Archive for Marzo, 2021

Bolzano, Benno ha confessato l’omicidio dei genitori Laura Perselli e Peter Neumair

lunedì, Marzo 8th, 2021

di Giusi Fasano

Bolzano, Benno ha confessato l'omicidio dei genitori Laura Perselli e Peter Neumair

Benno Neumair ha confessato. Lo fa sapere la stessa procura di Bolzano, che lo aveva arrestato lo scorso 29 gennaio con l’accusa di omicidio volontario e occultamento dei cadaveri dei suoi genitori, Laura Perselli (68 anni) e Peter Neumair (63). I due erano scomparsi il 4 gennaio e Benno, fino a pochi giorni fa, aveva sempre negato di averli uccisi. Ma la ricostruzione degli inquirenti si è avvicinata sempre di più a una verità diversa: lui li ha strangolati a casa, prima il padre e poi la madre, dopodiché ha gettato i cadaveri nel fiume Adige da un ponte a sud di Bolzano.

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Capacità di intendere e volere

Era proprio da quel ponte che erano partiti gli indizi gravi contro di lui, i carabinieri avevano trovato macchie di sangue che, analizzate, sono risultate essere di Peter Neumair. Nelle scorse settimane è stato ritrovato il corpo della madre di Benno nell’Adige, mentre ancora nessuna traccia del corpo di suo padre. La procura di Bolzano, diretta dal procuratore Bramante, fa sapere con una nota che ha trasmesso all’ufficio del giudice delle indagini preliminari della richiesta di un incidente probatorio per definire la capacità di intendere e volere di Benno.

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Recovery plan, il ministro Franco: «Fondi Ue disponibili a fine estate, 191,5 miliardi per l’Italia»

lunedì, Marzo 8th, 2021
Recovery plan, il ministro Franco: «Fondi Ue disponibili a fine estate, 191,5 miliardi per l'Italia»

Daniele Franco, ministro dell’Economia (Imago)

« Le risorse europee saranno disponibili alla fine dell’estate» con i pre-finanziamenti al 13%: «Per il nostro paese il piano è una occasione molto importante, rende possibile affrontare in modo coordinato e con rilevanti mezzi alcuni problemi strutturali». Così ha parlato il ministro dell’Economia, Daniele Franco, presentando il Recovery Plan e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in audizione davanti alle commissioni Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Senato e Camera. «Next generation Eu è un passaggio storico nel processo di integrazione europea e un passo avanti significativo nella costruzione di un bilancio comune – ha aggiunto Franco – Il 90% dei fondi saranno distribuiti attraverso questo dispositivo, per accedere alle risorse ciascun Paese deve definire piani coerenti di investimento su sei ambiti, che sono tutte priorità anche per il nostro Paese».
I progetti che costituiscono la definizione del Piano saranno presentati alla Commissione Ue entro il 30 aprile. Alla Commissione spetterà poi, nelle successive 8 settimane, la valutazione del Piano nazionale. «Le risorse – ha ricordato Franco – saranno disponibili alla fine dell’estate. Per noi è un’occasione molto importante per affrontare i problemi strutturali» del paese, visto che «abbiamo un problema strutturale di crescita».

Franco: 191,5 miliardi per l’Italia

Il Recovery fund per l’Italia «prevede fondi a disposizione del nostro Paese per circa 196 miliardi a prezzi correnti, 69 sotto forma trasferimenti, 127 sotto forma prestiti». Tuttavia gli ultimi dati, e il regolamento europeo che prende a riferimento il Pil del 2019, portano «a una stima dell’entità delle risorse per circa 191,5 miliardi, leggermente inferiore a quella indicata a gennaio», ha detto Franco in audizione. LE RISORSE

Recovery plan, migliaia di assunzioni di tecnici per preparare il piano

di Federico Fubini

Due mesi di tempo

«Dobbiamo definire un piano metodologicamente unitario e coerente con gli obiettivi, abbiamo meno di due mesi. Per questo motivo la definizione del piano non può subire battute d’arresto», ha ricordato il ministro dell’Economia. Il Recovery Plan «rappresenta certamente una priorità per il governo, per il paese e ovviamente per il Mef – ha aggiunto – E questo primo incontro con le Camere spero che sia l’inizio di un dialogo durevole e intenso perché abbiamo davanti a noi un percorso molto rapido e intenso e su questo dobbiamo interagire strettamente».

Le nuove priorità: «Discutere rapporto vecchi-nuovi progetti»

Nel suo discorso alle Commissioni di Camera e Senato, il ministro Franco ha anche aperto ad alcune modifiche sostanziali del piano ideato dal precedente governo (Conte bis): «Alcune parti» del piano italiano per il Recovery fund presentato a gennaio vanno «rafforzate», e «occorre tarare i nostri progetti sulle risorse effettivamente disponibili». Inoltre «nelle prossime settimane dovremo riflettere sul rapporto fra progetti a legislazione vigente e nuovi progetti e vedere se la distribuzione fra i due canali di intervento debba restare quella indicata o debba essere soggetta a cambiamenti».

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Cepu, il fondatore Francesco Polidori arrestato per bancarotta: è ai domiciliari

lunedì, Marzo 8th, 2021

Francesco Polidori, fondatore del gruppo Cepu, è finito agli arresti domiciliari oggi nell’ambito dell’indagine della procura di Roma su una ipotesi, tra gli altri reati, di bancarotta fraudolenta. I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria hanno proceduto anche ad un sequestro preventivo per 28 milioni di euro.

L’inchiesta

L’inchiesta della Procura di Roma che vede coinvolti 6 soggetti responsabili, a vario titolo, dei reati di bancarotta fraudolenta, autoriciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria questa mattina hanno eseguito un’ordinanza di arresti domiciliari per l’imprenditore e una misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività di impresa per un anno nei confronti di un suo collaboratore risultato essere il depositario delle scritture contabili e incaricato della gestione finanziaria di alcune aziende del gruppo. I finanzieri hanno anche eseguito sequestri per 28 milioni di euro.

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Agnelli lancia l’allarme: “Il calcio è al bivio, rischiamo di implodere”

lunedì, Marzo 8th, 2021

GIANLUCA ODDENINO

TORINO. Non è la prima volta e non sarà l’ultima, ma Andrea Agnelli lancia un potente allarme sullo stato di salute del calcio europeo. Alla vigilia delle cruciali sfide di Champions, il numero uno della Juventus interviene a gamba tesa da presidente dell’Eca (l’associazione che riunisce i club europei) durante la 25a assemblea generale. «Non abbiamo ancora i tifosi negli stadi – così Agnelli da Torino ha introdotto i lavori generali di una riunione svolta virtualmente – e i giocatori sono spinti oltre i loro limiti fisici, visto che sono costretti a giocare in un calendario molto congestionato. Le perdite sono state attorno ai 6,5 miliardi e 8,5 miliardi nelle due stagioni, circa 360 club di prima divisione hanno bisogno di soldi per una somma di circa 6 miliardi, i top 20 club per quanto riguarda il reddito hanno fronteggiato una perdita di 1.1 miliardi nella stagione 2019/20. Questa crisi grava sulle spalle di tutti i club. Negli ultimi mesi si è palesato un interesse da alcuni grandi soggetti a livello finanziario sul calcio, basta pensare a cosa sta tuttora succedendo in Italia con la trattativa con i fondi. Ma penso anche a tante altre situazioni, a partire dalle fughe di notizie sull’interesse di JP Morgan nella Superlega. Questi soggetti non sono interessati alla solidarietà, ma nei ritorni dagli investimenti. Se cambiamo, possiamo guardare a questi investimenti. Calcio, economia e politica sono al bivio. Dobbiamo intercettare queste possibilità e agire, altrimenti rischiamo di implodere. C’è del potenziale per un futuro luminoso. È nostro dovere quello di intercettare un cambiamento, altrimenti il rischio è quello di implodere».

Il tema dei fondi tiene sempre più banco, a maggior ragione con i bilanci stravolti dal Covid, mentre sul futuro delle competizioni la partita è ancora più aperta. «Dobbiamo mettere i tifosi al centro – rilancia Andrea Agnelli – perché il sistema attuale non è fatto per i tifosi moderni. Le ricerche dicono che almeno un terzo di loro seguono almeno due squadre; il 10% segue i giocatori, non i club, e questo è molto diverso rispetto a qualche anno fa. Due terzi di loro seguono le gare perché attratti dai grandi eventi.

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Un miliardo al reddito di cittadinanza: i ristori copriranno le perdite di un anno

lunedì, Marzo 8th, 2021

Luca Monticelli

Un miliardo in più per il reddito di cittadinanza e una proroga di due o quattro mensilità del sussidio di emergenza. Il menu del Decreto Sostegni si allunga e arrivano nuove risorse per aiutare le persone in difficoltà economica. Possibile anche un bonus speciale per chi esce dalla Naspi, l’indennità di disoccupazione.

Ma nell’esecutivo si respira un clima di sospetti e accuse tra le varie anime della maggioranza. Il rifinanziamento della norma bandiera dei 5 stelle è stata oggetto di un incontro nei giorni scorsi tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e il titolare del Tesoro, Daniele Franco.

Esulta il Movimento che in un post su Facebook ricorda come durante la pandemia il reddito di cittadinanza abbia garantito «protezione sociale a tantissimi cittadini in difficoltà». Ora, si legge sui social, «tutti riconoscono la sua importanza e nei mesi scorsi la Commissione europea ha affermato che questa misura può mitigare l’effetto della crisi». Infatti sono più di 1,2 milioni le famiglie (pari a 2,8 milioni di persone coinvolte) che, attualmente, ne beneficiano. Secondo gli ultimi dati dell’Inps, inoltre, in quasi 213 mila nuclei vivono 509 mila individui con disabilità. Cresce il malessere nel centrodestra. Da fonti del ministero dello Sviluppo economico filtra la notizia che il provvedimento allo studio del governo stabilirà per imprese e partite Iva ristori calibrati sui danni economici effettivamente subiti, prendendo a riferimento un’intera annualità e non singole mensilità. Nella bozza del Decreto Sostegni di venerdì scorso, però, era emerso che per accedere ai contributi è necessario un calo del 33% del fatturato calcolato su gennaio e febbraio 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019. A supportare il ministro Giancarlo Giorgetti, scende in campo il Dipartimento economico della Lega. I parlamentari del Carroccio si scagliano contro il Mef: «La diffusione di una bozza risalente al Conte II ha innescato inutili polemiche e riproposto un metodo di comunicazione politica da cui ci dissociamo». Il meccanismo dei ristori legati ai risultati del primo bimestre «reintrodurrebbe di fatto i codici Ateco, escludendo un gran numero di attività stagionali». La Lega propone «un criterio basato sul fatturato annuale e l’estensione degli indennizzi ad aziende con ricavi superiori ai 5 milioni di euro».

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Zingaretti dalla D’Urso: “Le mie dimissioni sono irrevocabili”

lunedì, Marzo 8th, 2021

“Ci davamo del tu o del lei? Sennò partono tweet insultanti…”, “Chissenenimporta”. Nicola Zingaretti sceglie Barbara D’Urso per confermare la sua scelta: dimissioni irrevocabili? “Sì, per fortuna il Pd non è il partito del leader ma di uomini e donne, con tante energie. Non vado via, non scompaio, combatterò con le mie idee”. Tramonta così la speranza di un ripensamento del segretario dimissionario – “Nicola torna!” glielo hanno chiesto in tanti in queste ore – adesso la road map sarà senza di lui. Esorta a non drammatizzare: “Ho dato la scossa alla mia comunità, sia solidale, spero che il gruppo dirigente sarà più vicino alle persone. Tutta la politica italiana deve rinnovarsi. Ho percepito il rischio che il Pd implodesse. Il mio è stato un atto d’amore che rivendico”.

Si toglie però un sasso dalle scarpe: “C’è una cosa che mi ha dato particolarmente fastidio. Tutti insieme, tutto il partito, tutto il gruppo dirigente, avevamo deciso di sostenere il governo Conte. Quando il tentativo è fallito, ci siamo girati e non c’era nessuno. Il pluralismo è importante, ma ora serve un chiarimento. Non si confonda il confronto delle idee con le furbizie”. Zingaretti implicitamente coinvolge nel suo j’accuse non soltanto gli avversari interni ma anche i suoi, tutti quelli che non lo hanno difeso abbastanza, soprattutto i big, la “freddezza” di Andrea Orlando e Dario Franceschini.

Il governatore del Lazio appare sollevato, di buon umore, ride come chi si è tolto un peso. E’ tornato sul “luogo del delitto”: la trasmissione serale condotta su Canale 5 dalla D’Urso, a cui aveva fatto un tweet di apprezzamento (“Hai portato la politica vicina alle persone. Ce n’è bisogno”) che aveva suscitato un vespaio di critiche. Rivendica pure quello: “Barbara, la tua è una bella trasmissione, il populismo si combatte con la politica, non con la puzza sotto il naso. Io guardo le persone da vicino, non dal dirigibile. Chi sta bene nei salotti, si accomodi. Ma quel vespaio di polemiche è stato un segnale”. E pazienza se lei lo accoglie chiamandolo presidente del Pd (poi si corregge).

Zingaretti sgombra la strada da tentazioni di Campidoglio: “Faccio il governatore del Lazio, non è il mio obiettivo. Ma sarà la cosa più bella dei prossimi anni per chi ha passione politica”. Bonaccini prossimo segretario? “Deciderà la comunità del Pd”. Infine, Matteo Salvini che gli succede nello studio di “Non è la D’Urso”: “E’ un avversario politico, siamo alternativi alla Lega, ma in questa fase… Eviti però troppe furbizie, dire tutto e il suo contrario”.

La parola all’assemblea

Meno sei giorni all’assemblea nazionale, tranne rinvii ai primi di aprile che però non sono ancora all’ordine del giorno. Dal comitato tecnico costituito dalla presidente Valentina Cuppi filtra che la data, per ora, resta quella del prossimo fine settimana. Due possibilità: l’elezione di un nuovo segretario oppure l’apertura della fase congressuale, con un “reggente” che traghetti il partito fin lì. Al momento, si scommette sul primo scenario perché la pandemia renderebbe complicato fissare una data per le primarie.

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Perché Draghi non conviene alla destra

lunedì, Marzo 8th, 2021

C’è una quantità di politici in crisi per colpa di Mario Draghi. I più sofferenti sono nella vecchia maggioranza giallo-rossa, che guidava il governo ma se l’è giocato a poker con quel professionista di Matteo Renzi; cosicché, potendosela prendere soltanto con se stessi, gli orfani di Giuseppe Conte adesso si trovano su un pullmino pilotato da Draghi che li sta portando altrove, col Caimano e col Capitano pure loro a bordo. Oltretutto l’autista ha già dato un paio di brusche sterzate, che smentiscono chi si aspettava manovre morbide in piena continuità. Per buona parte della sinistra si annuncia un viaggio da incubo. Ma non è che sull’altra sponda se la passino meglio. Anzi, per molti aspetti a destra dovrebbero preoccuparsi di più.

I rischi che corre la Lega sono quelli ben spiegati da Mattia Feltri sull’Huffington Post: difficilmente Salvini potrà ripetere il giochino del 2018, quando era al potere con i grillini, li bullizzava, dettava loro lo spartito costringendoli a ballare la rumba e la samba. Stavolta non ci sono margini di manovra. Super Mario è lì per fare due cose, possibilmente in fretta: distribuire i vaccini e incassare i miliardi dall’Europa. Quella è la “mission”, prendere o lasciare. Cosicché Salvini non può stare con un piede dentro e un piede fuori, alternando felpa di lotta e cravatta di governo come piacerebbe a lui. Tra l’altro Draghi si sta muovendo senza ripetere certi svarioni del suo predecessore. Rispetto all’era Conte, meno “story-telling” e più fatti che parlano da sé. Non convince il capo della Protezione civile? Si accomodi, prego. Arcuri ha deluso? Vada a casa anche lui. I vaccini non bastano? Prendiamo esempio da Gran Bretagna e Israele. A Bruxelles frenano? L’ex presidente della Bce sa come farsi ascoltare. Per adesso Salvini può soltanto applaudire e mostrarsi soddisfatto. Se caricasse a testa bassa, sfonderebbe una quantità di porte aperte. A parte pochi dettagli, non saprebbe che cosa obiettare. La sua pistola propagandistica è scarica, la Bestia al guinzaglio si sta annoiando.

Giorgia Meloni è messa perfino peggio. Almeno Matteo tenta di recitare la parte del leader responsabile, che antepone al calcolo il bene comune; deve scrollarsi l’etichetta di Infrequentabile che all’estero gli rimane attaccata, accompagnarsi a Draghi è un ottimo rimedio. Lei invece è leader dei Conservatori Ue, si sente già rispettata e riverita. Perciò ha scelto le barricate scommettendo che farà incetta di voti. Come darle torto? Da trent’anni in Italia funziona così, alle elezioni chi governa non viene mai premiato, per vincere bisogna prima andare all’opposizione. E poco male se lei ci va da sola, anzi meglio se non c’è Salvini. Sennonché Draghi le ha giocato uno scherzo. Anzi, ne ha tirati due.

Prima ha levato Arcuri mettendoci un generale: scelta dettata dalla logistica, imposta dall’urgenza di accelerare con ogni mezzo i vaccini, che però a destra provoca godimento, quasi un orgasmo perché da sempre le stellette, le fanfare, i presentatt’arm e naturalmente i marescialli, i colonnelli, i generali su quel versante politico evocano un’idea di valori (ardimento, obbedienza, onore) che nella vita civile si riscontrano sempre meno. In più, i militari ricordano scorciatoie che al premier non passano nemmeno per l’anticamera del cervello, ma nell’ultra-destra fanno sempre sognare. Sia come sia, nella disfida tra Giorgia e Draghi quest’ultimo ha segnato un punto a favore perché Meloni non ha avuto nulla da obiettare, anzi è stata costretta a sostenere che il cambio di Arcuri l’aveva proposto lei e il premier le ha dato retta.

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Meghan: “Ho pensato anche al suicidio”. Harry: “Deluso da mio padre”

lunedì, Marzo 8th, 2021

“Sono stata silenziata”, “non mi hanno difeso dagli attacchi denigratori della stampa”, “mi hanno negato aiuto quando pensavo al suicidio”: sono alcune delle accuse mossa alla casa reale britannica dalla duchessa di Sussex, Meghan, nella prima, attesissima e temutissima intervista col marito Harry dopo aver lasciato Buckingham Palace. Una intervista a tutto campo di due ore nel patio di casa a Los Angeles, concessa alla famosa anchor americana Oprah Winfrey e trasmessa ieri sera in anteprima mondiale dalla Cbs, che l’ha acquistata per almeno 6 milioni di euro e venduta a 68 Paesi. La coppia però ha confermato di non aver ricevuto alcuna ricompensa.

Nella lunga conversazione anche l’annuncio che il loro secondo figlio sarà una bimba e nascerà in estate. E la rivelazione che si sposarono tre giorni prima della cerimonia trasmessa in tv: “Quello era lo spettacolo per il mondo. Noi volevamo il nostro momento”.

I duchi di Sussex hanno evitato l’attacco frontale alla regina Elisabetta. “La rispettiamo molto”, hanno assicurato. Meghan ha voluto fare anche una distinzione: “C’è la famiglia reale e ci sono le persone che gestiscono l’istituzione, sono due cose separate ed è importante essere in grado di dividerle perché la regina, per esempio, è sempre stata meravigliosa con me”.
Ma questo non ha impedito all’ex attrice americana birazziale di attaccare Buckingham Palace, evocando anche accuse di razzismo. “Nei mesi in cui ero incinta del mio primo bambino ci dissero che non gli sarebbe spettato nessun titolo né gli sarebbe stata garantita la sicurezza. C’erano anche preoccupazioni e conversazioni su quanto sarebbe stata scura la sua pelle quando fosse nato”, ha raccontato, senza precisare chi parlasse di questo ma riferendo di averlo saputo attraverso Harry.

Meghan ha ammesso di essere entrata con “ingenuità” nella casa reale, di cui conosceva poco o nulla. Ma “una volta sposati tutto iniziò a peggiorare: non ero protetta. Anzi erano disposti a mentire pur di proteggere a mie spese tutti gli altri membri della famiglia”. I problemi iniziarono subito: I giornali mi accusarono di aver fatto piangere mia cognata Kate. In realtà fu il contrario. Pochi giorni prima delle nozze se la prese per un problema riguardante gli abiti della damigella, sua figlia Charlotte. Fui io a piangere, e lei si scusò perfino, mandandomi fiori e un biglietto. Ma quando quella brutta storia venne fuori, non la smentì mai”. Da allora “fui vittima di un’autentica campagna di denigrazione” e “le allusioni razziali sulla stampa trasformarono il pericolo generale in minaccia mortale”. Quindi il passaggio più personale. “Mi sentii disperatamente sola e abbandonata. Non volevo più vivere”, ha confidato, denunciando che le negarono l’aiuto psicologico per evitare imbarazzi.

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l deficit scolastico dei nostri figli

lunedì, Marzo 8th, 2021

di GABRIELE CANE’

Possiamo prenderla come ci pare: con ottimismo, indifferenza o rassegnazione. Possiamo, dobbiamo riconoscere l’impegno straordinario di tanti docenti e degli studenti di buona volontà. Ma il fatto che da oggi quasi 8 milioni di ragazzi siano incatenati nella Didattica a distanza (Dad) segna un’altra tappa verso un secondo anno scolastico monco, deficitario. Non del tutto buttato via, certo, ma neppure adeguato al risultato (un’istruzione compiuta) che si prefiggono sia l’istituzione, sia chi la vive, docenti, studenti e personale vario. Lo dicevamo l’anno scorso proprio di questi giorni, e possiamo confermarlo ora: perché la scuola funzioni al meglio, bisogna andare a scuola.

In dodici mesi si è fatto di tutto per assecondare una mutazione genetica che in altri Paesi non c’è stata, o non si è ritenuta necessaria. Ma la realtà è stata nel suo complesso più forte dell’impegno. Perché non bastano sacrificio e fantasia quando Internet non c’è, né veloce, né lento, come in parecchie zone soprattutto al sud; quando si è in 4-5 in famiglia in un normale appartamento, ognuno con la sua Dad o il suo smart working, e non si sa neppure dove appoggiare il computer; quando non ci sono i soldi per comperare un tablet per tutti, e ci si arrangia con lo smartphone; quando bisogna fare laboratori tecnici; quando il frigo è a due passi, una calamita per qualche avanti e indietro, con il risultato che la spiegazione diventa sincopata, a spot, come un messaggio morse; quando si continua a chattare mentre il prof spiega; quando il prof fatica legittimamente a riconvertirsi a un insegnamento che nessuno gli ha insegnato.

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Il Pd sfinito per volontà di governo

lunedì, Marzo 8th, 2021

Massimo Cacciari

La realtà dolorosa, ma vera – solo questo ha significato Zingaretti con la sua “esternazione”. Possono fingere di meravigliarsene soltanto coloro che l’hanno costretto al passo, inguaribili ipocriti o micro-ceto politico interessato a sopravvivere e basta. Il Pd è da tempo non un insieme, ma un mucchio di forze eterogenee il cui denominatore comune consiste in una strenua “volontà di governo”, camuffata sotto il velame delle parole-mantra di “stabilità” e “responsabilità”. Il suo gruppo dirigente, con rarissime eccezioni, si è formato nella competizione interna per l’acquisizione di posti di poteri, invece che nella effettiva rappresentatività in Comuni, Regioni, settori dell’opinione pubblica.

Zingaretti ora lo dichiara apertis verbis – ma lo ignorava al momento delle primarie e della nomina a segretario? Non si era candidato appunto per sconfiggere questa deriva del partito? O per che altro? Allora, sarebbe interessante non scoprire l’ovvio – che il Pd è quella cosa che Zingaretti dice – ma perché l’obbiettivo della sua rifondazione è fallito, che cosa ha portato alla sconfitta. Colpa di Renzi e dei renziani? O magari di Calenda? O di qualche loro amico annidato nei gruppi parlamentari? La demonizzazione del rappresentante del Rinascimento fiorentino(e arabo) va molto di moda in questo periodo – spiegazione miope, di comodo, spiegazione che nulla spiega. Zingaretti ha fallito perché non ha affatto seguito la linea che l’aveva portato alla vittoria nelle primarie, non ha affatto dichiarata aperta una fase di rifondazione del partito, non ha neppure avviato un cantiere di costruzione di un suo nuovo gruppo dirigente. Vi si opponeva la ferrea volontà di non andare a casa dei gruppi parlamentari, certo. Ma forse che Zingaretti l’ha scoperta a posteriori, dopo la sua candidatura a segretario? C’è stato e c’è di mezzo il maledetto Covid, certo. Ma forse che è impossibile ragionare di politica e decidere modalità e linee di un congresso durante una epidemia? Anzi, proprio l’accelerazione violenta di tutti i processi di cambiamento che questa ha prodotto avrebbe dovuto rafforzare la volontà di discussione, di confronto, di rinnovamento. Se Zingaretti è andato avanti per 18 mesi a furia di compromessi con i suoi naturali avversari, di rimandi, di indecisioni, perfettamente in stile coi diversi governi che si sono succeduti, fino a giungere al triste e irrevocabile annuncio che “il re è nudo”, ciò non si deve a debolezze tattiche o destini cinici e bari, ma all’incomprensione delle contraddizioni di fondo che attanagliano il Pd fin dalla fondazione e a mancanza di visione e strategia sul ruolo che una grande forza politica riformatrice può giocare in Italia e in Europa.

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