Archive for Febbraio, 2021

Mario Draghi dice no al cavallo di battaglia di Salvini, la flat tax

martedì, Febbraio 9th, 2021

Un sistema fiscale basato sulla progressività e lotta all’evasione, giudicata un “male endemico” e che non può essere considerata un dato strutturale. Questo sarebbe stato riferito dal premier incaricato Mario Draghi ai partiti sulla riforma del fisco. “Sulla progressività ha parlato in stampatello maiuscolo”, conferma un parlamentare uscito dalle consultazioni. “Rimodulare le aliquote ma tenendo un sistema progressivo senza aggiungere nuove imposte. Insomma no all’ aliquota unica e flat tax”, cavallo di battaglia del leader leghista Matteo Salvini ai tempi in cui era al governo.

Mario Draghi, durante le consultazioni, ha elencato i titoli del suo programma ai vari partiti, affermando che lo dettaglierà ampiamente in Parlamento, quando dovrà presentarsi davanti le Camere.

L’HUFFPOST

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La missione Oms a Wuhan si chiude con un “non lo so”

martedì, Febbraio 9th, 2021

Alla fine, dopo 4 settimane di indagini a Wuhan sulle origini del coronavirus, la missione degli esperti dell’Organizzazione mondiale della Sanità si conclude con una certezza e molti “non so”. La certezza è che l’origine del virus, come ampiamente ribadito dalla comunità scientifica internazionale, sia animale. Più numerose le incertezze, a cominciare da quale sia l’animale ospite, con pipistrelli e pangolini sempre in cima agli indiziati, ma con dei ‘ma’: i campioni di coronavirus trovati in quelle specie non sono identici al Sars-Cov-2, e in ogni caso non è chiaro come sia avvenuto lo spillover, vale a dire il salto di specie.

“L’ipotesi della fuga dal laboratorio del coronavirus è estremamente improbabile”, ha detto il capo missione dell’Oms a Wuhan, Peter Ben Embarek, raccomandando per il futuro di non continuare ricerche in tal senso. Al contrario, “la ricerca per la possibile rotta di penetrazione del virus nelle specie animali è un lavoro in corso d’opera” che andrà approfondito con ulteriori studi.

“Un salto diretto dai pipistrelli agli umani non è probabile”, ha spiegato, visto che a Wuhan e dintorni non vi è una grande popolazione di questi animali. Rimane in piedi l’ipotesi pangolini e felini come primi portatori del coronavirus, ma l’Oms ha consigliato di andare avanti con gli studi a riguardo. Embarek ha ammesso che la missione sul campo “non ha stravolto le convinzioni che avevamo prima di cominciare” circa le origini del virus. Il funzionario Oms ha poi sottolineato che non si è riusciti a scoprire neppure come il virus sia entrato nel mercato Huanan a Wuhan, epicentro del primo focolaio noto della malattia, a fine 2019, auspicando ulteriori studi sul ruolo dei cibi surgelati e della catena del freddo come “superficie per la trasmissione del virus agli esseri umani”.

L’indagine, condotta congiuntamente da Oms ed esperti cinesi, di fatto scagiona Pechino dal sospetto di aver comunicato in ritardo la comparsa della nuova epidemia poi tramutatasi in pandemia. “Non ci sono tracce sostanziali della diffusione del coronavirus in Cina prima della fine del 2019. E non ci sono prove che circolasse a Wuhan prima del dicembre del 2019”, ha detto in conferenza stampa dalla città primo focolaio del Covid il professor Lian Wannian, a capo della delegazione di 17 esperti cinesi che ha affiancato quella dell’Oms. È possibile che il virus circolasse in altre regioni prima che a Wuhan, ma se anche fosse – concludono gli esperti – è da escludersi la presenza di grandi focolai. La missione – ha confermato Embarek, capo del team Oms – “non ha trovato prove” di grandi focolai legati al nuovo coronavirus “prima di dicembre 2019 a Wuhan o altrove”.

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COMUNICATO STAMPA:Petrolio, FederPetroli Italia: Euforia? Vero picco in 2^ metà 2021 se tregua da Covid

martedì, Febbraio 9th, 2021

Milano, 8 feb. (LaPresse) “Se la vogliamo interpretare in questo modo, abbiamo ritardato i festeggiamenti ma oggi con il greggio che ha toccato 60 dollari al barile possiamo brindare. Questo dimostra che FederPetroli Italia aveva positivamente valutato gli investimenti sugli Asset già a lockdown annunciato. Lo scorso anno quanto i greggi precipitarono a toccare il segno meno negli Stati Uniti, consigliammo di mantenere posizioni stabili per una ripresa sicura toccando i valori pre-Covid e, così è stato. Nonostante la tendenza a rialzo oggi controlliamo l’euforia, il vero picco ci sarà nella seconda metà del 2021 se l’epidemia darà segnali di tregua. Certamente oggi gli investimenti dell’industria dell’Oil & Gas internazionale hanno il segno positivo“.

Lo dice Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, a LaPresse, commentando il rialzo delle quotazioni del petrolio.

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“Niente vaccino a chi ha avuto il Covid”. L’infettivologo: molti effetti collaterali

martedì, Febbraio 9th, 2021

di ALESSANDRO MALPELO

ROMA – “Inutile vaccinare chi ha avuto il Covid-19”. Lo afferma Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, che nutre dubbi sull’opportunità di sottoporre ai richiami anche quelli che hanno contratto l’infezione e sviluppato le difese naturali. Gli effetti indesiderati sono spesso più marcati, dopo l’iniezione c’è chi lamenta nausea, capogiri, altri presentano linfonodi ingrossati, stati febbrili.

Professore, l’orientamento attuale prevede che anche i convalescenti, sopravvissuti alla pandemia, vadano vaccinati. Ci spiega perché l’eccesso di precauzioni si rivela controproducente?
“Guardi, abbiamo avuto diversi medici e infermieri vaccinati che hanno riferito effetti collaterali, una risposta eccessiva del sistema immunitario al vaccino. Nulla di pericoloso, ma la seconda dose è anche più fastidiosa della prima nei soggetti che hanno già superato l’infezione”.

Alcuni suoi colleghi dicono che in certi casi si potrebbe fare a meno dei richiami.
“Credo anch’io che abbia poco senso convocare due volte chi si è ammalato ed è guarito, perché possiede già una memoria immunologica. Finora si è affermata una linea talebana, per cui se obiettavi qualcosa venivi bollato come irresponsabile, ma l’atteggiamento sta cambiando”.

Ci può fare un esempio?
“Io ho davanti a me una dottoressa di 55 anni, che si è negativizzata il 20 novembre, l’hanno vaccinata il 15 gennaio, e viste le reazioni non farà la seconda dose, anche se un protocollo, che potrei definire demenziale, prevede che siano tutti riconvocati senza eccezioni”.

Sta diventando obiettore anche lei?
“Macché, io vaccinerei a tappeto tutti, gli unici che escluderei sono quelli appena guariti. In Italia abbiamo due milioni di persone che sanno con certezza di aver passato l’infezione, altri due milioni probabilmente lo ignorano, ma hanno prodotto anticorpi, sono entrati in contatto con il virus Sars-Cov-2 senza accorgersi. Io dico che basterebbe un test con pungidito, con risposta in pochi minuti, per scremare chi è già protetto in qualche modo”.

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Alitalia, sfumata la vendita-blitz: solo il decreto salverà gli stipendi

martedì, Febbraio 9th, 2021

di Rosario Dimito e Umberto Mancini

ROMA Non c’è solo il diktat di Bruxelles inviato al commissario Giuseppe Leogrande affinché organizzi un’asta europea sugli asset; adesso anche il Tesoro, nonostante debba gestire l’ordinaria amministrazione in attesa del nuovo governo, sollecita Ita a rivedere la struttura della nuova compagnia. Nel pomeriggio di venerdì 6 in Via XX Settembre si sarebbe svolta una riunione fra alcuni uomini del Tesoro, i suoi advisor (Deloitte, Oliver Wyman, Grimaldi studio legale) e i consulenti di Ita (Bcg, Rothschild) per un confronto sulla bozza di piano della nuova compagnia già sotto la lente della Ue.

Tre i punti di attenzione per i quali si è convenuto una riscrittura di alcune parti: una maggiore discontinuità fra Alitalia e Ita che è la zona d’ombra sulla quale gli uffici di Margrethe Vestager hanno avuto da ridire nelle 90 osservazioni critiche avanzate nelle scorse settimane. Poi il piano industriale che definisce il perimetro, piano considerato ambizioso soprattutto alla luce dei ritardi del commissario e della crisi del mercato, per quanto concerne il lungo raggio, e di conseguenza gli obiettivi economico-finanziari.


Le tensioni


Intanto i sindacati sono nuovamente sul piede di guerra. «Siamo molto preoccupati – hanno dichiarato all’unisono Fit-Cisl, Uil e Cgil – perché il commissario straordinario ci ha detto che non ci sono soldi per pagare gli stipendi di febbraio». Alitalia, si sa, brucia cassa per circa 40-50 milioni al mese e Ita, ovviamente, non può ancora partire visto che il bando per la cessione degli asset di Alitalia ancora non c’è; sicché ci vorranno almeno 5 mesi, salvo colpi di scena, per completare la vendita. 


Di qui il rischio concreto che a fine mese gli 11 mila dipendenti Alitalia restino senza stipendio. Leogrande, che ha colpevolmente ritardato la presentazione del bando, lo ha detto a chiare lettere al Mise, chiedendo altri 200 milioni di euro di aiuti pubblici. Difficile dire se i soldi arriveranno in tempo visto l’attuale vuoto politico. Probabilmente, spiegano dal Mise, la nuova iniezione di liquidità potrebbe essere autorizzata con un decreto ad hoc da inserire in extremis. 

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Vaccino, Vaia (Spallanzani): «Avere Sputnik ci aiuterebbe. Le varianti? Non mi preoccupo»

martedì, Febbraio 9th, 2021

di Marco Esposito

Il film Contagious del 2015 sembra aver previsto molti eventi che si sono verificati nella realtà della pandemia, compresi dettagli come l’eccessivo ottimismo degli «andrà tutto bene». Il vero caos, nella finzione cinematografica, inizia con la somministrazione dei vaccini. Con tutte le informazioni contraddittorie in circolazione non rischiamo di precipitare anche noi in una situazione simile?
«Non l’ho visto ma me ne hanno parlato – risponde Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani – e condivido il suo timore. Sono rattristato perché in questo momento avverto quasi un terrore da parte delle persone. Il paese è sotto stress: chiusure, aperture, chiusure, vaccini che arrivano e non arrivano e adesso le varianti. Vorrei essere chiaro: è giusto che l’opinione pubblica se ne occupi. Non è giusto che venga spaventata».

Monoclonali, distribuzione a commissario Arcuri. Fondo di 400 milioni anche per vaccini

Però che ci siano varianti pericolose è un fatto, non crede?
«Vogliamo parlare di varianti? Bene, parliamone. In estate abbiamo avuto la variante spagnola e nessuno si è preoccupato più del dovuto, il dato non è stato enfatizzato. Del resto è del tutto normale, fisiologico, che il virus continui a variare. C’è una guerra in corso tra lui e noi. E la sua arma è cambiare, adattarsi all’ospite. A noi tocca studiare le sequenze genomiche, cosa che peraltro allo Spallanzani abbiamo fatto per primi. E finora sappiamo che le varianti non portano un aggravamento della malattia e che allo stato non ci sono elementi che facciano pensare a una minore validità del vaccino».

E allora perché il premier inglese Boris Johnson ha appena preordinato 50 milioni di dosi aggiornate in modo specifico per le varianti?
«Siamo di fronte a un annuncio da parte di un politico. Io sono un tecnico e posso dire che la strada maestra è una, non sono due. Dal punto di vista della scienza posso rassicurare che siamo in grado di adeguare i vaccini in breve tempo, qualora fosse necessario. La variante inglese sembra che contagi con più rapidità e che infetti anche i giovani, tuttavia non si è registrata un aggravamento della malattia. I giovani fortunatamente continuano a rispondere bene all’infezione».

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Palestre e piscine riaprono il 5 marzo? Ecco il protocollo del Cts (ma manca ancora l’ok della politica) Italia

martedì, Febbraio 9th, 2021

di Francesco Malfetano

Docce vietate, solo lezioni individuali in palestra e dieci metri quadri a disposizione per ogni persona in piscina. A tre settimane dalla possibile riapertura di palestre, piscine ed impianti sportivi (il Dpcm del 16 gennaio li blocca fino al prossimo 5 marzo), gestori e proprietari stanno provando ad organizzarsi. La linea da seguire è stata dettata dal ministero dello Sport che già a fine dicembre ha proposto le nuove regole per riprendere l’attività sportiva poi validate a metà gennaio dal Comitato tecnico scientifico. La palla ora è infatti passata al governo  (venturo) che dovrà decidere se procedere o meno con le riaperture prendendo quella che, come sottolineano dal Cts, «è una decisione assolutamente politica».

Spostamenti tra Regioni, ristori e cartelle: corsa contro il tempo per i primi decreti firmati Draghi


Nonostante gli esperti e i tecnici del Comitato siano infatti molto preoccupati per «il riscontro potenziale di aggregazioni tra persone all’interno degli impianti sportivi, soprattutto in ambienti chiusi e confinati», ritengono «particolarmente importante il ritorno alla fruizione delle attività fisiche, soprattutto nei soggetti in età evolutiva e negli individui con patologie croniche e negli anziani, nei quali il benessere psico-fisico acquisisce una dimensione fondamentale sullo stato di salute». Da qui la proposta per una una riapertura differenziata non solo in base alle fasce di rischio in cui si colloca la regione di riferimento ma anche «alle diverse ed eterogenee discipline sportive di base, improntata al principio di massima cautela».

LE ZONE 
In zona rossa ad esempio, dato il rischio maggiore, sonon consentiti solo quegli sport che è possibile praticare da soli e all’aperto. Per cui sì alla corsetta (nei pressi della propria abitazione per non infrangere le indicazioni del Dpcm ora in vigore) ma no assoluto all’allenamento in palestra. In zona arancione invece, potranno essere consentite le attività in palestre, piscine e tensostrutture sia individuali, anche acquatiche, che quelle sportive dilettantistiche non di squadra o di contatto. Ancora niente calcetto o partita a basket con gli amici quindi. Sono però consentiti «gli allenamenti per le attività sportive di contatto e per gli sport di squadra esclusivamente se svolti in forma individuale, nel rispetto del distanziamento e del divieto di assembramento», si legge nel documento del Cts. Infine, in zona gialla, oltre alle attività consentite nelle altre due fasce di rischio, si potranno praticare gli allenamenti per gli sport da contatto e di squadra dilettantistico e di base.

LE PALESTRE 
Il tutto ovviamente rispettando alcune indicazioni. Durante l’attività fisica in palestra ad esempio resta obbligatorio il mantenimento della distanza interpersonale di almeno due metri e la pulizia delle aree di contatto di ciascun attrezzo con prodotti igienizzanti. «Ove possibile» aggiugne il Cts, meglio usare «tappetini propri». E ancora: negli spogliatoi non si possono lasciare «gli indumenti indossati per l’attività fisica, ma bisogna riporli in zaini o borse personali» e, una volta rientrati a casa «è consigliato lavarli separatamente dagli altri indumenti». Ma soprattutto, non deve essere consentito «l’uso delle docce». Ovviamente gli operatori dovranno indossare la mascherina, sanificare attrezzi e materiali dopo ogni uso, e occuparsi di rendere sempre disponibili gel disinfettanti in tutto il locale utilizzato per l’attività in questione.

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Trump, duello sull’impeachment

martedì, Febbraio 9th, 2021

Paolo Mastrolilli

DALL’INVIATO A NEW YORK. Complotto del presidente per sovvertire il risultato delle elezioni perdute il 3 novembre, o teatrino politico dei suoi avversari assetati di vendetta. Sono i due estremi intorno a cui si giocherà il destino di Donald Trump, nel processo per l’impeachment che apre oggi al Senato. La condanna è impossibile, perché servirebbero i voti di 17 repubblicani che al momento non esistono. Le ramificazioni politiche però sono parecchie, e non è detto che questa sia l’ultima parola sui guai giudiziari dell’ex presidente.

Trump è stato messo per la seconda volta in stato di impeachment dalla Camera, perché spargendo bugie su frodi elettorali inesistenti, e incitando i manifestanti del 6 gennaio a lottare, ha fomentato l’assalto al Congresso. Ieri i suoi avvocati, Bruce Castor e David Schoen, hanno presentato una memoria difensiva di 78 pagine, in cui sostengono due punti: primo, il processo è incostituzionale, perché il loro cliente non è più in carica; secondo, il 6 gennaio non ha incitato la folla ad attaccare il parlamento, ma ha solo esercitato il suo diritto alla libertà di parola: «Soddisfare la fame dei democratici per questo teatrino politico è un pericolo per la nostra repubblica e i diritti a noi più cari». La chiamata a lottare era figurativa, così come la richiesta al segretario di Stato della Georgia di trovargli i voti per vincere. I democratici hanno risposto che «la Camera non ha sottoposto Trump all’impeachement perché ha espresso un’opinione politica impopolare, ma perché ha incitato un’insurrezione violenta contro lo Stato».

I democratici hanno chiesto all’ex presidente di intervenire, ma lui si è rifiutato. La loro strategia non prevede molte testimonianze, perché l’accusa di baserà soprattutto sui video del discorso di Trump, i tweet, le confessioni degli aggressori all’Fbi in cui sostengono di essere stati spinti all’attacco da lui. Il punto non è se ha commesso un reato, perché ciò non è richiesto dall’impeachment, ma se il comportamento tenuto dal 3 novembre in poi ha cercato di rovesciare illegalmente il risultato delle elezioni, fino al punto di incitare l’insurrezione quando ogni altra via legale si era chiusa. Il dibattito comincerà oggi con quattro ore di discussione sulla costituzionalità del procedimento, che verrà poi votata a maggioranza semplice e quindi sarà confermata. Anche diversi giuristi repubblicani, come Chuck Cooper sul Wall Street Journal, hanno ammesso che la legge consente l’impeachment di imputati non più in carica, perché la rimozione è solo la pena minima comminabile. Poi c’è il bando dalle cariche pubbliche, vero obiettivo dei democratici, che andrebbe votato a maggioranza semplice dopo la condanna.

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Addio a Franco Marini, il sindacalista leader

martedì, Febbraio 9th, 2021

Paolo Festuccia

Se ne è andato senza clamore, in silenzio. Nel gelo che solo una malattia infida come il Covid con le sue complicanze può riservarti. Aveva 87 anni Franco Marini e si era ammalato alla viglia di Natale. Sindacalista e politico, era tanto spigoloso e freddo di carattere quanto generoso e trasparente nei rapporti. Era nato in Abruzzo tra l’Aquila e la piana di Navelli, dove la stretta di mano è più autentica di un contratto scritto. Suo Padre operaio specializzato alla Snia Viscosa si era trasferito a Rieti dopo la morte della moglie, una madre che l’ex presidente del Senato perde molto presto, a soli dieci anni, “lasciandomi un vuoto – raccontava – così grande che mi sono sempre portato dietro”.

Quella dell’ex segretario del Partito Popolare è una vita vissuta tutta in prima persona: densa di battaglie, aneddoti, emozioni, prima come ufficiale di complemento degli alpini, “nella caserma Bressanone,  la stessa che aveva ospitato Walter Bonatti” sottolineava, poi come segretario generale della Cisl e infine come leader di partito, e presidente del Senato nel 2006. Incontri, comizi, le nottate per i collegi, gli scontri con gli alleati e gli avversari, le trattative infinite tra parti sociali e governo. Tutte tessere di un mosaico cominciato al liceo classico “Varrone” di Rieti, la città che lo aveva adottato e dove aveva conosciuto la moglie Luisa D’Orazi al su fianco per quasi mezzo secolo.

Marini era un politico puro, tutta passione, con alleati fidati e avversari riconosciuti. Si racconta che non si alzasse dal tavolo senza una decisione risolutiva, a suo modo definitiva anche nelle rotture. Severo e spigoloso, non era uomo da cerimonie e anche per queste sue caratteristiche caratteriali, si era beccato il nomignolo di lupo marsicano. Ultimamente parlava poco di politica e molto più di vita. Parlava del nonno Franco, delle sfide alla corsa campestre, ma anche di quella sua insegnante ebrea che dopo la licenza media convinse suo padre a iscriverlo al liceo (e non all’istituto tecnico). “Cambiò il mio orizzonte di vita” raccontava, al punto che “appena nominato ministro del Lavoro nel governo Andreotti andai a ricercarla, ma purtroppo era scomparsa da poco”.

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Mario Draghi comincia dalla scuola “Allungare l’anno per recuperare la didattica persa”

martedì, Febbraio 9th, 2021

ALESSANDRO BARBERA

A chi gli chiede se il prossimo incontro sarà in Parlamento, risponde con un sibillino «vedremo». Mario Draghi è fatto così. Per lui, romanista di ferro, vale la nota battuta del più famoso allenatore della Juventus, Giovanni Trapattoni: non dire gatto se non l’hai nel sacco. Con la stessa prudenza che usava da governatore della Banca centrale europea durante le conferenze stampa a Francoforte, anche nel secondo giro di consultazioni non dice una parola fuori posto. È l’ora di abbozzare il programma, con la consapevolezza che una sola sfumatura può provocare conseguenze peggiori di uno scossone nel cambio fra euro e dollaro. Dice che occorrono tre grandi riforme: del fisco, della giustizia (civile) e della pubblica amministrazione, ma se ne guarda dal dettagliarle. Le cita perché quelle sono le tre cose che chiede l’Europa in cambio dell’enorme investimento sul Recovery Plan. La riforma fiscale «deve essere complessiva, disboscare la giungla delle agevolazioni e superare un sistema a macchia di leopardo». Dice che occorrono più investimenti, perché «nell’ultimo quarto di secolo sono sempre scesi e senza di loro, non c’è nessuna ripresa possibile», ma non indica i responsabili. Sottolinea l’urgenza di «intervenire rapidamente sul blocco dei licenziamenti», ma non spiega come. Si spinge oltre solo a proposito della scuola, abbastanza per creare scompiglio fra i presidi: per lui l’anno andrebbe lievemente allungato, così da permettere ai ragazzi delle superiori di recuperare la didattica persa nei mesi più duri della pandemia. Giannini: “La rivoluzione copernicana della politica: i sovranisti diventano europeisti e Grillo elogia Draghi”

La strategia di Mario Draghi è costruita per cerchi concentrici. Non parla di ministri, di poltrone, né tantomeno di formule di governo. Parla riservatamente al telefono con tutti, ma quando è attorno al ferro di cavallo della stanza messa a disposizione per lui alla Camera dei deputati manda anzitutto messaggi all’esterno. Propone un solido ancoraggio «all’atlantismo e all’europeismo», battuta che serve a spazzar via le ambiguità filocinesi e filorusse del primo governo Conte. Dice che quello del Recovery Plan è solo il primo passo verso «un bilancio e un fisco comune». Si sbilancia solo quando parla di imprese, proponendo di superare la logica dei contributi a fondo perduto a favore di investimenti sulla ricapitalizzazione delle aziende in difficoltà ma sane. Il primo dossier che avrà sul tavolo lasciato libero da Giuseppe Conte è un decreto di aiuti da 32 miliardi di euro.

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