Archive for Marzo, 2021

Export di armi, record del governo Renzi e boom di commesse dall’Arabia Saudita

martedì, Marzo 2nd, 2021

Raphaël Zanotti

C’è un elemento, in tutta la vicenda dei rapporti tra l’ex premier Matteo Renzi e l’Arabia Saudita, che non è ancora emerso. Il leader di Italia Viva si è ben guardato dall’affrontarlo nella sua recente auto intervista. Eppure è un elemento dirimente perché, al di là delle note perplessità intorno al governo di Riad, proietta una nuova luce su quei rapporti. È un fatto – sebbene non sia mai stato pubblicizzato dall’ex premier – che durante il governo Renzi l’Italia abbia toccato il picco nelle esportazioni di armi. Un record ottenuto anche grazie alle ricche commesse arrivate proprio da Riad.

Nel 2013, l’anno precedente all’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi, l’Italia aveva autorizzato l’esportazione di armi per un valore di 2,1 miliardi di euro. Ma questa cifra, nel corso dei 1024 giorni passati al governo, è cresciuta del 581% arrivando a toccare i 14,6 miliardi di euro come documentato da Giorgio Beretta dell’Opal di Brescia, l’osservatorio permanente sulle armi leggere. Un record che ha fatto impallidire persino Silvio Berlusconi che qualche tempo prima, all’inaugurazione dell’M-346 a Venegono, si era proposto come «commesso viaggiatore» per l’industria bellica italiana.

L’exploit delle armi italiane durante il governo Renzi è interessante dal punto di vista delle destinazioni. Nel 2016, ultimo anno del mandato del leader di Italia Viva, la stragrande maggioranza degli armamenti non è andata a Paesi amici e alleati dell’Ue e della Nato (36,9%), bensì a Paesi nelle aree di maggior tensione nel mondo, Nord Africa e Medioriente. È in quest’area del Pianeta, che purtroppo non brilla per governi pacifisti, democratici o rispettosi dei diritti umani, che sono andate armi per un valore di 8,6 miliardi di euro, ovvero il 58,8% del totale. Un altro record di cui si sono accorti in pochi.

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Arriva la stretta per le varianti. “Cosa può succedere adesso”

martedì, Marzo 2nd, 2021

Luca Sablone

La situazione Coronavirus in Italia non sembra migliorare. Eccezion fatta per la Sardegna che si appresta ad approdare in zona bianca, a preoccupare sono soprattutto le varianti che spingono i contagi e costringono alcuni territori alla zona rossa per evitare la pericolosa diffusione del Covid-19.

Nell’ultima settimana i nuovi positivi hanno toccato quota 116.124 con un incremento di 28.689 persone (corrispondente al 32,8%) rispetto al periodo 15-21 febbraio, quando i contagiati sono stati 87.435. Abruzzo, Bolzano, Emilia-Romagna, Marche e Trento preoccupano soprattutto per l’incidenza, ovvero per i casi riscontrati per 100mila abitanti. Il timore è che i numeri continuino a salire nei prossimi giorni e compromettano così la ripartenza del Paese. Proprio per questa motivazione potrebbe essere in arrivo un’altra stretta. Anche perché nel frattempo in Alto Adige si sono registrati i primi 2 decessi di pazienti colpiti dalla variante sudafricana, mentre altri 4 casi sono stati segnalati nelle scorse ore.

L’avvertimento di Speranza

A confermare la preoccupazione per il quadro che si sta delineando è stato Roberto Speranza, che ha sottolineato come “le prossime settimane non saranno facili”. Effettivamente l’epidemia è ancora forte e presente sui territori. In vista c’è sempre la campagna di vaccinazione che non può essere fallita in alcun modo: “Dobbiamo accelerare, oggi abbiamo numeri che vanno in una direzione giusta ma che devono ancora crescere”. “Sarebbe bello dire che è tutto finito e che siamo in una fase diversa, ma la più grande responsabilità di chi rappresenta le istituzioni è dire come stanno le cose”, ha aggiunto il ministro della Salute.

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L’uomo che parla con i fatti

martedì, Marzo 2nd, 2021

di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Quando parlerà Draghi? si chiedono sgomenti i cronisti di Palazzo, in attesa che il premier pronunci il suo primo discorso alla nazione. “Mai”, è la risposta corretta, “sempre” è quella giusta. Il presidente del consiglio ha parlato anche ieri, solo che non ha aperto bocca. Ha semplicemente licenziato Arcuri. Nei giorni scorsi, sempre senza rilasciare mezza dichiarazione, aveva cambiato il capo della Protezione civile, dato sempre più poteri a Gabrielli, incontrato per la prima volta gli altri leader europei mettendo sotto accusa le case farmaceutiche che non rispettano i patti. Nella formazione del governo, aveva scelto direttamente i ministri che ai suoi occhi contano, senza chiedere ai partiti.

A due settimane dall’esordio del suo governo, ecco quindi il famoso stile Draghi di cui tanto si è favoleggiato. Quello da banchiere centrale, gente che tradizionalmente parla solo con la moglie, e forse poco anche con quella, gente abituata a misurare parole ed effetti speciali. Uno stile che comunica con il silenzio, lavora di sottrazione, parla per atti ufficiali, alla tedesca. Lo sapevamo, l’avevamo messo nel conto, forse lo volevamo anche. Dopo anni di “roccocasalinate”, ansiogene dirette tv, gigioneggianti passeggiate per via del Corso, proclami per annunciare un annuncio, like sul niente, sentivamo il bisogno di uno stile più austero. Chissà, forse sarà lo spirito del momento ma l’impressione è che gli italiani avessero, abbiano, poca voglia di scherzare e di gente che va in tv a fare i giochi di prestigio con le parole non ne vogliano proprio sapere. La scelta di Draghi appare quindi naturale da una parte, perché corrisponde alla sua natura riservata, ma anche studiata, perché consapevole, o per lo meno fiduciosa, di corrispondere a ciò di cui il Paese chiede.

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Vaccini Covid: da qui a giugno 56 milioni di iniezioni. Il nuovo piano prevede 2mila hub

martedì, Marzo 2nd, 2021

ALESSANDRO FARRUGGIA

L’ordine è: accelerare. Il piano che Palazzo Chigi ha affidato al coordinamento di Fabrizio Curcio, il nuovo capo della Protezione civile, punta a 2mila siti vaccinali (si sta già lavorando a una lista) operativi entro aprile, così da garantire l’innalzamento a 200mila dosi al giorno a marzo (6 milioni e 200mila dosi al mese) e poi a 400mila ad aprile (12 milioni di dosi al mese), a 500 mila a maggio (15,5 milioni in 31 giorni) e a 600mila a giugno (18 milioni di dosi il 30 giorni). Il totale da aprile a giugno fanno 45,5 milioni di dosi delle 52 milioni e 470mila che teoricamente (10 milioni di AstraZeneca sono a rischio) dovremmo ricevere. Considerati i 6,2 milioni di somministrazione ipotizzate per marzo e i 4 milioni e 354 mila già somministrati fino ieri, fanno oltre 56 milioni di dosi, che metterebbero in sicurezza oltre 27 milioni di italiani.

“Vaccino Johnson & Johnson in Italia già ad aprile”

Siamo ancora lontanissimi dall’immunità di gregge, per la quale occorre la copertura almeno del 70% della popolazione, ma gli effetti sulla pandemia – come si è visto in Israele e Scozia – sarebbero comunque rilevanti. Decisivo in ogni caso sarà il ruolo della Difesa, che metterà a disposizione altri uomini, mezzi, tende e siti. Nel frattempo si lavora per dare una gamba italiana alla produzione dei vaccini. Giovedì il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, incontrerà per la seconda volta in due settimane il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, che gli porterà una short list di aziende con impianti disponibili ad avviare la produzione “conto terzi” (al momento sarebbero tre) e di aziende che potrebbero occuparsi dell’infialamento (in lista ce ne sarebbero 5). Da verificare le condizioni, gli investimenti necessari, i volumi e i tempi, che comunque oscillerebbero dai 5-8 mesi (produzione in impianti già esistenti) e i 3 mesi (infialamento).

Ieri Lorenzo Wittum, amministratore delegato di AstraZeneca Italia, ha ribadito che la sua azienda “è disposta a cedere le licenze di produzione per far sì che si possa accelerare. È quello che abbiamo fatto negli ultimi mesi: i 20 stabilimenti di produzione non sono solo nostri. Siamo disposti ad aumentare la quota prodotta in stabilimenti non nostri”. “Per farlo – ha però aggiunto – abbiamo bisogno di un partner capace di gestire questo processo di produzione, perché il trasferimento tecnologico non è assolutamente facile, e che abbia capacità di produzione di decine di milioni al mese”. Da Lega e Forza Italia è continuata anche ieri la pressione perché si apra al vaccino russo Sputnik, ma al ministero della Salute sono disponibili a farlo solo se verrà l’ok dell’Ema.

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Sanremo 2021, oggi parte il Festival: Ibrahimovic con Amadeus e Fiorello. I big sul palco nella prima serata

martedì, Marzo 2nd, 2021

di Federico Vacalebre

Più o meno, la ricetta del Sanremo 71, anzi 70+1, è chiara: da una parte i giovanotti in gara dall’altra l’amarcord. In mezzo, ormai coppia di fatto (il conduttore: «Senza Rosario non vado da nessuna parte», Fiore: «Ama ha degli attributi degni del cavallo di via Mazzini, sai quante volte l’ho visto nudo»), la coppia Amadeus-Fiorello, così amici da colmare il fossato che apparentemente li separa, da trovare un ponte tra la normalità del primo e l’estrosità del secondo. Stasera si inizia con i primi 13 big e i primi 4 giovani: gli spettatori entrati negli anta faticheranno a comprendere le differenze tra Fasma e Avincola, i Coma_Cose e Gaudiano, ma i ragazzi ritroveranno tra i Campioni i suoni della loro generazione. E scopriranno, serata dopo serata, le canzoni dei genitori e dei nonni.


OSPITI

Già perché stasera c’è Loredana Berté (con un medley di successi e il nuovo singolo) oltre a Diodato (che apre con «Fai rumore»), mentre domani arrivano innanzitutto Laura «globo d’oro» Pausini, e poi Fausto Leali, Marcella e Gigliola Cinquetti, a rileggere i loro exploit festivalieri (da Mi manchi a Montagne verdi e Non ho l’età), oltre a Enzo Avitabile per l’omaggio con Fiore a Carosone, a Gigi D’Alessio e i suoi trapper veraci. E il 4 marzo, peraltro serata nostalgica delle cover, si apre con i Negramaro che rendono omaggio a Lucio Dalla nel cinquantenario di 4/3/1943.


TRIBUTI

E, ancora, ci saranno la Amoroso, Emma, Mahmood sino al gran finale di sabato con la Vanoni. Ma da lei si passerà a Nada con Tecla Insolia – l’anno scorso in gara con i Giovani e ora protagonista del film tv, sempre di Rai1, sulla voce di Ma che freddo fa» – e Umberto Tozzi, che lancerà una raccolta fondi per la sua band, fermata dal Coronavirus. Quasi a dire che la gara ormai è riservata alla musica che ci gira intorno, quella che si posta, che si streama, che si tiktokka, ma che poi si trova comunque un modo per conservare anche il pubblico più tradizionalista, adulto, anziano.


Edizione autarchica, viste le frontiere chiuse e la pandemia che – oltre a mille precauzioni sanitarie e l’Ariston vuoto – suggerisce risparmi ed economie di scala. Edizione con due uomini soli al comando, ma con tante donne: stasera Matilda De Angelis, anche cantante, e Alessia Bonari, l’infermiera che una foto ha trasformato in un simbolo della lotta al virus; domani Elodie, non solo cantante; mercoledì la top model Vittoria Ceretti; venerdì Barbara Palombelli e la sexy direttrice d’orchestra Beatrice Venezi; sabato Serena Rossi, Simona Ventura e Giovanna Botteri.

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Covid, contagi, la curva risale, nel Lazio +30% di casi, spaccatura sulle scuole

martedì, Marzo 2nd, 2021

di Mauro Evangelisti e Alberto Gentili

I contagi corrono più veloce del previsto, in una settimana sono aumentati del 36 per cento, del 30 nel Lazio che pure è una delle Regioni che è ancora in fascia gialla. I ricoveri e i posti occupati in terapia salgono, per fortuna non allo stesso ritmo. Di fronte a questo scenario che riporta alla mente quanto successe nel marzo scorso – anche se molte cose sono cambiate da allora, ovviamente – ieri si riunita la cabina di regia sul Covid. Il premier Mario Draghi, i ministri Roberto Speranza, Stefano Bianchi, Mariastella Gelmini, Dario Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Stefano Patuanelli, Elena Bonetti hanno discusso a lungo sull’opportunità di chiudere le scuole e quali regole fissare nel nuovo Dpcm. 

LO SCENARIO

Oltre la privacy/Perché serve il passaporto per chi è…


Tutti d’accordo sullo stop alle lezioni anche per materne ed elementari nelle Regioni in fascia rossa, ma le divisioni si concentrano sulle scelte nelle Regioni in fascia arancione. Al vertice ha partecipato anche il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo, che ha ricordato la linea del Cts: le scuole devono chiudere anche se una Regione è arancione qualora si superino i 250 casi ogni 100 mila abitanti. Il ministro della Pubblica istruzione Bianchi, sostenuto da altri ministri, ha ribattuto: non possiamo chiudere la scuola prima di altre attività, che senso ha tenere aperti i centri commerciali o i negozi, dove i ragazzi si riuniscono e chiudere le aule, dove sono garantite misure di sicurezza contro il virus? Di fatto Giorgetti e Gelmini si sono opposti alla chiusura dei negozi, mentre Speranza, Franceschini, Patuanelli e soprattutto Bianchi hanno detto: chiudere le scuole senza fermare lo shopping non ha senso.

Vaccinazioni per fasce demografiche
Infogram


Il via libera finale al Dpcm così è slittato a questa mattina, dopo si svolgerà un confronto con i governatori. Nelle Regioni sta prendendo forza la richiesta di andare alla chiusura delle scuole, mossa che in realtà diversi governatori di entrambi gli schieramenti hanno già preso autonomamente. Luca Zaia, presidente del Veneto, lo ha detto in modo brutale: «Molte delle Regioni che oggi sono in difficoltà hanno aperto le scuole quasi un mese prima di noi. Guardiamo i dati epidemiologici: credo che la correlazione con le scuole ci sia fino in fondo. Non lo dico io, ma la letteratura scientifica». In Calabria l’unità di crisi regionale vuole sbarrare gli istituti scolastici e il presidente Nino Spirlì su Facebook ha scritto: «Non voglio aspettare che si ammalino i bambini prima di dover chiudere queste scuole».

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Ora la svolta tocchi Alitalia

martedì, Marzo 2nd, 2021

emma bonino

Caro Direttore, nel suo editoriale di domenica scorsa Lei auspicava un “colpo d’ala” del Governo Draghi rispetto ai Governi Conte e all’inclinazione di molti partiti, anche di maggioranza, a ritenere che, cambiato il Presidente, non debba cambiare quasi nulla nella politica dell’esecutivo, né sul piano del metodo, né su quello del merito. Allora, a proposito di colpi d’ala: negli ultimi vent’anni anni Alitalia ha chiuso per diciannove volte il bilancio in perdita. Questo risultato, cioè questa inefficienza cronicizzata a spese dei contribuenti italiani, non è stata la causa.

Ma l’effetto delle politiche di salvataggio e del principio, ormai invalso nella politica italiana, per cui Alitalia, in ogni caso, fa eccezione a tutto: alle regole del buon senso e del buon governo, alle normative applicabili in materia di aiuti di Stato e ai principi della sostenibilità economica dell’attività d’impresa. Quindi, visto che Alitalia «non può fallire», si trascina stancamente di fallimento in fallimento, rimediato ogni volta come capita, in attesa del successivo.

Ora che la vecchia Alitalia è legata al respiratore di aiuti pubblici che l’Ue non sembra più volere autorizzare e la nuova Alitalia (la newco Ita, a capitale pubblico) potrebbe subentrarvi direttamente solo derogando, ancora una volta eccezionalmente, ai principi della normativa europea, questo spinoso dossier è passato in carico al nuovo esecutivo, che ne porta per intero il peso, senza averne, in realtà, la minima responsabilità. Come ha notato ironicamente l’economista Andrea Giuricin, che da oltre un decennio racconta con precisione le dimensioni finanziarie e le implicazioni politiche di questa vicenda infinita, la Nasa ha speso per mandare Perseverance su Marte poco più di quattro miliardi e poco meno di quello che il Governo italiano ha messo nell’ultimo anno sulla “vecchia” e sulla “nuova” Alitalia.

E con i 9 miliardi stanziati e spesi negli ultimi 10 anni, anziché finanziare il perdita un’Alitalia reiteratamente fallita, i contribuenti italiani si sarebbero potuti comprare insieme Lufthansa e Air France- Klm. Il negoziato che in settimana il Governo dovrà condurre con la Commissione Ue riguarda aspetti delicatissimi, sia rispetto ai prestiti ponte concessi in precedenza, sia rispetto alle procedure di vendita degli asset di Alitalia, che il piano originario prevedeva semplicemente di consegnare a Ita, in deroga alle procedure di mercato previste dalla normativa europea.

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Governo Draghi, il colpo d’ala che serviva

martedì, Marzo 2nd, 2021

marcello sorgi

Per chi accusava il governo Draghi di essere un Conte ter travestito, ma anche per chi semplicemente invocava un gesto di discontinuità significativo, la repentina sostituzione del commissario straordinario per l’emergenza Covid Arcuri con il generale Figliuolo, chiamato allo stesso incarico, è senz’altro una risposta chiara. Arcuri, giunto ormai a fine mandato e congedato con i ringraziamenti di rito, era stato l’uomo-simbolo dell’esecutivo guidato dall’«avvocato del popolo». Tal che a un certo punto sembrava che l’ex-premier ora in corsa per la guida dei 5 stelle non potesse far nulla senza consultarlo.

Al dunque, forse è proprio questo che ha nociuto all’ex-commissario: l’aver assunto, anche al di là delle sue intenzioni, un ruolo politico o semi-politico improprio che non gli spettava ed era apertamente contestato (Renzi, Salvini), insieme alle numerose e parallele responsabilità che gli avevano alienato il sostegno di chi pure lo aveva stimato in passato.

E tuttavia che Draghi, al di là delle scadenze, abbia deciso l’avvicendamento per dare in pasto la testa di Arcuri ai critici della prima ora, non è affatto detto. Bisognerebbe conoscere un po’ meglio il temperamento del presidente del Consiglio prima di pensare che possa farsi prendere dall’ansia della comunicazione che aveva contraddistinto dal primo all’ultimo giorno il suo predecessore. L’approccio di Draghi rispetto ai compiti che ha assolto, infatti è sempre stato graduale. Pronto a intervenire nelle situazioni d’emergenza, come ai tempi dello storico «whatever it takes», senza il quale la tenuta dell’euro sarebbe stata seriamente messa a rischio. Ma abituato a dispiegare le sue strategie con il tempo necessario, sapendo che la realizzazione degli obiettivi quasi mai è il risultato di una scommessa, come alla roulette, e più spesso, invece, di un’attenta progettazione e di un confronto con collaboratori e interlocutori qualificati. A ben guardare è esattamente quel che sta accadendo. Il primo passo è stato il disegno, all’interno di un governo che resta politico («Siamo semplicemente il governo del Paese», ha detto Draghi nel discorso alle Camere), di un perimetro che parte da Palazzo Chigi, dove è approdato Garofoli, vittima di un’epurazione ai tempi dell’alleanza gialloverde, e arriva al ministero dell’Economia affidato a Franco, anche lui fatto fuori nello stesso periodo. Poi, nei giorni delle critiche, peraltro motivate, sulla composizione, tutt’altro che «di alto profilo», della lista dei sottosegretari – i quali, per inciso, ieri hanno giurato nelle sue mani, entrando nel vivo delle loro funzioni – Draghi ha sperato che ci fosse un po’ d’attenzione, che non sempre c’è stata, per la scelta di assegnare all’ormai ex capo della polizia Gabrielli la delega sui servizi segreti.

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Il premier smantella il metodo Conte: cabina di regia a due sul piano vaccini

martedì, Marzo 2nd, 2021

ALESSANDRO BARBERA, ILARIO LOMBARDO

ROMA. Non ci sarà più un coordinatore unico a gestire l’ultima fase dell’emergenza Covid. Congedato Domenico Arcuri, il generale Francesco Paolo Figliuolo gli succede come commissario straordinario, ma senza i poteri illimitati concessi per mesi al manager calabrese voluto da Giuseppe Conte.

In una settimana il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ribaltato la strategia del predecessore. Esattamente un anno fa, insoddisfatto dalla scarsa incisività del capo della Protezione civile Angelo Borrelli di fronte allo tsunami del virus, Conte mise in un angolo la struttura del dipartimento della Presidenza del Consiglio affidando forniture e distribuzione di mascherine e dispositivi medici all’amministratore delegato di Invitalia. Le deroghe alle gare d’appalto imposte dall’emergenza hanno aumentato a dismisura i poteri di Arcuri. Poteri la cui forza discendeva da quella di Conte, venuti meno con la crisi e la caduta della maggioranza che sosteneva l’allora premier. Ora Draghi ha deciso di cambiare.

Non ci sarà più un uomo solo al comando, ma una regia a due teste. La Protezione civile esce dal cono d’ombra. La scelta di Figliuolo non sarebbe pienamente comprensibile se non associata alla decisione che l’ha preceduta, ovvero la sostituzione di Borrelli con Fabrizio Curcio. Il dettaglio non è secondario: a sponsorizzare Curcio è stato Franco Gabrielli, ex capo della Polizia, ex superiore di Curcio alla Protezione civile e ora scelto da Draghi come delegato ai Servizi segreti. Come fa notare una fonte di governo, ridare peso al dipartimento della presidenza del Consiglio significa portare il vertice della gestione dell’emergenza a Palazzo Chigi. Protezione civile ed Esercito lavoreranno a stretto contatto, a partire dal nuovo piano vaccinale da definire assieme. Draghi sarà costantemente investito in prima persona sui progressi dell’immunizzazione.

Tre giorni fa il premier ha chiesto al ministro della Difesa Lorenzo Guerini di fornirgli un nome adatto a ricoprire il ruolo di commissario. «Figliuolo è la persona giusta», è stata la risposta. Diverse fonti confermano un’accelerazione della decisione nelle ultime ore. All’inizio sembrava più probabile un ridimensionamento del ruolo di Arcuri, poi Draghi, già molto scettico sul suo operato, ha appreso preoccupato le rivelazioni in arrivo dalle inchieste sui raggiri delle mascherine. Vero è che il commissario non è indagato, ma a Palazzo è iniziata a circolare una domanda imbarazzante: come avrebbe potuto continuare a lavorare serenamente in caso di avviso di garanzia? Il resto l’ha fatto l’ossessione di Draghi per una comunicazione fondata sui fatti, che mal si conciliava con il protagonismo mediatico di Arcuri.

I poteri sul nuovo piano vaccinale verranno definiti da un decreto di nomina del nuovo commissario. Ma come è nello stile di Draghi non bisogna aspettarsi un progetto rivoluzionario. Il generale responsabile della logistica delle Forze Armate continuerà a fare il lavoro che faceva prima, ovvero gestire attraverso il Comando interforze la distribuzione dei vaccini in tutto il Paese dall’aeroporto di Pratica di Mare, dove le dosi arrivano normalmente dai siti di produzione, e con l’eccezione di Pfizer, che consegna in autonomia. Le Forze Armate gestiscono già alcune aree vaccinali nelle quali è impegnato anche il suo personale medico. Ma se prima prendevano ordini dal capo di Invitalia, ora a farlo sarà direttamente la sua direzione logistica. La novità è invece il coinvolgimento nel piano vaccinale della Protezione civile. Mancano ancora i dettagli del decreto, ma lo schema è deciso.

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La nuova stagione e l’occasione da non sprecare

martedì, Marzo 2nd, 2021

di   Fiorenza Sarzanini

Divieto di uscire di casa, attività commerciali serrate, fabbriche ferme, scuole chiuse: era il 9 marzo 2020, l’Italia entrava in lockdown. Nessuno, all’epoca, avrebbe potuto immaginare che un anno dopo la morsa del Covid-19 sarebbe stata ancora così stretta, tanto aggressivo il virus anche nelle sue varianti. In questi mesi l’azione del governo guidato da Giuseppe Conte è stata efficiente su molti aspetti, deludente su altri. Gli sforzi non sono comunque bastati a fermare la pandemia. La situazione dell’Italia è ancora grave, la curva epidemiologica continua a salire, tanto che il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato «decisioni coerenti con la sfida che abbiamo di fronte».

Altri Stati europei — Francia e Germania soprattutto — non stanno meglio. Anzi. Ma rispetto a noi hanno una situazione economica più stabile e hanno messo in atto misure drastiche con la chiusura di numerose attività e il coprifuoco anticipato. È una strada che l’Italia sta cercando di non prendere, un’eventualità che si sta tentando in ogni modo di scongiurare. Ma per farlo è necessario cambiare completamente registro. Mettere a punto una nuova strategia di attacco, affrontare l’emergenza come una battaglia che non si può e non si deve perdere. Rendere davvero efficace quella campagna vaccinale che, per le carenze del governo Conte, gli errori gravi commessi dall’Unione europea e i ritardi pesanti delle aziende farmaceutiche, sta creando evidenti difficoltà.

I tre uomini che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha scelto per fare squadra e vincere questa sfida, sono certamente all’altezza del compito. Il generale Francesco Paolo Figliuolo ha un curriculum che vanta, soltanto per giudicare l’ultimo periodo, competenze specifiche proprio nelle azioni di contrasto al Covid-19 grazie alla capacità di organizzare la logistica e gestire le situazioni di crisi. Fabrizio Curcio ha guidato la Protezione civile quando i terremoti e le catastrofi provocavano migliaia di morti e di sfollati. Franco Gabrielli è un investigatore di razza che è stato al vertice dei servizi segreti, della Protezione civile e poi della polizia sempre con il passo giusto, individuando la strategia adatta ad ogni contesto.

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