Mario Draghi*
La pandemia di Covid-19 ha colpito l’economia
italiana più di altri Paesi europei. Nel 2020, il prodotto interno lordo
si è ridotto dell’8,9%, a fronte di un calo nell’Unione Europea del
6,2. L’Italia è stata colpita prima e più duramente dalla crisi
sanitaria. Le iniziali chiusure locali sono state disposte a febbraio
2020, e a marzo l’Italia è stata il primo paese dell’Ue a dover imporre
un lockdown generalizzato. Ad oggi sono stati registrati oltre 110.000
decessi ufficiali dovuti al Covid-19, che rendono l’Italia il Paese che
ha subito la maggior perdita di vite nell’Ue.
La crisi e la povertà
La
crisi si è abbattuta su un Paese già fragile dal punto di vista
economico, sociale ed ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il Pil in
Italia è cresciuto in totale del 7,9%. Nello stesso periodo in Germania,
Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e
43,6%. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di
povertà è salita dal 3,3% al 7,7% della popolazione – prima di aumentare
ulteriormente nel 2020 fino al 9,4%. Le donne e i giovani
Ad
essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani: l’Italia è
il Paese dell’Ue con il più alto tasso di giovani tra i 15 e i 29 anni
non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione (Neet), e il
tasso di partecipazione delle donne al lavoro in Italia è solo il 53,1%,
molto al di sotto del 67,4% della media europea. Questi problemi sono
ancora più accentuati nel Mezzogiorno, dove il processo di convergenza
con le aree più ricche del Paese è ormai fermo.
L’ambiente
L’Italia
è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e, in
particolare, all’incremento delle ondate di calore e delle siccità. Le
zone costiere, i delta e le pianure alluvionali risentono degli effetti
legati all’incremento del livello del mare e delle precipitazioni
intense. Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale (Ispra), nel 2017 il 12,6% della popolazione viveva
in aree classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad
alluvioni, con un complessivo peggioramento rispetto al 2015…
La produttività
Dietro
l’incapacità dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri
paesi avanzati europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed
ambientali, c’è l’andamento della produttività, molto più lento in
Italia che nel resto d’Europa. Negli ultimi vent’anni, dal 1999 al 2019,
il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2%, mentre in
Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3%. La
produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di
efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 5,8% tra il 2001 e
il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo.
I ritardi
Tra
le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di
cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo
ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla
struttura del tessuto produttivo italiano, caratterizzato da una
prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nel
muoversi verso produzioni di più alto valore aggiunto.