Archive for Marzo, 2021

Mario Draghi fuori dal bunker

sabato, Marzo 27th, 2021
Italian Prime Minister Mario Draghi during a press conference, in Rome, Italy, 26 March 2021. ROBERTO...
Italian Prime Minister Mario Draghi during a press conference, in Rome, Italy, 26 March 2021. ROBERTO MONALDO/ LAPRESSE/ POOL/ ANSA

Finalmente, se è consentito un termine un po’ maschilista nell’era del politicamente corretto, un uomo con gli attributi. O, con un linguaggio più sobrio: col coraggio delle parole e delle azioni, commisurato al momento. Due frasi, su tutte. Dice Salvini: è “impensabile” che non si possa riaprire ad aprile. Risposta, con al fianco il ministro Speranza, la cui presenza è già un messaggio: “Ciò che è pensabile o non pensabile, lo dicono i numeri”. Punto. E ancora, su Astrazeneca: “A me pare che alcune società abbiano venduto le dosi due o tre volte”.

La conferenza stampa di Mario Draghi è questo (per inciso: si può considerare archiviato il dibattito se sia un algido tecnico che non parla al Paese o se sia dotato di una sensibilità politica): non un autocompiaciuto sfoggio di leadership, ma un esercizio della medesima, in relazione alle urgenze che la situazione concreta pone. Perché ci sono dei momenti in cui è necessario lavorare in silenzio, altri che richiedono riflettori in relazione agli obiettivi che si perseguono, questo è il difficile equilibrio dell’arte di governo.

E questo è un momento che rende necessaria l’azione di governo anche sotto i riflettori, richiede cioè che l’opinione pubblica abbia punti di riferimento e parole di verità. La Caporetto europea dei vaccini, l’esito modesto del Consiglio europeo di ieri rispetto alle aspettative, le difficoltà delle campagne di vaccinazioni nei singoli paesi membri, che avranno ricadute sulla concessione dei passaporti vaccinali. C’è il rischio che ogni paese si muova da solo. Il problema di Astrazeneca è squadernato: l’azienda anglosvedese continua a mostrarsi inadempiente e a non mantenere gli impegni contrattuali assunti prima dell’inizio della campagna vaccinale. Nel corso del Consiglio europeo Draghi ha denunciato che la gestione europea della pandemia è stata un pasticcio e che “i cittadini si sentono ingannati da alcune case farmaceutiche”. Durante la conferenza stampa, a proposito di attributi, va oltre, alla destinazione dei vaccini a mercati paralleli. È chiaro che in questo quadro la tentazione sarebbe quella del blocco delle esportazioni, che però inevitabilmente creerebbe una frattura, forse stavolta davvero irreversibile, tra i partener europei. Non è detto che l’impegno, assunto anche dal premier italiano, porti a risultati al fine di evitare che ogni paese possa procedere autonomamente, ma lo sforzo è questo, adottando il criterio della proporzionalità e delle reciprocità come requisiti per il blocco dell’export.

Nell’ultima settimana Draghi è andato a Bergamo, la capitale italiana del dolore, ha pronunciato alla Camera un discorso severo verso le Regioni ribadendo la necessità di criteri univoci nella somministrazione dei vaccini, ha tenuto due conferenze stampa, in perfetto stile europeo, asciutte, sobrie, icastiche nell’affrontare i punti più divisivi, compresa la questione delle chiusure. Tutto racconta di un cambio di passo, anche comunicativo, fondato sulla consapevolezza di un passaggio cruciale e sul compito assunto, che non è quello del mediatore nell’ambito di una coalizione, ma di un uomo dello Stato chiamato a perseguire un’autonoma visione dell’interesse nazionale.

Perché poi il punto di fondo è questo. Negli ultimi quattro mesi si è “rovesciato” il sistema mondiale con l’Europa liquefatta sulle somministrazioni rispetto al mondo anglosassone, disvelando tutta la propria fragilità. Un conto è gestire il distanziamento sociale e le mascherine, strumenti di difesa noti sin dal tempo dell’influenza spagnola, altro sono i vaccini che chiamano in causa la capacità scientifica, industriale, economica di un paese. La Gran Bretagna è un paese, gli Stati Uniti uno Stato federale, l’Europa né l’uno né l’altro ma gigantesco ministero dominato dalle burocrazie. Solo chi questo edificio lo ha salvato può concedersi la franca brutalità di denunciarne limiti e ritardi, senza essere tacciato di “lesa maestà”, ingaggiando una polemica con le Big Pharma e con l’Europa in relazione all’eccessiva flessibilità con cui sono stati stipulati i contratti.

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Stanotte torna l’ora legale, quando spostare le lancette un’ora avanti: dormiremo meno ma con più luce

sabato, Marzo 27th, 2021

Ora legale, lancette avanti nella notte tra sabato e domenica prossimi. Con la primavera ormai iniziata, torna anche l’ora legale: oggi sabato sera 27 marzo, alle 2 di notte, le lancette andranno spostate di un’ora avanti e dormiremo dunque un’ora in meno, ma guadagnando un’ora di luce in più durante la giornata. Ovviamente i dispositivi elettronici si aggiornano in automatico, mentre per quelli meccanici servirà spostare materialmente la lancetta in avanti.

L’ora legale ci accompagnerà per tutta l’estate fino al prossimo 31 ottobre, quando torneremo all’ora solare spostando le lancette di un’ora indietro e dormendo dunque un’ora in più. Ed è un vantaggio anche per le tasche: secondo Terna l’anno scorso, nei sette mesi di ora legale, l’Italia ha risparmiato 400 milioni di kilowatt-ora di elettricità, con un beneficio di 66 milioni di euro.

Da qualche anno ormai si parla di un’abolizione dell’ora legale, dopo una proposta del Parlamento europeo: ma la proposta ha trovato l’opposizione dell’Italia che ha chiesto a Bruxelles di conservare il doppio orario. A favore si erano schierati i Paesi dell’Europa del Nord (in primis Finlandia e Polonia), dove le ore di luce sono comunque molte di più rispetto a quelli del Sud, tra cui l’Italia.

IL MESSAGGERO

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Roma al voto, Letta annuncia le primarie: «Gualtieri in corsa. Raggi, un inciampo»

sabato, Marzo 27th, 2021

di Emilio Pucci

Ricostruire un’ampia coalizione di centrosinistra da Leu a Renzi, con un asse strutturale con il Movimento 5 stelle, e risolvere il rebus della candidatura a Roma attraverso le primarie. Enrico Letta apre la fase due del suo mandato: sciolto il nodo dei vice segretari, della segreteria e dei capigruppo (alla Camera è favorita la Serracchiani ma FI chiede per sé la presidenza della Commissione Lavoro), l’ex premier si butta a capofitto sui prossimi dossier. E il primo scoglio riguarda la Capitale. «Penso che faremo le primarie. Ci sono diversi candidati, tra cui Gualtieri del Pd», ha detto a Otto e mezzo. Nei prossimi giorni si costruirà il percorso, per ora non partecipa alla gara Zingaretti ma il pressing del Nazareno continuerà, «ho una grande considerazione, ci lega un’amicizia profonda. Ha guidato molto bene la Regione Lazio sulla pandemia», ha osservato Letta. E poi c’è Calenda che nei giorni scorsi ha fatto sapere che sarà in campo comunque.

GLI ALTRI
Ma la «pietra di inciampo», come la definisce lo stesso segretario dem, è la sindaca Raggi. È l’ostacolo numero uno, una sua eventuale candidatura comunque non verrebbe presa in considerazione. L’inquilina del Campidoglio andrà fino alla fine, sostenuta da Beppe Grillo, ma Letta spera ancora nell’appoggio dell’ex premier Conte, pronto a caricarsi il Movimento 5 stelle sulle spalle. Fermo restando che al secondo turno M5s, qualora la sindaca dovesse arrivare terza, appoggerebbe il candidato Pd. Ma anche il centrodestra è sempre più diviso. Bertolaso ha ribadito di non volerne sapere: «Nessuno ci crede, ma ci sono tanti bei candidati: l’importante è liberarci di chi ha condotto la città nella situazione pietosa in cui si trova». Fdi è per Abodi ma la Lega e FI nicchiano e c’è tensione anche su Milano, perché Salvini punta sul manager Rasia mentre Berlusconi vorrebbe il centrista Lupi.

IL VOTO
Si vota ad ottobre, le candidature per le primarie dem nella Capitale dovranno arrivare entro aprile e la posta in gioco è altissima, «so di giocarmi l’osso del collo su questa partita», ha affermato Letta. «Ha confermato ciò che il Pd ha sempre detto: serve un percorso largo e partecipato», dice il dem Astorre. L’obiettivo del Pd è arrivare a candidati comuni con il M5s. Per il Nazareno ci sta lavorando l’ex ministro Boccia, responsabile Enti locali. A Napoli si sta valutando il presidente della Camera Fico, anche se il governatore De Luca non lo vuole; per Torino il Nazareno cercherà l’accordo anche con Italia viva.

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M5S, il manifesto del Movimento per arginare lo scontento

sabato, Marzo 27th, 2021

di Massimo Franco

Sentire Beppe Grillo che arringa i parlamentari del Movimento perché scelgano il «meticciato politico» può sorprendere. Come anche il suo invito a mescolarsi con gli altri partiti in nome della transizione ecologica; o ancora, l’appello a studiare: il tutto condito dall’appellativo di «miracolati» riservato ai propri eletti. La carta d’identità era stata sempre quella dell’isolamento per preservare la purezza antisistema. Ma ormai il contorno visionario del grillismo va filtrato e setacciato in un’ottica di potere. Sotto la schiuma dell’ecologia e del reddito di cittadinanza universale come ultima frontiera; dietro il traguardo remoto e dunque innocuo del 2050, ieri il «garante» ha mandato gli unici segnali che gli premono. Il primo è il sostegno al governo di Mario Draghi. Ma con l’aggiunta di un giudizio personale lusinghiero sul premier, raffigurato non come «un banchiere senza sentimenti. È uno che vede la povertà e ha mantenuto la parola su reddito di cittadinanza e transizione ecologica». Il secondo segnale è che il Movimento 5 Stelle vuole puntare su Giuseppe Conte e sull’alleanza con la sinistra.

E pazienza se il progetto fa storcere la bocca a militanti e elettori sia del Movimento che del Pd, allenati per anni a detestarsi. Il terzo è un approccio apparentemente fermo sul divieto di superare i due mandati parlamentari: uno scoglio che molti vorrebbero aggirare per non sbarrare la strada a gran parte dell’attuale nomenklatura del M5S. Il modo in cui Grillo riscrive la storia sembra fatto apposta per garantire una lunga tregua; e per proiettarla sulle elezioni nelle grandi città a ottobre e sul voto per il Quirinale nel 2022: sebbene continui a schierarsi con la sindaca di Roma, Virginia Raggi, invisa al Pd. Ma in tre anni il M5S ha perso un centinaio tra senatori e deputati. E la situazione impone di trovare alleati per non essere isolati, oltre che perdenti.

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Piano Cartabia per potenziare la giustizia: “Rivoluzione digitale e 16 mila assunzioni”

sabato, Marzo 27th, 2021

Francesco Grignetti

ROMA. Nelle stanze della ministra Marta Cartabia sta prendendo corpo la giustizia che verrà. Un intervento complesso, su più piani, evitando quello che lei stessa ha definito «l’equivoco per il quale l’obiettivo di una giustizia più effettiva ed efficiente, oltre che più giusta, possa essere raggiunto solo attraverso interventi riformatori sul rito del processo o dei processi». No, per trasformare la giustizia italiana, oltre le riforme sul penale, il civile e il Consiglio superiore della magistratura di cui si discuterà in Parlamento, occorrono carne e sangue, nel senso di grandi investimenti, migliaia di nuovi assunti, ristrutturazioni edilizie e un massiccio ricorso al digitale. Il primo tassello della trasformazione saranno quindi i miliardi del Recovery Plan. Per la Giustizia saranno circa 3 miliardi, ma non finisce qui perché è ancora in discussione il capitolo sull’architettura penitenziaria.

Il primo intervento riguarderà il personale. Attualmente i dipendenti della Giustizia, magistrati esclusi, sono pochi, stanchi e in età avanzata. Grazie al Recovery, verranno stanziati 2,29 miliardi di euro per 16.500 nuovi assunti a tempo determinato. Di questi, 3.000 saranno amministrativi e tecnici vari. Gli altri saranno giovani laureati in materie giuridiche ed economiche che daranno linfa al cosiddetto Ufficio del Processo, istituito nel 2012 da quell’altro tecnico sopraffino che fu la ministra Paola Severino, ma rimasto a livello sperimentale. «Un modello organizzativo – ha sintetizzato Cartabia davanti al Parlamento – che rafforza la capacità decisionale del giudice inserendo nello staff gli assistenti sul modello dei “clerks” dei paesi anglosassoni, incaricati della classificazione dei casi, della ricerca dei precedenti giurisprudenziali e dei contributi dottrinali pertinenti, della predisposizione di bozze di provvedimenti». L’Ufficio del Processo dovrebbe essere quella marcia in più che permetterebbe al giudice ovviamente di restare sempre il protagonista assoluto e solitario delle decisioni, ma anche di essere supportato per tutto quanto riguarda la parte «conoscitiva» e «organizzativa» preliminare, con evidenti riflessi su durata e qualità del processo.

Il secondo tassello riguarda i palazzi di Giustizia. Sono in arrivo 426 milioni di euro per ammodernare, ristrutturare o addirittura costruire ex novo una quarantina di sedi in tante città italiane. È uno scandalo lo stato di troppi tribunali o procure. E qualche giorno fa, a una madre di Teramo che le aveva scritto lamentando che per suo figlio, un operaio morto in un incidente sul lavoro, il processo non è mai stato nemmeno avviato per le condizioni del palazzo di Giustizia, lei ha preso un impegno: «Non deve succedere mai più».

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Il compromesso di Draghi mette all’angolo Salvini

sabato, Marzo 27th, 2021

ALESSANDRO BARBERA, AMEDEO LA MATTINA

ROMA. Una sconfessione delle richieste di Matteo Salvini, che vorrebbe negozi aperti ovunque dopo la Pasqua, ma anche una forzatura verso l’ala rigorista di Pd e Cinque Stelle, che avrebbero rimandato la riapertura delle aule. Eppure, come già era accaduto sui condoni delle cartelle esattoriali, chi paga il prezzo più alto alle scelte del governo di Mario Draghi è il leader leghista. All’ora di pranzo, durante la riunione di maggioranza, il premier ha detto a Giancarlo Giorgetti che i numeri dei contagi e dei morti è ancora troppo alto. «Bisogna essere pragmatici, realisti: apriremo le scuole fino alla prima media. Di più non si può fare, poi vedremo». Il ministro leghista dello Sviluppo economico ha fatto la sua parte su input del segretario. «Condivido l’apertura parziale della scuola, ma rimane un gigantesco problema per le attività economiche». È vero, ha spiegato il premier, i dati migliorano e fanno ben sperare, «tuttavia è presto per prendere una decisione. Il rischio è di vanificare tutto, anche questi deboli segnali positivi». È la linea di sempre dell’ala rigorista del Pd, dei ministri Dario Franceschini e Roberto Speranza, spalleggiati dal collega Cinque Stelle Stefano Patuanelli.

La Lega ha tentato fino all’ultimo di ripristinare il sistema a tre colori, quello che fra gennaio e febbraio aveva permesso ai ristoranti di restare aperti fino al tramonto nelle zone gialle. La prudenza imposta dal Comitato tecnico scientifico non ha mai lasciato spazio all’ipotesi. A quel punto il dibattito è virato sulla possibilità di non attendere la fine di aprile per valutare le riaperture, e sulla necessità di pensare ad ulteriori misure di sostegno alle attività che saranno costrette a tenere abbassata la saracinesca. La riunione non è stata in grado di entrare nel merito, ma nella maggioranza si sta valutando un nuovo decreto Sostegni-bis per altri venti, forse trenta miliardi di euro.

Il ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini preme per indennizzi più forti dell’ultimo decreto, ma questa volta gli aiuti non saranno a pioggia ma mirati alle attività più in sofferenza: bar, ristoranti, palestre. Fedele allo stile di lotta e di governo, Salvini stavolta è riuscito a infastidire il solitamente impassibile Draghi. Tutto avviene davanti ai giornalisti, nei primi minuti della conferenza stampa del premier con una dichiarazione del leghista. «È impensabile tenere chiusa l’Italia per tutto il mese di aprile. Nel nome del buonsenso che lo contraddistingue, e soprattutto dei dati medici e scientifici, chiediamo al presidente Draghi che dal 7 aprile, almeno nelle regioni e nelle città con situazione sanitaria sotto controllo, si riaprano in sicurezza le attività chiuse e si ritorni alla vita a partire da ristoranti, teatri, palestre, cinema, bar, oratori, negozi.

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Opinioni e appetizioni

sabato, Marzo 27th, 2021

MATTIA FELTRI

Io ogni tanto ve lo ricordo: prendete i libri editi da Nino Aragno, il miglior editore d’Italia. L’ultimo è intitolato Enchiridion, cioè Manuale, il manuale dei pensieri di Epitteto raccolti dallo scrittore e discepolo Arriano (Epitteto non ha buttato un minuto del suo tempo per scrivere). Qui è nel gioiello della traduzione di Giacomo Leopardi, anno 1825. La partenza è folgorante. Non tutto, dice Epitteto, è in nostro potere. Sono in nostro potere «l’opinione, il movimento dell’animo, l’appetizione, l’aversione…». Non sono in nostro potere «il corpo, gli averi, la riputazione, i magistrati (cioè le cariche pubbliche, ndr)…». Stavo leggendo questo magnifico incipit quando mi è cascato addosso il Matteo Salvini quotidiano, produttore del

Mario Draghi, forse avveduto della agevole disponibilità di opinioni e appetizioni, e dello scialo che se ne fa, ha risposto che il pensabile e l’impensabile dipendono dai numeri. Il Covid, eccolo il punto, non è così sensibile alle opinioni e alle appetizioni di Salvini, né di chiunque altro, e ci dimostra da un anno abbondante che consideriamo in nostro possesso il corpo, gli averi, la riputazione e le cariche pubbliche, ma non sono in nostro possesso né in nostro potere. Ne discende frustrazione, e poi ce la prendiamo con gli uomini e con gli dei.

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Trasferimento, ferie forzate o licenziamento: ecco la stretta sugli operatori sanitari No vax

sabato, Marzo 27th, 2021

niccolò carratelli, paolo russo

ROMA. Per gli operatori sanitari che lavorano a contatto con i pazienti il vaccino anti-Covid sarà obbligatorio. Il governo ha deciso, Mario Draghi ha annunciato un decreto legge che definirà le regole e le conseguenze per i trasgressori: «Ci sta lavorando la ministra Cartabia», ha spiegato il premier. «Il provvedimento è in fase istruttoria», precisano dalla Giustizia. Ma l’ossatura della norma c’è già e potrebbe anche finire nel decreto Covid, che il governo reitererà la prossima settimana. Prima di tutto, si introdurrà l’obbligo vaccinale per tutti gli operatori sanitari a contatto con i pazienti, perché senza questo passaggio ogni misura potrebbe essere letta come discriminatoria e aprire la porta a una valanga di ricorsi. L’obbligatorietà interesserebbe, dunque, medici e infermieri che prestano assistenza ai malati, ma anche radiologi o assistenti socio-sanitari, che a contatto con i fragili ci sono eccome. Esclusi sarebbero amministrativi, tecnici di laboratorio o addetti alle pulizie, che i pazienti al massimo li incrociano in corridoio.

Dal punto di vista delle sanzioni la parola d’ordine è «gradualità». In una prima fase scatterebbe, infatti, il trasferimento ad altra funzione, che escluda il contatto con gli assistiti. Mica facile quando si parla di medici o infermieri. Dove non fosse possibile, una delle opzioni più immediate è il ricorso alle ferie forzate, come già avvenuto per i dipendenti di alcune Rsa, in diverse regioni italiane. Esaurite le ferie, essendo escluse sanzioni pecuniarie, per i no vax in camice scatterebbe il licenziamento, che non sembra più essere un tabù nel governo Draghi. Covid, Draghi: “Interverremo su operatori sanitari non vaccinati”

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L’Italia torna leader

sabato, Marzo 27th, 2021

Giampiero Massolo

L’Italia è tornata. È un po’ questo il commento diffuso tra gli osservatori internazionali e confermato anche dall’andamento del Consiglio europeo di giovedì scorso, come dalla conferenza stampa del presidente Draghi di ieri. Sarebbe ingeneroso disconoscere i risultati ottenuti dal governo precedente sul Recovery Fund. Come sarebbe illusorio pensare che il peso del Paese sia cresciuto d’improvviso con un colpo di bacchetta magica.

Le luci e le ombre di sempre. Sta di fatto, tuttavia, che un “effetto Draghi” c’è e comporta una sensazione confortevole. Abituati a contare meno della nostra taglia, ci troviamo all’improvviso nella situazione opposta. E del resto combattere in una categoria superiore alla propria è quello che da tempo fanno abilmente i nostri maggiori partner europei.

Abbiamo quindi ritrovato, nel breve volgere di qualche settimana – complice anche il fine regno di Angela Merkel e una leadership meno agevole del previsto di Emmanuel Macron – una centralità inconsueta. Per la verità, protagonisti in Europa lo siamo stati spesso: per lo più in negativo, come parte del problema, per il rischio che un’implosione dell’economia italiana sotto il peso di un debito spropositato può rappresentare per l’intero processo d’integrazione europea. La stessa conversione tedesca, sotto la spinta della pandemia, sull’indebitamento europeo origina almeno in parte anche dai timori di un simile sviluppo. Oggi, il nostro protagonismo assume aspetti differenti. Si traduce, intanto, nell’autorevolezza di delineare i contenuti di un’agenda europea a tutto campo: dall’atteggiamento fermo verso i Big Pharma sui vaccini come verso i partner non europei restii alla reciprocità nella loro distribuzione; all’atteggiamento esigente verso il coordinamento europeo, pena la scelta di vie nazionali d’azione; al ripensamento del patto di stabilità con più enfasi sulla crescita; al rilancio del progetto di una compiuta unione bancaria fino all’idea di una vera politica fiscale comune.

Si incentra, poi, sulla definizione di un’autonomia strategica dell’Unione europea non irrealisticamente alternativa al rapporto transatlantico, ma tesa a irrobustire le dimensioni tecnologica, sanitaria, industriale, della difesa e sicurezza, come contributo al rafforzamento complessivo dell’Occidente. Si definisce, infine, nello sviluppo di rapporti europei di partnership saldi, ma allo stesso tempo critici e attenti agli aspetti valoriali e ai rapporti di potenza, con i Paesi più problematici, dalla Cina alla Russia e alla Turchia. Ne emerge, in sostanza, una linea tesa a una non velleitaria riaffermazione della sovranità europea, attraverso la revisione delle politiche e dei meccanismi decisionali dell’Unione verso una loro maggiore efficacia. Si riannoderebbe in tal modo il rapporto di fiducia tra cittadini e Europa, crescerebbe l’identità europea sulla scena internazionale, si rinsalderebbero di conseguenza gli assetti interni degli Stati membri.

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Nuovo decreto Draghi, niente fascia gialla. Seconde case, spostamenti, fine settimana: le regole e i divieti

sabato, Marzo 27th, 2021

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

L’Italia chiusa per un altro mese. Non passa la linea di ministri e governatori del centrodestra che chiedevano una ripresa sia pur graduale delle attività. Fino alla fine di aprile tutte le Regioni rimangono in fascia arancione o rossa, i fine settimana festivi — il ponte del 25 aprile e quello del 1° maggio — saranno «blindati» per tutti. Così ha deciso la cabina di regia convocata dal presidente del consiglio Mario Draghi per studiare le misure per contenere il Covid 19 che saranno inserite in un nuovo decreto in vigore dal 7 aprile. Per lunedì alle 17 i ministri della Salute Roberto Speranza e degli Affari regionali Mariastella Gelmini hanno convocato i governatori per un ulteriore confronto, ma la scelta è fatta. I dati dei contagi e delle vittime — questa è la linea condivisa con gli scienziati — non consentono allentamenti. L’Rt nazionale è 1,08, ieri i nuovi casi sono stati 23.987 e 457 le vittime, con un tasso di positività ancora al 6,8 e questo convince il governo a mantenere le restrizioni. L’ordinanza per il cambio di fascia firmata da Speranza dopo l’analisi dell’andamento dell’epidemia premia solo il Lazio.

Il monitoraggio

L’Istituto superiore di sanità sottolinea nel monitoraggio settimanale che «il numero complessivo di persone ricoverate in terapia intensiva è ancora in aumento con un tasso di occupazione a livello nazionale sopra la soglia critica e analogo è l’andamento per le aree mediche». Per questo suggerisce di «mantenere rigorose misure di mitigazione nazionali accompagnati da puntuali interventi di mitigazione/contenimento nelle aree a maggiore diffusione», dunque lockdown locali che possano fermare i contagi provocati dalle varianti del virus. Il monito è chiaro: «È fondamentale che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile».

I nuovi colori

Secondo le indicazioni della Salute da lunedì passano in fascia rossa Calabria, Toscana e Val d’Aosta e si aggiungono a Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Marche, provincia autonoma di Trento, Piemonte, Puglia e Veneto. Torna invece in fascia arancione il Lazio con Abruzzo, Basilicata, Liguria, Molise, provincia autonoma di Bolzano, Sardegna, Sicilia e Umbria. Il cambio per il Lazio scatterà martedì, alla scadenza della precedente ordinanza.

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