Archive for Febbraio, 2021

Roma, «Ex Provincia e sede Atac: truffa per salvare Parnasi»

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Michela Allegri

Una truffa gigantesca, anzi due. Con uno scopo preciso: aiutare l’imprenditore Luca Parnasi, già a processo per corruzione per l’affaire “Nuovo stadio della Roma”, a salvare le sue società dal dissesto. Per riuscirci, il costruttore si sarebbe aggrappato a due operazioni mastodontiche, fallimentari per le casse pubbliche: la costruzione in zona Eur Castellaccio del Palazzo della Provincia e della sede unica dell’Atac. Progetti per i quali i due enti hanno pagato centinaia di milioni di euro per acquistare immobili che nemmeno erano stati costruiti e che, praticamente, sono stati utilizzati poco o nulla. Le irregolarità che hanno viziato bandi e contratti sono ripercorse dalla Finanza in un’informativa del 2017, agli atti dell’inchiesta sulla sede della Città Metropolitana che vede indagate 13 persone per l’affare fallimentare, costato 263 milioni di euro. Sotto accusa ci sono tecnici, banchieri e istituti di credito, ma non ci sono né l’imprenditore, né i politici che erano in carica all’epoca dei fatti.

Alcune anomalie, per la Finanza, sono clamorose: irregolarità nel bando per la scelta del palazzo della municipalizzata, contratti svantaggiosi per le casse pubbliche, ritardi enormi nei progetti perdonati con proroghe incomprensibili invece di essere puniti con la risoluzione degli accordi. Ipotesi supportate dagli atti acquisti, da scambi di mail, da verbali, e che, però, secondo gli inquirenti, non sono sufficienti a dimostrare il coinvolgimento dell’imprenditore. Nonostante la Finanza nel 2017 scrivesse chiaramente: in questa vicenda sono stati «favoriti gli interessi dell’imprenditore Parnasi a scapito totale degli interessi pubblici», con l’Atac sprofondata nel baratro e la Provincia costretta a cedere immobili di pregio nel centro di Roma per pagare i debiti.

IL PROGETTO

Ma andiamo con ordine. Tutto comincia nel 2005, quando sia la Provincia che la municipalizzata decidono di acquisire un nuovo immobile da destinare a sede unica dei vari uffici sparsi sul territorio capitolino. Ecco la prima irregolarità: per tutti e due i palazzi viene manifestata un’ipotetica «estrema urgenza», per rendere possibile la stipula di un contratto di «acquisto di cosa futura». Si tratta di una procedura autorizzata solo in rarissime circostanze e, di certo, non giustificata in questo caso, sostengono gli investigatori, visto che l’urgenza «è stata vanificata dai ritardi accumulati». Il palazzo della Provincia è stato ultimato solo nel 2014, mentre quello dell’Atac non è mai stato utilizzato e nel 2017 era ancora un cantiere.

IL FONDO

Nel 2008, i Parnasi danno incarico alla Bnp Paribas Reim Sgr di costituire il fondo immobiliare Upside per seguire le procedure di compravendita di terreni e immobili. Ma la Finanza, nell’informativa, ipotizza che si tratti di un escamotage per aggirare il Fisco: Upside sarebbe stato creato «al fine trasferirvi ingenti debiti contratti con enti finanziatori terzi» e, soprattutto, sarebbe stato «indebitamente gestito dalle società del Gruppo stesso, in luogo della Bnp Paribas, che si è piegata agli interessi del quotista. A tali interessi si sono piegati anche i vertici degli Enti pubblici, i quali hanno fatto di tutto pur di portare a termine le operazioni».

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Salvini, dubbi su Giorgetti: «Al governo ci vado io»

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Emilio Pucci

Qualcuno tra i dirigenti parla di mondo al contrario, di parti capovolte nella Lega. Non è una questione di rapporti né di ruoli, ma ora è Salvini a volere il partito di via Bellerio dentro al governo e Giorgetti più dubbioso. Non si tratta di calcoli politici, ma il numero due della Lega a più di un interlocutore ripete che il rischio è che sia un errore. Intanto perché le altre forze politiche faranno di tutto per tenere la Lega fuori da ogni decisione sui provvedimenti, «non ci vogliono». Pesa l’avversione nei confronti di Salvini. «Non vorrei che Draghi stesse chiamando tutti tranne che noi», la paura, per esempio, di un ex ministro.

Ma nelle considerazioni dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio c’è dell’altro: la Lega in Europa resta a metà del guado, schiacciata tra Le Pen e il Ppe, e in Italia è insidiata da FdI. Nessun timore da parte di Giorgetti, invece, nei confronti dell’operato dell’ex numero uno della Bce. «Farà bene, è un fuoriclasse», il suo refrain. Fatto proprio, e rilanciato, da tutto il fronte nordista, Luca Zaia in testa.

LE PERPLESSITÀ
Le perplessità sono legate, quindi, al perimetro, al fatto che in Cdm i rappresentanti del Carroccio possano essere in qualche modo ghettizzati. Invece il segretario queste remore se le è tolte da tempo. «Io non mi alzo la mattina dicendo spero di fare il ministro, però se Draghi dirà “c’è bisogno di te per dare una mano” io ci sono», ha detto ieri sera a Porta a porta. Poi il rapporto con FdI: non sopporta più questo derby sovranista. Nulla di personale, ovviamente. Ma Salvini ha scommesso su Forza Italia, sulla possibilità di stringere un patto di ferro con il Cavaliere, poi ovviamente se la legge elettorale non dovesse venire toccata, allora si tornerà tutti insieme. Salvini vuole Draghi perché ha sposato proprio il progetto iniziale di Giorgetti, quello di accreditare la Lega come forza governista, seguendo le richieste dell’elettorato del Nord, degli imprenditori di riferimento, rispondendo alla chiamata post-guerra del Capo dello Stato. E guardando a Draghi come a una sponda amica, anche quando si dovrà votare per il prossimo Capo dello Stato (per l’ex ministro dell’Interno sarà proprio «Mr Bce»).

AVANTI UN ANNO
Per il Carroccio l’esecutivo durerà un anno, non di più. Ma per far sì che il segretario possa essere il prossimo presidente del Consiglio i leghisti vogliono che sia Salvini a sedersi in Cdm. Non Giorgetti. E neanche Salvini vorrebbe il numero due lumbard. Non perché – o perlomeno è quanto viene spiegato da un ex ministro – non si fidi di lui ma perché con Giorgetti ministro prevarrebbe la tesi di una Lega buona e di una Lega cattiva. Continuerebbe la narrazione di un Salvini con la felpa e non con il vestito buono da palazzo Chigi, mentre il leader vorrebbe guidare in prima persona il processo della “nuova” Lega. Ma il Pd è per il no a Salvini, non ritiene certo utile bissare i tempi del compromesso storico e di un governo costituente, con De Gasperi e Togliatti attorno allo stesso tavolo.

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Vaccini Covid: offerte dal Brasile, prezzi rincarati. È il mercato parallelo

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Simona Ravizza e Lorenzo Salvia

Vaccini Covid: offerte dal Brasile, prezzi rincarati. È il mercato parallelo

Settimana scorsa, Roma. Squilla il telefono di una funzionaria che lavora all’emergenza. La chiamata arriva dal Brasile: «I tamponi non li avete voluti, ora vedo che avete problemi con i vaccini. Io posso farvi avere almeno un milione di dosi. Interessa?». L’offerta riguarda AstraZeneca, autorizzato solo pochi giorni prima e che ieri, per inciso, l’Organizazione mondiale della Sanità ha raccomandato anche per gli over 65. Il prezzo è trattabile, tra i 15 e i 20 euro a dose. Molto più alto di quello pagato dall’Unione europea, poco sotto i due euro. «No, grazie». Clic. Non c’è bisogno di scendere nel dark web per trovare il mercato parallelo dei vaccini. Domanda e offerta si incrociano o almeno si sfiorano all’ombra dei canali ufficiali. Perché non ci sono solo le Regioni che cercano forniture parallele, alla luce del sole. Ma anche intermediari più o meno misteriosi che si fanno avanti spontaneamente. Facile immaginare cosa potrà succedere quando il vaccino russo Sputnik arriverà a San Marino, che lo sta per comprare.

Le tre mail ad Arcuri

All’ufficio del commissario all’emergenza Domenico Arcuri negli ultimi giorni sono arrivate tre mail da tre indirizzi diversi. Anche in questo caso venivano offerte forniture aggiuntive. Non solo AstraZeneca ma anche il più ricercato Pfizer. In una mail, in particolare, si parla della possibilità di avere «milioni di dosi in più». Anche in questo caso i prezzi sono sensibilmente più alti di quelli previsti dal contratto con l’Unione europea. Le mail non arrivano dalle case farmaceutiche, naturalmente. Ma da intermediari che, dopo un esame sommario, non sembrano proprio il massimo dell’affidabilità. Gli uffici del commissario hanno segnalato il tutto al Nas, il Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri.

La variante Svizzera

C’è poi una variazione sul tema, raccontata in un servizio mandato in onda ieri notte da Piazza Pulita, su La7. A Milano l’8 febbraio il commercialista Alessandro Arrighi e l’imprenditore Luigi Crespi, con buoni agganci in Regione, vengono contatti da un intermediario. L’uomo, italiano, dice di avere una società in Italia e una in Svizzera. Offre AstraZeneca a 13 euro per fiala e Pfizer a 75 euro per fiala. I vaccini verrebbero consegnati alla società svizzera, che non è nell’Unione europea e quindi può muoversi come vuole. Per poi essere trasferiti in Italia. Ai due l’intermediari offre un compenso da 20 centesimi a fiala. L’affare non si fa, AstraZeneca nega che sia possibile. Anzi, invita a stare attenti alle contraffazioni, insomma ai vaccini falsi.

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Governo Draghi, il via libera dei partiti fragili

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Massimo Franco

La pantomima grillina è stata archiviata. E può prendere forma il «governo dei due presidenti».

La votazione sulla piattaforma Rousseau celebrata come un trionfo della democrazia digitale, in realtà un rito per alcune decine di migliaia di intimi, ha dato il risultato atteso: un via libera al governo di Mario Draghi. Ma con una spaccatura verticale. Il 59,3 per cento di sì esprime una frattura difficile da comporre, che fa capire l’affanno di Beppe Grillo negli ultimi giorni. Il Movimento Cinque Stelle può anche proclamare che la mitica «rete» benedice il governo tecnico-politico. In realtà si acuisce la sensazione di un esito pilotato e tuttavia insufficiente a mascherare un caos lacerante.

A questo punto, dopo un esercizio di pazienza e disponibilità verso i rituali stanchi del M5S, una soluzione rapida della crisi è prevedibile e necessaria. Il presidente incaricato oggi pomeriggio andrà al Quirinale a sciogliere la riserva con la lista dei ministri. Domani giurerà e martedì andrà in Senato per la fiducia. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella e Draghi sono d’accordo che occorra stringere i tempi. Le resistenze e i distinguo che affiorano nelle forze politiche sono solo echi di una fase superata e di equilibri stravolti dal nuovo schema dell’esecutivo e della maggioranza. Quello che si profila è in primo luogo il governo di Palazzo Chigi e del Quirinale, avvolto da un alone di riservatezza e quasi di mistero.

Pochi sanno chi entrerà e chi sarà escluso, compresi gli interessati. E non è soltanto questione di alchimie e di rapporti di forza tra partiti. A pesare competenze e compatibilità sarà soprattutto l’ex presidente della Bce, in raccordo con Mattarella; non senza mediare e concedere qualcosa pur di raggiungere il risultato. Si è visto sul ministero della Transizione ecologica. Grillo avrebbe voluto che venisse ufficializzato con una dichiarazione di Draghi. Il premier si è limitato a farla filtrare indirettamente. E l’enfasi con la quale i Cinque Stelle l’hanno salutata indica come si accontentino di poco pur di giustificare la permanenza al governo.

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Su Rousseau vince la linea governista, ma il M5S si spacca: Di Battista lascia

venerdì, Febbraio 12th, 2021

federico capurso

ROMA. Il Movimento 5 stelle appoggerà il governo di Mario Draghi. Lo hanno deciso gli iscritti grillini interpellati nella giornata di ieri sulla piattaforma Rousseau, che ha registrato il 59,3 per cento di favorevoli su 74.537 votanti. I big pentastellati si riversano sui social per esultare di fronte alla «grande prova di responsabilità» della base e, anche se non si vede, si avverte nell’aria un collettivo sospiro di sollievo, perché per la prima volta nella storia dei Cinque stelle l’esito di un voto online non era affatto scontato. Erano preoccupazioni fondate, perché l’altra faccia del voto mostra il 40,7 per cento di contrari. È la fotografia di un partito disorientato e spaccato, dove una parte del Movimento festeggia e l’altra torna a parlare di scissione, con uno dei big della prima ora, Alessandro Di Battista, che annuncia la sua uscita dal M5S.

L’apprensione per il risultato in bilico era montata nelle ultime 24 ore, dopo la pubblicazione del quesito. Le reazioni furenti della rete alla faziosità della domanda posta su Rousseau avevano innervosito i vertici M5S. E di fronte alle proteste, nessuno di loro poteva dirsi davvero sicuro che quel «super ministero» per la Transizione ecologica, sbandierato come la prima vittoria del confronto con Draghi, avrebbe davvero spostato gli equilibri. Tanto da costringere Beppe Grillo all’ennesimo intervento sul suo blog, in mattinata e a votazioni già aperte, per presentare i 20 punti programmatici del Movimento. Una sfilata di vecchie glorie che il fondatore dei Cinque stelle riporta in auge, dall’acqua pubblica al voto ai sedicenni, dalla riforma della Rai e dell’editoria al reddito minimo e universale, fino alla patrimoniale per le grandi ricchezze e alla legge sul conflitto di interessi. Quasi una carezza rivolta ai duri e puri, un refolo di malinconia per le origini grilline con cui convincere l’ultima truppa di indecisi.

Nella frattura aperta si inserisce Di Battista, come spesso gli è capitato di fare negli ultimi anni da ex deputato. Questa volta, però, per sbattere la porta: «Non posso far altro che farmi da parte», annuncia in una diretta sui social lanciata poco dopo la proclamazione dei risultati. Ma se Di Battista prende la strada dell’esilio volontario, la stragrande maggioranza dei suoi ex compagni di partito stappano lo champagne. «La responsabilità è il prezzo della grandezza – festeggia Luigi Di Maio -. Oggi i nostri iscritti hanno dimostrato ancora una volta grande maturità, lealtà verso le istituzioni e senso di appartenenza al Paese». A ruota il presidente della Camera Roberto Fico, anche lui felice dell’«assunzione di responsabilità». Questa decisione, aggiunge, «segna l’apertura di una nuova fase in questa legislatura». E si unisce al coro Davide Casaleggio, sempre più lontano dal cerchio di benevolenza di Grillo e dei maggiorenti grillini, ma comunque «contento», perché «siamo riusciti a fare sintesi della volontà del Movimento».

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Torna l’incubo focolai, con la variante inglese l’Italia sarà meno gialla

venerdì, Febbraio 12th, 2021

PAOLO RUSSO

ROMA. Mentre i contagi salgono a quota 15. 146, il livello più alto da due settimane a questa parte e l’Italia rischia di tingersi di nuovo d’arancione con una punta di rosso, le varianti del Covid iniziano a far paura anche nelle scuole. Minacciando di soffiare sul fuoco ancora vivo dell’epidemia, tant’è che il Monitoraggio a cura dell’Iss, in fase di limatura, potrebbe oggi collocare in area rosso lockdown l’Umbria e in arancio Abruzzo, Toscana e Friuli, anche se qualche rischio lo corre anche la Lombardia. Di fronte a una situazione che va peggiorando è stata proprio la Conferenza delle regioni a sollecitare ieri la rapida approvazione di un decreto legge ponte che proroghi al 5 marzo il divieto di spostamento anche dalle regioni gialle, in scadenza lunedì prossimo. Così già oggi, al massimo domani, il governo uscente compirà il suo ultimo atto, mantendo l’obbligo di non varcare i confini regionali. Che non vale per chi ha la seconda casa fuori regione. Casomai in una località sciistica, dove dal 15 febbraio possono riaprire gli impianti di risalita. Anche se in assenza di in nuovo Dpcm, che spetterà a Draghi varare, saranno le regioni a deliberare le norme per sciare in sicurezza già dettate dal Cts.

Intanto le mutazioni del Covid fanno breccia in asili e scuole elementari, come a voler smentire chi tra gli scienziati sostiene non ci siamo prove di una loro maggiore contagiosità tra i più piccoli. A Bollate, alle porte di Milano, i primi casi di variante inglese si sono avuti a fine gennaio, prima all’asilo poi alle elementari. Che da ieri hanno chiuso i cancelli perché il focolaio iniziale è diventato un incendio, con 59 piccoli solo dell’asilo già risultati positivi alla versione britannica del virus, che sicuramente molto più contagiosa è. Per questo si sta cercando di stendere più in fretta possibile un cordone sanitario a difesa di Milano. Sempre che la variante non sia già sbarcata anche li. Ma un’altra mutazione “pediatrica”, ancora più insidiosa, è stata scoperta a Trieste, dove l’Istituto scientifico di ricovero e cura “Burlo Garofolo”, ha individuato la variante “N439K”, fino ad ora riscontrata solo tra gli adulti statunitensi. Secondo i ricercatori non sarebbe pericolosa per i bambini quanto per gli adulti, per i quali non solo è più contagiosa, ma anche resistente ad alcuni anticorpi monoclonali. L’avanzata delle varianti impone più che mai il colpo di acceleratore sulla campagna vaccinale. In Italia così come nel resto d’Europa. E di questo hanno parlato ieri via skype il nostro commissario per l’emergenza Arcuri e quello europeo Thierry Breton, alla guida della task force sui vaccini.

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Ehilà, Beppe!

venerdì, Febbraio 12th, 2021

Buongiorno

Mattia Feltri

La sola idea di Beppe Grillo azionista di un governo di Mario Draghi mi induce a rivedere il mio agnosticismo, a incontrare un Dio per ringraziarlo di vivere un’epoca meravigliosa. Capite? Beppe Grillo al governo col nume tutelare dell’euro, col banchiere dei banchieri, con l’elitario delle élite, quello che lui chiamava criminale e voleva trascinare in ceppi: grazie Dio! Soltanto un essere celeste eterno onnipresente onnisciente poteva immaginare un’architettura della nemesi così perfettamente surreale, e poi – Dio mio! – i modi. Per farla digerire agli squinternati che votano su Rousseau s’è inventato un quesito non proprio asettico, una roba tipo «volete voi o no un governo con quel santo di Draghi, che è anche un po’ un bell’uomo, per imporgli il programma più figo della plurimillenaria storia dell’umanità?».

E il programma l’ha persino messo sul blog. Me lo sono letto con un flûte di champagne in mano. Salute circolare (praticamente, prevenire invece di curare), scuola 2.0, acqua pubblica, autostrade pubbliche, banca pubblica degli investimenti, tetto agli stipendi di chiunque, anche di Cristiano Ronaldo, reddito universale, riforma fiscale ecologica, voto ai sedicenni, legge sul conflitto d’interessi, patrimoniale, cioè tutto quanto il suo Giuseppe Conte non ha mai fatto.

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Berlusconi: “Io e Salvini per la svolta moderata. Sì al green, ma non blocchi le opere”

venerdì, Febbraio 12th, 2021

AMEDEO LA MATTINA

Silvio Berlusconi è rimasto «commosso» per l’accoglienza ricevuta a Roma. Ha deciso di partecipare alle consultazioni perché «il momento è drammatico». Ma ritiene che Draghi abbia la sensibilità politica per guidare non «una maggioranza politica», ma «una risposta eccezionale a circostanze gravissime».

Il suo ritorno a Roma è stato un evento mediatico. Che sensazioni ha avuto di fronte a tanto clamore?
«Ovviamente mi ha fatto piacere – anzi mi ha commosso – ricevere un’accoglienza tanto calorosa. Tuttavia non ho avuto molto tempo per questo: la gravità della situazione del Paese non consente distrazioni. Sono venuto a Roma, malgrado i medici me lo sconsigliassero, perché il momento è drammatico e c’è molto da lavorare, per fronteggiare la pandemia e per evitare il disastro per famiglie e imprese. Di fronte a questo, non sono nello stato d’animo per festeggiare».

Adesso è finita la sua traversata nel deserto cominciata nel 2013 con la condanna e l’espulsione dal Senato?
«Quella è stata una pagina molto amara, perché si è trattato di una clamorosa ingiustizia, ai danni non solo miei ma anche degli elettori italiani. Un’ingiustizia nata nel clima di condizionamento politico di alcuni settori della magistratura, clamorosamente denunciato in questo periodo dalle rivelazioni del giudice Palamara e di altri importanti magistrati. La mia forzata esclusione dalla politica attiva ha fortemente danneggiato FI sul piano elettorale, privata del suo leader proprio negli anni in cui la competizione politica si è più fortemente personalizzata. Però devo anche aggiungere che non ho mai avuto la sensazione di una traversata nel deserto: il calore, l’affetto, il sostegno di milioni di italiani non è mai venuto meno e mi ha aiutato a superare le prove più difficili».

Che effetto le ha fatto incontrare Draghi in un ambito in cui la gravità politica è pesante?
«Ho voluto Draghi al vertice non solo della BCE ma prima ancora a quello di Bankitalia. Sentivo – anche grazie alla mia esperienza di imprenditore abituato a valutare le persone – che era la persona giusta. Quindi mi è sembrato naturale vederlo come ideatore e regista di un governo che intende riunire le energie migliori del Paese. Come noi, per primi, avevamo richiesto».

Draghi dà l’impressione di essere più politico di tanti politici di professione.
«Draghi non ha soltanto grande competenza, ha grandi capacità di gestione di strutture complesse, di mediazione ma soprattutto di risoluzione dei problemi. Non si è mai tirato indietro di fronte alle sfide difficili e spero possa vincere anche questa».

I 5S soffrono la sua presenza e quella di Salvini. Lei ha detto «che Dio ce la mandi buona». È preoccupato?
«Ho pronunciato quella frase riferendomi alla condizione del Paese, che è davvero preoccupante, non alle questioni di palazzo, che devono passare in secondo piano. Ho piena fiducia in Draghi. Voglio sperare che tutte le forze politiche lavorino nella stessa direzione, che abbiano la consapevolezza della gravità della situazione ed abbiano ben compreso la portata dell’appello del Capo dello Stato. Le distinzioni politiche rimangono, le preclusioni sono fuori dal tempo».

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Governo Draghi, i ministri: Franco e Cartabia restano in pole, l’ipotesi Bianchi per l’istruzione

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Giuseppe Alberto Falci, Marco Galluzzo

Governo Draghi, i ministri: Franco e Cartabia restano in pole, l'ipotesi Bianchi per l'istruzione

ROMA- Un bigliettino hanno provato a consegnarglielo tutti, o quasi. Si narra che qualcuno ci sia riuscito e altri invece si siano sentiti rispondere, con grande cortesia, «no grazie, non ce n’è bisogno, farò una proposta io».

Si narra perché non si può affermare nulla con certezza. Nello stesso partito, che si tratti del Pd o di Forza Italia, circolano versioni diverse: «In qualche modo una rosa di nomi gli è stata recapitata», ma anche il contrario, «ci abbiamo provato e non ci siamo riusciti».

Quello che non è narrazione ed è certezza è che sono tutti rimasti al buio. Pesto. Di sicuro non ha risposto a nessuno e nessuno lo ha sentito al telefono. A poche ore dallo scioglimento della riserva da parte di Mario Draghi, alla vigilia della presentazione della squadra di governo, leader politici, dirigenti di prima e seconda fascia, si sentono fra loro, tutti per porgere la stessa domanda: «A te ti ha chiamato?». Risposta costante e sconfortata: «No, nessuno».

Ogni tanto si contatta anche Bankitalia, ieri mattina Mario Draghi vi ha trascorso alcune ore, è stato segnalato anche Fabio Panetta, membro del board della Bce, grande stima reciproca. È stato una coincidenza o qualcosa di più? Ognuno ha un suo studio in via Nazionale, ma chi conosce entrambi dice che il premier incaricato non ha alcun interesse a togliere un suo uomo di fiducia dalla Bce. Semmai potrebbe esserci stato un contatto con Daniele Franco, direttore generale della Banca centrale, che quasi tutti danno in pista per un posto di primo piano nel nuovo esecutivo, come ministro dell’Economia o sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

E allora si ritorna alla casella iniziale: partiti quasi in tilt, rassegnati a ricevere una lista di cortesia solo poco tempo prima della formalizzazione della squadra. O forse nemmeno quella. Magari sentiranno per la prima volta i nomi dei tecnici dalla voce del segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, quando formalmente comunicherà la lista dei ministri. Probabilmente già oggi.

Una delle poche notizie circolate nelle ultime ore, che rivela una fonte istituzionale, è il possibile spacchettamento del ministero dello Sviluppo economico, con il ritorno di un ministero ad hoc per le Comunicazioni: dossier ultrasensibili come il 5G e l’evoluzione della rete di telefonia e dati ritornerebbe in questo caso ad avere un’autonoma regia politica.

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Draghi è pronto a salire al Quirinale con la lista dei ministri del suo governo

venerdì, Febbraio 12th, 2021

di Francesco Verderami

Draghi è pronto a salire al Quirinale con la lista dei ministri del suo governo

Ieri Sergio Mattarella ha disdetto tutti gli appuntamenti e si è chiuso (da solo) nel suo studio al Quirinale. Nelle stesse ore Mario Draghiera (da solo) nell’ufficio che gli è stato riservato a Bankitalia. Oggi pomeriggio si ritroveranno insieme per ufficializzare la nascita del governo dei due presidenti, una formula che non ha precedenti nella storia repubblicana, assai diverso dai gabinetti tecnici di Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini e Mario Monti. D’altronde il premier incaricato — che all’atto di accettare il mandato si era espresso con deferenza verso il Parlamento — lo aveva fatto capire alle forze politiche nei giorni delle consultazioni.

Riassumendo per titoli il suo progetto, respingendo ogni suggerimento sulla composizione della maggioranza, evitando di parlare della squadra di governo, Draghi aveva spiegato ai partiti che stava per iniziare «un’altra epoca». La novità non sarà legata al dosaggio tra tecnici e politici di cui si comporrà il suo gabinetto. Non si ritroverà neppure nel numero di ministri che ne faranno parte, una ventina. Le differenza sta nella volontà del premier incaricato di presentarsi con il suo programma solo quando entrerà in Parlamento. Sta nella decisione di scegliersi la squadra senza mediazioni dei partiti.L’ex presidente della Bce sa che i suoi interlocutori politici stanno soffrendo questa condizione, lo vede dai loro atteggiamenti, dalle liste che gli vengono inviate per gli incarichi, da certe aspettative che sono inversamente proporzionali alla qualità necessaria per governare il Paese in questa difficile fase. Oggi si capirà quali scelte ha operato insieme al capo dello Stato. Domani sarà il giorno del giuramento e martedì il battesimo in Parlamento per la fiducia, che inizierà al Senato. La giornata di ieri gli è servita per definire il programma e per chiamare alcuni politici candidati al ruolo di ministro.

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