Bolsonaro, Modi e Duterte, Johnson e Orban, Zelensky e Salvini. L’allegra brigata dell’Internazionale populista, sovranista, nazionalista sembrava tenere saldamente in mano l’agenda e in ostaggio il pianeta. In poche settimane il quadro pare radicalmente cambiato.

The Donald, scampato all’impeachment, gioca a golf a Mar-a-Lago. Il paracadutista brasileiro consuma il suo marqueziano autunno del patriarca. Il capo indiano e il leader filippino appassiscono. I fieri pattisti di Visegrád sono finiti un po’ ai margini. Il Capitano leghista, eurofobico fulminato sulla via di Grugliasco, è salito felice sul carro del governo più euroentusiasta della Repubblica tricolore. Ma c’è di più. La conferenza sulla sicurezza a Monaco e il pre-vertice del G7 di venerdì scorso sono semi piantati nel campo riarso del disordine mondiale. Toccherà ai capi di Stato e di governo irrigare le zolle e far crescere le piante, e sarà un compito arduo. Ma la stagione sembra promettente, grazie anche ai due leader “esordienti” Biden e Draghi. Il nuovo inquilino della Casa Bianca butta al macero il “Maga” trumpiano e annuncia “l’America è tornata”. Una gran bella notizia, per chiunque abbia a cuore il futuro dei nostri figli.

Quando dice “l’Alleanza atlantica è la pietra angolare di tutto ciò che speriamo di realizzare”, Biden riporta gli Stati Uniti nel ruolo ideale che la Storia gli assegna: non il gendarme della Terra, che dichiara guerre unilaterali con la pretesa del “nation building”, ma la superpotenza garante degli equilibri e delle libertà universali. Quando aggiunge “so che gli ultimi anni di tensione hanno messo alla prova la nostra relazione, ma gli Usa sono determinati a impegnarsi nuovamente con l’Europa”, Biden ridà un senso al multilateralismo e ricostruisce un ponte vitale sull’Atlantico. Quando punta il dito contro la Russia e la Cina, che usano le tecnologie come arma di destabilizzazione di massa per sabotare i governi dell’Ovest ed alterare gli assetti del commercio globale, Biden chiede agli alleati una scelta di campo basata non sull’ideologia, ma sulla democrazia. E proprio sulla difesa del liberalismo, che Putin considera ormai finito e “obsoleto”, il presidente americano lancia il messaggio più forte: la democrazia non accade per caso, va invece difesa, rafforzata, rinnovata, per dimostrare che il nostro modello non è una reliquia ma il sistema migliore per assicurare il benessere dei popoli.

Nulla di rivoluzionario, sul piano culturale. Già Churchill ai suoi tempi insegnava che la democrazia è la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre. Ma sul piano politico la svolta è rilevante. L’8 novembre 2020, giorno dell’annuncio dell’elezione di Biden alla Casa Bianca, Kamala Harris l’aveva anticipata, citando John Robert Lewis: “La democrazia non è uno stato, è un atto”. Ora Biden la formalizza, offrendola ai leader europei come un pensiero e possibilmente un’azione. Non è detto che ci si arrivi, perché al di là della condivisione filosofica quello che conta è poi la gestione pratica dei dossier. E qui le divergenze restano, dal caos libico al nucleare iraniano. La stampa Usa scrive “l’America è tornata, ma Macron e Merkel la spingono indietro”: la Francia rimane affezionata all’idea di un sistema di difesa autonomo, e la Germania mantiene un approccio ambivalente sia con Pechino (primo mercato estero per le automobili tedesche) sia con Mosca (primo partner per la costruzione del gasdotto North-Stream2). Ma insomma, il dialogo transatlantico è ripartito, e questo è già un enorme passo avanti.

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Primo vertice fra Draghi e i capi partito. Il modello inglese per il piano vaccinale

domenica, Febbraio 21st, 2021

ilario lombardo, paolo russo

ROMA. Cinque ministri a Palazzo Chigi. Uno per ogni partito. Un faccia a faccia che senza l’ufficialità delle forme ha ricordato i vertici tra i capidelegazione di maggioranza del governo Conte Bis. C’era Giancarlo Giorgetti per la Lega, Dario Franceschini per il Pd, Stefano Patuanelli per il M5S, Maria Stella Gelmini per Forza Italia e Roberto Speranza per Leu. Questi ultimi due anche i ministri di più stretta competenza sull’argomento affrontato: i vaccini. In attesa del Consiglio dei ministri di domani, in cui si discuterà di disposizioni urgenti per contenere il Covid, Mario Draghi si è confrontato sul piano vaccinale: vuole dare il massimo impulso a una immunizzazione di massa, superare rallentamenti, errori, confusioni emerse fino a oggi, evitare la giungla degli acquisti negoziati singolarmente dalle regioni tramite mediatori non istituzionali. Per farlo è pronto a ispirarsi al modello inglese, che finora sembra aver funzionato più di tutti gli altri. Vaccinazione di massa subito, con tutte le dosi a disposizione, senza pensare ad accantonare le riserve per il richiamo. Puntando nell’immediato sui sieri di AstraZeneca, che arriveranno a 5 milioni entro fine marzo, il governo italiano è pronto a fare come Boris Johnson.

A consentire il cambio di passo è un nuovo studio pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Lancet sul vaccino britannico, che gli esperti del ministero della Salute stanno leggendo e rileggendo perché contiene due novità dirompenti. Per una volta, entrambe positive. La prima è che già inoculando la prima dose l’antidoto avrebbe una efficacia del 72% e non del 60 come avrebbe accertato l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, che ha autorizzato il vaccino dopo aver fatto le pulci ai milioni di dati relativi alla sua sperimentazione sull’uomo. Quindi in tre casi su quattro AstraZeneca proteggerebbe anche da forme lievi della malattia, mentre nella quasi totalità dei casi impedirebbe le forme gravi di infezione, che portano in ospedale o in terapia intensiva.

La seconda buona notizia è che spostando molto più in là il richiamo, addirittura a tre mesi dalla somministrazione della prima dose, il vaccino aumenta la sua efficacia all’80%. Se non proprio come i più ambiti ritrovati di Pfizer e Moderna, poco ci manca. In questo modo si potrebbe procedere al passo da corsa intrapreso a suo tempo dall’allora criticatissimo premier britannico, che in barba ai protocolli approvati dall’Ema su indicazione della stessa casa produttrice, già ai primi di gennaio ha iniziato a vaccinare in massa i cittadini senza riservare dosi per il richiamo. Gli inglesi hanno rinviato di 12 settimane, noi a questo punto anche più in là, mettendo in pratica quanto rivelato dai nuovi studi.

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A scuola fino al 30 giugno? Tutti contrari: ma spunta un progetto per le elementari

sabato, Febbraio 20th, 2021

di Gianna Fregonara

A scuola fino al 30 giugno? Tutti contrari: ma spunta un progetto per le elementari

Annunciata la decisione sulla maturità — resta la versione «light» dello scorso anno con solo orale e la presentazione di un elaborato da parte degli studenti — sulla scrivania del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi resta un’altra «emergenza» da risolvere, prima di dedicarsi a pensare a cosa si potrà fare con i fondi in arrivo con il Recovery plan: si tratta di stabilire se per recuperare il tempo e sopratutto gli apprendimenti persi in questo anno così complicato sia utile e possibile allungare le lezioni fino a fine giugno.

A scuola fino a giugno? Non le medie e le superiori

Una decisione non è presa, ma di indizi ce ne sono ormai molti, che sembrano indicare la strada che il governo sta prendendo. Per quanto riguarda le scuole superiori la decisione di confermare con l’ordinanza di venerdì la maturità per metà giugno – si comincia il 16 – con commissioni composte dai professori delle singole classi, mette una grossa ipoteca sulla fattibilità di un allungamento: i professori del triennio sono in buona parte impegnati negli esami. C’è poi tutta l’organizzazione, con uso di aule e di personale scolastico, per l’esame di Stato. Dunque al massimo per giugno si potrebbero organizzare alcuni corsi di recupero, come la maggior parte delle scuole fa per chi ha delle brutte insufficienze nelle materie principali (italiano, matematica e lingue).

Anche alle medie ci saranno gli esami da metà giugno.
E del resto Patrizio Bianchi ha detto chiaro e tondo che «non è questione di qualche giorno in più di scuola», né di recuperare qualche apprendimento, ma nella sua visione il problema è soprattutto la socialità che si è persa in questi mesi.

Non solo , il metodo del ministro è concertativo, cioè vuole che le decisioni siano condivise con i protagonisti della scuola – presidi, professori e studenti – e «rispettoso dei diritti delle persone» e delle famiglie». Il sindacato dei presidi (Anp), quelli degli insegnanti e persino gli studenti – intervistati in un sondaggio volante – sono per la stragrande maggioranza contrari ad un allungamento delle lezioni. Senza contare che lo stesso Bianchi ha ricordato che l’anno scolastico è di 200 giorni e dunque chi ha fatto lezione – da casa o a scuola – non deve essere costretto ad altri corsi.

Ipotesi campi estivi alla primaria
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Il vaccino Pfizer è «efficace dopo una sola dose e si può conservare in frigorifero»

sabato, Febbraio 20th, 2021

di Andrea Marinelli

Per proteggersi dal Covid-19 dovrebbe bastare una dose del vaccino sviluppato da Pfizer e BioNTech, che potrà essere conservato in un normale frigorifero: è quello che emerge da uno studio israeliano che potrebbe cambiare le politiche vaccinali globali. Secondo i dati raccolto dallo Sheba Medical Center del governo israeliano, infatto, un solo shot del vaccino Pfizer sarebbe sufficiente a generare una «robusta immunità». Questa scoperta, spiega il Wall Street Journal, potrebbe alimentare una «strategia britannica»: sospendere la seconda dose per somministrare la prima a più persone possibile. In Gran Bretagna, infatti, è stato deciso di rimandare la seconda dose di 12 settimane, e oggi un terzo della popolazione adulta ha già ricevuto la prima.

Lo studio, effettuato su un campione di 9 mila persone e pubblicato venerdì su Lancet, mostra che una dose del vaccino Pfizer è efficace all’85% fra i 15 e i 28 giorni successivi all’inoculazione. Un altro studio pubblicato sull’autorevole rivista scientifica sostiene che il vaccino realizzato da AstraZeneca e dall’università di Oxford ha un efficacia dell’81% se le due dosi sono somministrate a 12 settimane di distanza: se invece si scende sotto le 6 settimane si riduce al 55%.

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