Archive for Marzo, 2021

Covid, Brusaferro (Cts): «La curva scende, c’è spazio per riaprire solo la scuola»

sabato, Marzo 27th, 2021

di Margherita De Bac

«In questa fase la curva dell’epidemia mostra finalmente segnali di decrescita. Dunque abbiamo guadagnato uno spazio per riaprire qualcosa ed è la scuola. Continuiamo così per guadagnare altri spazi». Silvio Brusaferro presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, portavoce del Comitato tecnico scientifico (Cts), usa una formula soft che, tradotta, potrebbe essere letta così. Se vogliamo rimandare i ragazzi in classe bisogna rinunciare al resto.

Quali sono le evidenze scientifiche recenti a favore di quello che lei definisce un investimento?
«La scuola è sempre stata una priorità non solo in Italia. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha attivato un tavolo di lavoro su questo tema. In situazioni in cui l’incidenza è elevata si deve ricorrere alla didattica a distanza, però rendere possibile ai ragazzi il ritorno sui banchi è l’obiettivo principale. Un elemento importante è l’età. Nelle fasce più giovani l’infezione circola meno e c’è minore rischio di trasmissione agli adulti. È un argomento di dibattito a livello internazionale. Gli studi ci dicono che sono importanti le misure di prevenzione nella didattica in presenza e che per evitare l’aumento dell’incidenza serve anche uno stretto controllo sulle attività che girano attorno alla scuola, prima e dopo»

Allora perché le scuole sono rientrare nel pacchetto dei divieti introdotti il 2 marzo?
«La situazione epidemica era diversa. Ora ci sono i segnali che la curva possa cominciare a scendere nelle prossime settimane, non dimenticando mai che fondamentali restano la sorveglianza e i controlli, non ci stancheremo mai di ripeterlo».

E poi?
«A questo si aggiunge la vaccinazione del personale scolastico. Un ulteriore fattore favorevole ad una riapertura permanente. Si spera di non dover più tornare indietro»

È sempre in piedi l’ipotesi di sottoporre gli alunni ogni settimana ai nuovi test salivari, di facile esecuzione e rapida risposta?
«Stanno emergendo test diagnostici sempre nuovi ma prima vanno validati sul campo e inseriti in programmi specifici. Alcune regioni hanno cominciato con studi pilota. È ancora presto per decidere, servono maggiori evidenze per capire quale potrebbe essere l’impatto di questi strumenti. È un progetto su cui lavorare, aspettiamo i dati».

I divieti introdotti a marzo hanno portato i benefici attesi?
«Direi di sì. La crescita dell’incidenza si è fermata, ora siamo a 247 casi ogni 100mila abitanti rispetto ai 270 su 100mila della settimana precedente. Osserviamo un lieve calo dell’Rt, da 1.16 a 1.08. Siamo però ancora sopra l’unità mentre per cominciare ad essere più tranquilli dovremmo arrivare a un valore significativamente inferiore a 1. Già la prossima settimana ci aspettiamo che la curva scenda ancora. C’è una grande differenza tra regioni. Il traguardo è arrivare sotto la soglia dei 50 casi ogni 100mila abitanti. Al momento in alcuni territori sembra lontano, invece è raggiungibile».

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Draghi: «Prenotare le vacanze estive? Io lo farei, se potessi andrei volentieri in vacanza»

venerdì, Marzo 26th, 2021
La conferenza stampa del premier a Palazzo Chigi – Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev /CorriereTv
«Sono d’accordo con Garavaglia, se potessi andare in vacanza ci andrei volentieri» Lo dice il premier Mario Draghi in conferenza stampa rispondendo ad una domanda sulle parole di Massimo Garavaglia che ha invitato gli italiani a prenotare le vacanze estive
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Lega e FdI scatenate dopo le parole di Tridico: “Siamo nel delirio più totale”

venerdì, Marzo 26th, 2021

giampiero maggio

Il reddito di cittadinanza «è un argine importante contro la povertà assoluta che è aumentata con il Covid, raggiunge 3 milioni di persone e l’importo medio è di 550 euro. Ora sono necessarie risorse aggiuntive soprattutto per le famiglie numerose e gli immigrati». E poi: il reddito «prevede un requisito di residenza in Italia di dieci anni, mi sembra eccessivo e non esiste in nessun Paese europeo». Sono dichiarazioni rilasciate in un’intervista a La Stampa, questa mattina, da Pasquale Tridico, presidente dell’Insp . Apriti cielo. Perché le parole del numero uno dell’Istituto di previdenza sociale, già nel mirino, in passato, da parte degli esponenti politici di centro destra, hanno scatenato le dure reazioni di Fratelli d’Italia. E non solo. Perché parole dure sono arrivate anche da Matteo Salvini, leader del Carroccio ora nella squadra che compone l’Esecutivo di Mario Draghi. E dalla capogruppo di FI al Senato Anna Maria Bernini.

Le reazioni sono dure. «L’Italia non può permettersi il poema delle sparate di Pasquale Tridico. Ci permettiamo di ricordagli che il reddito di cittadinanza non nasce come una misura puramente assistenziale, ma come uno strumento di inclusione al lavoro. E in questo non ha funzionato» dice la deputata di Fratelli d’Italia Ylenja Lucasselli. Ma a rincarare la dose ci pensano Giorgia Meloni e Maurizio Gasparri. E non sono dichiarazioni morbide. La leader di FdI non la manda a dire. «Siamo al delirio più totale – scrive Meloni su Facebook -: il presidente dell’Inps Tridico, tanto voluto dai 5Stelle, richiede risorse in più per finanziare il reddito di cittadinanza a tutti gli immigrati, ritenendo il requisito di almeno 10 anni di cittadinanza un’esagerazione. Il tutto mentre le attività chiudono e i cittadini sono totalmente insoddisfatti delle briciole stanziate dal Dl Sostegni. Dopo la beffa del prolungamento del contratto ai navigator, questa sarebbe l’ennesima assurdità di una misura già di per sé totalmente insufficiente a salvare le nostre imprese in ginocchio». Meloni, subito seguita da Gasparri che attacca: «Ci sono degli irresponsabili che vogliono mettere a repentaglio la vita del governo. Tra questi troviamo permanentemente attivo e presente Tridico, che spero il governo rimuova al più presto dal vertice dell’Inps. Dopo i numerosi flop della sua gestione, che abbiamo denunciato con puntualità e che ancora producono effetti nefasti, adesso l’ineffabile lottizzato grillino Tridico propone di dare il reddito di cittadinanza agli immigrati. Un vero e proprio spot per l’arrivo di clandestini». Infine Salvini, che su Twitter scrive:«Il presidente dell’Inps vuole cancellare il requisito di residenza da 10 anni? Prima bisogna aiutare i (tanti) italiani in difficoltà, poi (se avanza) si penserà ad altri. Punto». Infine Anna Maria Berini parla di «proposta insensata».

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Draghi: «Riapertura della scuola fino alla prima media». Una norma ad hoc sugli operatori sanitari no vax

venerdì, Marzo 26th, 2021

di Alessandro Sala

Draghi: «Riapertura della scuola fino alla prima media». Una norma ad hoc  sugli operatori sanitari no vax

Si va verso la «riapertura della scuola fino alla prima media» ma tutto il resto dovrà restare chiuso. Altrimenti anche la condizione di ambiente relativamente protetto che le aule rappresentano, in associazione con la scarsa propensione al contagio dei ragazzi più giovani, finirebbe col venire meno. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella conferenza stampa da Palazzo Chigi convocata per fare il punto sulle ultime misure anti-Covid e per accompagnare il provvedimento che, sulla base delle indicazioni della cabina di regia, oggi determinerà i nuovi colori assegnati alle regioni. «Il ministro dell’Istruzione Bianchi — ha spiegato — sta lavorando affinché la riapertura avvenga in modo ordinato e in alcuni casi sarà possibile effettuare alcuni test». Nessuna «azione estensiva e globale», tuttavia: viene dunque smentito che il rientro delle classi sarà condizionato all’effettuazione di test di massa settimanali sull’intera popolazione studentesca.

Scuole aperte, tutto il resto no

Draghi ha evidenziato che l’allentamento delle restrizioni per gli alunni è possibile grazie ad alcuni segnali incoraggianti arrivati sempre dalla cabina di regia, in sostanza i numeri sulle curve, che hanno mostrato un leggero miglioramento della situazione, ma anche per le evidenze scientifiche che mostrano come la scuola primaria non sia di per sé una fonte di contagio. «Lo sono invece — ha puntualizzato — tutte le attività para e peri-scolastiche», ovvero trasporti e attività sportive. Per questo, ha detto, è opportuno mantenere in vigore tutte le altre restrizioni. «Abbiamo deciso di spendere questo piccolo tesoretto di cui disponiamo — ha aggiunto il ministro della Salute, Roberto Speranza, ripartendo dagli spiragli di miglioramento presentati dalla cabina di regia — per riaprire la scuola, per l’importante funzione sociale che ricopre».

Il botta e risposta con Salvini

Mentre Draghi parlava a Palazzo Chigi, il leader della Lega Matteo Salvini faceva trapelare il proprio disappunto per le anticipazioni della linea del governo che ipotizzavano una situazione in cui nessuna regione potrà tornare in giallo almeno fino all’inizio di maggio.

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Statali, arriva lo sblocca-concorsi: assunzioni in 100 giorni

venerdì, Marzo 26th, 2021

di Andrea Bassi

Il governo è pronto a sbloccare le prove selettive dei concorsi pubblici congelati a causa della pandemia. Nel “decreto Covid” che sarà approvato la prossima settimana, e che detterà le regole su aperture e chiusure a partire dal 6 aprile, sarà inserita una norma per “riattivare” la macchina delle selezioni pubbliche che era stata bloccata dalle regole stringenti dettate dal Cts, il Comitato tecnico scientifico, per contenere la pandemia. Già oggi, ha annunciato il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, ci sarà un incontro a Palazzo Chigi con i rappresentanti del Comitato tecnico scientifico, per stabilire delle regole che consentano di svolgere in sicurezza i concorsi.

L’idea sarebbe quella di utilizzare le strutture fieristiche presenti in ogni regione per consentire lo svolgimento delle prove. Prove la cui durata potrebbe essere limitata a una sola ora. Brunetta non ha voluto dire quanti saranno i concorsi e i relativi posti che saranno sbloccati dal decreto. «Un conto preciso», ha spiegato il ministro, «non lo conosciamo nemmeno noi». Secondo uno studio del Forum Pa, i concorsi bloccati riguarderebbero 125 mila posti, e per 90 mila di questi ci sarebbero già i bandi e le prove sarebbero dunque possibili. Tra questi ci sono il concorsone di Roma (1.500 posti), o quello per 3 mila dipendenti dell’Agenzia delle Entrate.

Ieri Brunetta, insieme al ministro del Sud Mara Carfagna, ha presentato anche il nuovo bando di concorso per l’assunzione a tempo determinato di 2.800 giovani specialisti il cui compito sarà quello di accelerare la spesa dei fondi europei di coesione nel Mezzogiorno. Assunzioni straordinarie per le quali Brunetta e Carfagna hanno ringraziato il precedente governo per aver stanziato i fondi (fu una battaglia dell’ex ministro del Sud Peppe Provenzano). Il concorso sarà bandito a inizio aprile e, ha promesso Brunetta, a luglio i vincitori saranno tutti assunti. Insomma, dal bando alla “scrivania” in soli 100 giorni. Un risultato che, ha spiegato il ministro, sarà possibile grazie alla nuova procedura semplificata che sarà messa in campo.

Come funzionerà, dunque, questo concorso-sprint? Ci saranno quatto passaggi. Innanzitutto gli interessati avranno 15 giorni di tempo per candidarsi una volta pubblicato il bando sulla Gazzetta Ufficiale. E lo dovranno fare accedendo alla piattaforma digitale «Step One 2019» di FormezPa.

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Draghi: “Ingannati da Big Pharma è l’ora di progettare gli eurobond

venerdì, Marzo 26th, 2021

Alessandro Barbera

Se l’Europa somigliasse un po’ di più agli Stati Uniti, se fosse una vera federazione con un vero bilancio e un debito comune, forse la vicenda dei vaccini sarebbe andata diversamente. E invece la gestione della pandemia è stata un pasticcio, «e i cittadini si sentono ingannati da alcune case farmaceutiche». Con il passare dei giorni Mario Draghi smette il guardaroba del banchiere centrale e si fa sempre più politico. La riunione a distanza dei capi di Stato dei Ventisette avrebbe dovuto avere in agenda molti temi, fra cui il delicato dossier russo. Ma l’irrisolta emergenza Covid e la paura per le infiltrazioni informatiche hanno costretto i leader ad accorciare l’agenda e a dedicarla quasi esclusivamente ad uno dei grandi fallimenti della storia dell’Unione.

Draghi davanti ai colleghi ripercorre l’ormai nota vicenda dei 29 milioni di dosi AstraZeneca stoccate nel deposito di uno stabilimento di infialamento ad Anagni. La segnalazione degli uffici della Commissione europea di Bruxelles, la telefonata al ministro della Salute Roberto Speranza, la lunga ispezione dei Nas dei Carabinieri. A quel punto Draghi, rivolto allo schermo, chiede a Ursula von der Leyen se quei vaccini poi spediti in parte in Belgio non possano restare almeno nell’Unione. «Le dosi prodotte nell’Unione saranno destinate alla Unione», risponde la tedesca. Le ispezioni hanno stabilito che si tratta di 16 milioni di dosi. Altri 13 milioni di fiale sono state prodotte invece in Cina e Corea del Sud. «Quelle non possiamo bloccarle» e sono destinate al programma Covax per i paesi poveri. Durante la prima riunione dei Ventisette da premier, Draghi si era detto dubbioso sul fatto che i cittadini europei avrebbero capito l’importanza di quel programma. Quei dubbi non sembrano aver avuto la meglio. Il giudizio di Draghi sul lavoro di questi mesi di von der Leyen non è lusinghiero, ma fra partner occorre fair play. D’altra parte nemmeno Angela Merkel è soddisfatta del lavoro della sua ex ministra, ed entrambi sanno che governare istituzioni complesse non è facile. I due, nonostante l’incidente dello stop non concordato alle somministrazioni di AstraZeneca, si sentono molto spesso e sono in sintonia. Entrambi sono convinti che con l’aiuto di Joe Biden si possa risolvere il problema delle forniture dei vaccini. Dall’altra parte dell’Atlantico sono custoditi milioni di dosi proprio del farmaco AstraZeneca, il cui utilizzo è bloccato dalla (finora) mancata autorizzazione dell’ente di controllo americano, l’Fda. La Casa Bianca ha deciso nel frattempo di inondare il mondo con un vaccino monodose simile per facilità d’uso a quello anglo-svedese, ovvero Johnson and Johnson. In Italia è già stato firmato un accordo per l’infialamento di quel prodotto in uno stabilimento laziale, i tedeschi hanno fatto un accordo simile allargato alla produzione.

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Ricordate: fiducia

venerdì, Marzo 26th, 2021

Mattia Feltri

Premetto di avere fiducia nella magistratura. In ogni caso, leggo uno spettacolare pezzo di Luciano Capone sul Foglio nel quale si dà notizia della prefazione apposta dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, a un libro secondo cui il Covid è un complotto mondiale concertato da Bill Gates, Soros, Rockfeller (uno dei tanti) in combutta con le industrie farmaceutiche e i vertici massimi del Vaticano. Calma, io ho fiducia nella magistratura. Nella tesi dei due autori di Strage di Stato – il libro introdotto da Gratteri – il Covid è un virus ridicolo, non ha ucciso nessuno, i vaccini sono acqua di fogna, e il grande inganno dipende dagli ebrei che comandano in tutto il mondo. Confermo con forza la mia fiducia nella magistratura. La falsa pandemia, insegnano gli illustri saggisti, è lo strumento per realizzare un colpo di stato globale e trasformare l’uomo in Ogm, o in cyborg governato dall’algoritmo, e nella contesa si fronteggiano Figli della Luce e Figli delle Tenebre.

Ho una solidissima fiducia nella magistratura. Il procuratore Gratteri – ieri ha precisato di non essere un negazionista, infatti il suo ufficio è colmo di plexiglas e sono tutti vaccinati – scrive che «nell’attenta esegesi del libro affiora un mosaico in cui ogni tassello trova la propria collocazione», e poi «quadro di plausibilità» e «angosciosi interrogativi degni di approfondimento nelle sedi competenti».

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“Ce lo dice Dante, ci riabbracceremo”. Il canto della speranza nella lettura di Benigni

venerdì, Marzo 26th, 2021

Michela Tamburrino

Il silenzio del Salone dei Corazzieri in Quirinale, anomalia per un luogo uso ad accogliere ospiti. Il volto gigantesco di Dante Alighieri a tappezzare il vuoto ci ricorda che qui si celebra il Dantedì, nel giorno presunto nel quale iniziò il suo viaggio ultraterreno. Un evento trasmesso in diretta su Rai1 con Roberto Benigni invitato a leggere il canto XXV del Paradiso.

A settecento anni di distanza dalla morte di Dante si sente il peso dell’oggi, persino nelle mascherine dei pochissimi presenti. Entra il Presidente Sergio Mattarella, che di Dante è un appassionato lettore fin dai tempi dell’adolescenza, con lui il ministro della Cultura Dario Franceschini. «Eviterei analogie tra l’Italia di Dante e l’Italia di oggi», aveva ammonito il Presidente in un’intevista sul Corriere della Sera, «sono figure che vanno esaminate sotto la luce dell’universalità più che dell’attualità, per la capacità di Dante di trascendere il suo tempo. Il lascito del Poeta sta nella particolare attitudine di penetrare nel profondo dell’animo umano». Ma è difficile non accostare il canto delle tre virtù teologali, tra le quali spicca la speranza, ai giorni d’oggi così tribolati.

Ci pensa l’ospite d’onore, il Premio Oscar Roberto Benigni, a riportarci quella speranza che per Dante è una certezza di beatitudine mai toccata dal dubbio. E la riporta al presente avvertendo: «Dante ci dice, ci riabbracceremo». Benigni è stato preceduto dalla formazione di musica antica Al Qantara, introdotto dalla giornalista Serena Bortone e da uno speciale nel quale parlano il Presidente Mattarella, il ministro Franceschini, che pone l’accento sulla via comune indicataci dal Poeta, gli esperti come lo studioso Andrea Riccardi che riporta il pensiero di Papa Francesco sul valore universale del messaggio dantesco.

Benigni finalmente arriva ed è festa. Ed è anche show con il Presidente che lo segue divertito. Dice il Premio Oscar: «L’abbraccerei per quanto l’ammiro. Mi tenga presente sempre, se ha bisogno di qualsiasi cosa, Presidente, io arrivo. Se un corazziere si ammala lo sostituisco, se ha bisogno del barbiere, mi vesto da corazziere e le faccio la barba. La vedo e dentro di me tutto danza». E ancora: «Apro le celebrazioni al Quirinale e ne sono onorato. Luogo politico adatto a Dante, che oltre a essere il Sommo Poeta era pure un politico di peso e di influenza e aveva partecipato ricoprendo ruoli importanti. Fino all’esilio, al cambio di bandiera, a dire basta con la politica. Fino a fondare un suo partito personale, il Pd, partito senza pace. E non ha mai vinto, in settecento anni, mai una volta». Il Partito dantesco come il nostro Pd.

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Se i Paesi vanno in ordine sparso

venerdì, Marzo 26th, 2021

Marcello Sorgi

Parlare di fallimento del vertice europeo dedicato ai vaccini, forse, è esagerato. Ma certo – nonostante l’impegno del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ha giocato un ruolo da protagonista, cercando fino all’ultimo di evitare una rottura – in confronto alle aspettative, il bilancio della giornata è modesto. Né valgono a cambiarlo i primi passi fatti in quella sede per il passaporto vaccinale, il documento che dovrebbe consentire presto una riapertura delle frontiere e un ritorno alla vita normale (o quasi).

Anche perché, se la campagna di vaccinazione procede a rilento in quasi tutti i Paesi membri, anche la concessione dei passaporti dovrebbe subire lo stesso ritmo.

Ci sono almeno due ragioni per cui l’Europa ancora una volta vacilla in uno dei momenti in cui dovrebbe mostrarsi più unita. La prima sono le evidenti divisioni: il cancelliere austriaco Kurz, insieme ai leader di Lettonia, Bulgaria, Slovenia, Repubblica Ceca e Croazia ha scritto alla presidenza della Commissione contestando il piano di ripartizione dei dieci milioni di vaccini Pfizer disponibili, una manciata di dosi rispetto agli oltre trecento milioni promessi per aprile. Kurz non è nuovo a gesti clamorosi e a rotture del confronto interno all’Unione. Di recente era andato a trattare con Israele per verificare la possibilità di acquistare separatamente un lotto di vaccini da distribuire in Austria. È evidente che ogni governo in questo momento affronta le stesse difficoltà su questa materia delicata (s’è vista la Merkel alle prese con il blocco di AstraZeneca). Sotto le pressioni di opinioni pubbliche nazionali sopraffatte dalla stanchezza, per oltre un anno di lockdown completo o progressivo, i leader cercano scorciatoie, oppure scaricano sull’Unione errori che sono anche dei singoli. Ieri non a caso il presidente dell’Europarlamento Sassoli ha ammonito che questi atteggiamenti non risolvono nulla. Eppure non è chiaro come queste divergenze possano essere superate, se manca la materia prima, cioè le dosi, e l’idea di spostare o aumentare la produzione in Europa richiede almeno un anno per approntare le strutture.

Nell’immediato c’è un problema AstraZeneca. L’azienda anglosvedese continua a dimostrarsi inadempiente e a non mantenere gli impegni contrattuali assunti prima dell’inizio delle campagne vaccinali. Nello stesso tempo, com’è accaduto sabato ad Anagni, vicino a Roma, si scoprono milioni di dosi nascoste, e destinate a territori diversi da quello europeo. La tentazione, in mancanza di atteggiamenti più seri, sarebbe ovviamente di procedere a nuovi sequestri, come quello che Draghi aveva imposto proprio ad AstraZeneca al primo segno di un mercato parallelo. Mandare un battaglione dell’esercito guidato dal generale Figliuolo e bloccare i caveau dei vaccini. Detta così, purtroppo, non si può fare: si rischierebbe un arrembaggio e una frattura, stavolta sì, definitiva, tra i partner dell’Unione. Ma il rischio che ogni Paese si muova da solo, da ieri, è diventato concreto. E gli sforzi per evitarlo di Draghi – che ha chiesto alla presidente della Commissione Von der Leyen di intervenire in modo energico con AstraZeneca – insieme a Macron e Merkel, non è detto vadano a buon fine.

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Draghi, nel nervosismo delle Regioni un sintomo di difficoltà

venerdì, Marzo 26th, 2021

di Massimo Franco

Il nervosismo delle Regioni di fronte alla sferzata arrivata due giorni fa da Mario Draghi è la conseguenza dell’incertezza sui tempi delle vaccinazioni. Il sospetto è che la richiesta fatta ieri di un incontro urgente col governo rifletta anche il timore dei cosiddetti «governatori» di entrare in conflitto tra di loro; con un’ansia che somma «colore» politico delle giunte, e «colore» definito dalla gravità dei contagi: entrambi destinati a proiettarsi sulla maggioranza. Ma la reazione, prima limitata al mugugno, ora istituzionale, è un segno di difficoltà e debolezza.

Gli enti locali vivono uno dei momenti di massima contestazione. La confusione e i ritardi nel contrasto al coronavirus sono un biglietto da visita sgualcito per alcune nomenklature e strutture regionali. E le critiche di Palazzo Chigi acuiscono la sensazione di un’ulteriore delegittimazione; e in prospettiva di un ridimensionamento dei loro poteri, e non solo in materia sanitaria. Chiedere un cambio di passo precisando che lo devono fare «insieme Governo e Regioni», è un modo per togliersi di dosso una parte di responsabilità; e per additare supposte inadempienze dell’esecutivo.

Si tratta di un protagonismo dei poteri locali che cresce in questa fase di unità nazionale, perché l’ipoteca dei partiti su Draghi è relativa. Dialogo e conflitto tra Stato e Regioni avvengono senza mediazioni. Si assiste così a manifestazioni di un malessere che riemerge come era accaduto in passato: anche se sembrava archiviato. In realtà, quando le cose marciano a rilento, il cortocircuito tra poteri ritorna quasi per forza di inerzia.

I contrasti tra Commissione europea e multinazionali farmaceutiche sulle forniture di vaccini sono catalizzatori di incertezza. E, a cascata, mettono in tensione i sistemi dei singoli Paesi. La conseguenza è di accentuare i difetti organizzativi, le contraddizioni e le distorsioni che in tempi normali alcune regioni, in particolare, riescono a velare o semplicemente non vedono. Ma se questo è lo sfondo, aumenta l’esigenza di riscrivere i rapporti e le competenze. Si indovina un difetto di fondo che emergenze come la pandemia rivelano e estremizzano.

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