Archive for Marzo, 2021

Draghi non esclude di riaprire prima

martedì, Marzo 30th, 2021

Chiusure e aperture dipenderanno solo dai dati. La posizione di Mario Draghi non cambia ma nello stesso tempo il premier non esclude possibili riaperture dopo il 20 aprile se la situazione epidemiologica lo permetterà. Il decreto legge, che sarà approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri, sarà in vigore fino alla fine del prossimo mese e non sono previste zone gialle, ma solo arancioni e rosse. Tuttavia il governo sta studiando un meccanismo, ancora in via di definizione, “per tenere conto – spiegano fonti interne – dell’auspicato miglioramento dei dati”.

È la richiesta avanzata dal fronte dei governatori leghisti e dal ministro Maria Stella Gelmini che, nel corso dell’incontro tra il presidente del Consiglio e i governatori, avrebbe detto che “non è il momento per il ‘riapriamo tutto’, fino al 15-20 aprile ci vorrà ancora molta attenzione, ma poi se i numeri migliorano all’interno del decreto legge servirebbe un automatismo per prevedere aperture mirate senza il bisogno di approvare un nuovo provvedimento”.

Ed è a questa ipotesi che sta lavorando il governo, è la mini concessione che Draghi fa ai presidenti di Regioni nel corso di un incontro difficile, all’indomani delle tensioni tra governo e presidenti sulle vaccinazioni con il premier che ha denunciato la precedenza data ad alcuni “gruppi di potere” a scapito degli over 80. Dal canto loro i governatori, soprattutto quelli leghisti, battano forte sul tema delle riaperture invocando il ripristino delle zone gialle abolite per decreto: “Bisogna guardare al futuro per dare un segnale al Paese. Si cominci a fare un ragionamento sulle riaperture in base alla certezza sull’arrivo dei vaccini”. E Draghi non esita nel dire che “occorre ridare speranza al Paese, pensando a programmare e alle riaperture. Bisogna ricominciare ad avere di nuovo il ‘gusto del futuro’. Occorre uscire da questa situazione di inattività”.

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Covid, Yunus: togliete i brevetti ai vaccini. “L’egoismo di pochi minaccia il pianeta”

martedì, Marzo 30th, 2021
Prof. Muhammed Yunus, Nobel Peace Prize winner AND foundier of the Grameen Bank during the celebration...
Prof. Muhammed Yunus, Nobel Peace Prize winner AND foundier of the Grameen Bank during the celebration at the Brandenburg Gate to mark the 25th anniversary of the fall of the Berlin Wall on November 9th, 2014 in Berlin, Germany. (Photo by Reynaldo Paganelli/NurPhoto) (Photo by NurPhoto/NurPhoto via Getty Images)

Il Premio Nobel per la pace Mohammad Yunus, con al seguito personalità di alto profilo, promotore di un’iniziativa globale per la liberalizzazione dei brevetti al Wto, ne parla alla Stampa


“Non vedo molto sostegno da parte dei leader politici per rendere il vaccino un bene senza brevetto. L’iniziativa intrapresa dall’India e dal Sud Africa durante la riunione del Wto è stata una grande speranza. Ma non è riuscita a generare sostegno dai paesi ricchi. Molti paesi che hanno ricevuto la prima fornitura di vaccini potrebbero non ricevere i rifornimenti successivi o in prossimità di essa, se la capacità di produzione globale viene mantenuta legata alla capacità delle società farmaceutiche proprietarie di brevetti. Nel frattempo le frustrazioni in tutto il mondo non possono che essere espresse come “apartheid vaccinale”, “nazionalismo vaccinale” o “tribalismo vaccinale”. Molti leader hanno già sottolineato la crisi morale che questa situazione rappresenta per tutti noi”.

Il premio Nobel sottolinea alcuni particolari determinanti:

“La macchina economica pre-pandemica creava continuamente distanza tra le persone e la ricchezza. Questa macchina ha mantenuto la maggior parte degli esseri umani nella parte inferiore del livello di reddito, mentre il 99% della ricchezza è distribuito a una manciata di persone. La pandemia ha peggiorato questa distanza tra le persone e la ricchezza perché le persone hanno perso il loro reddito e il loro sostentamento in modo massiccio mentre il reddito e la ricchezza dei super ricchi continuavano a salire. In questo quadro, la pandemia ha almeno fermato o rallentato il motore economico e ci da l’opportunità di costruire un nuovo motore economico in grado di unire persone e ricchezza e di tenerle insieme. Perché non solo la macchina economica pre-pandemica ci stava portando a un punto esplosivo, ma stava anche per distruggere il mondo attraverso il riscaldamento globale. Stavamo vivendo in una casa in fiamme e invece di spegnere il fuoco eravamo impegnati a fare una grande festa all’interno della casa per celebrare i nostri successi economici. La questione dei vaccini è diventata il simbolo di quanto siamo insensibili al nostro futuro. Dimentichiamo che gli esseri umani sono diventati la specie più minacciata del pianeta. Non c’è modo di sfuggire al nostro percorso suicida a meno che non lo riconosciamo e decidiamo di cambiare il nostro percorso. Dobbiamo dimostrare la nostra consapevolezza a partire dal vaccino: il vaccino non riguarda solo la protezione da un virus, ma la protezione da noi stessi”.

Per Yunus con la pandemia doveva agire l’Onu per elaborare un piano globale:

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Vacanze di Pasqua, perché all’estero sì e in Italia no

martedì, Marzo 30th, 2021

Chi vive a Frosinone, nel Lazio, se vuole può mettere in conto una vacanza a Barcellona per il week end di Pasqua in arrivo. Potrà prendere la macchina, uscire fuori dal Comune, parcheggiare all’aeroporto di Fiumicino e imbarcarsi su un aereo. E ritrovarsi qualche ora dopo a passeggiare sulla popolarissima spiaggia di Barceloneta. Quella che non può organizzare, invece, è una passeggiata sul lungomare di Napoli. È la Pasqua italiana in zona rossa, quella dei viaggi all’estero sì (quasi dappertutto) e però anche quella del divieto di uscire di casa se non per motivi d’urgenza, tra i quali non rientra ovviamente la scampagnata fuori porta (uniche eccezioni le seconde case e le visite contingentate in casa di amici e parenti). Il Governo si divide tra aperturisti – leggere la Lega di Matteo Salvini, ma anche Fratelli d’Italia – e rigoristi. Gli albergatori e gli altri operatori del turismo protestano. Giusto? Sbagliato? Prima ancora viene il perché. 

La bolla nazionale e i viaggi all’estero free. Perché il Governo ha scelto il doppio binario 

Fonti dell’esecutivo di primo livello spiegano a Huffpost che “l’obiettivo inderogabile è quello di tutelare la salute pubblica nazionale”. Il numero dei contagi inizia a calare, ma in modo molto lieve. Preoccupa la pressione, ancora alta, sugli ospedali e in particolare sulle terapie intensive. Lo stop agli spostamenti tra le Regioni e la stretta ancora più rigorosa della zona rossa nazionale (da sabato 3 aprile a lunedì 5 aprile) sono ritenute misure necessarie per “limitare gli spostamenti che possono creare assembramenti”. L’assetto è quello della bolla nazionale.

Ma allora perché durante la Pasqua rossa si può andare a Barcellona piuttosto che a Parigi e invece non si può fare una gita nel proprio Comune e tantomeno in una località vicina o fuori Regione? Chi torna da un viaggio all’estero non rischia di portare il virus in Italia e vanificare o quantomeno intaccare la bolla nazionale? A queste ultime domande rispondono sempre le fonti di Governo. Con due spiegazioni. La prima è legata ai numeri di chi si sposta solitamente per le vacanze di Pasqua: chi va all’estero rappresenta una piccola quota rispetto alla stragrande maggioranza degli italiani che preferisce invece mete dentro i confini nazionali. La seconda, connessa alla prima, è che non solo i viaggi all’estero non creano situazioni di assembramento, ma prevedono una base minima di sicurezza e cioè un tampone obbligatorio entro 48 ore dal rientro in Italia (i viaggi in altri Paesi richiedono misure più stringenti come la quarantena o l’isolamento fiduciario). Se non si può arrivare al rischio zero sul fronte dei contagi per chi rientra da un viaggio, è altrettanto vero che il tracciamento è più facile per chi arriva in aeroporto rispetto a un flusso di milioni tra macchine, bus e treni. 

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“Vaccino prima ai magistrati? È un abuso”. Di Pietro accusa: la legge vale anche per loro

martedì, Marzo 30th, 2021

MICHELE BRAMBILLA

Stavo buttando il concime e non ho visto subito il messaggio. Di che cosa si tratta?”.

Buongiorno Di Pietro, volevamo chiederle che cosa pensa di questa presa di posizione dei suoi ex colleghi magistrati. Hanno detto che, se non vengono vaccinati prima degli altri, potrebbero sospendere l’attività giudiziaria.

“Allora, partiamo da una premessa. In un’aula di giustizia, durante le udienze di un processo, chi c’è? Escludiamo pure il pubblico perché c’è la pandemia. Dunque: ci sono i magistrati, gli avvocati, gli imputati, i testimoni, i cancellieri, gli uscieri. E un cartello con scritto: la legge è uguale per tutti. E allora, perché soltanto i magistrati dovrebbero essere vaccinati in via prioritaria?”.

Già: perché?

“Io penso questo: il vaccino è un diritto per tutti. Quindi ogni cittadino avrebbe diritto a essere vaccinato subito, adesso, in questi giorni. Ma siccome non ci sono vaccini sufficienti, bisogna proteggere per primi i più deboli. Gli anziani e i malati”.

I magistrati quindi sbagliano a chiedere di essere inseriti nelle liste prima degli altri?

“Non direi che sbagliano. Sbagliare vuol dire commettere un errore. E questo non è un errore: è un abuso. Chiamiamo le cose con il loro nome”.

Addirittura un abuso…

“Sì, perché i magistrati conoscono, devono conoscere la legge. E sanno, devono sapere che la legge non concede loro alcuna priorità rispetto agli altri cittadini”.

Ma dicono: la nostra è una professione senza la quale non si può andare avanti.

“E questo è peggio ancora che un abuso: è un ricatto. Sanno che c’è bisogno del loro lavoro e minacciano: se non ci vaccinate per primi, blocchiamo la giustizia. Ma se vogliamo parlare di professioni di cui tutti abbiamo bisogno, allora dico che una cassiera del supermercato viene sicuramente prima dei magistrati. Una cassiera è sicuramente indispensabile ed è sicuramente più a rischio di contagi”.

Lei è vaccinato?

“No. Ho più di settant’anni e due stent nella coronaria sinistra. Quella destra è chiusa al 55 per cento e devo essere operato. Ma gli ospedali sono intasati e debbo rimandare l’intervento”.

Non poteva chiedere…

“Un favore? Guardi mi hanno chiamato e mi hanno chiesto se volevo far passare l’intervento come urgente. Ho risposto con una domanda: secondo voi c’è davvero urgenza? No, mi hanno detto. E allora non ho voluto passare davanti alla fila, perché ci sono malati più gravi di me. Io tutto sommato sto bene, faccio il contadino, vivo all’aria aperta, giro con il trattore. Farmi operare adesso sarebbe stata una furbata. Lecita, ma una furbata”.

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Mortalità azzerata/ La lezione di Johnson e l’Europa che arranca

martedì, Marzo 30th, 2021

Francesco Grillo

L’andamento della campagna di vaccinazione è il fantasma che sta agitando le cancellerie europee. Ancora più inquietante appare il confronto con il Regno Unito, da soli tre mesi uscito dall’Unione Europea: la Brexit doveva essere l’Armageddon che avrebbe seppellito le velleità di un Paese che non si rassegna a non essere più impero. E, invece, il dubbio è che, alla prima prova, Boris Johnson sia riuscito in un’impresa – uscire dalla pandemia, vaccinando tutti – che all’Europa potrebbe sfuggire ancora per mesi. 

I sovranismi e i populismi sembrano in ritirata ma il confronto tra Londra e Bruxelles rileva chiaramente quali siano le contraddizioni che ancora rischiano di spaccare un’Europa non attrezzata per fronteggiare l’emergenza. Sia per effetto dell’assetto attuale dell’Unione, che per quello interno a Stati che sono tutti fortemente regionalizzati. 

I dati dell’Università di Oxford sono netti: al 25 marzo un inglese su due aveva ricevuto almeno la prima dose contro il 15% dei cittadini europei. Ai ritmi attuali, raggiungeremo una copertura dell’80% dei maggiorenni il 19 maggio del 2022; un anno dopo gli inglesi che, nel frattempo, come gli americani e meno degli asiatici potrebbero aver accumulato un vantaggio non più colmabile per capacità di crescita ed innovazione. Il riflesso drammatico di una campagna di vaccinazione così rapida si riflette, peraltro, in maniera diretta sul numero di decessi e di casi.

Nel Regno Unito da due settimane hanno circa 5 mila nuovi casi al giorno (un quarto di quelli registrati in Italia) e, soprattutto, sono riusciti ad azzerare i tassi di mortalità in eccesso rispetto ai livelli che si registrano in questo periodo dell’anno (dopo aver avuto più di mille morti per quasi tutto il mese di gennaio). C’è, peraltro, da sottolineare che il “miracolo” è stato ottenuto utilizzando il vaccino di AstraZeneca, lo stesso che ha mandato in crisi le certezze in Europa e che, però, è anche l’unico dei vaccini anti Covid venduto al costo (senza profitto). E c’è poi da ammettere che l’operazione partita proprio il giorno in cui il Regno Unito ha lasciato ufficialmente l’Unione, non sarebbe stato tecnicamente possibile se l’intero processo – a partire dall’autorizzazione del farmaco – avesse avuto bisogno di essere coordinato con Bruxelles.

Il successo di una campagna così complessa dipende essenzialmente da tre fattori: la capacità di approvvigionamento di farmaci; quella di fissare e far rispettare criteri di somministrazione in linea con obiettivi chiari; la qualità della rete logistica per far arrivare il vaccino ai cittadini. Su tutti e tre i fattori il Regno Unito sta dimostrando di avere un vantaggio.
Con un tempismo notevole gli inglesi, così come gli americani, hanno non solo contrattato con le aziende farmaceutiche ma anche finanziato uno sforzo di ricerca che mai in precedenza aveva raggiunto questa scala, arrivando a controllare catene di produzione globali. La Commissione Europea è stata, invece, caricata di una responsabilità che i trattati non le riconoscono e per la quale è difficile costruirsi competenze in poche settimane. Peraltro, essa non può tecnicamente avere la forza di uno Stato in una situazione di emergenza ed è culturalmente non equipaggiata per affrontare negoziati che, in questi casi, vanno oltre il rispetto di un contratto.

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Covid in Sicilia, dati e tamponi alterati per mantenere l’Rt basso: arresti nella sanità. Indagato l’assessore regionale

martedì, Marzo 30th, 2021

Scandalo in Sicilia. Avrebbero alterato i dati sulla pandemia (modificando il numero dei positivi e dei tamponi) diretto all’Istituto Superiore di Sanità, condizionando i provvedimenti adottati per il contenimento della diffusione del virus. Con questa accusa i carabinieri del Nas di Palermo e del Comando Provinciale di Trapani stanno eseguendo un’ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di alcuni appartenenti al Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico (Dasoe) dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana. Le accuse sono: falso materiale ed ideologico. L’assessore regionale alla Sanità della Sicilia Ruggero Razza è indagato sui dati falsi sulla pandemia. Oggi gli è stato notificato un invito a comparire con avviso di garanzia. È accusato di falsità materiale ed ideologica. I carabinieri gli hanno anche sequestrato dei telefoni. Sull’assessore Razza «sebbene non emerga ancora compendio investigativo grave, è emerso il parziale coinvolgimento nelle attività delittuose del Dasoe», il Dipartimento della Sanità della Regione siciliana. Lo dicono gli inquirenti. «In concomitanza con l’esecuzione dei chiesti provvedimenti restrittivi, è stato notificato anche un invito a comparire e contestuale avviso di garanzia, nonché sequestro dei telefoni cellulari per falsità materiale ed ideologica nei confronti dell’Assessore Regionale per la Salute, Ruggero Razza, sul conto del quale», spiegano gli investigatori.

Ai domiciliari sono finiti la dirigente generale del Dasoe Maria Letizia Di Liberti, il funzionario della Regione Salvatore Cusimano e il dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’assessorato Emilio Madonia. L’inchiesta nasce dalla scoperta che in un laboratorio di Alcamo (Tp), da qui la competenza della Procura di Trapani, erano stati forniti dati falsati su decine di tamponi. I pm hanno avviato accertamenti che sono arrivati all’assessorato regionale. Diverse intercettazioni confermerebbero l’alterazione dei dati inviati all’iss.

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Draghi alle Regioni: «Vinceremo la battaglia del Covid con un sincero rapporto collaborazione»

martedì, Marzo 30th, 2021

di Marco Galluzzo

Dobbiamo lavorare insieme «con un sincero rapporto di collaborazione, insieme si riuscirà a vincere questa battaglia». Ancora una volta Mario Draghi invita le Regioni a fare sistema, a lasciare da parte le polemiche, ad istituire un rapporto virtuoso e costruttivo con lo Stato.

Nel vertice con le Regioni i dissapori e le incomprensioni di alcuni giorni fa sembrano dissipati, restano delle divergenze sulle riaperture, ma non sugli obiettivi di fondo che il presidente del Consiglio ha rimarcato: «Bisogna guardare al futuro con ottimismo, la campagna vaccinale sta andando migliorando continuamente e rapidamente. Gli obiettivi prefissati per aprile e maggio, in riferimento alle forniture di vaccini e al numero delle vaccinazioni, pari al mezzo milione di vaccinati al giorno, non sembrano più così lontani».
Un invito all’ottimismo che il capo del governo fonda sui numeri: «Le dosi in arrivo dovrebbero essere più che sufficienti per raggiungere l’immunità per il mese di luglio in tutta l’Europa». E ancora rivolto alle Regioni: «Lo Stato farà di tutto per rispondere alle vostre esigenze, anche con riferimento al tema delle carenze di personale. Questo è l’atteggiamento del Governo: aiutarvi a raggiungere gli obiettivi che sono di tutti noi». Per Draghi occorre ridare speranza al Paese, pensando a programmare e alle riaperture. «Bisogna cominciare ad aver di nuovo il ‘gusto del futuro’. Occorre uscire da questa situazione di inattività. Sono certo che, tutti insieme , raggiungeremo qualunque obiettivo. Questa è la mia certezza, non è una speranza né un pronostico».

CORRIERE.IT

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Draghi valuta i nuovi ristori selettivi, sulle riaperture si tratta con la Lega

lunedì, Marzo 29th, 2021

Ilario Lombardo

ROMA. Mario Draghi deve lavorare di compromesso. Con le imprese e i dipendenti che hanno bisogno di ristori se rimangono a casa, e con i partiti della sua variegata maggioranza che chiedono una cosa e il suo opposto. Ecco perché le prossime decisioni sulle misure di contenimento del Covid segneranno un cambiamento rispetto al passato, anche alla luce dei rinforzi vaccinali attesi ad aprile e della ripartenza che ci sarà a ridosso della stagione più calda.

Prima di tutto, in vista del decreto Sostegno bis Draghi sta valutando seriamente la proposta del ministro degli Affari regionali di Forza Italia Mariastella Gelmini, portata avanti anche dal collega leghista Giancarlo Giorgetti, di attivare ristori selettivi. Una formula fin qui inedita per i rimborsi che dovranno accompagnare le chiusure in zona rossa e arancione. Non più soldi a pioggia per tutti, ma differenziati, diretti a chi avrà più bisogno di altri perché costretto a ulteriori sacrifici. Per intendersi, in zona arancione saranno privilegiati bar, ristoranti, palestre, piscine, tutte attività che avranno le serrande abbassate, a differenza dei negozi, che invece resteranno aperti se il colore (e l’indice Rt che indica l’andamento del contagio) resterà quello. Servirà un nuovo scostamento di bilancio, e si parla di una cifra che sarà tra i 20 e i 30 miliardi di deficit. La “lezione” di Draghi sugli Eurobond e la loro importanza per tutti durante la conferenza stampa

Il Carroccio spinge anche perché una buona fetta vada a partite Iva e autonomi, maggiormente colpiti dalla crisi. Dal governo confermano che la richiesta di autorizzazione al Parlamento dovrebbe arrivare per metà aprile, contestualmente al Documento di economia e finanza (Def).

Le previsioni sul calendario confermano la volontà di cambiare il paradigma delle misure sociali di lotta al virus. Draghi è pronto a concedere una mediazione, per superare il pressing leghista sulle aperture e, insieme, non scontentare l’ala più rigorista del governo che invece vorrebbe mantenere la stretta fino a maggio, come previsto al momento. A Palazzo Chigi si sta ragionando sulla possibilità di prevedere all’interno del decreto Covid anche una valutazione ad hoc della situazione epidemiologica. Oltre alle norme sull’obbligo di vaccinarsi dei medici e sullo scudo penale per chi somministra le dosi, il provvedimento potrebbe contenere «un tagliando» sulle chiusure delle zone rosse e arancioni, come lo definisce Roberto Occhiuto, capogruppo di Forza Italia alla Camera, tra i promotori del compromesso che è servito a placare Matteo Salvini. Coronavirus, Draghi a Salvini: “Le chiusure dipendono dai dati, non da misure campate in aria”

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Pd, Letta: “Autonomia nella scelta del capogruppo: basta sia una donna. Stupito dal linguaggio di questi giorni”

lunedì, Marzo 29th, 2021

La scelta della nuova capogruppo Pd alla Camera ci sarà domani, martedì 30 marzo, dalle 15 alle 18 presso la sala Berlinguer di Montecitorio. “Se posso permettermi di usare questo termine, credo che la scelta vada fatta in grande serenità”, ha detto il segretario dem, Enrico Letta, a Forrest, su Rai Radio1. E ha aggiunto: “Decideranno domani i deputati: i gruppi sono autonomi, per me l’unica cosa essenziale è che sia una donna. Mi stupisce come venga trattata la questione Madia-Serracchiani sui media: se fosse stato un confronto tra due uomini si sarebbe usato ben altro linguaggio”. Per Letta quella del ricambio “non è una battaglia, è la precondizione per stare in una società in cui uomini e donne devono avere le stesse opportunità”. Solo poche parole, invece, sulle polemiche scatenate dalla presenza di Matteo Renzi al Gran premio dei Bahrein: “leri mi sono guardato il Gran Premio di Formula Uno e quello delle moto: ma siamo in Quaresima e io ho fatto un fioretto e il mio è di non farmi trascinare in provocazioni”.

Enrico Letta è tornato, poi, sulla vicenda della scelta del capogruppo del Pd alla Camera criticando il linguaggio usato dai media per descrivere il confronto tra Debora Serracchiani e Marianna Madia. “Io ho detto che per me la cosa fondamentale è che sia una donna, perché io sono uomo, i ministri sono uomini, almeno i due capigruppo che siano due donne – ha spiegato in radio – Il Pd ha fatto tre congressi e ha avuto nove candidati uomini. A chi mi dice che fatto cosa di immagine per scardinare equilibri interni rispondo: nel 2021 anche in Vaticano è stato nominato un vicesegretario donna. Io ho preso di petto una questione perché nel 2021, appunto, non esiste che il Pd debba essere un partito solo di uomini”.

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Vaccini, Speranza firma intesa con i farmacisti

lunedì, Marzo 29th, 2021

Sulle vaccinazioni in farmacia è stato siglato l’accordo. Ad annunciarlo lo stesso ministro della Salute: “Ho appena firmato il protocollo con Regioni e farmacisti per far partire in sicurezza le vaccinazioni Covid nelle farmacie del nostro Paese – ha spiegato Roberto Speranza – la campagna di vaccinazione è la vera chiave per chiudere questa stagione così difficile. Oggi facciamo un altro importante passo avanti per renderla più veloce e capillare”.

Al via la Liguria

E per accelerare nella campagna vaccinale la prima Regione ad aver arruolato le farmacie è stata la Liguria dove è possibile immunizzarsi da oggi contro il Covid. Al momento sono 52 le strutture disponibili. A iniettare i vaccini  sano medici o personale abilitato. “Bisogna vaccinare tanto e velocemente per poter ripartire”, aveva detto il presidente della Liguria Giovanni Toti, ieri, annunciando l’iniziativa.

Il Lazio

 “Sono circa mille, su 1.800, Le farmacie del Lazio che hanno dato la loro pre-adesione alla campagna vaccinale”, ha sottolineato invece il presidente di Federfarma Roma, Andrea Cicconetti.  L’obiettivo ha aggiunto il presidente “è organizzarci sulle modalità di distribuzione e di prenotazione in modo di arrivare pronti a fine aprile, quando è previsto l’arrivo delle prime dosi del vaccino Johnson&Johnson”.

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