Archive for Marzo, 2021

Un Presidente nel Paese dei furbetti

mercoledì, Marzo 10th, 2021

di MICHELE BRAMBILLA

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La forza di una fotografia

Guardate la foto qui a fianco. 

Ritrae Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica, mentre aspetta – in una sala d’attesa dello Spallanzani, a Roma – di essere vaccinato contro il Covid. Accanto a lui altri suoi coetanei, opportunamente distanziati. L’ambiente è quello che è. Sedie da ospedale, cestini dei rifiuti in vista. E lì, in mezzo, il Capo dello Stato.

In fila come un comune cittadino, insieme ad altri comuni cittadini. Nessun trattamento di favore e nessuna precedenza. Il presidente Mattarella compie 80 anni in luglio e in questi giorni nella sua regione, il Lazio, stanno vaccinando quelli della sua età. Ci sarà chi dirà: questa foto è propaganda, è demagogia. 

E lo dirà perché quando qualcuno si comporta in modo virtuoso dobbiamo sempre trovare il pelo nell’uovo, dobbiamo avanzare dubbi, sospetti, maldicenze. “Se l’ha fatto avrà il suo tornaconto”, diciamo sempre di chi fa del bene, perché così esorcizziamo il nostro senso di colpa per non aver fatto altrettanto; così troviamo un alibi per la nostra accidia. Parlar male degli altri ci fa meschinamente sentire migliori. Ma i fatti hanno una loro ostinazione, e i fatti dicono che il presidente della Repubblica, nonostante il proprio ruolo, ha rispettato l’attesa e la fila come un qualsiasi cittadino; e s’è fatto vaccinare dopo tante categorie ritenute più essenziali del Capo dello Stato: gli operatori della sanità, molti impiegati amministrativi, gli insegnanti, i volontari eccetera.

Altri Grandi hanno fatto sapere, “per dare l’esempio”, di essere stati vaccinati, ma delle loro vaccinazioni non abbiamo immagini: forse sono state fatte nelle loro residenze. E non c’è niente di male, sia chiaro. Ma c’è molto di bene, e soprattutto di bello, se il Presidente della Repubblica va a farsi vaccinare in un ospedale pubblico in orario normale e in compagnia di cittadini normali.

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“Sinistra snob? Non c’è niente di male. Il Pd è un’oligarchia che si parla addosso”

mercoledì, Marzo 10th, 2021

di GIORGIO COMASCHI

Via Zamboni, a un tiro di fionda dalle Due Torri, sul campanello c’è scritto SB. Che vuol dire Stefano Bonaga, filosofo e docente a Scienze della Formazione. Uomo di cultura, uomo di traverso, uomo da sempre fra Bologna e il mondo. Parte con una battuta. “Suona SB sul campanello, che purtroppo sono anche le iniziali di Silvio Berlusconi…”. Chiacchiere nel terrazzino sui tetti rossi, perché non fa freddo.

Stefano, perché adesso si associa al Pd la parola ‘snob’?

“Mi diverte una cosa. Apprezzo l’espressione radical-chic, che viene usata normalmente in maniera offensiva. Spero che qualcuno me lo dica per rispondere il contrario e cioè ’superficial-cafone’. Perché il pensiero dovrebbe essere radicale e anche elegante. Non c’è niente di male”.

Sì ma snob? Non è un bel termine.

“È vero che il Pd ha raccolto molti voti nelle zone ricche. D’accordo, ma dico una cosa seria. Fra sinistra e destra c’è una struttura insopprimibile. La destra è un paradigma della politica in cui c’è uno a cui si dà la fiducia e che guida i cittadini passivi. Il modello della sinistra è qualcuno che coinvolge i cittadini nell’attività del processo della democrazia. La deriva dei partiti che hanno rinunciato alla loro funzione di sollecitazione alla costruzione della società da parte dei cittadini, produce questa impotenza della politica”.

La sinistra ha perso il senso di sinistra, vuoi dire?

“Essere di sinistra non è dire qualcosa di sinistra. Adesso la destra in fondo adotta lo stesso modello di costruzione della società coi cittadini. Il Pd ha rinunciato a questo ed è la sua debolezza. Una volta lavoravi 20 anni sul territorio e andavi in parlamento. Oggi invece si pesca così, molto a caso”.

Quindi il Pd cos’è diventato?

“Hai presente un taxista senza macchina? Ecco. Cosa fa lei? Il taxista. E il taxi dov’è? Non ce l’ho. Il gruppo dirigente è un gruppo che dirige se stesso. E non ha la macchina”.

Ma perchè adesso si va dalla D’Urso a dire le cose?

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“Mondo di mezzo”, 10 anni a Carminati (che resta libero) e 12 a Buzzi nell’Appello bis

mercoledì, Marzo 10th, 2021

di Valentina Errante

Arriva dopo sette anni dall’inchiesta la sentenza d’Appello bis sul “Mondo di Mezzo“, dopo che  il 22 ottobre di due anni fa la Cassazione ha fatto cadere l’accusa di mafia e smentito l’impianto della procura nell’inchiesta ordinando un processo d’appello bis per il ricalcolo delle pene. Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, protagonisti del maxi processo, erano in aula e non da detenuti ma da liberi, essendo scaduti i termini di custodia cautelare. Sono loro, per la Cassazione, il vertice delle due associazioni a delinquere semplici. Carminati è stato condannato a 10 anni, Buzzi a 12 anni e 10 mesi . Cinque anni all’ex consigliere Luca Gramazio.

“Mondo di mezzo”, appello bis: il pg chiede 11 anni per Carminati

Il processo d’Appello bis per il ricalcolo delle pene per 20 imputati si è aperto lo scorso 8 settembre, a quasi un anno dalla sentenza della Cassazione. In aula si sono ritrovati fianco a fianco Buzzi e Carminati. Entrambi sono tornati liberi la scorsa primavera per decorrenza termini. L’ex Nar è stato scarcerato dopo avere svolto 5 anni e 7 mesi di detenzione preventiva una parte della quale, fino al luglio del 2017, in regime di 41 bis, il carcere duro. Al momento nei confronti di Carminati non sono arrivati nuovi provvedimenti restrittivi da parte della Corte d’Appello o della Procura ed è stato disposto l’obbligo di dimora. 

Tredici imputati hanno ottenuto di concordare la pena. Tra loro l’ex consigliere regionale Luca Gramazio per una pena definitiva a 5 anni e 6 mesi, per Franco Panzironi 3 anni e 6 mesi. Per Riccardo Brugia 6 anni mentre per Fabrizio Franco Testa 5 anni e 6 mesi, Matteo Calvio 5 anni e 7 mesi, Paolo Di Ninno 3 anni 8 mesi e 10 giorni, Alessandra Garrone (moglie di Buzzi) 2 anni 9 mesi e 10 giorni, Claudio Caldarelli 4 anni e 5 mesi. Assolti, invece, Angelo Scozzafava e Antonio Esposito. 

Le richieste 

Il procuratore generale Pietro Catalani  aveva chiesto nelle scorse udienze di condannare Carminati a undici anni e un mese e Salvatore Buzzi a 12 anni, 8 mesi e 20 giorni di reclusione.

Le reazioni

«Con questa sentenza il mio assistito è sotto il limite che consente una misura alternativa e quindi potrebbe non tornare più in carcere», commenta Cesare Placanica difensore di Carminati. Dal canto suo Buzzi, presente in aula come l’ex estremista nero, ha affermato che la condanna «è molto più dura di quanto ci aspettavamo perché la corte ha considerato più grave il reato di associazione a delinquere semplice. Faremo ricorso nuovamente in Cassazione».

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Lockdown a Pasqua, Cts: weekend in zona rossa, ma il governo frena. Stato d’emergenza, ipotesi proroga a settembre

mercoledì, Marzo 10th, 2021

di Marco Conti

La curva dei contagi non accenna a calare, soprattutto in Lombardia, qualche novità potrebbe arrivare tra domani e dopo, ma pare tramontata la stagione dei Dpcm quotidiani. D’altra parte il Comitato tecnico scientifico è un organo consultivo ed è improprio trasformare i pareri – destinati al ministero della Sanità – in decisioni già assunte dal governo che invece si muove con cautela, attenzione per i tempi e con un occhio soprattutto alle vacanze pasquali che potrebbero rappresentare la prima occasione di “fuga di massa”.

L’obiettivo

Malgrado un certo agitarsi di esperti e virologi, per sapere se qualcosa realmente cambierà si dovrà quindi attendere la consueta riunione del venerdì nella quale il ministro della Salute Roberto Speranza fornisce i dati settimanali, si procede allo spostamento nelle fasce delle regioni che superano i parametri sempre con il necessario preavviso e si valuta l’adozione di ulteriori misure.

Nel parere del Cts – fornito dai Ventisette dopo tre ore di riunione – si leggono varie proposte restrittive e anche se si dice di voler mantenere lo schema delle fasce e si esclude il lockdown nazionale, la somma dei suggerimenti di fatto molto vi somiglia e ha come obiettivo anche le vacanze pasquali che potrebbero risultare – complice il bel tempo – un’occasione non da poco per spostamenti tra regioni. L’allarme è anche del presidente dell’Anci Antonio De Caro: «Servirebbe evitare che durante le feste qualcuno si possa spostare e aumentare i contagi». Il Cts suggerisce di fatto al ministro Speranza di abolire la zona gialla per la quale si chiede un deciso rafforzamento delle misure restrittive a cominciare dalla chiusura dei locali pubblici. Inoltre si propongono fine settimana rossi per tutti come è accaduto a Natale e l’istituzione in automatico delle zone rosse appena si supera la soglia dei 250 casi su 100 mila. Salterebbe quindi la discrezionalità delle singole regioni e la possibilità di chiusure provinciali, che però i presidenti non sembrano disposti a mollare. Per le zone rosse provinciali niente deroghe e quindi chiusura non solo delle scuole ma anche dei locali pubblici.

A preoccupare gli esperti non è solo la situazione delle terapie intensive, ma soprattutto la velocità con la quale si diffonde la variante inglese del virus e da qui la necessità di riattivare il tracciamento. L’ultimo Dpcm è però di una decina di giorni fa e nel governo c’è chi fa notare che gli effetti delle misure in esso contenute – come le scuole chiuse anche se in fascia gialla – hanno bisogno di tempo per produrre effetti. Ovviamente anche il Cts sottolinea l’urgenza di accelerare la campagna vaccinale il cui andamento lento dovrebbe consigliare – sostengono – un irrigidimento delle misure di contenimento. Il Comitato – come sette giorni fa – torna a proporre la linea dura, considerando la curva in rialzo dei contagi e gli ospedali in sofferenza con le terapie intensive al di sopra della soglia critica in tante regioni. Restrizioni e chiusure per limitare i contatti interpersonali perchè, a giudizio del Cts, le misure attualmente in vigore non bastano. 

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Un super-decreto per lanciare il Recovery: “Assunzioni e nuovi professionisti nella Pa”

mercoledì, Marzo 10th, 2021

AMEDEO LA MATTINA

ROMA. Renato Brunetta frena sullo smart working ma accelera su tutto il resto. Per il governo lo strumento sarà quello che il ministro della Pa chiama «decretone». Correre, fare presto, farsi trovare pronti all’appuntamento storico del Recovery Fund che l’esponente di FI considera il «grimaldello» per la transizione ecologica e digitale. E per trasformare le strutture dello Stato in una macchina moderna ed efficiente. Tutto questo richiede nuove figure professionali e un profondo svecchiamento.

È una questione politica di primaria importanza, in cui il governo Draghi si gioca tutto, più impellente delle classiche riforme costituzionali. È urgente uscire dalla crisi economica a passo di carica. La chiave di volta sarà la mutazione della Pubblica amministrazione che Brunetta considera «il volto della Repubblica che si presenta tutti i giorni ai cittadini». È una missione che purtroppo è sempre fallita. Mancanza di volontà politica e freni dei sindacati, ma sicuramente anche scarsità di risorse. Ora i soldi ci sono. Ma «il sistema di accesso e di reclutamento deve cambiare radicalmente e non nei prossimi anni, ma nei prossimi mesi altrimenti il sistema non solo è bloccato, ma è morto. Reclutamento – ha spiegato Brunetta – vuol dire turn over. Io stesso in momenti di crisi l’ho dovuto bloccare: questa è una misura estrema. Adesso abbiamo un’occasione. Abbiamo i soldi e un governo quasi di unità nazionale». Ma se non si fanno le riforme, ha precisato il ministro, i 191 miliardi europei non possono essere spesi. Nell’attesa del Recovery, il governo deve continuare a trovare i soldi per gli indennizzi alle attività economiche in sofferenza. A questo proposito il decreto Sostegni slitta: arriverà al Consiglio dei ministri la prossima settimana.

I dubbi che il vecchio elefante della Pa possa diventare un cavallo galoppante rimangono forti. Non avremo però altre chance. Ma, appunto, bisogna fare in fretta come ha detto l’altro ieri il ministro dell’Economia Daniele Franco: entro aprile dovrà presentare a Bruxelles il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che verrà accompagnato da un super decreto legge. «Un decretone», per dirla con Brunetta, che attuerà quanto è previsto nel Pnrr.

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Cartabia detta i tempi: un piano di due mesi per la nuova Giustizia

mercoledì, Marzo 10th, 2021

francesco grignetti

ROMA. Un mese per migliorare il piano per la giustizia del Recovery Plan, con più investimenti sugli organici, la digitalizzazione, l’infrastruttura giudiziaria. E poi un altro mese per presentare al Parlamento la nuova versione delle riforme-cardine: penale, civile, Consiglio superiore della magistratura. Forse anche una riscrittura della giustizia tributaria, ma serve un coordinamento con il ministero dell’Economia. È una marcia serrata, quella che la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha presentato ieri alle forze di maggioranza.

Se la partita del Recovery si gioca in poche settimane, le riforme dovrebbero essere approvate entro l’estate, per poi licenziare subito dopo i decreti delegati. Quando si voterà il rinnovo del Csm, a settembre, il governo vorrebbe che il nuovo meccanismo di voto sia già operativo. Considerando che sulla giustizia si giocano i destini dei governi, l’ambizione è altissima. E perciò la ministra Cartabia ha usato toni solenni, citando nientemeno che due classici della tragedia greca. «Vi invito – ha detto alla folta rappresentanza parlamentare presente – ad ascoltare le ragioni l’uno dell’altro. Ricordate Antigone o le Eumenidi: quando si arriva alle forme dell’intransigenza, pur in presenza di principi giusti, si finisce in tragedia per tutti; è la “polis” stessa ad esserne distrutta».

Sul momento, pare che l’appello sia piaciuto. «Il dialogo con il Parlamento avviato dalla ministra è il segno del cambiamento che contraddistingue questo governo», si compiace il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, Forza Italia.

La Cartabia ha voluto rendere omaggio al suo predecessore Alfonso Bonafede, dicendo che ha trovato un buon lavoro sul Recovery, ma che occorrerà migliorarlo. Non c’erano finanziamenti adeguati per la digitalizzazione dei processi o anche la digitalizzazione delle attività penitenziarie (tipo le telefonate via Skype che si fanno da quando c’è il Covid), ora ci sono. Anche i ddl all’attenzione del Parlamento non vengono cestinati. «Siamo soddisfatti degli esiti di questa riunione, si riparte dal riconoscimento della grande mole di lavoro lasciata in eredità dal precedente governo e dagli stessi obiettivi», proclamano infatti i M5S delle commissioni Giustizia.

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Coronavirus, Crisanti: “La settimana prossima sarà cruciale”

mercoledì, Marzo 10th, 2021

francesco rigatelli

MILANO. Speravamo avessero torto, invece lui, Galli e Ricciardi sono stati le Cassandre della pandemia. Anche questa terza ondata sarebbe andata diversamente se fossero stati ascoltati. E ora Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia a Padova, si concentra su ciò che si può fare per limitare i danni, «dato che tutti, finalmente, si preoccupano per la variante inglese».

*** Iscriviti alla newsletter Speciale coronavirusIl Cts ha proposto weekend rossi come a Natale e inasprimento delle misure per tutte le zone. Che ne pensa?
«È la direzione giusta ma va intrapresa con urgenza. La settimana prossima sarà cruciale: se il contagio supererà i 30mila casi al giorno bisognerà chiudere tutto».

Solo la zona rossa può arginare la variante inglese?
«In Inghilterra misure simili sono state sufficienti, ma è molto importante che vengano seguite da tutti».

I provvedimenti sono in ritardo?
«Sono mesi che chiedo di contenere la variante inglese ma non mi hanno dato retta. Avremmo evitato tanti morti e questo mi rattrista».

A Draghi cosa suggerisce?
«Di copiare la Nuova Zelanda: appena si presentano nuovi focolai circoscrivere, chiudere, tamponare e vaccinare a tappeto. È il modo migliore per salvaguardare l’economia».

Con la vaccinazione serviranno ancora i tamponi?
«I molecolari sì, mentre gli antigenici hanno dei limiti. Ammesso che tra un anno tutti gli italiani siano vaccinati, restano due incognite: la durata dell’immunità e le nuove varianti che potrebbero superare i vaccini. Bisogna prepararsi a questi scenari».

Come?
«Sarà fondamentale poter fare tamponi e tracciare come in Nuova Zelanda per bloccare la reintroduzione del virus dall’estero e l’arrivo di nuove varianti. Se no ricominceremo da capo».

Il resto del mondo non si vaccinerà?
«Mezzo mondo non ne avrà le risorse».

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La regina: «Addolorata, ma Harry, Meghan e Archie restano nel cuore»

mercoledì, Marzo 10th, 2021

di Enrica Roddolo

La regina: «Addolorata, ma  Harry, Meghan e Archie restano nel cuore»

«Tutta la famiglia è addolorata di sapere quanto siano stati difficili gli ultimi anni per Harry e Meghan», la regina rompe il lungo silenzio dopo l’intervista choc dei duchi di Sussex. E più che scendere nella polemica conferma che Harry, Meghan e Archie resteranno sempre «Much loved family members». «Le accuse di razzismo sono preoccupanti… ma verranno affrontate dalla famiglia, privatamente».

I tempi della regina

Tanto era stata rapida nella risposta, un anno fa, quando a gennaio 2020 arrivò come un fulmine a ciel sereno l’annuncio dell’uscita dei Sussex dal circuito dei «reali operativi». Tanto adesso Her Majesty ha voluto ponderare bene le mosse. E nonostante i ripetuti – non certo uno soltanto – meeting di crisi sin dal weekend, la Royal Household ha aspettato, prima di uscire allo scoperto con una dichiarazione. PUBBLICITÀ

Comunicazione di crisi

Tutto calcolato. Nel 2020 «la regina ha voluto mettere in chiaro subito che o sei dentro, o sei fuori dalla House of Windsor», ci aveva spiegato il superesperto di casi di crisi, il global president di Edelman, Matt Harrington. «Un messaggio inequivocabile non tanto ai Sussex, ma a tutti gli altri esponenti della Firm: non sono ammessi lavori part-time».

Azioni e reazioni

Adesso, 2021, la calma con la quale la regina ha atteso il momento opportuno per rispondere all’attacco di Harry e Meghan si spiega non soltanto con il celebre Never explain, never complain. Mai spiegare e mai lamentarsi. Ma con la determinazione a non scendere nella polemica, a tenere la questione in famiglia. «Non c’è dubbio che la regina sopravviverà anche a questo», dice da Londra al Corriere, Hugo Vickers storico vicino alla famiglia reale, convinto anche che non ci sarà una battaglia legale.

I precedenti

«La regina, come ne uscirà? Cercherà di far fronte alla situazione a modo suo. Se forzata a pronunciarsi, dirà qualcosa sul senso della famiglia, sul suo dispiacere», aveva detto ieri al Corriere l’ex diplomatico Laurence Bristow-Smith. E infatti, lo statement stasera di Buckingham Palace segue questa linea. «In fondo ha già reagito così in passato». Quel che è nuovo, inevitabile viste le accuse, è la riflessione di Her Majesty sulla questione razziale che sarà però affrontata «in casa».

Blair e Johnson

Ma c’è un‘altra riflessione interessante: dopo la morte tragica di Lady D, l’inquilino del numero 10 di Downing Street, un giovanissimo Tony Blair, fu pronto a uscire allo scoperto, a prendere la guida dell’operazione. Convinse la regina a parlare e rendere omaggio a Lady D. Questa volta invece il premier Boris Johnson ha subito risposto a quanti gli chiedevano un punto di vista: «When it comes to matters to do with the Royal family, the right thing for a prime minister to say is nothing». Insomma, per le faccende della Royal family la cosa migliore da fare è tacere, da parte di Downing Street. L’ulteriore conferma che – sebbene con le accuse di razzismo i Sussex abbiano cercato di portare il dibattito su un piano istituzionale, per il momento sia da parte della regina che da parte del governo, è una questione da risolvere nella Royal family.

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Vaccini, Johnson & Johnson: «Non ha bisogno di richiamo, è un grande vantaggio. E funziona con le varianti»

mercoledì, Marzo 10th, 2021

di Margherita De Bac

Vaccini,  Johnson & Johnson: «Non ha bisogno di richiamo, è un grande vantaggio. E funziona con le varianti»

Problemi di consegne anche per il vaccino Janssen che attende l’approvazione dell’agenzia europea Ema? Le liquida come «indiscrezioni non rispondenti al vero», Loredana Bergamini, direttore medico di Janssen Italia, la divisione farmaceutica di Johnson&Johnson. «Noi stiamo lavorando in modo rigoroso sulla logistica per far arrivare i lotti dove e quando devono essere consegnati».

Altre brutte sorprese?
«La nostra tempistica di produzione ci permetterà di rispettare l’impegno di 200 milioni di dosi per l’Ue nel 2021. Entro la fine di marzo avremo un quadro più preciso del programma di fornitura e siamo in stretto contatto con la Commissione e gli Stati membri per definire un calendario di consegne più preciso, regolare e trasparente. Ci aspettiamo che i primi lotti siano disponibili per l’Ue nel secondo trimestre. Distribuiremo equamente questi volumi tra tutti i Paesi».

Quali sono le caratteristiche del vaccino?
«È l’unico a dose singola ad aver concluso la fase 3 di sperimentazione, la conclusiva. È costruito su una piattaforma di cui abbiamo un brevetto esclusivo chiamata AdVac che utilizza un adenovirus del raffreddore, ingegnerizzato in modo da essere reso inattivo e incapace di infettare. Al suo interno viene inserita un’informazione genetica, quella della proteina Spike di cui il Sars-CoV-2 si serve per penetrare nella cellula umana. Una volta inoculato, le cellule leggono questa informazione e stimolano la produzione di anticorpi specifici in grado di rispondere al coronavirus».

È una nuova tecnologia?
«No, l’AdVac è stata utilizzata anche per sviluppare il vaccino anti Ebola, approvato un anno fa, e viene impiegata attualmente per la messa a punto di altri candidati vaccini contro Zika e l’Aids. Una tecnologia collaudata, con un profilo di sicurezza che ci rende sereni».

Dove è stato sviluppato l’anti Covid?
«Nel centro di Leiden, in Olanda, sede di Janssen. È qui il maggiore sito produttivo. Consapevoli di dover far fronte a una richiesta epocale di dosi sono stati attivati altri siti di produzione a livello globale dove verranno effettuati i lavori di rifinitura. L’italiana Catalent è fra i nostri partner, si occuperà del confezionamento delle fiale».

E l’efficacia?
«Il preparato di Janssen previene nell’85% dei casi le forme più temibili del Covid che richiedono ricovero in ospedale e nel 100% dei casi evita la morte. Quindi ha una protezione molto forte».

Dopo quanto tempo dalla somministrazione si sviluppa l’immunità?
«Dal settimo giorno comincia la protezione degli anticorpi. Al 28mo giorno è dell’85%».

Va bene per ogni età?
«Nel nostro studio sperimentale abbiamo fatto test su 45 mila persone di tutte le età, a partire dai 18 anni ed oltre i 60. Il 41% dei volontari arruolati avevano una o più patologie croniche: obesità, ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari severe. Tutti hanno risposto bene. Sta per partire uno studio su under 18 e bambini».

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Cortina, così è scoppiato il focolaio nell’hotel delle star (dopo i mondiali di sci e il torneo di polo)

mercoledì, Marzo 10th, 2021

di Andrea Priante

Cortina, così è scoppiato il focolaio nell'hotel delle star (dopo i mondiali di sci e il torneo di polo)

La facciata principale dell’Hotel de la Poste, uno dei più famosi e storici di Cortina d’Ampezzo, nel Bellunese

L’Hotel De la Poste — probabilmente il più famoso albergo di Cortina, set di cinepanettoni e luogo di appostamento per paparazzi a caccia di Vip — riaprirà a fine maggio. Chiuso in seguito a un focolaio di coronavirus, strascico dei Mondiali di sci di febbraio ed emerso dopo che la Regina delle Dolomiti ha ospitato un evento di Polo e il premio «Car of the Year». Una beffa, considerato che il sistema delle «bolle», studiato per impedire proprio la diffusione del Covid 19 tra gli sciatori, pare aver funzionato alla perfezione: oltre ventimila tamponi eseguiti su staff, atleti e personale delle strutture ricettive, e appena 22 positivi.

Il tracciamento

Diversa la sorte toccata al De la Poste. Stando a quanto ricostruito dall’Usl di Belluno, la prima notizia del focolaio risale al 2 marzo, quando all’imbarco dell’aeroporto di Venezia si presenta un atleta straniero di ritorno dall’evento equestre. I test non lasciano dubbi: positivo alla variante inglese. Emerge che l’uomo ha alloggiato nell’albergo ampezzano e scattano i controlli al personale, che portano a scoprire altri dodici contagiati. Non è escluso che lo straniero si sia ammalato proprio in hotel e che la catena dell’infezione sia antecedente a quel 2 marzo. Durante i Mondiali, infatti, il De la Poste ospitava «Casa Veneto», uno spazio promozionale della Regione in cui era stato allestito anche un set televisivo. Lì alloggiavano gli inviati di quotidiani e tv. E proprio una decina di quei giornalisti, che hanno lasciato Cortina poco prima della cerimonia di chiusura (il 21 febbraio) o nei primi giorni della settimana successiva, si sono scoperti positivi alla variante inglese del Covid 19.

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