Archive for Aprile, 2021

Mario Draghi e Stati Uniti, asse per la “super-tassa sulle multinazionali”: il balzello che fa tremare Amazon

giovedì, Aprile 8th, 2021

C’è un nuovo tipo di sovranità che, in particolare durante la pandemia, ha richiesto attenzione da parte degli Stati nazionali: la sovranità digitale. Centinaia di miliardi di euro vengono spostati annualmente in tutto il mondo, confluendo poi nelle casse delle solite multinazionali. Le tasse sono bassissime e gli introiti stratosferici. La conseguenza è un indebolimento notevole dell’economia degli Stati. In questo clima, il G20 finanziario si è riunito ieri a distanza per decidere le tassazioni nei confronti delle multinazionali. L’obiettivo del G20 è innanzitutto quello di raggiungere un’intesa per mitigare gli effettivi negativi della pandemia sull’economia dei Paesi.
Janet Yellen, segretario del Tesoro degli Stati Uniti d’America, ha avanzato una proposta che non sembra dispiacere a nessuno (se non alle multinazionali): una tassa ad hoc per le maggiori imprese, anche in ottica dei 2.300 miliardi stanziati dal tesoro per finanziare il piano infrastrutturale americano. L’intuizione di Yellen è stata accolta positivamente da Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia e dal presidente del Consiglio Mario Draghi. I due avrebbero già trovato l’appoggio anche di Parigi, Berlino e Madrid. L’obiettivo è quello di convincere un buon numero di Stati, in modo da rendere sensata la proposta a livello globale. 
“L’ottica di base è che dovrà essere il più possibile armonizzata a livello globale, e il più possibile equa” ha detto uno sherpa del G20 a trazione italiana. Come riporta la Stampa, in parallelo si sviluppa anche il percorso sulla digital tax, l’imposta sulle compagnie che fatturano sul web. L’obiettivo, già delineato dall’Ocse lo scorso anno, è quello di arrivare a giugno con un piano preciso cui sottoporre Big Tech. Usa, Francia, Italia e Germania sembrano d’accordo e la svolta finale ormai ad un passo.

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Sofa-gate, la Turchia accusa Michel: “Protocollo concordato, nessuna discriminazione contro la von der Leyen”

giovedì, Aprile 8th, 2021

Continua a tenere banco il presunto sgarbo istituzionale che si è consumato nel corso dell’incontro tra il presidente turco Recep Erdogan e i vertici dell’Unione europea. Il caso è scoppiato perché si sarebbe verificato un episodio discriminatorio nei confronti di Ursula von der Leyen, relegata in uno dei sue sofa laterali mentre Erdogan e Charles Michel erano seduti in poltrona. Il governo di Ankara ha però respinto la ricostruzione emersa sui media, secondo cui si sarebbe trattato di un affronto di una donna, ma anche della stessa unione europea. 

Il sofa-gate però non esiste per i turchi, secondo cui se davvero si è verificato un affronto, la colpa è stata unicamente dell’Ue che ha concordato la visita. “Durante la visita è stato seguito il protocollo standard – hanno fatto sapere fonti governative di Ankara all’Ansa – la presidente della Commissione europea non è stata trattata in modo diverso. Né la delegazione Ue ha chiesto una diversa disposizione. In questa situazione, ci saremmo aspettati che i due ospiti si fossero accordati tra loro”. 

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Hanno tutti ragione | Di Battista e il sottopancia giudiziario, breve storia di una mala educazione

giovedì, Aprile 8th, 2021

di Stefano Cappellini

Alessandro Di Battista funziona come uno specchio deformato: rimanda sempre l’immagine peggiore di te stesso. Ieri Dibba si è fatto vivo di nuovo per difendere un suo amico e sodale, Andrea Scanzi, sospeso dai programmi che lo pagavano per fare l’opinionista a causa della vicenda del vaccino conquistato di straforo grazie a un abile corteggiamento del suo medico di base. Ma non è di questo che parleremo.

Nel perorare la causa di Scanzi, Di Battista propone che a tutti i commentatori televisivi sia applicato un sottopancia – la scritta che di solito riporta nome, cognome e qualifica – che non si limiti ai dati anagrafici e professionali ma aggiunga il curriculum penale dell’ospite. Una specie di casellario giudiziario lampo, che offra al telespettatore un compendio delle condanne ricevute da chi parla o che, immaginiamo, lo battezzi “incensurato” se privo di carichi. Il senso della proposta è chiaro: si toglie il microfono a un sant’uomo come Scanzi e lo si offre a chi ha i veri scheletri nell’armadio.

Nel delirio giustizialista degli ultimi anni è una delle proposte più surreali, mezzo orwelliana mezzo facebookiana: in fondo per la generazione Dibba la voce “precedenti penali” rappresenta una molla pari a quella di Zuckerberg quando si rende conto che non può mandare on line il suo nuovo social network senza aver prima aggiunto la casella “stato sentimentale”. Al pari della gran parte dei deliri giustizialisti anche questa idea parte dal presupposto che sia una richiesta dei Buoni contro i Corrotti, dunque criticarla equivale a schierarsi dalla parte del Male. Siccome il fine è (sarebbe) buono, il mezzo non si discute. Se lo discuti, sei colluso, complice, peloso.

Possiamo prendercela con Dibba quanto vogliamo, ma questo schema non lo ha inventato lui e, sebbene si presti ai peggiori usi reazionari, in Italia nasce a sinistra. Eccolo, l’effetto specchio di Dibba.

Nasce a sinistra prima ancora di Tangentopoli, quando nella sua lotta al terrorismo il Partito comunista italiano sperimenta il primo collateralismo con le procure e l’azione dei pm riceve di fatto un impulso politico: l’intento è nobile e giusto, combattere il partito armato, l’applicazione della giustizia è invece spesso uno stupro dello Stato di diritto: carcerazione preventiva fuori controllo, mandati di cattura con ipotesi di reato cambiate in corsa, neutralizzazione della difesa, teoremi giudiziari come il 7 aprile 1979, data della retata nazionale contro i vertici di Autonomia operaia e avvio di uno scombinato iter giudiziario che Luigi Ferrajoli su Critica del diritto definì “un processo perverso figlio di tempi perversi”. Poco tempo dopo ci fu il caso Tortora, acme della giustizia fuori controllo e primo grande esperimento di processo mediatico: un innocente gettato in pasto a un’opinione pubblica affamata di vendetta e procedure sommarie, ancora più godibili grazie alla popolarità degli imputati (pm e giudici responsabili di quello scempio hanno tutti fatto fortunata carriera).

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Fdi, al convegno di Giorgia sulle Tlc sfilata di ministri

giovedì, Aprile 8th, 2021

di Emanuele Lauria

Due mesi fa, di questi tempi, la domanda era: c’è uno spazio politico oltre Draghi? Fratelli d’Italia saluta idealmente quella che ritiene la vittoria di una scommessa ricevendo l’omaggio di due superministri – Vittorio Colao e Roberto Cingolani – e di un sottosegretario influente quale Franco Gabrielli, ex capo della Polizia delegato alla sicurezza. Il tema, certo, è squisitamente tecnico – la sfida della digitalizzazione – ma il parterre del convegno di oggi, organizzato da Fdi, è un riconoscimento anche politico per l’unica forza di opposizione al governo di solidarietà nazionale. “Ci saranno tutti, senza eccezioni, e non ho dovuto insistere neanche tanto”, gongola il deputato Alessio Butti, rileggendo l’elenco degli invitati all’iniziativa sulle “nuove reti per l’industria italiana e i consumatori”: Colao, Cingolani e Gabrielli, ma anche una presidente di commissione renziana, Raffaella Paita (Trasporti), e i manager di compagnie come Open Fiber, Tim, Sky Italia, Vodafone, Fb Group, Key4biz. Giorgia Meloni tirerà le conclusioni, prima di pranzo, con l’orgoglio anche di sopravvissuta al ciclone Draghi. Perché è vero, come dice Butti che guida il dipartimento Tlc del partito, che Fratelli d’Italia “è l’unica forza che con mozioni e altri atti ha parlamentarizzato una materia così importante”.

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Vaccino AstraZeneca, l’ematologo Mannucci: “Questi i sintomi cui prestare attenzione”

giovedì, Aprile 8th, 2021

di Elena Dusi

L’Agenzia europea per i medicinali continua a raccomandare AstraZeneca: gli eventi avversi sono rarissimi. Ma avverte di stare attenti ai sintomi di un’eventuale trombosi, per chiedere aiuto a un medico quanto prima. L’elenco è secco e comprende mancanza di respiro, dolore al petto, gonfiore delle gambe, dolore addominale persistente, sintomi neurologici e lividi che compaiono senza motivo. Il tutto per due settimane a partire dal giorno del vaccino. Soprattutto per chi è ansioso, la lista dei segnali d’allerta è da batticuore. Ad aiutarci è Pier Mannuccio Mannucci, professore all’università di Milano e uno dei principali esperti dei problemi di coagulazione in Italia. 

Per cosa si allarmerebbe?  

“Mancanza di respiro e gonfiore alle gambe possono indicare una trombosi tradizionale, non quella causata dal vaccino, che è concentrata al cervello o, più raramente, all’addome. Se avessi ricevuto AstraZeneca da meno di due settimane mi allarmerei per un mal di testa che non è il normale fastidio che può capitare a tutti e che anzi è frequente dopo un vaccino. Il dolore da trombosi è fortissimo, lancinante, diffuso e persistente. Per spaventarci davvero deve essere associato a un sintomo neurologico, come problemi alla vista, perdita di sensibilità agli arti, difficoltà nel movimento, confusione nel parlare, sopore e offuscamento della coscienza. Il calo di piastrine, che è tipico della forma molto particolare di trombosi legata al vaccino, si può manifestare con lividi ed ecchimosi che compaiono senza motivo”. 

Ma anche chiedendo aiuto a un medico, esiste poi una cura? 

“Una cura specifica per questa rara trombosi non esiste. Ma è certo meglio essere seguiti da un medico il prima possibile. Ci sono terapie che possono essere d’aiuto, come le immunoglobuline o il desametasone, un cortisonico”. 

L’Agenzia Europea per i medicinali ha ribadito che non esistono fattori di rischio. Ma c’è qualcuno che avrebbe più ragione di preoccuparsi? 

“Non consiglierei questo vaccino a chi ha già avuto una trombosi. Non mi preoccuperei invece per la presenza di un fattore di rischio genetico. Non sembra che aumenti il pericolo in questa circostanza”. 

Perché la trombosi può arrivare a così tanta distanza di tempo, addirittura due settimane dopo l’iniezione? 

“Si pensa che sia causata da una reazione autoimmune. Vuol dire che il vaccino induce la formazione di anticorpi che attaccano le piastrine e promuove la coagulazione del sangue. I tempi di formazione degli anticorpi dopo il vaccino in effetti sono una o due settimane. Almeno questo dato sembra coerente con l’ipotesi”. 

Consiglierebbe di sospendere terapie con ormoni o eparina? 

“No, e nemmeno prenderei eparina o aspirina prima del vaccino. Se proprio si ha una gran paura, si possono fare degli esami del sangue prima e dopo il vaccino”. 

Cioè? 

“Non è un consiglio che do, resta comunque un eccesso di cautela che si può benissimo evitare. Ma se proprio si è spaventati, si possono misurare le piastrine e il d-dimero nel sangue prima della vaccinazione, per conoscere il valore di partenza, dopo una settimana e dopo quindici giorni dall’iniezione. Con i colleghi tedeschi abbiamo visto infatti che il calo delle piastrine e l’aumento del d-dimero sono progressivi. Tendono cioè a modificarsi per alcuni giorni, prima di portare alla trombosi”. 

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Furbetti e sciamani/ Se il dolore per il virus non redime le anime

giovedì, Aprile 8th, 2021

Carlo Nordio

Giusto un anno fa, all’inizio della pandemia, fiorì l’auspicio, e per alcuni la convinzione, che un periodo di sofferenze e di rinunce avrebbe favorito il recupero di una sensibilità solidale logorata da anni di consumismo edonistico: che insomma saremmo diventati tutti più buoni. Ogni spirito scettico nutrì dei dubbi davanti a questo ottimismo ispirato dalla speranza ma smentito dall’esperienza.

Perché il concetto che il dolore ci redima e le disgrazie ci migliorino è solo l’aspirazione consolatoria dell’anima afflitta, e un’illusoria alternativa alla rassegnazione. La natura umana se potesse evitare una pena ne farebbe volentieri a meno e davanti alle sventure tende a ribellarsi. Persino Giobbe, alla fine, perse la pazienza. 

E’ quello che sta avvenendo in una parte non trascurabile di cittadini, che mostra segni di insofferenza e di protesta. Sentimenti che tuttavia si manifestano in varie forme, che proviamo a esaminare. 

La prima è quella, agitata e vociferante, che abbiamo visto in questi giorni a Roma e in qualche altra città. Essa esprime l’esasperazione di quei lavoratori autonomi costretti a una forzata inattività. La loro rabbia non è alimentata solo dall’impoverimento, per alcuni irreversibile, ma anche da altri fattori: le incaute promesse del precedente governo che aveva assicurato adeguati ristori rivelatisi parziali, insufficienti e tardivi; l’incredibile andirivieni di chiusure totali e riaperture parziali, determinate da criteri opinabili, e comunque intervenute senza congrui preavvisi; le spese sostenute per adeguarsi alle prescrizioni sanitarie, rivelatesi poi inutili e irrecuperabili; e non ultima la manifesta disparità tra la loro catastrofe finanziaria e la solidità reddituale di quei lavoratori e pensionati che, costretti tra l’altro a un risparmio forzoso, hanno aumentato i propri risparmi come emerge dalle statistiche dei depositi bancari. 

Questa protesta è degenerata, come si è visto, in deplorevoli tumulti, e persino nell’imitazione pittoresca dell’invasione di Capitol Hill, con un manifestante vestito da sciamano. Si tratta, come ha detto la ministra Lamorgese, di comportamenti inaccettabili. Ma si tratta anche di disagi reali che non possono essere a lungo sottovalutati, e tanto meno ignorati.
La seconda specie di reazione è quella del cosiddetto negazionismo: è meno appariscente della contestazione piazzaiola, ma assai più pericolosa. Essa si articola in varie forme: dal messaggio che il Covid è l’invenzione di una propaganda allarmistica all’insinuazione che sia il prodotto artificioso delle famigerate multinazionali, che i vaccini siano “acqua sporca” e persino veleni programmati da una mente criminale. 

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Decreto ristori, si allarga la platea e crescono gli indennizi: in arrivo 32 miliardi

giovedì, Aprile 8th, 2021

di Andrea Bassi

Provare a tamponare l’insofferenza che monta nel Paese. Soprattutto quella dei commercianti, degli autonomi, dei ristoratori. Centinaia di migliaia di persone messe in ginocchio dal lockdown, dalle chiusure imposte dalla pandemia. Oggi Mario Draghi, insieme al ministro dell’Economia Daniele Franco e a quello delle Attività regionali, Mariastella Gelmini, vedrà le Regioni. Ufficialmente per parlare del Recovery plan, sul quale i governatori da tempo chiedono un coinvolgimento maggiore. Finora non hanno ricevuto nessun documento dal governo e ancora non sanno quale sarà il loro ruolo nell’impiego dei 200 miliardi previsti dal piano. Ma Recovery a parte, i governatori torneranno a chiedere prospettive più certe al governo. Il tema centrale sono ancora le riaperture delle attività economiche. I presidenti di Regione vorrebbero avere una data per la ripartenza. Ma anche la possibilità di riaprire alcune attività in zona rossa, sempre garantendo la sicurezza attraverso rigidi protocolli anti-Covid. Insomma, dare la possibilità a parrucchieri, estetisti, negozi di abbigliamento, di poter ripartire.

Alcuni governatori sono venuti allo scoperto già ieri. Il leghista Massimo Fedriga (Friuli Venezia Giulia) ha esortato «a superare la stagione dei divieti perché non funzionano più nemmeno per la tutela della salute dei cittadini». Sulla stessa linea Donatella Tesei, che domani alla riunione della Conferenza Stato-Regioni con Draghi, chiederà il ritorno della zona gialla: «è dannoso – ha spiegato – continuare a tenere chiuse attività che possono invece lavorare in sicurezza». Il ministro Gelmini ha provato già a rassicurare, parlando di riaperture possibili a maggio e impegnandosi a valutare se ci sono spiragli possibili anche per il 20 aprile.

IL PROVVEDIMENTO
Dall’altro lato il governo ha da spendere la carta del nuovo decreto sostegni. Dopo il provvedimento da 32 miliardi appena approvato, Tesoro e Palazzo Chigi sono pronti a chiedere al Parlamento un nuovo scostamento che dovrebbe pareggiare il precedente. Insomma, altri 30-32 miliardi soprattutto per indennizzare le attività che hanno dovuto subire le chiusure.

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Rita, l’app che ci mostra cosa sanno di noi Google e Facebook

giovedì, Aprile 8th, 2021

ANDREA NEPORI

Rita, l’app che ci mostra cosa sanno di noi Google e Facebook

Da fine marzo è disponibile su App Store una nuova app che semplifica l’accesso alle informazioni personali in possesso dei giganti del Web, in primis Google e Facebook. L’app si chiama Rita, dall’abbreviazione di “Right to Access”, cioè il diritto all’accesso ai propri dati garantito dalla GDPR. L’app non si limita a scaricare i dati sullo smartphone, salvandoli dagli account online, ma li organizza in grafici e liste facilmente comprensibili e consultabili anche da chi non possiede particolari conoscenze informatiche. Rita semplifica anche il processo di richiesta di rimozione dei dati personali automatizzando l’invio delle email agli inserzionisti pubblicitari che le hanno raccolte tramite gli strumenti di Facebook o Google (più avanti sarà possibile recuperare i dati anche da Instagram, Spotify e altri fra i servizi più diffusi). 

«L’app opera in totale trasparenza salvando le informazioni in locale, ma senza accedervi in alcun modo», spiega a La Stampa Guglielmo Schenardi, co-fondatore di Rita. «Il nostro modello di business si basa non sul tracciamento o sulla profilazione, ovviamente, ma sull’offerta di una versione premium dell’app che consente un controllo più avanzato dei dati».

Il team remoto
Rita nasce da un’idea di Schenardi e di John Arts, suo compagno di studi all’ESCP Business School. Oggi lavorano a Rita altre sette persone da Kazakistan, Brasile, Stati Uniti, Italia e Belgio, occupandosi chi di sviluppo, chi degli aspetti legali, chi della grafica e dell’esperienza utente, mentre i due fondatori mettono a frutto la propria esperienza di Business Developer. «John ed io abbiamo sempre seguito i temi legati alla privacy e alla protezione dei dati», spiega Schenardi. «L’arrivo della GDPR è stata una svolta importante, ma ci siamo accorti che riuscire a visualizzare i propri dati e capire come chiedere davvero alle varie aziende di rimuovere ciò che sapevano di noi rimane un processo alla portata di pochi. Con Rita vogliamo invece democratizzare questo passaggio, e consentire davvero a tutti di riprendere il controllo delle proprie informazioni personali». 

Rita, l’app che ci mostra cosa sanno di noi Google e Facebook

Per scaricare le informazioni all’interno di Rita basta selezionare uno dei servizi (Google o Facebook) al quale richiedere i dati ed effettuare l’accesso con le proprie credenziali. In qualche minuto la richiesta viene processata in automatico e Rita è in grado di scaricare ed elaborare il tutto generando un’interfaccia di facile consultazione. 

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L’alternativa della merendina

giovedì, Aprile 8th, 2021

Mattia Feltri

L’Ema, l’agenzia europea del farmaco, l’ha risolta così: può darsi ci siano correlazioni fra il vaccino di Astrazeneca e i casi di trombosi, aggiungiamo l’effetto letale fra quelli indesiderati e buonanotte. In Gran Bretagna si è calcolato un caso di morte ogni due milioni e mezzo.

Beh, sappiate che nel corso della vostra vita avete una possibilità su tremila di essere colpiti da un fulmine, una su cinquantamila di morire giocando a calcio, una su sessantatremila che vi succeda per la puntura di una vespa o un calabrone, una su centomila per infarto nel corso di una serata danzante, una su centoquarantamila per infarto durante una biciclettata, ogni anno avete una possibilità su un milione di morire investiti da un treno, una su quattrocentomila sbranati da un cane, una su milione e mezzo a causa di un verme intestinale, una su quindicimila volando dalle scale, una su centosessantamila per tbc, una su settecentocinquantamila cadendo dal letto, una su cinquantacinquemila perché voi o altri state mandando un sms mentre siete alla guida, una su duecentoventimila assassinati, una su quattrocentomila in un incendio o per un’esplosione, e considerando che in Italia ci sono oltre mille e seicento morti al giorno – toccate quel che dovete toccare – avete molte più possibilità di morire oggi per un motivo qualsiasi che domani per Astrazeneca.

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Il vaccino AstraZeneca in Italia ora è «consigliato» agli over 60

giovedì, Aprile 8th, 2021

di Francesca Basso

L’ultima parola sull’uso «ottimale» del vaccino anti Covid di AstraZeneca spetta alle autorità nazionali. Lo ha detto l’Ema, l’Autorità europea per i medicinali, al termine dell’indagine approfondita sul siero anglo-svedese dopo i casi di trombosi che sono stati segnalati in diversi Paesi. E l’Italia ha deciso che sarà ora raccomandato per gli over 60, dopo esser stato consigliato per gli under 55 e poi esteso a tutte le classi di età. Il Comitato per la sicurezza (Prac) dell’Ema ha concluso che i «coaguli di sangue insoliti con piastrine basse dovrebbero essere elencati come effetti collaterali molto rari di Vaxzevria» (il nuovo nome del vaccino di AstraZeneca). Invece non sono state raccomandate misure specifiche di restrizioni al vaccino per ridurre il rischio. «La vaccinazione deve continuare», ha detto la direttrice esecutiva dell’Ema, Emer Cooke.

«Al momento non ci sono elementi per non considerare la somministrazione di AstraZeneca in chi ha ricevuto la prima dose di questo vaccino», ha spiegato il presidente del Cts Franco Locatelli, aggiungendo che «questo non è né il funerale né l’eutanasia del vaccino AstraZencea. È un vaccino efficace». «Su 600mila trattati con due dosi di AstraZeneca — ha poi aggiunto il Direttore dell’Aifa, Magrini — nessuno ha mostrato eventi trombotici». «A breve ci sarà una circolare con tutte le indicazioni, dobbiamo essere chiari e netti», ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza. La circolare è infatti arrivata in tarda serata.

I ministri della Salute dei 27 Stati membri, nel video consiglio seguito al pronunciamento dell’Ema, non sono riusciti a mettersi d’accordo per un approccio coordinato all’uso di AstraZeneca, nonostante l’invito della commissaria Ue alla Salute, Stella Kyrialides, «a parlare con una sola voce per aumentare la fiducia del pubblico nelle vaccinazioni». Gli Stati membri si stanno muovendo in ordine sparso adottando restrizioni legate all’età: il Belgio ha limitato la somministrazione del vaccino AstraZeneca alle persone con età superiore a 55 anni, così come la Francia una settimana fa. E la Germania sta mantenendo l’indicazione di consigliare il vaccino anglo-svedese sopra i 60 anni. La Gran Bretagna, ormai fuori dalla Ue, ha sconsigliato l’uso negli under 30.

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