Archive for Marzo, 2021

Pd, ripartono i veleni: scambio di accuse Madia-Serracchiani

domenica, Marzo 28th, 2021

alessandro di matteo

ROMA. Doveva essere più facile alla Camera il passaggio di consegne per il capogruppo Pd e invece è proprio a Montecitorio che va in scena la prima vera e propria rissa dell’era di Enrico Letta. Sarà una donna a succedere a Graziano Delrio, come aveva chiesto il segretario, ma se al Senato anche la resistenza iniziale di Andrea Marcucci è stata superata dal voto unanime per Simona Malpezzi, nell’altro ramo del Parlamento si andrà ad una conta e senza nemmeno fair-play. Marianna Madia, una delle due candidate, attacca il capogruppo uscente con una lettera ai deputati, parla di «cooptazione mascherata», accusando Delrio di avere sostanzialmente appoggiato Debora Serracchiani. Un affondo che provoca la replica del presidente uscente che si dice «ferito dalle accuse», e anche dell’altra candidata: «Non posso credere che Marianna intenda riferirsi a me come una persona cooptabile», ribatte la Serracchiani.

Di fatto, nelle ultime ore è apparso chiaro che la ex presidente del Friuli sta raccogliendo la maggioranza dei consensi nel gruppo della Camera. Con lei sono schierati buona parte dei deputati di Dario Franceschini, gode senz’altro della stima di Delrio – anche se il capogruppo uscente tiene a ribadire di non aver fatto trattative – verrà votata pure dalla maggioranza dell’area di Andrea Orlando. Soprattutto, venerdì sera è arrivato un sostanziale via libera anche da Base riformista, l’area di Lorenzo Guerini e Luca Lotti che rappresenta almeno un terzo dei deputati Pd. Un appoggio che era già nell’aria, ma con la novità significativa del sì anche di Lotti, che pure nei giorni precedenti aveva espresso una preferenza per la Madia. Alla fine di una riunione di corrente, meno di un terzo di Base riformista si è detta a favore dell’ex ministra. Di fatto, con Madia potrebbero schierarsi i Giovani turchi di Matteo Orfini – che però si riuniranno tra oggi e domani per decidere – e alcuni altri parlamentari dell’area che sosteneva Nicola Zingaretti. Non a caso anche ieri diversi dirigenti Pd hanno provato a convincerla a fare un passo indietro, permettendo una soluzione unitaria come al Senato.

Tentativo andato a vuoto, come dimostra appunto la lettera di fuoco di Madia ai parlamentari: «Quello che poteva essere un confronto sano tra persone che si stimano si è subito trasformato in altro. Immediatamente si è ripiombati nel tradizionale gioco di accordi trasversali più o meno espliciti con il capogruppo uscente». Nel mirino c’è appunto Delrio: «Da arbitro di una competizione da lui proposta, si è fatto attivo promotore di una delle due candidate». E su Serracchiani: «Debora è una persona autorevole.

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La solidarietà che serve all’Europa

domenica, Marzo 28th, 2021

MASSIMO GIANNINI

La solidarietà che serve all’Europa

«La pandemia del coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche… E’ necessario un cambiamento di mentalità, al pari di quello operato in tempo di guerra… Ci serva da monito la memoria delle sofferenze degli europei durante gli Anni Venti… Dobbiamo sostenerci l’un l’altro, come europei, per affrontare questa che è, evidentemente, una causa comune». Era giusto un anno fa, e Mario Draghi pubblicava sul Financial Times un suo “Manifesto” della nuova Europa al tempo del Covid. Un testo in cui invocava la nuova “anima solidale” nell’Unione, il nuovo ruolo degli Stati nella protezione dei cittadini, la nuova gestione espansiva dei debiti pubblici, la cancellazione dei debiti privati da parte delle banche. Neanche lui, allora, poteva immaginare che quella bozza di programma gli sarebbe tornata utile oggi, da capo del governo italiano e punto di riferimento di un’Europa purtroppo ancora priva di quella “anima solidale” che servirebbe a fronteggiare una crisi sanitaria, sociale ed economica senza precedenti.

Sembrava esagerato il richiamo draghiano alle “piaghe” dell’Uomo narrate dalla Bibbia. Purtroppo non è così. Da quel marzo 2020, nel mondo il virus ha mietuto 2 milioni e 800 mila vittime e 125 milioni di contagiati. Nella media dell’ultima settimana, l’Italia è prima per numero di morti al giorno (411) e terza per numeri di nuovi casi (22.978). La più grande campagna vaccinale della Storia inciampa sulle nequizie dell’Unione e sulle furbizie di Big Pharma. Il giallo denunciato da Marco Bresolin sul nostro giornale, quei 29 milioni di dosi Astrazeneca misteriosamente “parcheggiate” alla Catalent di Anagni e probabilmente destinate con sovrapprezzo ad altri Paesi ricchi extra Ue, aspetta ancora una spiegazione convincente.

E si somma al colpevole ritardo nelle consegne degli altri vaccini, a partire da Pfizer. È vero che a suo tempo, per “nolontà” inglese, la Ue non ottenne poteri su una politica sanitaria comune. È altrettanto vero che in teoria, nella trattativa con i colossi farmaceutici, Bruxelles ha un potere negoziale maggiore di quello che avrebbero i singoli Stati. Ma è ancora più vero che in pratica, nella stesura dei contratti di fornitura, ha negoziato male sulle clausole e si è tutelata peggio sulle inadempienze. La tenue e tardiva autocritica di Ursula von der Leyen serve a poco. Pesa molto di più il mea culpa di Emmanuel Macron, nell’intervista che abbiamo pubblicato venerdì scorso. «Avremmo dovuto procedere più velocemente e in maniera più incisiva. Sui vaccini siamo stati troppo lenti, meno rapidi degli Stati Uniti». Ha ragione da vendere, il presidente francese, che parla di un’Europa che si muove come un diesel e manca di coraggio e di visione. Sui vaccini non ha capito né creduto che sarebbero arrivati sul mercato tanto presto. «Abbiamo avuto torto nel mancare di ambizione, di follia: nel dire sì, è possibile…». Può darsi che in queste parole di Macron risuoni l’eco di quello che i francesi chiamano lo spirito “jupiterien”. Ma serve anche quello, quando combatti un nemico invisibile che ti sconvolge la vita. Così, in questo angolo di Occidente irrisolto, la speranza fatica a soverchiare la paura. Si raffreddano gli entusiasmi atlantisti della prima ora: Joe Biden conferma l’idea di un “asse tra le democrazie” ma anche un suo “America First” vaccinale, con l’obiettivo di immunizzare 200 milioni di cittadini in 100 giorni e di offrirci tutt’al più qualche dose se avanza. Si riaffacciano gli euroscetticismi che speravamo sopiti: l’Austria di Kurz, con i Paesi baltici e le Repubbliche balcaniche, guida la Vandea vaccinale contro i piani di ripartizione stabiliti dalla Commissione. Si risvegliano persino i giudici della Corte di Karlsruhe, che oggi bloccano il Recovery Plan con gli stessi argomenti con i quali ieri contestarono il “Quantitative Easing”: la condivisione dei debiti pubblici non è prevista dai Trattati.

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Il messaggio di Draghi a (tutti) i partiti: «Se mi convince un’idea intendo seguirla»

domenica, Marzo 28th, 2021

di Francesco Verderami

Il messaggio di Draghi a (tutti) i partiti: «Se mi convince un'idea intendo seguirla»

La coabitazione non è un problema per Draghi, nel senso che il premier comprende le esigenze dei partiti, i giochi dei leader, il fatto che tengano famiglia. A patto che le loro iniziative non danneggino l’azione di governo. «E se si può fare qualcosa per venire loro incontro, bene», aveva spiegato a un ministro l’altra settimana, dopo il tira e molla sul condono delle cartelle esattoriali chiesto da Salvini: «Poi però, quando mi formo un’idea ed è un’idea netta, allora l’importante è non cedere. La buona politica dev’essere fatta seguendo le convinzioni». E Draghi si è convinto che insistere con le chiusure serva a riaprire prima il Paese «salvaguardando la salute dei cittadini e la ripresa dell’economia». Chissà se in questi giorni gli sarà tornato in mente quel «consiglio non richiesto» che la Meloni gli offrì prima di congedarsi alle consultazioni: «Presidente, definisca a monte il limite che i partiti della sua maggioranza non dovranno superare. Altrimenti inizieranno a tirarla da una parte all’altra». Draghi sorrise e ringraziò. Prevedeva in fondo quel che un autorevole esponente del suo governo oggi descrive così: «Da una parte c’è Salvini che pensa di poter avere lo stesso approccio di quando stava nel Conte I e dettava i tempi del governo. Dall’altra c’è il Pd che anche nella nuova gestione mostra ancora i segni della sindrome della vedovanza. Si vede che non hanno capito…».

Le verifiche del governo

E per farsi capire Draghi, che nelle prime settimane aveva soprasseduto, ha cambiato atteggiamento. L’altro ieri ha risposto con fermezza al capo del Carroccio che insisteva sulla linea delle riaperture. Ma lo stesso metro l’aveva già utilizzato con Pd e M5S, per smontare la tesi con cui i due partiti tentano di equiparare il suo gabinetto a quello precedente. E di porlo in linea di continuità. Un’operazione politica ostile a Draghi che persiste, come testimoniano le parole pronunciate dall’ex ministro Boccia — fedelissimo di Conte — che ora fa parte della segreteria di Letta: «Le riaperture saranno decise in base ai dati dei contagi. Finalmente l’ha detto Draghi. Perché quando lo diceva Conte,Salvini non capiva. Mi auguro che dopo Draghi, che è in linea con Conte…». Palazzo Chigi attende di verificare quanto andrà avanti questa manovra mediatica ormai scoperta, al punto che nel suo discorso in Parlamento — alla vigilia del vertice europea — il premier aveva inviato un messaggio al leader del Pd e ai dirigenti grillini. Parlando della campagna vaccinale, Draghi aveva sottolineato come «il governo è all’opera per compensare i ritardi di questi mesi». Cioè i ritardi prodotti da Conte. E per farsi capire meglio aveva aggiunto che «l’accelerazione è visibile nei dati: nelle prime tre settimane di marzo la media giornaliera delle somministrazioni è stata più del doppio che nei due mesi precedenti».

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Salvini: «Dopo Pasqua si può riaprire». La Lega agita la maggioranza di Draghi

domenica, Marzo 28th, 2021

di Marco Cremonesi

MILANO — Matteo Salvini tiene il punto: secondo il segretario leghista, non si può escludere a marzo ogni riapertura per l’intero mese di aprile. Ma del possibile non voto leghista sui provvedimenti anti Covid, il segretario non parla più: la speranza è che non ce ne sia bisogno. Mentre il segretario dem, Enrico Letta, torna all’attacco: «La Lega è in difficoltà». Salvini pubblica un post a metà giornata: «Oggi è il 27 marzo. Se dopo Pasqua, fra dieci giorni, la situazione sanitaria in tante città italiane sarà tornata tranquilla e sotto controllo, secondo voi sarà giusto riaprire bar, ristoranti, scuole, palestre, teatri, centri sportivi e tutte le attività che possano essere riavviate in sicurezza? Secondo me, sì». Esortazione finale: «Correre con vaccini e terapie domiciliari, e appena possibile riaprire in sicurezza: il “sostegno” più utile e importante, è tornare al lavoro».

Il post è senza foto, un fatto relativamente raro e di solito riservato ai messaggi di prospettiva. Il fatto è che Salvini, nelle ultime ore, si è convinto del fatto che alcune riaperture — magari selettive, magari non dappertutto — siano assolutamente possibili. Non soltanto sulla base dei contagi e delle curve dell’epidemia che, sia pure in modo lieve, sarebbero in regressione. Il segretario leghista è soprattutto convinto che esistano anche spazi di agibilità politica. Quelli che durante la riunione della cabina di regia di venerdì scorso, quando era stata annunciata la chiusura per tutto aprile, non si erano manifestati.



Salvini sembra insomma sicuro del fatto che lo stesso Mario Draghi non sia entusiasta, nei prossimi giorni, di sancire una chiusura di oltre un mese. Sarà forse per il «canale di comunicazione sempre aperto» tra Palazzo Chigi e Lega di cui parlano i comunicatori. O magari semplicemente il fatto che il premier ha indicato i dati come la base per le decisioni. Fatto sta che diversi dei partecipanti alla cabina di regia hanno avuto la sensazione che il presidente del Consiglio intenda prendere fino all’ultimo il tempo utile prima di mettere nero su bianco il decreto di aprile.

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In arrivo 3 milioni di dosi di vaccino, Figliuolo: “Effettivo cambio di passo” | A Treviso al via “somministrazione senza appuntamento”

domenica, Marzo 28th, 2021

La prossima settimana arriveranno in Italia quasi 3 milioni di dosi di vaccino anti Covid: più di quante ne siano state consegnate in 45 giorni tra gennaio e febbraio. “Un effettivo cambio di passo”, ha sottolineato il commissario per l’emergenza Figliuolo. A Treviso da domenica nei centri vaccinali si sperimenta la modalità di ammissione senza appuntamento: si parte con i nati nel 1936. Si intensificano intanto i controlli per il rispetto delle norme anti-Covid: in 24 ore sanzionate 1.499 persone e denunciate 12.

L’andamento della campagna vaccinale Dopo i ritardi e le mancate consegne da parte delle case farmaceutiche, lo stop and go di Astrazeneca e i richiami del premier Mario Draghi alle Regioni affinché rispettino le indicazioni del governo sulle categorie prioritarie, la campagna di vaccinazione di massa, con l’arrivo dei tre milioni di dosi,  sembra aver iniziato a correre. Ad oggi è stata superata la soglia dei 9,2 milioni di dosi somministrate, vale a dire che il 18,6% dei 51 milioni circa di italiani che possono ricevere il vaccino hanno avuto almeno una dose e 2,9 milioni di persone, il 4,9% della popolazione vaccinabile, è immunizzata.

Numeri ancora bassi e lontani da quel 70% che rappresenta il raggiungimento dell’immunità di gregge ma che hanno comunque subito un’impennata negli ultimi giorni, con le somministrazioni che si stanno assestando sulle 250mila al giorno e che, nei piani del governo, dovrebbero raddoppiare entro la metà di aprile.

Speranza: “La campagna di vaccinazione è la priorità del Paese” “La campagna di vaccinazione è la priorità del Paese” ripete il ministro della Salute Roberto Speranza quando il bollettino quotidiano segna ancora quasi 24mila casi e 380 vittime in un giorno, 3.635 ricoverati in terapia intensiva e un tasso di positività fermo al 6,6%. “Stiamo recuperando i ritardi – aggiunge il ministro degli Affari Regionali Mariastella Gelmini – nelle prossime settimane si farà di più e meglio”.

L’esperimento di Treviso A Treviso domenica per le vaccinazioni si sperimenta la nuova modalità di ammissione senza prenotazione per i cittadini nati nel 1936. Sono 4.795 i trevigiani di questa classe d’età. L’orario di accesso alle quattro sedi vaccinali sarà scadenzato in base al mese di nascita dei cittadini classe ’36: i nati in gennaio dalle ore 8 alle 9, febbraio dalle 9 alle 10 e così via.

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L’Europa si rifonda o affonda

sabato, Marzo 27th, 2021

L’abbiamo scritto un miliardo di volte: la pandemia ha un pregio, non conosce sfumature, ingigantisce il buono e il cattivo delle nostre vite, mostra con spietata chiarezza quello che va e quello che non va e mai come in questi giorni ha reso così evidente l’incompiutezza, e dunque l’inadeguatezza, dell’Unione europea.

Povera casa chiassosa, dove è una sciocchezza dire del dominio della burocrazia, piuttosto è il dominio sterile dell’assemblearismo di ventisette stati membri per cui, finché non si raggiunge l’unanimità, nulla si decide. Il risultato è il compromesso non al ribasso, come sarebbe ovvio, ma allo sprofondo, e la prova è nell’imbarazzante, fallimentare politica di acquisto dei vaccini. Ogni casa farmaceutica si sente autorizzata a mettere l’Europa in coda, a non rispettare i patti, a mandare i vaccini dove evidentemente li pagano di più, nella certezza di non incappare in conseguenze perché tanto l’Europa ha la rapidità di reazione del bradipo e l’indole ritorsiva del piccione. Lo si è visto nei giorni scorsi, coi ventisette incapaci persino di stabilire se ad AstraZeneca si debba dire bau o babau, e infatti non diranno niente.

Intorno a noi il resto del mondo acquista, vaccina, negli Stati Uniti cento milioni di dosi inoculate in quarantaquattro giorni di presidenza di Joe Biden (avrà qualche merito Donald Trump? Non sarebbe dignitoso riconoscergliene?), Israele passato all’immunizzazione dei ragazzi, la Gran Bretagna ormai a due passi delle riaperture, la Cina allegra e pimpante in giro a colonizzare il pianeta, e noi qui a darci addosso per scaricare la colpa l’uno sull’altro, con la povera Angela Merkel obbligata a strillare il risaputo in faccia al rissoso cancelliere austriaco Sebastian Kurz, e ricordargli il solito tragico numeretto: ventisette. La strategia è stata decisa dai ventisette, e non da un burocrate bruxellese con ragnatele incorporate. Un’impotenza frustrante che ci condannerà al disastroso ritardo sul momento della ripresa, quando gli altri saranno già al galoppo.

Prima Merkel e poi Mario Draghi hanno detto che la faccenda si risolve tutti assieme o ognuno sarà costretto a fare per conto proprio (ed è già la soluzione dei sovranisti dell’Est, anzitutto di quel ceffo di Victor Orbán, uno mosso dalla determinazione di succhiare il succhiabile dall’Europa intanto che la dichiara nemica del popolo – bell’affare – e comincia a raccogliere parecchi discepoli, pure da queste parti). E cioè, farà chi è in grado di fare, ed è in grado di fare chi è in grado di decidere. L’Europa purtroppo non ha nessuno che decida.

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Terremoto a nord di Bari, epicentro nel Mar Adriatico: scosse avvertite fino a Napoli

sabato, Marzo 27th, 2021
Terremoto a nord di Bari, epicentro nel Mar Adriatico: scosse avvertite fino a Napoli

Forte scossa di terremoto poco prima delle 15 nel Mar Adriatico centrale, a circa 90 chilometri dalla costa foggiana.

Secondo i dati forniti dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, la magnitudo è di 5,6 e la profondità è di 5 chilometri.

I primi dati, forniti dal Centro sismologico euro mediterraneo, parlavano di una magnitudo leggermente più alta, di 5,9, con una profondità di 60 chilometri.

L’epicentro del sisma è stato localizzato nel Mare Adriatico a circa 80-90 chilometri dalle coste garganiche della Puglia e dalle Isole Tremiti.
Una seconda scossa, 13 minuti dopo la prima, ha avuto una magnitudo provvisoria di 4,1, secondo l’Ingv, e una profondità di 10 chilometri. Una terza scossa, di intensità 3,4, è stata registrata alle 15:12, a una profondità di 7 chilometri, a cui sono seguite altre scosse di intensità compresa fra 3,7 e 2,4: in totale in circa un’ora sono state registrate dieci scosse sempre nella stessa zona.

Il terremoto è stato avvertito distintamente in diverse regioni — Marche, Puglia, Abruzzo, Campania e Lazio. Molta la paura e le segnalazioni sui social provenienti, tra le altre città, da Bari , San Giovanni Rotondo, Pescara, Roma, Napoli e Avellino.

«La scossa risulta avvertita dalla popolazione — sottolinea in un tweet il Dipartimento della Protezione Civile, riferendosi alla scossa principale —. La sala situazione Italia è in contatto con le strutture di protezione civile sul territorio».

Il presidente dell’Ingv Doglioni ha poi spiegato che al momento non ci sono evidenze di un innalzamento del livello del mare e quindi non c’è allerta tsunami. «Ci aspettiamo diverse repliche, anche se non possiamo dire quanto dureranno», ha spiegato a RaiNews 24. «Ci saranno diverse scosse successive che solitamente avvengono dopo l’evento principale

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Voli a 20 euro in piena estate: così in Italia è scoppiata la guerra delle «low cost»

sabato, Marzo 27th, 2021

di Leonard Berberi

Voli a 20 euro in piena estate: così in Italia è scoppiata la guerra delle «low cost»

Un Airbus A320 appena atterrato all’aeroporto di Olbia

Per capire dove sta andando il trasporto aereo italiano bisognerebbe guardare a quel che succede all’aeroporto di Olbia. La struttura in Costa Smeralda — considerata dagli esperti un approdo di passeggeri stranieri «alto spendenti» — ha puntato sui vettori stranieri e su due a basso prezzo, easyJet e Volotea, perché più in sintonia con le strategie del territorio. Per anni ha tenuto alla larga le ultra-low cost come Ryanair e Wizz Air che — come confidano al Corriere della Sera alcuni dirigenti delle due società — cercavano da tempo di portare turisti nel nord-est della Sardegna. Dal 29 aprile quella barriera, l’ultima rimasta in Italia, sarà abbattuta: Wizz Air, l’aviolinea ungherese che ha passato il 2020 ad aprire basi (anche in Italia) e ad avviare nuove rotte, inaugurerà il volo Milano Malpensa-Olbia. A maggio i biglietti andata e ritorno (extra esclusi) toccano i 25 euro, a luglio i 50.

La concorrenza

Ci sarà così tanta concorrenza su Olbia che soltanto dagli scali lombardi (Malpensa, Linate, Bergamo) in un giorno, il 24 luglio, si contano in andata 19 voli (e oltre tremila sedili) in vendita da Alitalia, Volotea, easyJet, Wizz Air e Neos. È solo la punta dell’iceberg. Tutta Italia, nell’estate 2021, sarà il principale terreno di scontro tra le low cost sul fronte domestico ed europeo (i segmenti che secondo gli analisti dovrebbero riprendersi prima). Più della Spagna e della Grecia. Del resto basterebbe vedere la sequenza di annunci delle compagnie aeree negli ultimi giorni. Con tariffe — sempre in andata e ritorno, e sempre esclusi gli extra — scese fino a 16 euro a luglio. In tutto questo l’incertezza attorno alle sorti di Alitalia rischia di lasciare le briciole alla newco Italia Trasporto Aereo.

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Prenotazione vaccino Covid, in Lombardia la piattaforma di Poste Italiane: ecco come funziona

sabato, Marzo 27th, 2021

di Lorenzo Salvia

La piattaforma di Poste italiane per la prenotazione dei vaccini è già utilizzata in cinque regioni e finora non ha creato intoppi.

Le cinque regioni già coinvolte sono Calabria, Sicilia, Marche, Abruzzo, Basilicata.

Si sta per aggiungere la Lombardia (qui le fasi del passaggio); potrebbero seguirne altre.

Come prenotare

Ad oggi in Lombardia possono vaccinarsi gli over 80 (compresi i nati nel 1941), chi ha un’età tra i 60 e i 79 anni e risiede in comuni «ad alto rischio» (per la provincia di Brescia: Capriolo, Iseo, Palazzolo sull’Oglio, Paratico, Pontoglio, Roccafranca, Rudiano, Urago d’Oglio; per la provincia di Cremona: Soncino), il personale delle scuole statali (docenti e non, supplenti, dirigenti scolastici), degli Istituti di Formazione Professionale (IFP), e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) della Lombardia, delle scuole paritarie, dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole per l’infanzia e del Sistema AFAM. Per farlo occorre andare su questa piattaforma o chiamare il numero verde 800 894 545.

Con la piattaforma di Poste Italiane la vaccinazione può essere prenotata online, oppure tramite un call center che, nelle cinque regioni in cui il servizio è già attivo, risponde al numero verde 800.009.966, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18.

La prenotazione è possibile anche attraverso gli sportelli Atm Postamat (i bancomat delle Poste) inserendo la propria tessera sanitaria e seguendo le istruzioni sul monitor.

O, infine, tramite i palmari che hanno i postini, di recente aggiornati dall’azienda proprio per aiutare le persone che hanno bisogno di essere guidate.

L’anagrafe vaccinale

La piattaforma registra anche la somministrazione e inserisce automaticamente nell’anagrafe vaccinale nazionale il nominativo, in vista di un possibile patentino.

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Di Maio e la Farnesina, metamorfosi del “brutto anatroccolo”

sabato, Marzo 27th, 2021
Di
Di Maio

È la mattina del 2 febbraio 2018, il clima è insolitamente mite a Roma. Luigi Di Maio, cravatta granata e completo blu notte, varca le porte di un antico palazzo nella periferia ovest di Roma, fino al 1655 residenza estiva dei papi, oggi sede della Link campus University. È il giorno in cui un anonimo ateneo privato di Roma inizia a farsi strada nelle cronache politiche come la casa dei cervelli a 5 stelle (una sua professoressa, Elisabetta Trenta, di lì a poco diventerà ministra della Difesa), ma è soprattutto il giorno nel quale l’allora capo politico 5 stelle prese l’agenda-meetup della politica estera, la appallottolò come un vecchio foglio di giornale, e la buttò nel cestino.

In un mondo che consuma voracemente trasformazioni e svolte e in un paese generalmente con la memoria corta oggi sembra tutto normale. Eppure all’epoca fece sobbalzare sulle sedie il mondo visto dal giovane vicepresidente della Camera. Niente più referendum sull’euro, niente più scelte in mano ai cittadini: “L’Ue non è un tema di politica estera, ma la casa naturale del nostro paese. E anche del Movimento 5 stelle”, con tanto di Nato e collocazione atlantica come bussole nella visione del mondo grillina.

E scusate se è poco, con Beppe Grillo fino a cinque minuti prima a fare campagna elettorale soffiando sull’euroscetticismo, con Manlio Di Stefano a chiedere che “la partecipazione italiana nell’Alleanza atlantica” fosse “ridiscussa nei termini e sottoposta al giudizio degli italiani”, con un gruppetto di venezuelani anti Chavez che solo un mese prima avevano contestato vivacemente la scuola di formazione politica M5s andata in scena a Pescara. Un percorso che a tre anni di distanza ha portato Di Maio a tentare di costruirsi un’immagine diversa soprattutto utilizzando il suo ruolo di ministro degli Esteri, benvoluto da una struttura che inizialmente lo aveva respinto, a studiare dossier dopo anni passati a combattere nella sanguinolenta arena della dichiarazione quotidiana, ritenuto “affidabile” dalle feluche e dagli interlocutori internazionali, perfino dal Quirinale, che nel suggerire a Mario Draghi continuità nei dicasteri fondamentali (Interno, Difesa e, appunto, Esteri) ha automaticamente investito l’ex capo politico 5 stelle di un giudizio benevolo impensabile un anno prima, quando gli echi della richiesta di impeachment che precedette l’accordo di governo con la Lega rimbombavano ancora nelle stanze del governo.

“Quando è arrivato, Di Maio era circondato da un certo scetticismo”, spiega chi ha una consolidata consuetudine con i corridoi di marmo della Farnesina, chi è abituato al rimbombo delle voci che rimbalzano sugli altissimi soffitti. È passato un anno e mezzo da quel giorno alla Link campus quando il ragazzo di Pomigliano entra per la prima volta nel cubo di marmo sorto sull’area appartenuta a Papa Paolo III Farnese (i papi, un’altra volta) e progettata per essere la casa del Partito nazionale fascista.

La Farnesina è un ministero particolare, vi si accede con un concorso complicatissimo, la carriera interna ha passaggi obbligati, il personale è qualificatissimo, la gerarchia severa, l’impostazione è quella di un gruppo di civil servant che si muovono assai meno dei loro colleghi a seconda di come tira il vento della politica. Lo scetticismo con il quale venne accolto Di Maio c’entrava sì con un background digiuno di esteri, con un’impreparazione generale del capo di quelli che venivano considerati parvenu di Palazzo, ma era figlio anche di scelte considerate superficiali o sgangherate dei mesi prima. “Una mossa di propaganda e poco più”, dice oggi una feluca dell’accordo chiuso con Pechino sulla Nuova Via della Seta, che fu duramente contestato dalle opposizioni, guardato con sospetto dall’Europa e con preoccupazione dagli Stati Uniti. Ancor peggio fu l’intemerata francese con i gilet gialli, immaginati in un attimo di poco lucida follia come interlocutori se non alleati delle elezioni europee.

Iniziative condotte con il piglio del leader politico che insegue il consenso, che molto relativamente avevano a che fare con i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico guidati fino allora da Di Maio. Come il giovane leader è diventato allora un ministro rispettato da una macchina esigente e poco incline a farsi condizionare dalla politica sui dossier?

Il primo, fondamentale, mattone viene posto esercitando proprio quel peso da capo politico che era stato il movente delle intemerate con i gialloverdi. Di Maio riporta da subito il portafoglio del Commercio internazionale alla Farnesina, sanando una ferita profonda che aveva aperto Silvio Berlusconi trasferendolo nel 2008 proprio al Mise, una battaglia che il ministero conduceva infruttuosamente da anni.

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