Archive for Febbraio, 2021

Paese legale e Paese reale: la scuola parli italiano

sabato, Febbraio 20th, 2021

di Ernesto Galli della Loggia

Tutti gli italiani di qualunque orientamento ideologico, ma proprio tutti, incluso sono sicuro il nostro presidente del Consiglio, anche quando abitava a Francoforte, continuano a chiamarla «scuola elementare». Solo l’organizzazione ministeriale di viale Trastevere, i suoi funzionari, e un manipolo di addetti ai lavori invece, avendo deciso una trentina d’anni fa che bisognava chiamarla «scuola primaria», continuano imperterriti da allora a chiamarla così. Direi che già solo questo fatto — un Paese in cui i cittadini designano la scuola con un nome mentre la burocrazia ne adopera un altro virtualmente sconosciuto ai primi — indica bene il drammatico scollamento che a proposito dell’istituzione scolastica esiste in Italia tra «Paese legale» e «Paese reale». Indica bene come il primo si sia abituato a procedere in un’indifferente autoreferenzialità, tutto preso dalla cultura a cui da tempo s’ispira: una cultura vuota e formalistica, lontana dalla vita, abituata ad adottare ossessivamente gergalismi e termini inglesi con cui infarcire i propri interminabili documenti. Resi tali dalla particolare tecnica con cui sono abitualmente redatti, che potrebbe definirsi delle «scatole cinesi». Nei quali, cioè, ogni termine impiegato viene immediatamente seguito da una sua più o meno ampia definizione-spiegazione, ogni termine della quale è a sua volta sottoposto al medesimo procedimento, e così via in una successione che potenzialmente non ha mai fine.

Tra i documenti in questione merita di essere segnalato quello uscito un paio di mesi fa, tipico tra l’altro della sarabanda infernale di ordini e contrordini di cui si compiace da sempre la pubblica amministrazione italiana. In questo caso si tratta delle valutazioni di merito (dico merito a mio rischio e pericolo essendo il termine aborrito dall’ideologia del Ministero per la sua presunta connotazione discriminatrice), da adottare nella scuola elementare. Fino al 1977 tali valutazioni erano espresse, come si sa, con un numero, i famigerati voti dall’1 al 10. Da quell’anno, invece, i numeri, giudicati didatticamente troppo sommari e psicologicamente deprimenti, furono sostituiti con i «giudizi» verbali, adeguatamente personalizzati e quindi democratici (anche se nell’uso furono ridotti in breve a un repertorio di tre quattro formulette sempre le stesse). Inevitabilmente però, fatta la rivoluzione scattò immediata la controrivoluzione. E quindi non so più quale ministro della Vandea un bel giorno reintrodusse i voti. Trascorsi tuttavia alcuni anni, adesso si è deciso finalmente di porre fine allo sconcio: e pertanto di nuovo via i voti e di nuovo avanti con una inedita classificazione, articolata questa volta secondo la categoria dei «livelli di apprendimento».

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Draghi al G7, l’esordio da premier e il primo compito: scrivere il piano globale per immunizzare il pianeta

sabato, Febbraio 20th, 2021

L’uscita dalla pandemia è al primo posto del suo programma di governo, ma sarà in cima anche al contesto internazionale in cui Mario Draghi si muoverà nei prossimi mesi, non solo come presidente del Consiglio italiano ma anche come presidente di turno del G20.

La presidenza dell’organismo internazionale che include anche la Cina è stata richiamata più volte durante la prima riunione del G7 dopo oltre un anno: è stato il debutto di Mario Draghi, anche se a distanza, con i leader mondiali, il primo contatto con Joe Biden, ma anche l’assunzione di un serie di responsabilità: toccherà al G20, e dunque alla presidenza italiana, coordinare per il futuro una risposta globale alle pandemie e nel caso esplorare anche la possibilità, specialmente attraverso il Global Health Summit di Roma, di «un trattato globale sulla salute».

Ma non solo: al governo italiano viene chiesto anche di più, e direttamente dalle Nazioni Unite, sempre nel ruolo di presidente di turno del G20: per il vertice di Roma, a maggio, il nostro governo potrebbe essere chiamato a predisporre lo schema di un «piano mondiale di vaccinazione» che punti a coprire tutti i Paesi, ad oggi sono almeno 130, che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino contro il Covid. Una proposta avanzata mercoledì dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per istituire una «Task force di emergenza G20» volta a sviluppare un Piano vaccinale globale.

Insomma per Draghi diverse assunzioni di responsabilità, insieme anche ad un impegno finanziario cospicuo, in linea con Washington, Londra, Parigi e Berlino, per contribuire proprio al Fondo internazionale per la distribuzione del vaccino ai Paesi che non possono permetterselo. Ieri sono stati raggiunti 7,5 miliardi grazie anche ai contributi dei Paesi del G7, mentre la quota italiana deve essere determinata con esattezza.

Nel corso del vertice Draghi ha espresso almeno due concetti chiave: il valore della «trasparenza delle regole» come fondamentale per le dinamiche che coinvolgono la salute in ogni Paese, salute intesa come «bene pubblico globale». Per questo l’Italia chiede che l’accesso equo, universale e di massa ai vaccini sia «un imperativo non negoziabile». E poi il fermo rispetto dei principali obiettivi internazionali sugli accordi che riguardano clima ed emissioni, «perché arrestando i cambiamenti climatici e tutelando le biodiversità si possono in futuro evitare altre pandemie».

A questo proposito, la Cop 26 sul cambiamento climatico — che l’Italia organizza in partnership con il Regno Unito — e la Cop 15 (sulla biodiversità) saranno appuntamenti cruciali per testare la comune capacità di risposta. Draghi ha poi condiviso pienamente la condanna del «golpe militare in Birmania e della detenzione di Aleksej Navalny in Russia», così come una rivendicazione congiunta sul valore di un ruolo unitario «delle democrazie» sulla scena globale per la promozione «di società più prospere e aperte».

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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 19 febbraio: 15.479 nuovi casi e 353 morti

venerdì, Febbraio 19th, 2021

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 19 febbraio: 15.479 nuovi casi e 353 morti

Sono 15.479 i nuovi casi di coronavirus in Italia (ieri erano +13.762, qui il bollettino). Sale così ad almeno 2.780.882 il numero di persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (compresi guariti e morti) dall’inizio dell’epidemia. I decessi odierni sono 353 con una correzione dell’Emilia-Romagna, vedi la nota*, (ieri erano +347), per un totale di 95.235 vittime da febbraio 2020. Mentre le persone guarite o dimesse sono 2.303.199 complessivamente: 17.175 quelle uscite oggi dall’incubo Covid (ieri +17.771). E gli attuali positivi — i soggetti che hanno il virus — risultano essere in tutto 382.448, pari a -2.053 rispetto a ieri (-4.363 il giorno prima). La flessione degli attuali positivi di oggi — con il segno meno davanti — dipende dal fatto che i guariti, sommati ai decessi, sono in numero maggiore rispetto ai nuovi casi.

I tamponi e lo scenario

I tamponi totali (molecolari e antigenici) sono stati 297.128, ovvero 8.670 in più rispetto a ieri quando erano stati 288.458. Il tasso di positività è 5,2% (l’approssimazione di 5,20%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti più di 5 sono risultati positivi; ieri era 4,8%. Qui la mappa del contagio in Italia.

Più contagi in 24 ore rispetto a ieri, a fronte di oltre 8 mila tamponi in più. E così il rapporto di casi/test sale al 5,2% dal 4,8% del giorno prima. Lo scorso venerdì sono stati comunicati +13.908 casi con un tasso di positività del 4,8% e dal confronto con oggi non si vede un miglioramento. Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, parla di «una fase di stazionarietà con un leggero aumento», spiegando che se il valore di Rt sale, salgono poi anche i casi, di conseguenza «c’è una controtendenza». Come evidenzia l’ultimo monitoraggio dell’Iss che mette in luce un «graduale incremento nell’evoluzione epidemiologica» con l’indice Rt nazionale che cresce a 0,99 (qui il report), da 0,95 della settimana precedente. «In Italia si segnala una leggera ricrescita in corso, ma siamo in una posizione abbastanza favorevole rispetto all’incidenza di altri Paesi. Comunque, l’epidemia è soggetta a ondate e quindi bisogna sempre avere grande attenzione», dice Silvio Brusaferro, il presidente dell’Istituto superiore di sanità, presentando il monitoraggio. «La buona notizia è la riduzione dell’incidenza tra gli over 80 — sottolinea Brusaferro — e questo è un primo segnale importante che ci mostra l’importanza di aderire alla campagna vaccinale in modo attivo. Ciò ha infatti ha un riflesso sull’incidenza».

A registrare oltre 3 mila nuove infezioni è la Lombardia (per la precisione +3.724 casi) , ma grazie a quasi 52 mila tamponi che è il massimo numero di test regionali della giornata (qui il bollettino). Per vedere oltre 3 mila positivi quotidiani in Lombardia bisogna andare indietro al 10 gennaio (il 31 dicembre sono stati +3.859). Sopra quota mille si trovano: Emilia-Romagna (+1.821), Campania (+1.616) e Piemonte (+1.307, qui il bollettino). Tutte le altre regioni hanno un incremento a due o tre cifre, eccetto la Valle d’Aosta che segna +8 contagiati in 24 ore.

Le vittime

Rimane tristemente alto il bilancio delle vittime che supera la soglia delle 95 mila totali dall’inizio dell’emergenza. Sono 353 le persone che hanno perso la vita nelle ultime 24 ore contro le 347 di ieri. Soltanto la Valle d’Aosta non ha lutti da cinque giorni, mentre il maggior numero di morti è in Emilia-Romagna (+46), Lazio (+38), Lombardia (+33) e Veneto (+32).

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COMUNICATO STAMPA – Convegno psicologi su nuove sfide Ue per diritti umani

venerdì, Febbraio 19th, 2021



Associazione ReDiPsi promuove dialogo su tutela e promozione diritti imprescindibili per Stati Ue

Si terrà lunedì 22 febbraio, alle ore 21, il webinar dedicato alla tutela dei Diritti Umani in Europa, organizzato dall'”Associazione ReDiPsi – Reti di Psicologi per i Diritti Umani“, che vedrà la partecipazione di importanti ospiti esperti di Diritto Umanitario e politica estera. Nel corso della serata si alterneranno gli interventi di: Fausto Pocar, Professore emerito di Diritto Internazionale dell’Università Statale di Milano, Presidente dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario; Bruno Marasà, già Funzionario Europeo. Esperto di politica estera e comunicazione istituzionale.
Modereranno l’incontro Gabriella Scaduto, Psicologa, Psicoterapeuta e Presidente di ReDiPsi e Riccardo Bettiga, Psicologo e Psicoterapeuta.
“Bisogna parlare sempre di più di diritti umani e della loro tutela, noi psicologi siamo, in prima linea per la loro salvaguardia. La psicologia deve avere un ruolo di stakeholder e dialogare con le altre professioni, e con la politica”, afferma Gabriella Scaduto Presidente di ReDiPSi – Reti di Psicologi per i Diritti Umani. 
“La tutela dei diritti umani è un patrimonio dell’Unione europea. Valori e principi connessi al loro rispetto sono scritti nei Trattati, ma anche nelle normative legislative e negli accordi con i Paesi terzi. Una particolare attenzione per questo tema c’è nel Parlamento europeo. Con il Premio Sacharov, che ogni anno viene conferito a quanti si battono per la libertà di pensiero e la tutela dei diritti umani, il Parlamento conclude un’azione di monitoraggio e intervento permanente. La questione che si pone oggi è quella di aggiornare il catalogo dei diritti umani rispetto ai nuovi conflitti sparsi nel mondo, alle conseguenze delle migrazioni. Anche l’invadenza delle nuove tecnologie, in termini di tutela della privacy e del controllo dei grandi gestori del web pone seri problemi. Infine, non si possono ignorare le recenti violazioni da parte di alcuni Stati membri dell’UE, Polonia e Ungheria in primo luogo”, afferma Bruno Marasà.

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Indice Rt, monitoraggio Iss: sale a 0,99

venerdì, Febbraio 19th, 2021

Nel periodo 27 gennaio-9 febbraio, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,99 (range 0,95- 1,07), in crescita rispetto alla settimana precedente e con un limite superiore che comprende l’uno. Questo uno dei dati principali dell’epidemia emersi dal monitoraggio settimanale dell’Iss, come contenuto in una nota dello stesso Istituto. L’ultima rilevazione segnalava un indice di 0,95, quella precedente 0,84. Altro dato in crescita è l’ incidenza dei casi ogni 100.000 abitanti.: ora sono 135,46 per 100.000 abitanti nella settimana 8-14 febbraio rispetto a 133,13 per 100.000 nella settimana 1-7 febbraio, «lontana da livelli (50 per 100.000) che permetterebbero il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e tracciamento dei loro contatti» sottolinea l’Istituto di sanità.

Nello specifico 10 Regioni e Province autonome hanno un Rt puntuale maggiore di 1, di cui 9 anche nel limite inferiore, compatibile con uno scenario di tipo 2 , in aumento rispetto alla settimana precedente. Una regione, l’Umbria, ha un livello di rischio alto. Sono 12 (Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Molise, la provincia autonoma di Bolzano e quella di Trento, la Toscana e la Valle d’Aosta), rispetto alle 10 della settimana precedente, le regioni a rischio moderato (di cui 6 ad alta probabilità di progressione a rischio alto nelle prossime settimane) e 8 a rischio basso. Questa classificazione, va ricordato, è la risultante di ben 21 fattori diversi. Più tranquillizzante il dato sull’occupazione dei posti letto nei reparti covid: la media nazionale è del 24%, dunque sotto la soglia critica del 30 e in live diminuzione rispetto al report precedente.

Ecco l’indice Rt regione per regione:
Abruzzo: 1,17
Basilicata: 1,03
Calabria: 0,76
Campania: 1,16
Emilia Romagna: 1,06
Friuli Venezia Giulia: 0,80
Lazio: 0,95
Liguria: 1,08
Lombardia: 0,95
Marche: 0,91
Molise: 1,04
Piemonte: 0,96
Alto Adige: 1,16
Trentino: 1,23

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Colori Regioni: Lombardia e Lazio zona gialla. Emilia Romagna, Campania e Molise in arancione

venerdì, Febbraio 19th, 2021

Alla fine prevale la linea dei governatori: Lombardia e Lazio rimangono in giallo. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato le nuove ordinanze che entrano in vigore domenica 21 febbraio. L’Rt sotto l’1 convince le Regioni a non prendere decisioni autonome che vadano in senso più restrittivo, come invece proponeva il governo. La Lombardia è nello scenario 1, rischio moderato, Rt. 0,95. Stesso indice registrato in Lazio: 0,95.

In questo modo si lasciano aperte tutte le attività consentite (in particolare i locali pubblici fini alle 18) e dunque – per Lombardia e Lazio – non ci saranno modifiche rispetto alla scorsa valutazione.

Campania, Emilia Romagna e Molise passano invece in zona arancione.

Prosegue la creazione di zone rosse per contrastare le varianti. In Umbria, sono zona rosse Perugia e il Ternano.

CORRIERE.IT

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La partita di Mario Draghi sul capitale umano

venerdì, Febbraio 19th, 2021

Le “Comunicazioni del presidente del Consiglio” ai due rami del Parlamento sono state improntate allo “spirito repubblicano di un Governo che nasce in una situazione di emergenza, raccogliendo l’alta indicazione del capo dello Stato”. Il discorso ampio e forte di Draghi tratta delle urgenze italiane e delle prospettive per l’Italia in Europa. Ne considero tre aspetti: uno generale (l’identità) e due “diagonali” (l’istruzione e l’innovazione).

Identità: l’Italia in Europa.

Draghi ha affermato che ”… senza l’Italia non c’è l’Europa, ma fuori dall’Europa c’è meno Italia”. È evidente che il Governo da lui presieduto, con la sua ampia maggioranza parlamentare, configura un’unità nazionale che dà nuova forza all’Italia in Europa in linea con il ruolo di cofondatrice e di coprotagonista di tutta la costruzione europea. Draghi lo sottolinea rilevando come l’Italia sia una grande potenza economica e culturale che pesa in Europa, lasciando intendere che potrebbe pesare di più se avesse maggiore consapevolezza della propria rilevanza. Significativo è il riferimento a una più stretta collaborazione strategica con Germania e Francia da un lato, ma anche con i Paesi mediterranei. Netto è il richiamo all’irreversibilità dell’euro (che Draghi ha salvato, per fortuna di tutti noi!), ma anche alla necessità che l’Europa evolva verso un bilancio pubblico comune (solidarietà sistemica) per sostenere i Paesi nei periodi di recessione e per la convergenza. Dunque un’Italia più forte in un’Europa che innova e investe con il Next Generation EU, il cui orizzonte arriva (e forse supera) un decennio. Adesso il Governo Draghi deve dimostrare che le risorse del Recovery Fund saranno ben usate in Italia. A tal proposito riflettiamo su due strategie di intervento “diagonali”, che riguardano in particolare tre ministri molto competenti.

Istruzione: la scuola e l’università.

Il presidente Draghi parte dal quesito-affermazione che “non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura. È una domanda alla quale dobbiamo dare risposte concrete e urgenti quando deludiamo i nostri giovani, costringendoli a emigrare da un Paese che troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato un’effettiva parità di genere”. Purtroppo è vero. Il divario con l’Ue vede l’Italia 3 punti sopra la media per abbandono scolastico e 14 punti sotto la media come percentuale di laureati nella fascia di età fino a 34 anni. Senza dimenticare gli oltre 320mila ragazzi e ragazze nella fascia 20-34 anni che hanno lasciato l’Italia tra il 2009 e il 2018. Preoccupa anche la dinamica: erano 20mila l’anno all’inizio dell’ultimo decennio, sono diventati 40 mila nella seconda metà. Dati, questi, precedenti alla pandemia. La complessità del problema non consente rimedi immediati, ma la soluzione di una urgenza presente e per una scelta di prospettiva. Urgente è la necessità di riportare la scuola alla normalità nel contesto di sicurezza richiesto dalla pandemia. Qui il presidente fornisce un dato quantitativo. Sui 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado nella prima settimana di febbraio solo il 61% ha avuto assicurato il servizio attraverso la didattica a distanza. Questa affermazione viene rafforzata specificando che nelle Regioni del Mezzogiorno si sono incontrate le maggiori difficoltà. La scelta di prospettiva è di investire in una “transizione culturale… (per) disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, coniugando le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche del multilinguismo”.

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Le regole rispettate

venerdì, Febbraio 19th, 2021

di Sabino Cassese

Il governo Draghi rappresenta un fallimento della politica. La democrazia è commissariata. Bisogna presto tornare al voto. È corretta la diagnosi e giusta la conclusione? La Costituzione non stabilisce che, per far parte del governo, occorre possedere il requisito di parlamentare; basta la cittadinanza italiana. Richiede solo che il governo, una volta nominato, ottenga il consenso del Parlamento con la «fiducia».

Richiede inoltre che la sua successiva azione normativa passi all’approvazione parlamentare e che la sua attività amministrativa si svolga sotto il controllo del Parlamento, che ha un suo «occhio», la Corte dei conti. Con il governo Draghi, le forze politiche non sono uscite di scena, hanno affidato a un gruppo misto di loro appartenenti e di membri della società civile (i «tecnici») il compito esecutivo. Il Parlamento rimane padrone della vita e della morte del governo e delle sue iniziative legislative.

Queste sono le caratteristiche di una forma di governo parlamentare, quella adottata nel 1948, nella quale il popolo sceglie i membri del corpo rappresentativo, e questo, a sua volta, dà il suo consenso al governo. Queste stesse caratteristiche hanno avuto i due governi di questa legislatura, iniziata nel 2018. Essi erano presieduti da una persona non scelta tra i parlamentari, e quindi non eletta, e anche essi avevano circa un terzo di «tecnici». Altri Paesi stabiliscono persino l’incompatibilità tra l’essere membri del corpo rappresentativo e componenti dell’esecutivo. Così gli Stati Uniti, una repubblica presidenziale nella quale la Costituzione contiene una clausola di incompatibilità tra la carica elettiva e qualunque posizione esecutiva. Così anche la Francia, una repubblica semipresidenziale. Insomma, altrove il principio della separazione dei poteri viene applicato rigidamente: se si fa parte del corpo legislativo, non si può far parte di quello esecutivo. Quindi, lì i membri del governo debbono essere necessariamente tutti «tecnici».

La democrazia, scegliendo uomini e donne che non fanno parte del corpo politico, si indebolisce? La democrazia è fatta di molte altre componenti, non solo di elezioni periodiche. Una è la separazione dei poteri. Rousseau pensava che l’esecutivo non dovesse essere nelle mani del popolo. Poi, in democrazia il popolo sceglie chi decide, non decide tramite i suoi rappresentanti. Questi ultimi entrano in una competizione che ha per oggetto il voto popolare (Schumpeter). In terzo luogo, la stessa azione parlamentare deve svolgersi nell’ambito delle Costituzioni, alcune delle quali hanno addirittura norme definite eterne, non emendabili, destinate a durare per sempre. La democrazia in senso stretto è anche corretta dalla diversità della durata nelle cariche, in modo che non tutti i poteri siano nelle mani di una passeggera maggioranza popolare. Poi, le decisioni democratiche sono compensate e rafforzate dalla pluralità di istituzioni democratiche: si vota per scegliere rappresentanti nei Comuni, nelle Regioni, nello Stato e nel Parlamento europeo. Infine, vi sono corpi meritocratici, come i giudici e le autorità indipendenti, che fanno sentire anche essi la propria voce. E uno di questi corpi, la Corte costituzionale, giudica persino la legittimità delle leggi.

Dunque, la democrazia non è in pericolo e il governo non è commissariato. Ciò che è peculiare dell’esperimento avviato ieri è la larghissima ed eterogenea maggioranza che sostiene il governo, una maggioranza che ha più precedenti nella storia repubblicana, tra cui quella che sorresse i governi italiani, fino al terzo esecutivo De Gasperi (1947), detti di unità nazionale, che videro all’opposizione solo un decimo dei parlamentari. Il governo Draghi ne ha avuto una quota anche minore. Il suo successo dipenderà ora dal metodo e stile del governare, e dalla scelta delle politiche. Sarà questa la prova dei fatti.

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Governo, l’Italia sogna da leader. “Draghi alzerà l’asticella in Europa”

venerdì, Febbraio 19th, 2021

di ALESSANDRO FARRUGGIA

Angela Merkel con Mario Draghi (Ansa)

Draghi può cogliere l’attimo fuggente e, grazie alla sua autorevolezza, stabilire un rapporto equilibrato e forse paritario con Francia e Germania. A dirlo è l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, 41 anni di carriera diplomatica alle spalle, per 5 anni rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione Europea, e oggi presidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI).

Ambasciatore Nelli Feroci, Draghi ha parlato di strategicità e imprescindibilità del rapporto con Francia e Germania. Che significa?

“Significa alzare l’asticella in politica estera. Questi sono i nostri naturali partner europei e il motore stesso dell’Unione. È a loro e non a improbabili alleanze alternative che dobbiamo guardare”.

L’Italia ambisce a un ruolo non subalterno a Francia e Germania. Magari a entrare nel ’direttorio’. Non è troppo?

“Nessuno ci condanna a un ruolo subalterno, ma un ruolo di interlocutore di pari livello lo si guadagna con affidabilità, stabilità, credibilità. Oggi il leader c’è, perché è difficile immaginare una personalità più autorevole e più riconosciuta in Europa di Mario Draghi. Bisognerà poi vedere se, con una maggioranza così composita ed eterogenea, il governo saprà fare la sua parte. Ma le premesse ci sono, per poter tornare a far svolgere all’Italia un ruolo da protagonista. Oltretutto, il contesto è assai favorevole. Angela Merkel è arrivata alla fine della sua parabola politica e chiunque gli succederà, perlomeno nella prima fase, non avrà la stessa autorevolezza. Macron, da parte sua, ha difficoltà sul piano interno ed è ormai in scadenza, con le presidenziali fissate per il 2022. Si apre una straordinaria finestra di opportunità che Draghi può cogliere”.

Il trattato del Quirinale tra Italia e Francia, al quale si lavora da anni, sarebbe un ostacolo o un elemento positivo?

“Se viene, bene, se non viene non sarà un dramma. Non dobbiamo pensare che, col trattato del Quirinale, la Francia possa sostituire l’Italia alla Germania. Il punto è affiancarci in un rapporto a tre”.

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La parola d’ordine del premier: Ricostruzione

venerdì, Febbraio 19th, 2021

di MICHELE BRAMBILLA

Ieri mattina molti quotidiani italiani hanno utilizzato il vocabolo “ricostruzione”, o il verbo “ricostruire”, nella titolazione della prima pagina. Ne ho contati almeno dodici. Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno: “Ricostruire come nel Dopoguerra”. Corriere della Sera: “Draghi: uniti per la ricostruzione”. Il Sole 24 Ore: “Unità per la nuova ricostruzione”. Il Messaggero: “Insieme per la Ricostruzione”. Avvenire: “La nuova Ricostruzione”. Il Secolo XIX: “Draghi e il tempo dell’unità: è un dovere per ricostruire”. Il Gazzettino: “La Ricostruzione di Draghi”. Il Piccolo: “Draghi al Senato: una nuova ricostruzione”. Giornale di Brescia: “Draghi: uniti per ricostruire l’Italia”. Il Quotidiano del Sud: “La nuova Ricostruzione”.

Come avrete notato, molti hanno usato questo termine al maiuscolo: Ricostruzione. Come Dopoguerra.

Le due parole sono strettamente legate. Parlando di una nuova ricostruzione, Draghi ha fatto esplicitamente riferimento agli anni che seguirono la catastrofe della seconda guerra mondiale. L’Italia ne uscì sconfitta dalle armi, divisa da una guerra civile, umiliata dall’orrore di una sciagurata alleanza con Hitler, devastata dalle macerie. Da ricostruire non c’erano solo case e fabbriche. C’era da ricostruire una democrazia, una credibilità internazionale, una convivenza fra cittadini che avevano fatto scelte diverse (Resistenza o sottomissione ai nazifascisti) e che ancora le stavano facendo (America o Russia, insomma Don Camillo o Peppone). A proposito: Giovannino Guareschi chiamò il nostro Paese, in quel 1946, “Italia provvisoria”.

C’erano tanti problemi, ma c’erano politici di grande statura: politici che avevano pagato duramente l’avversione alla dittatura, e quindi abituati a soffrire. Ma soprattutto c’era un popolo. Un popolo che sapeva che cosa significasse avere fame. Quel popolo sono i nostri nonni e i nostri genitori, cui Draghi ha rivolto l’altro ieri un ricordo e un ringraziamento affettuoso. Sapremo noi fare per i nostri figli ciò che essi fecero per noi? Questo è quello che si è chiesto il nuovo premier.

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