Archive for Marzo, 2021

Papa Francesco in volo verso l’Iraq. “Pellegrino di pace”

venerdì, Marzo 5th, 2021

Roma, 5 marzo 2021 – E’ un viaggio storico al quale Papa Francesco teneva tantissimo, quello che lo sta portando nel martoriato Iraq. Per la prima volta infatti un Pontefice tocca il suolo iracheno. E’ il primo viaggio apostolico in un Paese a maggioranza sciita, dilaniato negli ultimi decenni da laceranti conflitti.

Francesco è in volo alla volta di Baghdad. L’aereo con il Papa a bordo – si tratta di un Airbus A330 – è decollato questa mattina (venerdì 5 marzo) alle 7.45 dall’aeroporto Leonardo Da Vinci di Roma (l’atterraggio è prevsito a Baghdad alle 14 locali (le 12 in Italia). Bergoglio resterà in Iraq quattro giorni: saranno sette i discorsi pronunciati. Il suo rientro in Italia è previsto per lunedì 8 marzo, in tarda mattinata, all’aeroporto militare di Roma Ciampino.

Prima di lasciare Casa Santa Marta, Papa Francesco si è intrattenuto brevemente con 12 rifugiati iracheni accolti dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Cooperativa Auxilium, accompagnati dall’Elemosiniere, card. Konrad Krajewski.

Bergoglio ha desiderato moltissimo questo viaggio, nonostante gli ovvi problemi legati alla sicurezza e malgrado l‘emergenza di Coronavirus che ha colpito anche il nunzio in Iraq che avrebbe dovuto accompagnare il Papa nel viaggio. Bergoglio, in Iraq, si sposterà con tutta probabilità in auto blindata, non ci saranno naturalmente le grandi folle a causa dell’emergenza Covid.

Nel lasciare il suolo italiano, come da prassi, Papa Francesco ha indirizzato un messaggio al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Nel momento in cui lascio Roma per recarmi in Iraq pellegrino di pace e di fraternità tra i popoli, mi è gradito rivolgere a Lei, signor Presidente, il mio deferente saluto, che accompagno con fervidi auspici di serenità e prosperità per il caro popolo italiano”. 

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Viggiù, modello Israele: tutti vaccinati. La promessa di nozze dell’infermiera

venerdì, Marzo 5th, 2021

di LORENZO CRESPI

Sì, l’abbiamo fatto tutti e cinque in famiglia. E stiamo tutti bene“, un sorriso e un sospiro di sollievo. Emanuele Cadei, col suo giubbotto di pelle, non somiglia agli anziani in fila nei centri di tutta italia. Giovane, ma più grande di tanti ventenni e trentenni che come lui qui si sono protetti contro il virus. “L’organizzazione è stata encomiabile”, strizza gli occhi in un sorriso che si intuisce da dietro la mascherina. La sua è stata una delle ultime dosi a Viggù, poco più di cinquemila abitanti nell’ultimo lembo di Varesotto prima del confine svizzero, il primo paese dove tutti, dai 18 anni in su, si sono vaccinati contro il Covid. Toccherà aspettare il richiamo per cantare vittoria, ma qui sono tutti orgogliosi. E sollevati.

Mezza Italia rischia la zona rossa

AstraZeneca, l’Italia blocca l’export all’Australia

Quello che è successo nel “laboratorio nazionale” non ha eguali su tutto il territorio italiano: la prima campagna vaccinale di massa su tutta la popolazione, il modello Israele trasferito sulle verdi Prealpi lombarde per mettere una barriera al ricettacolo delle varianti, che si sono insinuate insieme alla paura e dietro le finestre delle casette ordinate di un paese sparso fra ville e frazioni.

Vaccino Sputnik, l’Ema ha iniziato la valutazione

Vaccini: unica dose: via libera per i guariti

L’ultima volta che il resto d’Italia aveva sentito parlare di questo lembo di penisola era quando, ai tempi di una Lega ancora bossiana, nel 2009 fu eletta la prima donna sindaco di colore d’Italia, Sandy Cane. Ere geologiche dopo, il primato di cui qui sono felici è però quello della protezione dal virus. Sei giorni di lavoro intensivo, partito dagli over 80, che si sono conclusi ieri, con circa 3.000 residenti che hanno ricevuto la dose, intorno al 70% del totale. Raggiunto l’obiettivo della soglia di immunità di gregge. Sospira di sollievo la poca gente per le strade del comune di confine, dove le restrizioni appena decise dalla Regione sono in realtà un allentamento della zona rossa, ormai quasi inutile. La brutta sorpresa era arrivata con le analisi dei laboratori medici: qui era stato riscontrato un cluster unico in Italia per proporzioni, con 13 soggetti affetti dalla versione scozzese del virus e cinque da una variante ancora ignota, che neppure allo Spallanzani avevano mai visto e che ora stanno cercando di analizzare.

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Zingaretti si dimette, ora rischia il patto Pd-M5S: Bonaccini pronto alla scalata

venerdì, Marzo 5th, 2021

di Mario Ajello

Come fece Veltroni quando si dimise da segretario del Pd. Così fa anche Zingaretti: «Basta, mi avete stancato, me ne vado». E ai suoi assicura: «Non c’è possibilità che ci ripensi. E’ finita qui. Ho rianimato un partito che stava sparendo, ho vinto Europee e Regionali, ho fatto due governi e in cambio ricevo solo attacchi e insulti». Dice, il capo anzi ex capo del Nazareno, che «questa è una decisione irrevocabile» e nessun appello – già si stanno raccogliendo le firme per il «Nicola resta!» e già Franceschini ha twittato «tutti insieme per Zingaretti» ma molti nel Pd sospettano che si tratti di un «bacio di Giuda» – lo farà recedere dalla scelta. Ma chissà. La decisione è stata presa senza avvertire nessuno e piombata sul partito come un tornado o come una liberazione. Perché la ferocia della guerra interna stava assumendo, già da un po’, modalità mors tue vita mea e Zingaretti si sentiva dentro un bunker bombardato da tutte le parti. Anche quelle presunte amiche. 

Magari l’assemblea nazionale del 13 e 14 marzo riuscirà a stoppare l’addio. Ma lui tiene il punto: «Farò soltanto il presidente del Lazio. E non ci penso proprio a candidarmi sindaco di Roma». Punto. Quando si dimise Renzi, dopo il tracollo nel referendum costituzionale, andò così. L’assemblea nazionale come reggente scelse, da regolamento, il presidente del Pd, che era Orfini. Poi vennero indette le primarie per la segreteria. Stavolta, il problema è che la presidente del Pd, Valentina Cuppi, è da tutti considerata inadeguata, messa lì soltanto perché donna, come dicono soprattutto le sue compagne donne, una di quelle riserve emiliane (non è il caso di Bonaccini, come vedremo) su cui si può contare ma che non contano. Quindi? 

IL CAMBIO

Improbabile che toccherà alla Cuppi diventare reggente. Il tam tam di queste ore dice che toccherà al vicesegretario Orlando caricarsi la baracca e che a lui non dispiaccia affatto (non ne poteva più di fare il parafulmine per Zingaretti). E guarda caso, così ragionano i parenti serpenti, quando Orlando è diventato ministro del Lavoro con Draghi non ha voluto lasciare il ruolo di vicesegretario nonostante il pressing che lo invitava a farlo in favore dell’ascesa di una donna. Ma per passare da vicesegretario a reggente, Orlando deve essere votato dall’assemblea. 

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Statali, tasse piene sulla liquidazione: stop agli sgravi fiscali

venerdì, Marzo 5th, 2021

di Andrea Bassi

Sulla “buonuscita” dei dipendenti pubblici si apre un nuovo caso. Dopo la fuga delle banche dall’anticipo fino a 45 mila euro del Tfs – il trattamento di fine servizio – stavolta la “brutta sorpresa” è arrivata dall’Inps e riguarda gli sgravi fiscali introdotti nel 2019 proprio sulla liquidazione dei pubblici dipendenti. Per capire cosa sia successo bisogna però fare un passo indietro. Il trattamento di fine servizio agli statali, viene liquidato da 2 a 5 anni dopo che il lavoratore è andato in pensione.

Questo ritardo nell’erogazione della liquidazione, a differenza di quanto avviene nel privato, è una norma che fu introdotta durante la crisi dello spread per “salvare” i conti pubblici. Passata però la crisi, la norma è rimasta. Il primo governo Conte, quello retto dall’alleanza tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega Nord, aveva provato a mettere una toppa a questa situazione introducendo la possibilità per i lavoratori pubblici di poter chiedere un anticipo fino a 45 mila euro del proprio Tfs alle banche, pagando un tasso di interesse calmierato. La storia di questo anticipo bancario è stata molto travagliata. Ci sono voluti quasi due anni a rendere operativa questa norma, e solo da un paio di mesi la procedura per ottenere i 45 mila euro è stata definitivamente sbloccata. Solo che, l’accordo tra governo e l’associazione bancaria per finanziare gli anticipi del Tfs, è stato sottoscritto da sole quattro banche. Tutte di piccole dimensioni. 

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Lockdown a Pasqua, zona rossa nei weekend e coprifuoco alle 20: il piano del governo se esplodono i contagi

venerdì, Marzo 5th, 2021

di Alberto Gentili

Pasqua e i weekend con le regole della zona rossa, come durante le festività di Natale. E coprifuoco anticipato alle 20, per quello che il capo dell’Istituto superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, ha definito «giallo intenso» nell’ultimo vertice con Mario Draghi celebrato martedì. Domani entra in vigore il nuovo Dpcm, scadenza il 6 aprile, ma il governo teme sia già vecchio, inadeguato a fronteggiare l’aggressività delle terza ondata dell’epidemia. Da qui l’ipotesi di nuove restrizioni a misura di varianti. L’impennata dei contagi era già stata messa in conto, analizzata e studiata.

Italia sempre più in zona rossa: sono sei le regioni a rischio. I contagi a quota 3 milioni

Ed erano state ritenute «probabilmente insufficienti» le restrizioni del nuovo Dpcm. Tant’è martedì, nel presentare il provvedimento, il ministro della Salute Roberto Speranza ha detto: «Il governo valuterà nelle settimane che verranno l’evoluzione della curva epidemiologica e come eventualmente adeguare le misure». Draghi però è intenzionato ad attendere qualche giorno, prima di decidere l’eventuale nuova stretta. Il premier e i ministri sanno che il Paese è allo stremo, che qualsiasi ulteriore giro di vite potrebbe innescare proteste o (se va bene) fenomeni di disubbidienza civile.

Flourish logo

A Flourish bar chart race

IL SISTEMA DELLE FASCE

Così, almeno per il momento, il governo si affida al sistema a fasce. E, soprattutto, confida sugli effetti di contenimento del virus prodotti dalla grandinata di ordinanze firmate da Speranza e dai governatori regionali che stanno tingendo di rosso e di “arancione intenso” Comuni, Province e intere Regioni dove le varianti del Covid-19 stanno moltiplicando contagi e spingendo in sofferenza terapie intensive e aree mediche. Martedì, nell’ultimo vertice governativo con Brusaferro, Franco Locatelli (Consiglio superiore della Sanità) e Agostino Miozzo (coordinatore del Cts) è stato detto che la soluzione migliore sarebbe un lockdown generale di 3-4 settimane (Sardegna esclusa), come proposto da Guido Bertolaso e da decine di virologi e medici che ieri hanno dovuto fronteggiare una nuova ondata di ricoveri (458 in più in 24 ore), di ingressi in terapia intensiva (232) e di nuovi positivi (22.860).

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AstraZeneca, la linea di Draghi: non si può scusare chi non rispetta i contratti

venerdì, Marzo 5th, 2021

di Marco Galluzzo

AstraZeneca, la linea di Draghi: non si può scusare chi non rispetta i contratti

ROMA Lo aveva in qualche promesso. Forse sarebbe meglio dire previsto. In ogni caso Mario Draghi era stato l’unico a sollevare il tema nel corso del Consiglio europeo del 25 febbraio: ai colleghi europei lo aveva detto chiaramente, non ci possiamo permettere di lasciare uscire dai nostri confini quantità di vaccini prodotti anche in stabilimenti europei, almeno se le aziende farmaceutiche non ottemperano gli impegni contrattuali presi con Bruxelles e a cascata con gli Stati membri.

«Le aziende che non rispettano gli impegni non possono essere scusate», aveva messo a verbale il presidente del Consiglio e non è chiaro se fosse già stato informato dalla Farnesina della richiesta di Astrazeneca di esportare in Australia 250 mila dosi di vaccini infialati ad Anagni. Ma è probabile, visto che la richiesta del colosso farmaceutico era arrivata al ministero degli Esteri 24 ore prima.

Mario Draghi ne fa un punto di principio e lo ha detto sia nelle sedi internazionali che europee: non si tratta di scarsa solidarietà verso Paesi terzi, o addirittura verso Paesi che hanno meno risorse della Ue, si tratta intanto di un obbligo contrattuale che non può essere disatteso e di una «questione di credibilità», un concetto che per il nostro capo del governo è cruciale: come potremo nel medio periodo coordinare la distribuzione di vaccini di produzione europea, anche verso Paesi del Terzo Mondo, se prima «non siamo credibili verso i nostri stessi cittadini».

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Nuovo Dpcm marzo, negozi chiusi e coprifuoco: si decide in quindici giorni. L’ipotesi di nuovi limiti

venerdì, Marzo 5th, 2021

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Il numero che più allarma è quello delle terapie intensive con 2.475 occupati e soprattutto 232 nuovi ingressi registrati giovedì. Perché si avvicina pericolosamente a quella soglia dei 3.000 che fa scattare l’allarme. E non è l’unica. Il dato sui nuovi contagiati, che negli ultimi giorni mostra la risalita veloce della curva epidemiologica, è l’altro indicatore tenuto d’occhio con ansia dagli esperti. Perché dimostra che la terza ondata è ormai cominciata e la richiesta del governo su presidenti di Regione e sindaci affinché mandino in rosso tutte le zone dove si creano focolai si è già trasformata in pressing. Se anche questo non dovesse bastare a fermare l’avanzata del Covid-19, dovrebbero scattare le chiusure nazionali. Al momento l’ipotesi di tornare al lockdown viene esclusa, altre ipotesi continuano a essere esplorate. E vanno tutte nella stessa direzione: limitare al massimo lo spostamento delle persone, evitare i contatti. «I prossimi quindici giorni saranno decisivi, dobbiamo monitorare l’effetto delle ordinanze sul cambiamento di fascia», ripetono i ministri della Salute Roberto Speranza e degli Affari regionali Mariastella Gelmini.

Il Dpcm

Il provvedimento in vigore da sabato 6 marzo non prevede chiusure ulteriori rispetto a quelle già in atto. Soprattutto in zona gialla. Conferma però il sistema e soprattutto «copre» il periodo delle vacanze pasquali ritenute di massimo rischio proprio come quelle natalizie, se non addirittura di più per l’arrivo di una stagione più mite.

I mini lockdown

Le ordinanze sulle aree in zona rossa dovranno essere ampliate ai comuni limitrofi proprio per prevenire il rischio di contagio. Serve a potenziare al massimo le restrizioni nelle zone di pericolo ricorrendo anche all’arancione scuro che non prevede il lockdown ma chiude comunque le scuole. L’allerta per i contagi tra i giovanissimi — con l’impennata nella fascia di età tra i 10 e i 19 anni — costringe infatti alla didattica a distanza. Ma questo potrebbe non essere sufficiente.

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L’Italia ha bloccato l’export di vaccini AstraZeneca dall’Ue all’Australia

venerdì, Marzo 5th, 2021

Il governo italiano, guidato da Mario Draghi, ha proposto all’Unione europea di bloccare l’export di oltre 250 mila dosi di vaccino contro il Covid AstraZeneca dirette all’Australia. La mossa, motivata dalla «penuria di dosi» di vaccino nell’Unione europea, è stata approvata dalla Commissione, guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, con la quale ieri Draghi aveva avuto una lunga telefonata.

Si tratta del primo utilizzo, da parte dell’Ue, di un meccanismo di blocco varato a gennaio nei confronti delle case farmaceutiche.

Quale meccanismo è stato usato per bloccare l’esportazione?

Secondo una fonte diplomatica citata dall’agenzia Agi, «la competente autorità italiana ha ricevuto una richiesta di autorizzazione all’esportazione di vaccini anti Covid-19 da parte di AstraZeneca. La richiesta è stata fatta ai sensi del Regolamento di esecuzione Ue 2021/111 della Commissione, approvato lo scorso 30 gennaio, “che subordina l’esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione”. Il 26 febbraio l’Italia ha inviato la proposta di decisione di non autorizzazione alla Commissione europea che ha l’ultima parola, come previsto dal regolamento. Il 2 marzo la proposta italiana di diniego dell’autorizzazione ha incontrato il favore della Commissione europea. Di conseguenza, il ministero degli Affari Esteri ha provveduto ad emanare formalmente il provvedimento di diniego all’esportazione».

Le polemiche tra Ue e AstraZeneca

La decisione — largamente simbolica, visto il numero esiguo di dosi — pone l’accento sulla frustrazione che i 27 Paesi dell’Unione iniziano a provare di fronte a campagne vaccinali che si muovono più lentamente rispetto a quanto avvenga negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, e a inadempienze da parte delle case farmaceutiche produttrici dei vaccini approvati dall’Ema, l’autorità per il farmaco europea (e cioè quello di Pfizer-BioNTech, di Moderna e di AstraZeneca). L’Ue ha vaccinato circa l’8 per cento della sua popolazione; in Gran Bretagna la percentuale è di oltre il 30 per cento. L’Australia è all’inizio della sua campagna vaccinale.

AstraZeneca è stata nelle scorse settimane al centro di polemiche perché, a fronte di un accordo per consegnare 80 milioni di dosi entro il primo trimestre del 2021, riuscirà a produrne meno della metà.

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Terremoto di magnitudo 8.1 al largo della Nuova Zelanda: centinaia di persone in fuga, rientra l’allarme

venerdì, Marzo 5th, 2021

Un sisma di magnitudo 8.1 è stato registrato al largo della Nuova Zelanda, in una località remota a 960 chilometri da Tonga e a una profondità di dieci chilometri. Subito dopo l’annuncio, centinaia di persone sono fuggite dalle zone costiere del nord dell’isola. Dopo qualche ora è rientrato l’allerta tsunami diramato a tutto il Pacifico e che prevedeva onde anomale anche verso Australia, Hawaii, Fiji, Samoa, Colombia, Ecuador, Costa Rica e Messico.

Le onde più grandi sono passate, l’allerta tsunami terminato ed è pertanto possibile rientrare nelle case in Nuova Zelanda”, ha annunciato il ministro della conservazione del patrimonio naturale neozelandese, Kiri Allan.

Sono tre i terremoti registrati: il primo di magnitudo 6.9, il secondo molto al largo di magnitudo 7.1 e infine il terzo di magnitudo 8.1 vicino alle isole disabitate Kermadec. Nell’area, a circa mille chilometri dalle coste della Nuova Zelanda,  sono state segnalate altre violente scosse in sequenza, delle quali l’ultima di magnitudo 6.1.

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Zingaretti: “È uno stillicidio e il bersaglio sono io, mi dimetto da segretario del Pd”

giovedì, Marzo 4th, 2021

“Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni”. Lo scrive su Facebook, Nicola Zingaretti. “Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilita’. Nelle prossime ore scriverò alla presidente del partito per dimettermi formalmente. L’assemblea nazionale farà le scelte più opportune e utili”.

“Sono stato eletto proprio due anni fa – ha scritto ancora Zingaretti sui social – abbiamo salvato il Pd e ora ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee, la nostra visione. Dovremmo discutere di come sostenere il Governo Draghi, una sfida positiva che la buona politica deve cogliere. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito invece il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni. Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd”.  

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