Archive for Marzo, 2021

Letta e il partito che ha paura delle donne

martedì, Marzo 23rd, 2021

Francesca Schianchi

Nove giorni. Tanti sono bastati al Partito democratico per risvegliarsi dal clima di finta concordia inaugurato domenica 14, il giorno dell’elezione a segretario di Enrico Letta, e tornare alle consuete guerricciole per bande. Tanti sono bastati per rinnegare la volontà – spesso proclamata, altrettanto di frequente tradita – di riequilibrare la presenza di genere in posti di responsabilità e potere. E’ stato sufficiente che il leader appena richiamato dal suo esilio francese dicesse a chiare lettere quello che da giorni si sussurrava – chiederà un passo indietro ai due capigruppo di Camera e Senato, Delrio e Marcucci, e lo farà per proporre che siano due elette donne a prendere il loro posto – per scatenare nel partito una tensione sbalorditiva.

Riunioni, conciliaboli, i due diretti interessati che adottano una linea diversa – Delrio mette a disposizione il mandato, ma nelle mani del gruppo parlamentare, Marcucci si chiude in un silenzio rotto ieri sera dalla sua corrente, Base riformista, per confermargli fiducia. La vigilia dell’incontro di stamane del segretario con i gruppi Pd di Camera e Senato passa così, tra bracci di ferro dietro le quinte e ipotesi di rinvio del voto, una solerzia che ci si aspetterebbe applicata a più nobili cause. Uno spettacolo non edificante, energie sprecate appresso alla fatidica poltrona – mai come in questo caso l’abusato termine è calzante – mentre tutt’altre sono le priorità. E il rischio che, a soli nove giorni all’incoronazione bulgara del segretario, già il partito gli riservi la prima trappola, una riedizione in miniatura dei 101 che bocciarono Prodi e pugnalarono alle spalle Bersani, se dal voto a scrutinio segreto anziché i due nomi femminili invocati dal leader uscissero ancora una volta Delrio o, più probabile, Marcucci.

Eppure, a parole sono sempre tutti d’accordo sulla necessità, soprattutto al loro interno – nel partito che ambisce a essere portabandiera del progressismo italiano – di promuovere talenti e capacità femminili. Ieri è stato lo stesso Letta ad ammettere amaramente che “la squadra del Pd è una squadra di tutti maschi”. E’ passato appena un mese dalla (giusta) polemica sull’assenza di ministre donne del Pd nel governo Draghi, ferita solo parzialmente risanata con la nomina di cinque donne sottosegretarie su sei. In quei giorni recenti, è stato tutto un fiorire di dichiarazioni di intenti, e ammissioni di errori, e bisogna fare di meglio: il problema è quando dalle parole tocca passare ai fatti.

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Un tris d’assi nelle città, così i dem danno l’assalto alla campagna d’autunno

martedì, Marzo 23rd, 2021

Fabio Martini

Persino il “nuovo” Enrico Letta, decisionista come non lo era mai stato nella sua vita precedente, sul dossier-città si è preso tempo: «Ogni giorno ce n’è una nuova, ma sulle amministrative di ottobre mi sono preso una settimana…». Letta lo sa: sul voto nelle cinque grandi città (Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna) previsto ad ottobre il nuovo segretario non può permettersi errori: sulla campagna d’autunno si gioca una parte del proprio futuro. E ha già scoperto che in tre delle cinque città la situazione è confusa e potenzialmente pericolosa. Per venirne fuori, Letta sta coltivando l’idea di calare un “tris d’assi”, ma prima di farlo, vuole preparare il terreno.

Partendo da scoperte inattese. La prima riguarda Roma: leggendo i sondaggi fatti ad arte (di solito quelli che non sono resi pubblici) si scopre che Virginia Raggi, a dispetto della cattiva “stampa”, nelle periferie gode di una popolarità che può proiettarla al secondo turno. E da un sondaggio riservatissimo (commissionato dal Pd dieci giorni fa) emerge che c’è un solo candidato in grado di battere sia la sindaca che il centro-destra. Il suo nome è Nicola Zingaretti. La seconda “notizia” riguarda Napoli: non è vera la diceria secondo la quale il presidente della Camera Roberto Fico sarebbe indifferente all’idea di diventare sindaco, perché è vero il contrario: gli piacerebbe assai. Fico, come ha confidato a quattr’occhi a Letta, non sta brigando, ma è legatissimo alla sua città e gli piacerebbe diventarne il sindaco. La terza “notizia” riguarda Torino: il Pd locale, che in questi anni ha condotto una battaglia persino a colpi di carte bollate contro la sindaca Chiara Appendino, è asserragliato su un candidato di partito: gli sherpa di Letta si sono mossi proprio per rompere questo schema che può portare alla sconfitta. Facendo pervenire in questi giorni un’istanza informale (ma forte) al personaggio in grado di chiudere la partita per indiscusso prestigio: il rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco.

E proprio partendo da questi “semilavorati” – tipici del Pd della stagione appena conclusa – Letta sta preparando lo schema di gioco: «Se si va da soli si perde: un discorso comune con i Cinque stelle significa avere candidati condivisi alle amministrative». In altre parole: la sintesi va trovata prima e non tra primo e secondo turno. Ove possibile. Per Napoli Letta sa che il Governatore De Luca è contrarissimo all’ipotesi di Roberto Fico. Ovviamente perché De Luca non vuole che siano altri a decidere a “casa” sua. E d’altra parte il Governatore è stanco di «fare il sindaco di Napoli come secondo lavoro». De Luca pensa che Napoli abbia bisogno di un «sindaco che fa il sindaco» e per questo diffida di Fico.

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I sette nani

martedì, Marzo 23rd, 2021

Mattia Feltri

Qui ci si occupa spesso di Matteo Salvini, e spesso ce ne si occupa per biasimarlo. Non spesso, quasi sempre. E per biasimarlo persino troppo. Si è un po’ esagerato anche nei toni per cui oggi lo dico con particolare entusiasmo: bravo Matteo! Chi sbaglia paga, ha detto, come legge scolpita nel marmo, a proposito delle lentezze nelle vaccinazioni (la media nazionale è dell’82.4 per cento di vaccini inoculati sulla disponibilità, e sono sette le regioni sotto media). E allora bene Matteo, chi sbaglia paga (la prima regione sotto media è il Friuli, 82 per cento, guidata dal leghista Massimiliano Fedriga). Anzi, benissimo, chi sbaglia paga (la seconda regione è l’Umbria, 81.6 per cento, guidata dalla leghista Donatella Tesei).

Grande Matteo, da ora in poi chi sbaglia paga (la terza regione è il Veneto, 80.1 per cento, guidata dal leghista Luca Zaia). Così si fa perbacco, chi sbaglia paga (la quarta regione è la Lombardia, 78.3 per cento, guidata dal leghista Attilio Fontana). Queste sì che sono parole da leader, chi sbaglia paga (la quinta regione è la Calabria, 71.5 per cento, guidata dal leghista Antonino Spirlì).

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Draghi accelera: “Le Regioni si adeguino”. Piattaforma unica per prenotare i vaccini

martedì, Marzo 23rd, 2021

alessandro barbera paolo russo

Fatti gli sforzi possibili per accelerare le consegne da parte delle aziende farmaceutiche, Mario Draghi affronta l’altro grande problema della campagna vaccinale: l’efficienza delle Regioni nell’organizzarla. Il disastro della Lombardia è solo la punta dell’iceberg. E non è nemmeno un problema di somministrazioni, visto che la gran parte delle sanità territoriali ha finora utilizzato tre dosi su quattro. Ciò che impressiona il premier sono le disparità fra classi di età: basti dire che la fascia 70-79 anni è la meno vaccinata: 322 mila persone contro le 574 mila del gruppo 20-29 anni. Di qui il messaggio del premier alle Regioni: occorrono regole più uniformi. Il primo passo è aderire ad una piattaforma unica di prenotazioni, quella di Poste italiane. Nasce ai tempi della gestione dell’ex commissario Domenico Arcuri, per il momento è utilizzata da cinque Regioni: Sicilia, Calabria, Marche, Abruzzo, Basilicata. Di qui a poco sarà implementata dalla Lombardia, ma Draghi ha consigliato di aderire a tutte quante. Se non lo faranno, è disposto a imporlo con una norma di legge.

Le ragioni della sua determinazione sono almeno due. La prima: la piattaforma unica di Poste permetterebbe di moltiplicare le prenotazioni tramite Postamat, call center, o il terminale a disposizione dei postini che consegnano la corrispondenza. Non solo: un sistema centralizzato garantisce di verificare in tempo reale il numero degli immunizzati e di inserire il nome del singolo paziente nell’anagrafe vaccinale, in vista di un patentino. Una banca dati unica permette infine maggiore equità, impedendo le sperequazioni di oggi verso i pazienti più fragili, in alcune Regioni finiti alle spalle di giovani ricercatori e dottorandi. Giannini: “Sui vaccini ritardi inaccettabili: Draghi non esiti a scavalcare le regioni, la Costituzione glielo consente”

Oggi, al momento della prenotazione i due milioni di malati «estremamente vulnerabili» trovano una lista di patologie con relativo codice di esenzione diverso da Regione a Regione. E ciò accade nonostante l’ultimo Piano vaccinale elenchi con dovizia di dettagli le malattie che rendono il Covid una minaccia mortale. In questo modo, anche se attraverso i siti regionali, il sistema sarebbe unico e così la scaletta delle priorità. «Dovrà essere per tutti quella stilata dal Piano nazionale», è il messaggio ai governatori dopo il vertice a Palazzo Chigi con il commissario Francesco Figliuolo e il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio.

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Guido Bertolaso: «Qui senza poteri. Sono esausto per l’impegno e dopo l’ultima dose torno a fare il nonno»

martedì, Marzo 23rd, 2021

di Stefano Landi

Guido Bertolaso: «Qui senza poteri. Sono esausto per l'impegno e dopo l'ultima dose torno a fare il nonno»

È circondato da mappe. Ogni centimetro del territorio lombardo colorato a seconda dell’incidenza del contagio. Sulla scrivania, il risiko delle vaccinazioni. Guido Bertolaso il 2 febbraio ha accettato di diventare il consulente della Regione per la campagna vaccinale. Era a casa a disegnare con la nipotina. Lo hanno chiamato come uno di quei calciatori a cui si chiede di fare la differenza in una partita in salita.

Si è già pentito?
«No, sono un osso duro. Però mi sento in discussione ogni giorno».

È il secondo atto della sua avventura lombarda. Cosa ricorda del marzo scorso?
«In questi giorni ero ricoverato con il Covid. Per l’ospedale in Fiera ho ricevuto attacchi di ogni genere. Ora che è diventato un argine decisivo per le terapie intensive non la vivo come una rivincita. Solo come la cosa giusta da fare».

Ha attaccato per primo Aria: era la cosa giusta da fare lasciare la piattaforma che gestisce le prenotazioni dei vaccini?
«Mi ero accorto che qualcosa non funzionava il giorno che abbandonarono 300 anziani convocati per errore. Ma le sembra possibile che qualcuno non venga chiamato ed altri mandati a 60 chilometri da casa per farsi vaccinare?».

Un altro duro colpo per l’immagine di eccellenza sanitaria lombarda?
«Era un sistema che funzionava male e andava cambiato: siamo atterrati su Marte, non possiamo non gestire delle prenotazioni via sms».

Riconosce una matrice politica nelle critiche?
«L’emergenza sanitaria non può avere bandiere. Nella mia vita ho lavorato con 4.500 sindaci e non mi sono mai chiesto di che partito fossero. Nessuno crede che in questo Paese si possa seguire un ideale comune».

Intanto in Israele vaccinano la gente al pub davanti a una birra. Al netto delle differenze, si aspettava una campagna con meno buche burocratiche?
«Onestamente sì: basta guardare il plico di 11 pagine che va compilato prima dell’iniezione. Succede solo in Italia. Facciamo i check-in online, dobbiamo digitalizzare queste procedure».

Senza AstraZeneca non si raggiunge l’immunità di gregge. Ha paura delle ripercussioni psicologiche dopo lo stop della settimana scorsa?
«Le rinunce sono intorno al 10%. Man mano aumenterà la fiducia. Anch’io ho un figlio e un nipote a Londra. Mi hanno chiesto un parere: gli ho detto di correre a vaccinarsi».

Cosa la preoccupa?
«Fra poche settimane dovremo far convivere tre diversi vaccini. Una grande risorsa, ma anche un rischio di ingolfamento pratico».

Non percepisce il senso di sfiducia di un’intera generazione?
«Posso promettere che entro l’11 aprile tutti gli over 80 saranno vaccinati. Il piede è sull’acceleratore. Ma già ora in Lombardia sono stati vaccinati un quinto del totale italiano: stiamo rispettando le proporzioni. I numeri non si possono manipolare».

Qualcuno sperava nei suoi superpoteri…
«Ma qui non sono nessuno: non posso firmare un pezzo di carta, non posso stanziare un euro. Dovrei stare all’ultimo piano di Palazzo Lombardia a dire cosa mi sembra giusto o sbagliato. Invece sono qui a incastrare numeri. A rispondere ai cittadini. Con un po’ di autorevolezza, ma senza autorità».

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Lombardia, la reputazione perduta

martedì, Marzo 23rd, 2021

di Giangiacomo Schiavi

C’era un’immagine fino a ieri associata alla Lombardia: pratica, solida, efficiente. Non c’è più. La pandemia l’ha sfigurata. Davanti a migliaia di anziani delusi e sofferenti in attesa del vaccino è difficile riconoscere la regione più dinamica d’Italia, il motore del fare, la locomotiva che dovrebbe trainare il Paese.

La fallimentarecatena di comando e l’incapacità di Aria, la struttura chiamata a gestire il piano di vaccinazione degli ottantenni, sono un brutto colpo per l’organizzazione sanitaria e per il capitale reputazionale su cui la Lombardia ha
sempre fatto affidamento. C’è da augurarsi che il tardivo tampone del presidente Fontana con l’azzeramento dei vertici di Aria e il passaggio delle prenotazioni alle Poste italiane rimetta in sesto il traballante meccanismo che ha disorientato un po’ tutti, da Milano a Como a Cremona. Ma la disfatta della burocrazia amministrativa che fa capo alla giunta di centrodestra che governa la Regione non può essere liquidata con qualche testa che rotola o con un cerotto bagnato sulle ansie e le paure dei cittadini in lista d’attesa. Per troppi giorni sono mancate le risposte sulle procedure adottate e sull’assegnazione dei vaccini di volta in volta disponibili agli ultraottantenni e alle persone con fragilità. Il criterio di anzianità decrescente non è stato rispettato.
L’anarchia delle chiamate ha creato angoscia e smarrimento. I medici di famiglia
non sono stati messi nelle condizioni di rispondere ai loro pazienti. Alcune categorie professionali sono state ingiustamente privilegiate. Per settimane, davanti a una semplice richiesta di informazioni, i vertici della regione più ricca d’Italia hanno recitato una scena di Aspettando Godot.
Dicevano: andiamo. Ma rimanevano immobili. Divisi nei rispettivi palazzi il presidente Fontana e l’assessore Moratti. Separati in casa il commissario Bertolaso e l’assessore Caparini. Incapaci di fronteggiare l’emergenza i vertici di Aria. Una sensazione di impotenza già vista nella prima fase della pandemia e giustificata dalla violenza del virus, ripetuta per la vaccinazione antinfluenzale con i bandi sbagliati costati la testa dell’assessore Gallera. Inaccettabile nella terza fase, dopo un energico rimpasto di giunta e il cambio di un altro direttore generale della Sanità (il terzo dall’inizio della pandemia). Perché la Lombardia non fa più la Lombardia?, hanno scritto centinaia di cittadini al Corriere.

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Usa, stragi di massa: ora l’America aspetta che Joe Biden intervenga

martedì, Marzo 23rd, 2021

di Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington

Due stragi in una settimana. Otto morti ad Atlanta, martedì 16 marzo; 10 a Boulder, in Colorado, lunedì 22. Le indagini sono ancora in corso e non conosciamo fino in fondo i moventi dei due killer. Ad Atlanta sono state uccise sei donne asiatiche che lavoravano nei centri messaggi; a Boulder, un sobborgo di Denver, i clienti di un supermercato. La doppia carneficina, però, ha scosso l’opinione pubblica, offuscando le buone notizie in arrivo dal fronte dei vaccini e dalla campagna di somministrazione.

Ora il Paese, come si vede dai primi commenti sulla rete, sui siti dei giornali e in tv, si aspetta l’intervento di Joe Biden. Nella piattaforma elettorale del presidente americano c’è un lungo capitolo dedicato al controllo delle armi. Sappiamo che la vendita e il possesso sono garantiti dal Secondo Emendamento della Costituzione. Biden non vuole, né potrebbe, scardinarlo. Negli Stati Uniti non esiste una maggioranza politica per rimetterlo in discussione (per iniziare la procedura occorrono i due terzi dei parlamentari di ciascuna Camera). Ma il partito democratico sta provando da anni a introdurre vincoli più stringenti in una delle legislazioni più complicate e piene di scappatoie dell’intero ordinamento.

Nel 2018 era nato un vibrante movimento, guidato dai ragazzi e dalle ragazze, sopravvissuti all’eccidio di 14 i studenti del liceo di Parkland, in Florida. Sembrava la volta buona. Grandi manifestazioni a Washington, provvedimenti di leggi pronti in Congresso. La Camera, controllata dai democratici, approvò alcune misure: controllo più approfondito e con più tempo a disposizione sugli acquirenti di armi. I disegni di legge vennero, però, bloccati dai repubblicani che controllavano il Senato. Ora, con il Congresso nelle mani dei democratici, quei provvedimenti potrebbero passare: c’è già il via libera della Camera, manca quello del Senato.

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Covid, vertice Draghi-Curcio-Figliuolo sul piano vaccini | Un milione di dosi Pfizer distribuite alle Regioni entro 24 ore

martedì, Marzo 23rd, 2021

Sulla campagna anti-Covid che stenta a decollare un’accelerata arriva con il milione di dosi Pfizer che verranno distribuite martedì alle Regioni. Le fiale, destinate a over 80 e categorie più fragili, si aggiungono alle 333.600 dosi di Moderna distribuite lunedì e alle 279mila di AstraZeneca il cui arrivo in Italia è previsto mercoledì. E’ quanto è emerso dalla riunione a Palazzo Chigi tra il commissario per l’emergenza Figliuolo, il premier Mario Draghi e il capo della Protezione civile Curcio.

Alla fine del primo trimestre saranno in tutto oltre 14 milioni i vaccini distribuiti. Dopo la battuta d’arresto della scorsa settimana, per il blocco subito da AstraZeneca, il primo problema affrontato nel corso del vertice a Palazzo Chigi è stato l’approvvigionamento. Leggi Anche

Ad oggi sono più di 2,8 milioni le persone fragili vaccinate a livello nazionale, “con una tendenza in salita grazie alle ultime consegne”, assicura il generale Figliuolo. Ma non basta, e non sono sufficienti le attuali 200mila somministrazioni quotidiane per il cambio di passo promesso dal governo.

Cambiano i colori, la nuova mappa delle restrizioni in Italia

La richiesta di vaccini – Se si vuole arrivare a mezzo milione di dosi al giorno in meno di un mese, bisogna sciogliere tutti i nodi che ancora rallentano le immunizzazioni. Da Nord a Sud, i governatori chiedono più vaccini anti-Covid, ma le somministrazioni non procedono tutte allo stesso passo e alcune Regioni, come la Lombardia, restano sorvegliate speciali. Dopo il caos prenotazioni, con hub semi vuoti a fronte di centinaia di dosi pronte, il presidente Attilio Fontana cambia i vertici di Aria, l’agenzia regionale che gestisce il sistema.

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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 22 marzo: 13.846 nuovi casi e 386 morti

lunedì, Marzo 22nd, 2021

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 22 marzo: 13.846 nuovi casi e 386 morti

Sono 13.846 i nuovi casi di coronavirus in Italia (ieri sono stati +20.159, qui il bollettino). Sale così ad almeno 3.400.877 il numero di persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (compresi guariti e morti) dall’inizio dell’epidemia. I decessi odierni sono 386 (ieri sono stati +300), per un totale di 105.328 vittime da febbraio 2020. Le persone guarite o dimesse sono complessivamente 2.732.482 e 32.720 quelle uscite oggi dall’incubo Covid (ieri +13.526). Gli attuali positivi — i soggetti che hanno il virus — risultano essere in tutto 563.067, pari a -8.605 rispetto a ieri (+6.219 il giorno prima). La flessione degli attuali positivi di oggi — con il segno meno davanti — dipende dal fatto che i guariti, sommati ai decessi, sono in numero maggiore rispetto ai nuovi casi.

I tamponi e lo scenario

I tamponi totali (molecolari e antigenici) sono stati 169.196, ovvero 107.890 in meno rispetto a ieri quando erano stati 277.086. Mentre il tasso di positività è 8,2% (l’approssimazione di 8,18%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti più di 8 sono risultati positivi; ieri era 7,3%. Qui la mappa del contagio in Italia.

Meno contagi in 24 ore rispetto a ieri. Succede ogni lunedì: la curva tocca il punto più basso della settimana nella sua altalena, a causa di pochi tamponi (il minimo di analisi processate, che sono quelle domenicali). Per esempio, lo scorso lunedì (15 marzo) sono stati registrati +15.267 casi con un tasso di positività dell’8,5% (la percentuale più alta da quando sono stati introdotti i test rapidi il 15 gennaio). Oggi, il rapporto di casi/test sale all’8,2% dal 7,3% di domenica — capita con meno tamponi, perché si cerca in modo più mirato — però in confronto a quello di lunedì scorso (8,5%) è più basso. Ci sono piccoli segnali di un rallentamento dell’epidemia, ma la curva deve scendere. «I numeri ci stanno dicendo che siamo ancora nel pieno della terza ondata — ha detto Nino Cartabellotta , presidente di fondazione Gimbe, ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta su Radio Cusano Campus —. Bisogna avere pazienza e prudenza. Si tratta di un equilibrio molto fragile, perché il virus sta circolando in maniera ancora importante nel nostro Paese».

È L’Emilia-Romagna la regione più colpita per numero di nuove infezioni (+2.118), seguita dalla Lombardia (+2.105) con un dato dimezzato rispetto a ieri — portando i casi totali dall’inizio dell’emergenza a 700.025 —, grazie a oltre 21 mila tamponi, ossia il numero di test regionali più alto della giornata. Ad avere un incremento a quattro cifre sono: Piemonte (+1.521), Lazio (+1.407), Campania (+1.313) e Toscana (+1.140). Tutte le altre regioni hanno un incremento a due o tre cifre.

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Salvini e Meloni chiedono le dimissioni di Morra per il blitz all’Asp di Cosenza

lunedì, Marzo 22nd, 2021

“Il dottore Marino mi ha riferito di quanto avvenuto sabato con il senatore Morra e che hanno avuto uno scambio di vedute al termine del quale ha avvertito un malessere ed ha preso dei giorni di malattia delegando un suo sostituto”. Lo ha detto il commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza Vincenzo La Regina confermando la notizia riportata da organi di stampa dell’intervento del senatore Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, negli uffici del Dipartimento di prevenzione dell’Asp cosentina.

Il parlamentare avrebbe lamentato l’impossibilità di prenotare telefonicamente il vaccino per i suoceri ottuagenari e lamentato l’inefficienza nella campagna vaccinale. Un incontro dai toni accesi durante il quale, secondo quanto riferito da alcuni dei presenti, gli uomini della scorta di Morra hanno anche identificato alcuni dei dipendenti dell’Asp. Il capo della task Force, Mario Marino, ha accusato un malore tanto da mettersi in malattia come riferito oggi da La Regina. Nessun commento è venuto dal commissario per la sanità in Calabria Guido Longo, impegnato stamani negli stati generali sull’emergenza Covid convocata a Catanzaro dal presidente della Regione Nino Spirlì ed alla quale partecipa anche La Regina. “Nessun commento” ha detto ai giornalisti. Spirlì, invece, alla domanda dei cronisti ha risposto: “Morra chi?”.

“Incapaci”. Così il senatore Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, avrebbe appellato i funzionari dell’Asp di Cosenza presenti nel dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza al momento della sua “irruzione”. A riferirlo alcuni dei presenti. Morra, secondo quanto ricostruito dai presenti, si sarebbe rivolto al direttore di Igiene pubblica e Direttore del dipartimento di prevenzione Mario Marino ed ai medici dello staff definendoli “incapaci” di gestire la somministrazione dei vaccini, incolpando Marino perché due suoi parenti ultraottantenni non erano ancora stati chiamati per la somministrazione del vaccino e che da diversi giorni al numero verde per le prenotazioni non rispondeva nessuno. Marino avrebbe tentato di spiegare a Morra che da quattro giorni, per le vaccinazioni, è partita la piattaforma informatica regionale, dunque, il numero verde non è più attivo, ma il presidente della Commissione antimafia non avrebbe inteso ascoltare e anzi avrebbe chiesto agli agenti di scorta di identificare i dirigenti in servizio. Quindi se ne sarebbe andato sbattendo la porta. 

Salvini e Meloni chiedono le dimissioni di Morra.

“Secondo quanto riportano alcune testate, il Presidente della commissione Antimafia Morra, lo stesso che non molto tempo fa insultò vergognosamente la memoria di Jole Santelli, si sarebbe presentato con la scorta negli uffici della centrale operativa territoriale dell’azienda sanitaria di Cosenza lamentandosi che alcuni suoi parenti non sarebbero ancora stati vaccinati. Per la stampa, a questo si sarebbero aggiunte offese di Morra al personale sanitario e richieste di identificazioni da parte della scorta nei confronti dei medici presenti. Una persona avrebbe avuto anche un malore a seguito del blitz. Andremo fino in fondo a questa vicenda e se tutto ciò corrispondesse al vero Morra farebbe bene a dimettersi immediatamente: un comportamento del genere è inaccettabile e indegno per qualsiasi rappresentante delle Istituzioni, figuriamoci per il Presidente della commissione Antimafia”. Lo scrive su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

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