Archive for Aprile, 2021

Perché in Italia ci sono più morti di Covid: forse per anziani non vaccinati e troppi spostamenti

giovedì, Aprile 8th, 2021

di Marco Imarisio e Simona Ravizza

Perché in Italia ci sono più morti di Covid: forse per anziani non vaccinati e troppi spostamenti

Come se ogni giorno cadesse un aereo. Anche l’utilizzo di questa immagine, che viene spesso usata per dare la misura di quel che sta accadendo, sta diventando ormai un luogo comune. Ma forse ha ancora una sua validità. Perché l’aereo che si abbatte sul nostro Paese è il più grande di tutti, almeno in Europa. Succede ovunque, da noi ancora di più.

Il confronto

La prima ondata ci colpì in un modo così violento che ancora pesa nel bilancio complessivo dei decessi. Al culmine della seconda, nello scorso dicembre, superammo anche il Regno Unito, fino a quel momento pecora nera dell’Occidente. Adesso siamo nel pieno della terza, l’ultima si spera. Sono arrivati i vaccini, che dovrebbero essere la prima arma per abbattere il nostro abnorme numero di decessi. Ed è stato confermato il sistema a colori, zona gialla, rossa o arancione, introdotto il 3 novembre per attutire gli effetti del liberi tutti estivo. Eppure il nostro bollettino quotidiano continua a essere terribile, con una media di 400 decessi al giorno nell’ultimo mese. A febbraio avevamo registrato 38 decessi a settimana per milione di abitanti. Più o meno alla pari con Francia e Germania, rispettivamente a 39 e 37. E meglio del Regno Unito (60), alle prese con la variante inglese. Negli ultimi quattro mesi, grazie ai vaccini era infatti cominciata una storia diversa. In UK i decessi sono passati da 79 a settimana per milione di abitanti agli attuali 11. In Germania da 55 a 16. In Francia, che pure ha il tasso di saturazione dei posti in terapia intensiva più alto d’Europa, da 40 a 30. Anche l’Italia era scesa, da 60 a 43. Ma è stato l’unico Paese che in questo lasso di tempo ha registrato un aumento dei morti, passando dai 38 decessi per milione di abitanti a febbraio, un dato che comunque non ci avrebbe tolto il triste primato, ai 43 di marzo. La nostra catastrofe quotidiana. È il caso di chiedersi ancora una volta se davvero esiste una anomalia italiana. E soprattutto, perché.[an error occurred while processing this directive]

Le vittime

L’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità (30 marzo) fissa a 81 anni l’età media dei pazienti deceduti tra coloro che sono risultati positivi al Covid con il tampone. Oltre il 61% dei decessi totali è di persone over 80, il 24 per cento riguarda i 70-79enni. Il primo studio sugli effetti potenziali del vaccino contro il Coronavirus venne pubblicato già lo scorso ottobre sul New England Journal of Medicine, e aveva una sola raccomandazione: mettere in sicurezza le fasce fragili della popolazione. Dopo, gli altri. A fine dicembre abbiamo cominciato ad avere gli strumenti per farlo, i vaccini. Ma l’Italia ha fatto altre scelte. Nel primo mese e mezzo di campagna, la distanza con Germania e Francia, per tacer del Regno Unito che ormai fa corsa a sé, è stata enorme. Alla data del 19 febbraio, gli over 80 che avevano ricevuto almeno una dose erano soltanto il 6 per cento contro il 23% della Francia e il 22% della Germania. A fine marzo, la Germania raggiunge quota 72%, contro il 57% di Italia e Francia. La differenza si è accorciata. Ma il nostro recupero delle ultime settimane non basta a fare crollare la curva dei decessi. Per due motivi. La prima dose di vaccino ha effetto dopo 12-14 giorni. E poi, la storia di questa epidemia dice che l’effetto di qualunque misura di contenimento del virus sul numero di morti diventa tangibile a distanza di 4-6 settimane. Intanto, già il 24 gennaio la Gran Bretagna aveva vaccinato con una prima dose il 75 per cento degli ultraottantenni. Venerdì 2 aprile, ci sono stati soltanto dieci morti in 24 ore. Il numero più basso di vittime dal 14 settembre 2020, quando sembrava che fosse quasi finita. [an error occurred while processing this directive]

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Arresti domiciliari per il sindaco di Opera, Antonino Nucera: mascherine tolte alle Rsa e appalti a imprenditori amici

giovedì, Aprile 8th, 2021

di Cesare Giuzzi

Arresti domiciliari per il sindaco di Opera, Antonino Nucera: mascherine tolte alle Rsa e appalti a imprenditori amici

Aprile 2020: Antonino Nucera si fa fotografare mentre distribuisce mascherine

Mentre il mondo intero travolto dal Coronavirus cercava disperatamente mascherine chirurgiche, il sindaco Antonino Nucera dirottava le forniture della Protezione civile direttamente ai suoi uffici. Dispositivi di protezione che in quei giorni — marzo e aprile dello scorso anno — erano stati inviati a Opera, comune di 13 mila abitanti alle porte di Milano, per i nonnini ricoverati nella Rsa «Anni azzurri Mirasole» della frazione di Noverasco, e per la farmacia comunale per poi essere distribuiti alla popolazione. Ma che Nucera mette a disposizione di amici e parenti. Il 21 marzo, ad esempio, le distribuisce alla ex moglie preoccupata per gli anziani genitori. Mentre sette giorni dopo chiede a una dipendente comunale di metterne da parte «500» da sottrarre alle 2 mila arrivate dalla Città metropolitana di Milano per la farmacia comunale: «Facciamo così: 1.500 vendile, e 500 gli dico di portarle da noi che le teniamo lì se ci servono».

Peggio ancora accade il 9 aprile quando Nucera viene a sapere della disponibilità di 500 mascherine destinate dalla Protezione civile agli ospiti della Rsa Mirasole: «Gliene daremo 50, va bene?». Gli investigatori captano una lunga telefonata con il direttore sanitario della struttura dove il sindaco chiede «ma come sei messo a mascherine? Mi aiuti? Un po’ di mascherine per me?». La reazione del dirigente è stranita: «Ma come prima me le dai e poi me le togli?». Nucera allora spiega che “oggi mi hanno consegnato delle mascherine “tra virgolette” da consegnare a te, alla Rsa. Me ne hanno date un pò, facciamo metà e metà…». Il responsabile della Rsa, prova a fare un po’ di resistenza, poi risponde imbarazzato: «Dai tienili per te non ti preoccupare». A quel punto però prevale l’anima politica di Nucera (eletto con una coalizione di centro destra a forte spinta leghista): «No però io vengo lì che faccio tutta la scena, facciamo due foto…» . Quanto fosse importante l’aspetto della comunicazione per il sindaco lo dice anche la pagina Facebook di Nucera che in quegli stessi giorni pubblica foto in cui i volontari distribuiscono protezioni ai cittadini: «La mascherina che abbiamo consegnato è un piccolo dono, ma può essere un importante salvavita» (4 aprile 2020). Curioso, poi, l’attacco frontale al governo, con tanto di lettera al presidente Giuseppe Conte, contro «il prezzo imposto a 50 centesimi» per le mascherine parlando di «costi extra e fuori mercato che così dovranno essere sostenuti dai comuni» (28 aprile). In totale i magistrati gli contestano di aver sottratto 2.880 dispositivi di protezione individuale. Che fine facessero quelle mascherine «messe da parte nell’ufficio del sindaco», lo scopre involontariamente una dipendente comunale al telefono proprio con Nucera: «Ascolta sindaco, le mascherine quelle azzurre, ne hai rubate un po’ di quelle che dovevano andare alla Rsa?».

L’affaire mascherine vale al sindaco Antonino Nucera, 50 anni, originario di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) l’accusa di peculato nell’ordinanza firmata dal gip milanese Fabrizio Filice con la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. Stessa misura per il capo dell’ufficio tecnico di Opera Rosaria Gaeta, legata sentimentalmente a Nucera e per gli imprenditori Giovanni Marino, Giuseppe Corona (Marino costruzioni srl) e Rosario Bonina (Veria srl). Perché l’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dagli aggiunti Alessandra Dolci (Direzione distrettuale antimafia) e Maurizio Romanelli (pool anticorruzione della Procura) e dai pm Silvia Bonardi e Stefano Civardi, ruota intorno non solo alla riprovevole sottrazione di mascherine agli anziani e al personale della Rsa, ma anche a giri di appalti pilotati assegnati alle imprese amiche e all’illecito smaltimento di materiali di scarto, da qui il coinvolgimento della Dda competente per il traffico di rifiuti. In cambio il sindaco e la compagna avrebbero ottenuto la ristrutturazione «a titolo gratuito» di una casa a San Donato Milanese, di proprietà della donna, da parte delle due imprese «favorite» negli appalti. L’inchiesta inizia proprio nei giorni dell’esplosione della pandemia e parte da una segnalazione che parla di stretti rapporti tra il sindaco di Opera, la sua compagna e alcuni imprenditori ai quali andrebbero sistematicamente appalti anche con il sistema dell’affidamento diretto.

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L’Fmi vuole la patrimoniale. Chi rischia la grande “botta”

mercoledì, Aprile 7th, 2021

Federico Garau

Tassare i redditi più alti ed i grandi patrimoni per promuovere la ripartenza del Paese a seguito della crisi economica prodotta dall’emergenza sanitaria e dalle pesanti misure restrittive imposte dall’alto: è questo il piano che il Fondo monetario internazionale (Fmi) intende suggerire alle autorità politiche italiane.

All’interno del “Fiscal monitor”, Fmi prevede la persistenza un pesantissimo debito per l’Italia, che non dovrebbe accennare a diminuire in modo sensibile quantomento fino al 2026. Per quanto concerne l’anno in corso il rapporto tra debito e Pil dovrebbe raggiungere un picco del 157,1%, iniziando a decrescere molto lentamente nei prossimi 5 anni senza tuttavia andare mai al di sotto della soglia del 150%. Per il 2022, infatti, il rapporto tra debito e Pil si dovrebbe attestare intorno al 155,5%, per poi raggiungere il 155,1% nel 2023, il 153,17% nel 2024, il 152% nel 2025 ed il 151% nel 2026.La casa ora torna in pericolo: il piano Fmi per tassarla

Nel rapporto del Fondo monetario internazionale è inoltre previsto per l’anno in corso un rapporto tra deficit e Pil dell’8,8%, che potrebbe calare fino al 5,5% nel 2022, al 3,8% nel 2023, al 2,2% nel 2024, al 2% nel 2025 ed all’1,8% nel 2026.

Fmi stima un avanzo primario per i conti italiani, ovvero al netto delle spese per il servizio del debito, solo a partire dal prossimo 2024. Nel “Fiscal monitor” si prevede che tale dato resti in rosso per il 5,6% nel 2012, per il 2,5% nel 2022 e per lo 0,9% nel 2023. Dovrebbe invece registrarsi un avanzo primario pari allo 0,6% nel 2024 e dello 0,7% nel 2025 e nel 2026. E per quanto riguarda invece le entrate fiscali? Nel documento si dice che dovrebbero raggiungere il 47,9% nel corso del 2021, per poi abbassarsi leggermente fino al 47,5% l’anno prossimo.

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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 7 aprile: 13.708 nuovi casi e 627 morti

mercoledì, Aprile 7th, 2021

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 7 aprile: 13.708 nuovi casi e 627 morti

Sono 13.708 i nuovi casi di coronavirus in Italia (ieri sono stati +7.767, qui il bollettino). Sale così ad almeno 3.700.393 il numero di persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (compresi guariti e morti) dall’inizio dell’epidemia. I decessi odierni sono 627 (ieri sono stati +421), per un totale di 112.374 vittime da febbraio 2020. Le persone guarite o dimesse sono complessivamente 3.040.182 e 20.927 quelle uscite oggi dall’incubo Covid (ieri +21.733). Gli attuali positivi — i soggetti che hanno il virus — risultano essere in tutto 547.837, pari a -7.868 rispetto a ieri (-14.371 il giorno prima).

I tamponi e lo scenario

I tamponi totali (molecolari e antigenici) sono stati 339.939, ovvero 226.977 in più rispetto a ieri quando erano stati 112.962. Mentre il tasso di positività è 4% (l’approssimazione di 4,03%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti 4 sono risultati positivi; ieri era 6,9%. Qui la mappa del contagio in Italia.

Più contagi in 24 ore rispetto a ieri. La curva sale, riprendendo la sua altalena, per effetto di un maggior numero di tamponi. Una buona notizia arriva dal rapporto di casi su test che crolla al 4%, dal 6,9% di martedì. Dal confronto con lo scorso mercoledì (31 marzo) — lo stesso giorno della settimana scorsa —, quando sono stati registrati +22.673 casi con un tasso di positività del 6,4%, si vede un altro miglioramento. Per azzerare la curva ci vorrà tempo. Scongiurando un eventuale plateau alto (oscillante intorno a 10-20 mila casi quotidiani) nelle prossime settimane. Il problema? Gli ospedali pieni. I posti occupati nei reparti ordinari superano il picco della prima ondata (vedi 29.010 ricoverati il 4 aprile 2020). «Il calo dei ricoveri non si vede e questo ci preoccupa. Credo che in aprile dovremo stare ancora in trincea», dice Luca Zaia, governatore del Veneto, commentando i dati della sua regione.

Le vittime

Aumentano le vittime: sono più di 600, come a gennaio. Anche oggi, come ieri, nel bollettino sono conteggiati decessi avvenuti nei giorni scorsi in diverse regioni, come per esempio in Veneto, Campania, Abruzzo (+13 di cui 9 pregressi), Basilica (+8, di cui 2 pregressi). Sono più di 600 in 24 ore per la quinta volta nel 2021. Infatti, i decessi sopra quota 6oo nel nuovo anno sono stati: 603 il 19 gennaio, 616 il 12 gennaio, 620 l’8 gennaio e 649 il 5 gennaio.

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Ascoltare i disperati per battere i violenti

mercoledì, Aprile 7th, 2021

Alessandro Sallusti

Roma, Napoli, Milano e anche altrove. La rabbia di commercianti ed esercenti per le chiusure forzate scende in piazza e per la prima volta finisce a botte con le Forze dell’Ordine.

È un campanello di allarme da non sottovalutare, al netto del fatto che c’è chi soffia sul fuoco per cercare un po’ di visibilità politica. Ma il fatto che non si tratti di proteste esattamente spontanee, bensì organizzate a tavolino, non vuole dire che il problema non esista.

Sbaglia chi aizza e gioca sulla disperazione altrui, ma sbaglia anche chi immagina di tenere l’Italia chiusa fino a fine pandemia o giù di lì. Al più presto bisogna provare ad allentare la morsa delle restrizioni e preparare una cronotabella che vada in parallelo con il numero delle vaccinazioni.

Quindi bisogna vaccinare, vaccinare e ancora vaccinare, giorno e notte, festivi e festività comprese (il crollo registrato nel weekend pasquale è incomprensibile e vergognoso).

Inghilterra e America insegnano. Entrambi i Paesi, leader nella vaccinazione di massa, stanno già ripartendo, l’America addirittura alla grande con una crescita stimata proprio ieri a oltre il sei per cento. Non si tratta di cedere al ricatto di gruppi violenti che incendiano le piazze, né di inseguire stupidi tesi negazioniste. Occorre calcolare bene i rischi e confrontarli con i benefici economici (e psicologici) di riaperture controllate. È l’unico modo per disinnescare sul nascere questi focolai di protesta, perché sono in tanti pronti a fare casino nascondendosi dietro le sottane di commercianti e imprenditori davvero e legittimamente disperati.

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Il cashback adesso scricchiola: perché ha i giorni contati

mercoledì, Aprile 7th, 2021

Alessandro Ferro

Il Senato impegna il Governo “ad approfondire il monitoraggiodel Programma Cashback, anche al fine di adottare eventuali provvedimenti correttivi, con una valutazione retrospettiva di costi e benefici in unquadro più generale di riforma e di modernizzazione in senso digitale delsistema dei pagamenti effettuati al di fuori dell’esercizio dell’attività diimpresa, arte o professione”.

È quanto prevede la mozione di maggioranza sul cashback che il Senato esaminerà questo pomeriggio.

“Emerse alcune criticità”

“La misura del cashback costituisce uno degli aspetti del più vasto piano volto all’incentivazione dell’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici che, a sua volta, si inserisce nel percorso più ampio della transizione digitale. Nei primi mesi dall’avvio del programma, sono emerse alcune criticità”. È uno dei passaggi della mozione di maggioranza sul cashback che riporta l’agenzia Agi. La maggioranza impegna il governo “ad approfondire il monitoraggio del Programma Cashback, anche al fine di adottare eventuali provvedimenti correttivi, con una valutazione retrospettiva di costi e benefici in un quadro più generale di riforma e di modernizzazione in senso digitale del sistema dei pagamenti effettuati al di fuori dell’esercizio dell’attività di impresa, arte o professione”, si legge nella mozione.

Meloni: “Proposta di buon senso”

Il clima sarà caldo perché c’è chi la pensa in maniera diametralmente opposta. “In questi giorni è stato chiesto agli italiani di fare nuovi e duri sacrifici. Le chiusure di Pasqua hanno inferto un altro colpo a tanti comparti, dalla ristorazione al commercio, senza dimenticare il turismo. Ma la somma stanziata per i ristori è rimasta drammaticamente la stessa, 11 miliardi, e al momento non c’è traccia di nuovi indennizzi. Una cifra assolutamente insufficiente per scongiurare il fallimento di centinaia di migliaia di attività. Oggi in Senato ci sarà un voto e tutte le forze politiche si assumeranno davanti agli italiani una responsabilità precisa. Fratelli d’Italia farà la sua parte, anche dall’opposizione, e confido che l’intero Parlamento sostenga questa proposta di buon senso”. È quanto ha scritto su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, dopo il suo intervento di oggi pubblicato su Libero, la quale chiede a gran voce l’utilizzo degli 11 miliardi per sostenere le imprese. “Proposta condivisibile, la sosterremo”: lo ha scritto su Twitter il leader di Azione, Carlo Calenda, annuncando il sì alla mozione di FdI.

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Covid, Istat: quasi metà delle imprese è strutturalmente a rischio | Nel 2020 fatturato dell’industria a picco dell’11,1%

mercoledì, Aprile 7th, 2021

Una “mappa della solidità” delle imprese indica che “circa il 45% è strutturalmente a rischio: esposte a una crisi esogena, subirebbero conseguenze tali da metterne a repentaglio l’operatività”. E’ quanto emerge dal Rapporto 2021 sulla competitività dei settori produttivi reso noto dall’Istat. Queste imprese sono “numerose” nei settori a basso contenuto tecnologico e di conoscenza. All’opposto, “solo l’11% risulta solido”.

Le aspettative sulla ripresa A fine 2020 quasi un terzo delle imprese considerava a rischio la propria sopravvivenza, oltre il 60% prevedeva ricavi in diminuzione e solo una su cinque riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi. Nonostante uno scenario in miglioramento, le prospettive di ripresa per il 2021 sono giudicate limitate: meno di un’impresa su cinque prevede una normale prosecuzione dell’attività nella prima metà dell’anno.

Le imprese più colpite dalla crisi La crisi ha colpito soprattutto le imprese di piccola e piccolissima dimensione (risulta a rischio oltre un terzo di quelle con 3-9 addetti) e si è manifestata prevalentemente attraverso un crollo della domanda interna e della liquidità. A fine 2020 il 32,4% delle imprese con almeno 3 addetti riteneva ancora compromesse le proprie possibilità di sopravvivenza nei primi sei mesi del 2021; il 62% prevedeva ricavi in diminuzione e meno del 20% riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi.

Gli effetti su manifattura e turismo Nel 2020 l’indice in valore del fatturato della manifattura ha registrato un calo dell’11,1% rispetto al 2019, con diminuzioni analoghe sul mercato interno (-11,1%) e su quello estero (-11,3%), dovute in buona parte al crollo del secondo trimestre (circa -30% su base tendenziale). Gli effetti economici più devastanti legati alla pandemia Covid riguardano le attività legate al turismo, con una diminuzione del 59,2% degli arrivi totali e del 74,7% di quelli dall’estero. 

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Vaccini in azienda, le regole dell’Inail dopo la firma dell’accordo

mercoledì, Aprile 7th, 2021

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Le aziende potranno vaccinare i propri dipendenti. Il ministero della Salute ha firmato l’accordo e l’Inail ha fissato le regole con un protocollo che è già stato approvato. Ecco le regole che dovranno essere seguite.

Il piano

Le aziende predispongono un piano aziendale all’Azienda Sanitaria di riferimento specificando «il numero di vaccini richiesti per le lavoratrici e i lavoratori disponibili a ricevere la somministrazione, in modo da consentire all’Azienda Sanitaria la necessaria programmazione dell’attività di distribuzione».

I costi

I costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, «ivi inclusi i costi per la somministrazione, sono interamente a carico del datore di lavoro», mentre «la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe e aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite è a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti».

Nessun obbligo

L’adesione alla somministrazione del vaccino «dovranno essere realizzate e gestite nel pieno rispetto della scelta volontaria rimessa esclusivamente alla singola lavoratrice e al singolo lavoratore, delle disposizioni in materia di tutela della riservatezza, della sicurezza delle informazioni raccolte ed evitando, altresì, ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti».

I rischi

Deve essere il medico competente a fornire le informazioni e i lavoratori devono rilasciare «il consenso informato» dopo «il previsto triage preventivo relativo allo stato di salute».

Somministrazione

La somministrazione del vaccino «è riservata ad operatori sanitari» e viene eseguita «in locali idonei». La registrazione deve essere poi registrata nel rispetto dei dati personali.

Convenzione

Le aziende possono ricorrere «a strutture sanitarie private e concludere una specifica convenzione con strutture in possesso dei requisiti per la vaccinazione, con oneri a proprio carico, ad esclusione della fornitura dei vaccini che viene assicurata dai Servizi Sanitari Regionali».

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Multinazionali, il 40% degli utili va nei paradisi fiscali e all’Italia mancano 26 miliardi

mercoledì, Aprile 7th, 2021

di Ettore Livini

MILANO – Il 40% dei profitti delle grandi multinazionali mondiali è parcheggiato nei paradisi fiscali dove le tasse sono low-cost. Pratica che solo all’Italia costa 26 miliardi di mancati incassi all’anno. E se tutti i paesi del mondo adottassero la stessa aliquota fiscale, l’Europa avrebbe un gettito superiore del 15% e gli Stati Uniti del 10%. Parola di uno studio dell’Università di Berkeley, di quella di Copenhagen e del National Bureau for economic research che hanno passato ai raggi X i bilanci degli ultimi anni dei colossi globali per capire come e quanto hanno “ottimizzato” – come dicono loro – il pagamento delle imposte.

MILANO – Il 40% dei profitti delle grandi multinazionali mondiali è parcheggiato nei paradisi fiscali dove le tasse sono low-cost. Pratica che solo all’Italia costa 26 miliardi di mancati incassi all’anno. E se tutti i paesi del mondo adottassero la stessa aliquota fiscale, l’Europa avrebbe un gettito superiore del 15% e gli Stati Uniti del 10%. Parola di uno studio dell’Università di Berkeley, di quella di Copenhagen e del National Bureau for economic research che hanno passato ai raggi X i bilanci degli ultimi anni dei colossi globali per capire come e quanto hanno “ottimizzato” – come dicono loro – il pagamento delle imposte.


La ricerca è partita da un dato di fondo: le imposte sui grandi gruppi internazionali sono crollate dal 48% del 1985 al 24% degli ultimi anni. Merito di qualche taglio alle aliquote dei paesi più sviluppati ma soprattutto del “trasloco” di gran parte degli utili verso quei paradisi offshore dove la pressione fiscale è quasi inesistente. Negli ultimi 35 anni ben 700 miliardi dei profitti delle multinazionali hanno cambiato casa portando dal 10 al 40% il totale spostato offshore. La concorrenza fiscale, insomma, è diventata durissima. E il bello è che diversi paesi, Italia compresa, sono vittime del fuoco amico: dei 26 miliardi di gettito perso ogni anno da Roma secondo lo studio, ben 23 miliardi sono emigrati verso altri paesi Ue molto più accoglienti sul fronte fiscale, in primis Irlanda, Olanda e Lussemburgo.

E il risultato è messo nero su bianco nei bilanci delle controllate tricolori dei grandi colossi hi-tech: Google, Amazon, Facebook, Uber, Airbnb e Apple hanno versato nelle casse dell’agenzia delle entrate solo 42 milioni di euro malgrado fatturino molti miliardi a casa nostra.

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Scuola, scrutini “senza sconti” a fine anno

mercoledì, Aprile 7th, 2021

Domani, concluse le vacanze di Pasqua, cinque milioni e mezzo di ragazzi torneranno sui banchi di scuola. Infanzia, primarie e prima media anche in zona rossa, secondo l’ultimo decreto voluto da Mario Draghi. Resteranno in Dad circa tre milioni di studenti: per il 25-50% del tempo alle superiori in zona arancio, per il 100% in zona rossa (dove la Dad si estende a seconda e terza media). A oggi le regioni rosse sono Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta.

A poco più due due mesi dalla fine dell’anno scolastico, si pensa allo scrutinio: verifiche, test, interrogazioni, pagelle, bocciatura o promozione o recupero, ammissione alla classe successiva, o all’esame di maturità. Problemi che riguardano soprattutto gli adolescenti, dato che alle primarie e alle medie le bocciature sono rarissime. Quest’anno, a differenza del precedente, non ci saranno ordinanze ministeriali: le regole saranno quelle ordinarie, decidono professori e consigli d’istituto. Una scelta “minimalista” sgradita al Codacons, che ha già annunciato ricorsi. Mentre i presidi invitano al sangue freddo: “Siamo sicuri che i docenti terranno conto di tutte le problematiche incontrate dagli studenti – fa sapere l’Anp – e premieranno i più meritevoli”. Nessun liberi tutti, quindi, ma “fiducia” e “flessibilità”. Con probabile aumento dei “rimandati a settembre”, con l’estate per mettersi al passo. Unico ammorbidimento alle viste: l’ammissione in caso di frequenti assenze dovute alla scarsa connessione Internet. Gli studenti quest’anno potranno essere bocciati, nonostante i tanti mesi di didattica a distanza, ma “dovranno avere fiducia nei loro insegnanti, li conoscono li hanno seguiti tutto l’anno”, spiega il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, intervistato dal Tg3.

L’anno scorso – sconvolto dalla prima ondata di pandemia – è prevalsa la linea del “tutti promossi salvo casi eccezionali” per decisione della ministra Azzolina, ma quest’anno le cose andranno diversamente. Il dicastero dell’Istruzione, guidato da Patrizio Bianchi, ha già fatto sapere informalmente che non sono previste ulteriori ordinanze sulla valutazione degli studenti. Ribadendo la “massima fiducia” nella decisioni dei singoli consigli di classe che conoscono e sono in grado di valutare i ragazzi. La posizione del Miur è netta: quest’anno la situazione è radicalmente diversa, la Dad si è trasformata in “didattica digitale integrata” ben più strutturata e organizzata, sono state stanziate risorse per i tablet e impostata un’offerta formativa ad hoc. Criticità come il rischio di ricorsi massicci da parte delle famiglie non rientrano nel campo di azione ministeriale. Come non si possono prendere in considerazione le scelte di alcune Regioni – come la Campania – dove la didattica in presenza è stata praticamente azzerata, perché il governo ha consentito – fino all’ultimo provvedimento firmato da Draghi – di emanare ordinanze locali più restrittive.

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