Archive for Aprile, 2021

Superlega: Real Madrid, Chelsea e Manchester City subito fuori dalle semifinali di Champions?

martedì, Aprile 20th, 2021

di Guido De Carolis

Serviva una rivoluzione nel calcio per innescare una reazione unitaria dell’Europa, compatta nel condannare la scissione della neonata Superlega, voluta da 12 tra i più ricchi club, a discapito di tutte le altre squadre, di tante città, piccole e grandi, di comunità e soprattutto della tradizione. Un nuovo campionato chiuso a 20 squadre, in stile Nba americana, cui si accede non per meriti acquisiti sul campo, ma in base al peso economico. L’idea non piace a nessuno, se non a chi l’ha progettata. Contrarie le istituzioni, i tifosi, gli stessi calciatori.

«Il governo sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport», ha sottolineato il presidente del Consiglio, Mario Draghi.

I leader europei si sono mobilitati per sostenere la Uefa che proprio ieri ha presentato la riforma della nuova Champions League, allargata da 32 a 36 squadre. Non è bastato a fermare i ribelli della Superlega, capitanati dal presidente della Juventus Andrea Agnelli, da quello del Real Madrid Florentino Perez e da Ed Woodward del Manchester United.

L’Inghilterra, dove sono arrivate sei adesioni di club alla nuova Superlega, è la più ferma nel condannare il torneo dell’élite. Anche il Principe William, presidente onorario della federcalcio inglese, ha preso posizione. «Dobbiamo proteggere la comunità calcistica e i valori di concorrenza e correttezza che sono centrali. Condivido le preoccupazioni dei fan per la Superlega e i danni che rischia di causare al gioco che amiamo». Il Leeds nel prepartita contro il Liverpool, tra i fondatori della Superlega, si è presentato con una maglia con scritto «Il calcio è dei tifosi» e «Guadagnatela», in riferimento alla qualificazione alla Champions.

La Uefa ha minacciato provvedimenti pesanti contro i club della Superlega. Aleksander Ceferin, presidente della federazione europea, ha ribadito di voler escludere gli scissionisti dalle coppe e dai campionati nazionali. La prossima serie A potrebbe giocarsi senza Juve, Inter e Milan. Rischiano di essere espulse subito dalle competizioni in corso Real Madrid, Chelsea e Manchester City, impegnate la prossima settimana nelle semifinali di Champions League: una decisione è attesa venerdì. Stessa situazione per Arsenal e Manchester United, avversario della Roma, in Europa League. I dodici fondatori della nuova Superlega hanno però inviato una lettera all’Uefa in cui minacciano: «Sarebbe illegale escluderci, siamo pronti ad azioni legali».

Rating 3.00 out of 5

Grillo sbotta per il figlio: “Stupro? Quattro co… arrestate me”

lunedì, Aprile 19th, 2021

Gabriele Laganà

“Mio figlio è su tutti i giornali come uno stupratore seriale insieme ad altri tre ragazzi. Voglio chiedervi, voglio una spiegazione sul perché un gruppo di stupratori seriali, compreso mio figlio, non sono stati arrestati. Perché non li avete arrestati?”. Con queste parole pronunciate in un video della durata di meno di due minuti diffuso sui suoi canali social Beppe Grillo è sceso in campo per prendere le difese del figlio Ciro, accusato di stupro di gruppo con 3 suoi amici.

“La legge dice che gli stupratori vengono presi e messi in galera, interrogati in galera o ai domiciliari. Sono lasciati liberi per due anni… Perché non li avete arrestati subito? Ce li avrei portai io in galera, a calci nel culo”, ha incalzato ancora il garante del M5s, arrabbiato come non mai, che poi ha spiegato di essere stufo di questa storia che ormai va avanti da due anni. Grillo è un fiume in piena tanto che lancia anche una provocazione: “Se dovete arrestare mio figlio, perché non ha fatto niente, allora arrestate anche me perché ci vado io in galera”.

Il garante del M5s spiega che esiste un video, “passaggio per passaggio, e si vede che c’è la consensualità: un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si stanno divertendo, che sono in mutande e saltellano col pisello così perché sono quattro coglioni, non quattro stupratori”.

Il presunto stupro, denunciato da una studentessa italo-svedese, sarebbe avvenuto nell’estate del 2019 nella villa di Beppe Grillo in Costa Smeralda. La ragazza è stata sentita dagli inquirenti diverse volte e avrebbe spiegato nei particolari quanto sarebbe avvenuto quella notte. Dopo una serata nel celebre locale Billionaire, almeno secondo il suo racconto, lei e un’amica erano state invitate nella villa dai giovani. Su quanto accaduto dopo ci sono due versioni. In base al racconto della giovane italo-svedese, lei sarebbe stata costretta ad avere rapporti sessuali con tutti i giovani, per “cinque o sei volte”. Questo mentre la sua amica dormiva.

Diversa la versione fornita dagli accusati secondo i quali ci sarebbe stato un rapporto di gruppo”consenziente”. Per rafforzare la loro tesi, i giovani hanno raccontato ai magistrati che dopo il primo rapporto, la studentessa e il primo ragazzo sarebbero andati insieme a comprare le sigarette. Poi, al ritorno in villa, lei avrebbe avuto rapporti consenzienti con gli altri tre. Inoltre nei giorni seguenti ci sarebbero stati scambi di messaggi tra i giovani.

Rating 3.00 out of 5

Cosa abbiamo perso in una notte

lunedì, Aprile 19th, 2021

Ignazio Stagno

La SuperLega voluta da 12 top club europei, tra cui ricordiamo Milan, Juventus ed Inter cancellerà in solo colpo 70 anni di storia del calcio. Con la nuova competizione di fatto non ci sarà spazio per le favole. Già le favole, quelle che il calcio sa sempre produrre soprattutto nei momenti più impensabili. La Champions League o Coppa Campioni come più romanticamente la conosciamo ha regalato a milioni di tifosi in tutta Europa vere e proprie poesie che hanno scritto la vera storia del calcio. Premessa: statisticamente alla fine della competizione europea ad alzare il trofeo sono quasi sempre Real Madrid, Barcellona, Liverpool, Milan, Inter, Ajax o Bayern Monaco.Ecco cos’è la Superlega che rivoluziona il calcio

Per capire quali sono le squadre che hanno costruito vere e proprie leggende in bacheca basta guardare le maglie. Il badge blu con la Coppa dalle gradi orecchie segnala che il club ha vinto più di 4 Coppe o almeno 3 consecutive. Poche squadre possono permettersi il lusso di avere quel logo sulla maglia. Ce l’ha il Milan delle 7 Champions ma anche l’Ajax come lo stesso Bayern delle tre coppe consecutive negli anni ’70.


Cosa cancelleranno

Ma c’è un’altra storia della Champions che non va assolutamente dimenticata: quella delle piccole. In 70 anni di storia della competizione europea, la Coppa dalle grandi orecchie è stata sollevata al cielo anche dalla Stella Rossa di Belgrado, dal Porto (due volte) ma anche dal Nottingham Forest di Brian Clough. Impossibile poi dimenticare la Coppa vinta dal Celtic di Glasgow o quella dell’Amburgo in finale contro la Juventus.Cosa rischiano ora i club ”ribelli”

E le parate di Ducadam che hanno regalato la Champions alla Steaua di Bucarest? Ma anche il Marsiglia che beffa il Milan di Capello in finale. Sono solo alcune delle storie che questa Champions come la conosciamo ci ha raccontato. Tutta l’imprevedibilità di una competizione sarà persa per sempre con il lancio della SuperLega. Non cambieranno solo i vincitori ma anche il modo in cui i top club arriveranno dal alzare il trofeo continentale. Il percorso sarà solo fra big. E così non vedremo mai più ad esempio un Deportivo LaCoruna recuperare 4 gol al Milan in un quarto di finale di Champions. O un Galatasaray guerriero e fatale per la Juve di Conte.

Rating 3.00 out of 5

Certificato vaccinale Lazio, mezzo milione di pass scaricabili online. D’Amato: «Pronti per la green card»

lunedì, Aprile 19th, 2021

Nel Lazio sono stati caricati circa mezzo milione di certificati vaccinali nel fascicolo sanitario elettronico di coloro i quali hanno completato il ciclo vaccinale. Di questi, il 15 per cento ha già scaricato il certificato che ha un sigillo digitale di garanzia, la cui autenticità è verificabile attraverso l’app Salute Lazio ed è disponibile anche in inglese. «Il Lazio è pronto per la green card», ha commentato l’assessore alla Sanità e integrazione sociosanitaria del Lazio, Alessio D’Amato, sul portale Salute Lazio.

IL MESSAGGERO

Rating 3.00 out of 5

Certificato vaccinale, le Regioni si organizzano con App e Smart-card: ecco come si andrà al cinema o al ristorante

lunedì, Aprile 19th, 2021

di Diodato Pirone

In attesa che a metà giugno arrivi il certificato vaccinale dell’Unione Europea, per una volta alcune Regioni italiane cercano di anticipare Bruxelles. E’ il caso della Campania che ha iniziato la distribuzione di una tesserina plastificata dotata di un chip che certifica l’avvenuta vaccinazione del suo possessore. Da Napoli ne saranno distribuite circa 250.000 ad altrettanti cittadini campani che hanno ricevuto le due somministrazioni. Ma presto le preziose tesserine saranno milioni e consentiranno ai loro titolari di entrare in un cinema o in metropolitana o in un ristorante con la prova facilmente dimostrabile di essere immuni dal Covid.
Il telefonino (o la carta) e non la tesserina è la strada scelta dal Lazio per il suo pass. Nell’anagrafe regionale del Lazio sono già registrati circa 500.000 cittadini vaccinati. Oltre 75.000 hanno già scaricato sul loro telefonino o stampato su un foglio di carta la certificazione vaccinale con la quale possono dimostrare tutte le volte che ne hanno bisogno di aver ricevuto le due dosi.

Pass per viaggiare in Italia: App e codice Qr, ecco come funzionerà

I VANTAGGI
I due certificati vaccinali regionali (e gli altri allo studio in Veneto, Lombardia o, sia pure solo parzialmente paragonabili, in Sicilia e Sardegna) si materializzano al momento giusto, visto che potrebbero coadiuvare la graduale riapertura delle attività di ristorazione e sportive in Italia.
E fanno un po’ da prova generale per quella che – da giugno – sarà l’ operazione covid free certificate su scala continentale, ovvero la nascita del certificato vaccinale che sarà distribuito a tutti i vaccinati europei sulla base delle medesime regole stabilite dall’Unione Europea. Perché aspettare giugno? «Perché in quel mese i vaccinati saranno moltissimi e dunque il pass non sarà in alcun modo discriminatorio verso chi, non per sua scelta, non avrà ancora potuto avere il vaccino», ha spiegato ieri il commissario europeo alle vaccinazioni Thierry Breton.
La card europea (che sarà distribuita dalle singole amministrazioni nazionali in due lingue, quella nazionale e l’inglese) sarà semplicissima da usare perché anche scaricabile sul telefonino.
In pratica dimostrerà l’immunizzazione di una persona con tre percorsi possibili: il vaccino; l’aver avuto il Covid almeno due mesi prima dell’emissione del certificato e dunque avere anticorpi naturali oppure l’aver fatto un tampone molecolare 48 ore prima.
Entrare in possesso del pass sarà facilissimo perché già oggi tutti i vaccinati vengono registrati presso anagrafi regionali e nazionali con estrema cura. L’anagrafe infatti registra oltre al codice fiscale, il vaccino somministrato per ogni singola persona, le date delle iniezioni, il braccio che ha ricevuto l’inoculazione e anche il lotto produttivo cui apparteneva il farmaco utilizzato. Dopo la seconda iniezione basterà scaricare i dati su una apposita App (forse per l’Italia potrebbe essere utilizzata Immuni) oppure stamparli su carta.
Evidenti i vantaggi su tutti i fronti a partire dai viaggi di lavoro e per turismo. Ad esempio Trenitalia che ha appena lanciato due convogli giornalieri Roma-Milano liberi da Covid (ma che si possono prendere solo dopo il tampone) potrebbe riservare alcune carrozze ai soli possessori del certificato. Così come alberghi o centri turistici potrebbero iniziare a lavorare solo con persone sicuramente vaccinate.

Rating 3.00 out of 5

Mario Draghi e il patto col diavolo

lunedì, Aprile 19th, 2021

Mario Draghi ha le mani bucate. Forte del suo personale prestigio, spende e spande come nessuno prima di lui. Ha già surclassato Giuseppe Conte sui ristori, impegnando nel nuovo decreto 40 miliardi, esattamente il doppio di quelli che all’Avvocato del popolo sembravano sufficienti. Vuole investire ulteriori 30 miliardi in aggiunta ai 191,6 che riceveremo dall’Europa, per un terzo a fondo perduto e per il resto da restituire. Il suo piano di grandi opere fa invidia a quello mitico del Cavaliere (manca solo il ponte sullo Stretto). Nemmeno Matteo Salvini avrebbe osato tanto se si fosse insediato a Palazzo Chigi con l’allegra brigata degli anti-euro. Secondo le previsioni, per colpa della pandemia, il debito 2021 arriverà a sfiorare il 160 per cento del Pil, più 25 punti in dodici mesi: roba che pochi anni fa saremmo andati dritti in default e lo Stato non sarebbe stato in grado di pagare le pensioni.

Chiunque, che non si chiami Draghi, verrebbe guardato come un giocatore di poker. La sua propensione al rischio, sia pure calcolato, solleverebbe ogni genere di censura. Invece nessuno in Italia contesta la prodigalità del premier, perché l’emergenza giustifica qualunque strappo. Anziché mettersi in allarme, i partiti sono unanimi nell’applauso e volentieri ripetono le spiegazioni che Draghi ha offerto nell’ultima conferenza stampa: è cambiato il paradigma, l’austerità non va più di moda, rigore fa rima con orrore. Fintanto che i tassi d’interesse resteranno a zero, nessuno Stato sarà soffocato dal peso dei debiti. Potrà fare tutti i “buffi” che crede, purché si tratti di debito “buono”, cioè finalizzato alla crescita dell’economia. Quello messo in cantiere non è semplicemente buono ma è un debito ottimo, da leccarsi le dita, tutto fatto di investimenti nei settori strategici e di riforme da troppo tempo attese. L’unico vero confine all’indebitamento pubblico non consiste nel numero degli zeri, semmai nella nostra capacità di spendere quei denari perché purtroppo siamo inefficienti anche in questo, dobbiamo fare progressi.

Rating 3.00 out of 5

Draghi: “Recovery, l’Italia rispetterà i tempi”. Arriva un decreto per la cabina di regia sui progetti

lunedì, Aprile 19th, 2021

Ilario Lombardo

La realizzazione puntuale del Recovery plan è di fatto il motivo per cui Mario Draghi è diventato presidente del Consiglio. Il primo a saperlo è lui stesso. Certo, a febbraio, quando è stato chiamato al Quirinale, c’era anche l’imponente macchina dei vaccini da mettere in azione per salvare l’Italia dalla deriva sanitaria. Ma non ci sono dubbi che è sull’epocale gestione dei fondi comunitari che si giocherà il giudizio della storia sul governo dell’ex presidente della Banca centrale europea. Per questo motivo non deve sorprendere che a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia si siano molto irritati ad aver letto un articolo della Reuters che dava ormai come altissimo il rischio che l’Italia non rispetterà la scadenza del 30 aprile per la consegna del piano all’Europa. Draghi non è abituato a smentire indiscrezioni o retroscena, ma questa volta il peso della notizia era tale che il suo staff non ha potuto faro altro che correre a soffocare categoricamente lo scenario. L’idea che un’importante agenzia internazionale potesse mettere in dubbio, di fronte alla platea europea, la sua capacità di rispettare le tempistiche del piano economico più importante degli ultimi decenni non è andata giù al premier. «Va chiarito subito che rispetteremo la data del 30 aprile, senza nessun dubbio», è stato il mandato di Draghi ai suoi collaboratori. «Saremo puntuali» assicurano fonti della presidenza del Consiglio e del Tesoro.

Oggi Draghi, come previsto, vedrà Fratelli d’Italia e Italia Viva. Dopo i partiti, toccherà alle parti sociali, con i sindacati intenzionati a far pesare le proprie proposte. Dopo un passaggio in Consiglio dei ministri, il 26 e il 27 aprile il Pnrr (Piano nazionale di rinascita e resilienza) -un piano di spesa da 191,5 miliardi, di cui 69 a fondo perduto, 122 prestiti, più 30 del fondo di accompagnamento – arriverà alle Camere. Il premier e il ministro dell’Economia Daniele Franco hanno dieci giorni di tempo per trovare una sintesi e non perdere così la prima tranche del finanziamento, 27 miliardi, a luglio. E non è un compito facile come sembra. Ogni partito della larghissima maggioranza ha posto precise condizioni: il Pd su Sud, giovani e donne, il M5S sulla proroga al 2023 del superbonus, la Lega sul rispetto dell’italianità della filiera industriale che riceverà i fondi. La governance sul Recovery plan, infine, è un nodo che non è stato ancora sciolto. Come avvenne nelle ultime fatali settimane del governo Conte II, le forze politiche chiedono un posto in prima fila nella cabina di regia. Per non mortificare la volontà politica dei partiti, cercando però anche di evitare che la questione si trasformi in un’ulteriore perdita di tempo, il Mef e Palazzo Chigi hanno pensato di spostare la discussione su un decreto ad hoc. Non è ancora chiaro se il provvedimento accompagnerà o meno il Pnrr, ma sembra plausibile che se ne riparlerà dopo il 30. Quel che è certo è che dovrà contenere la definizione della governance. Al momento sotto la regia del Tesoro e della Presidenza del Consiglio sono coinvolti tutti ministeri guidati da tecnici più Roberto Speranza, ministro della Salute e leader di Articolo Uno. Una composizione che non soddisfa i partiti.

Rating 3.00 out of 5

Entro luglio in arrivo 54 milioni di vaccini: da giugno stop ad AstraZeneca

lunedì, Aprile 19th, 2021

Alessandro Di Matteo

ROMA. Il piano del governo per le le riaperture è quello illustrato da Mario Draghi venerdì scorso, i dettagli del decreto verranno messi a punto nei prossimi giorni con il Cts e forse anche con le Regioni, ma di sicuro non ci saranno ulteriori concessioni al fronte “aperturista” sostenuto anche dalle Regioni di centrodestra. Il coprifuoco, per ora, non sembra in discussione e persino Matteo Salvini, in una intervista al Tg5, sembra frenare: il divieto di circolare dopo le 22 va tolto, ripete, ma «in prospettiva». Il premier non sembra disposto ad allentare le restrizioni più di quanto detto tre giorni fa e il ministro della Salute Roberto Speranza avverte: «Abbiamo preso un rischio ragionato e nelle prossime settimane devono guidarci fiducia e prudenza».

Un rischio probabilmente giocato anche su quelle 54 milioni di dosi di vaccino che arriveranno in Italia nei prossimi tre mesi, secondo quanto ha annunciato il commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton, «più di tre volte di quanto ricevuto nel primo trimestre», con 6,5 milioni e mezzo in più di dosi non previste che saranno consegnate tra aprile e giugno. In compenso, ha spiegato, la Ue potrebbe non rinnovare il contratto in scadenza a fine giugno con AstraZeneca, che finora ha consegnato «solo il 30% delle dosi previste nell’accordo». Così, in attesa del verdetto dell’Ema, l’agenzia europea per il farmaco, sul vaccino di Johnson & Johnson (atteso per domani), si cerca di fare il massimo con le dosi disponibili e il commissario Francesco Figliuolo annuncia che è stata superata la soglia dei 15 milioni di somministrazioni: «Siamo entrati in una fase diversa: sono stati somministrati in 3 giorni un milione di dosi di vaccino» ha detto Speranza. «A questo ritmo nell’arco di un paio di mesi, ad agosto-settembre, potremmo raggiungere l’immunità di gregge», fissata intorno al 70% della popolazione vaccinata, ha sottolineato la ministra Mariastella Gelmini.

Rating 3.00 out of 5

Il governo sia autonomo sulle riforme

lunedì, Aprile 19th, 2021

Stefano Lepri

Il problema più grosso del Recovery Plan che Mario Draghi illustrerà alle Camere lunedì prossimo non è che i partiti (ancora da consultare tutti) non concordano su che cosa metterci. Piuttosto, è che alcune sue componenti essenziali a nessun partito piacciono. Non mancheranno i soldi per fare spese utili, che daranno lavoro a molte persone. Ma non basta soltanto scegliere gli investimenti migliori, senza farsi deviare da ciò che questo o quel partito usa come bandiera, o che le amministrazioni regionali cercano per aumentare il proprio consenso.

Senza affrontare i problemi che inceppano il nostro Paese da almeno un quarto di secolo, l’effetto dei grandi nuovi investimenti si esaurirebbe presto. L’occasione è grande, l’occasione è unica, ma è anche molto difficile da cogliere. Siamo l’unico Paese avanzato dove i giovani di oggi non godono di un benessere maggiore rispetto ai loro genitori un quarto di secolo fa. In anni di alternanza politica, di cambi frequenti di maggioranze, abbiamo sperimentato rimedi molto diversi, nessuno dei quali ha funzionato appieno. Per questo si parla di riforme. È un termine logoro, che ha cambiato molte volte di contenuto nel corso degli anni. Non suscita entusiasmo in molti cittadini. Occorre ridefinirlo: ciò che concretamente serve perché l’Italia funzioni meglio; perché sia insieme più efficiente e più equa.

Che la burocrazia sia lenta non conviene a nessuno; occorre sormontare privilegi, ambizioni, paure, l’intreccio dei quali produce il non saper fare o il rinviare le decisioni. Nessun partito ha avuto il coraggio di prendere di petto i superburocrati, o i sindacati, o la giustizia amministrativa.

Rating 3.00 out of 5

La trincea debole dei no vax è un confine culturale

lunedì, Aprile 19th, 2021

di   Angelo Panebianco

Dietro quel 12 per cento di connazionali che hanno deciso di non vaccinarsi c’è un sistema educativo che non incentiva l’interesse del pubblico per la scienza: la politica registra questo fatto e vi si adatta, non ha interesse a spezzare il circolo

Il sondaggio di cui ha dato conto Nando Pagnoncelli su questo giornale il 17 aprile ci dice che il 12 per cento dei nostri connazionali ha deciso di non vaccinarsi contro il Covid e un altro venti per cento è indeciso se farlo o no. Non sono numeri irrilevanti, anche se un ottimista, uno portato a pensare che il bicchiere sia sempre mezzo pieno, potrebbe sostenere che per effetto della confusione e del bombardamento di notizie contrastanti a cui è stata esposta per mesi e mesi la pubblica opinione,
i no vax, a questo punto, potrebbero essere molti di più.

Bisognerebbe scavare un po’ a fondo, disporre di informazioni che non abbiamo. Per esempio, bisognerebbe stabilire se ci sia o no una correlazione fra il rifiuto del vaccino anti-Covid e il rifiuto, in epoca precedente allo scoppio della pandemia, di ogni altro tipo di vaccino. Sono le stesse persone? O, per lo meno, fra i due gruppi c’è una parziale sovrapposizione? Inoltre, sarebbe interessante stabilire quanti degli attuali no vax credano all’una o all’altra variante, fra quelle circolanti, delle teorie del complotto (secondo le quali la pandemia non esiste oppure è stata scatenata e drammatizzata ad arte dagli «oscuri poteri» che decidono le sorti del mondo).

In ogni caso, nel rifiuto o nello scetticismo di questi nostri connazionali sembrano pesare sia fattori contingenti, legati alla situazione del momento, sia cause di più ampio respiro e di più antica origine.

Fra i fattori contingenti ci sono state le notizie contrastanti sulla pericolosità o meno di questo o quel vaccino, notizie che, in certi momenti, sembravano oscurare il fatto che la cosa davvero pericolosa, la più letale di tutte, era e resta il Covid. C’è poi quella che chiamerei indigestione da ansia. Si può anche ritenere, come certi addetti alla comunicazione sembrano ritenere, che una notizia (qualunque sia l’argomento) non sia una vera notizia se non è tagliata in modo da diffondere il massimo possibile di ansia. Ma poi bisogna fare i conti con le strategie di auto-difesa che molte persone , inevitabilmente, prima o poi mettono in atto. Alla fine, tutta questa ansia finisce per generare assuefazione o rifiuto puro e semplice di prendere ancora sul serio quanto ci viene comunicato. Nei casi estremi (una parte almeno dei no vax, probabilmente, ricade in questa categoria) si finisce per pensare che fra il mondo ansiogeno della comunicazione e il mondo reale non ci sia alcuna relazione.

Tra i fattori contingenti metterei anche il comportamento di una parte degli esperti, i virologi. Diventati inevitabilmente, da un anno a questa parte, protagonisti della comunicazione. Naturalmente , non si può fare di tutta l’erba un fascio. Diversi di loro sono stati e sono ineccepibili: hanno messo a disposizione, con serietà e compostezza, le loro conoscenze sulla malattia. Ma altri non sono stati altrettanto rigorosi. Diventati improvvisamente star, hanno perso la testa, hanno bisticciato fra loro disorientando il pubblico, si sono impicciati di cose su cui non hanno alcuna competenza o una competenza solo parziale. La ragione per cui spetta alla politica, e non al virologo, ad esempio, decidere su tempi e ritmi della riapertura delle attività, è che tali decisioni devono tenere conto di una pluralità di aspetti: anche di quanto sostiene il virologo ma mai solo di quel che costui sostiene. Certe invasioni di campo sono state stupide e controproducenti. E di sicuro non sono servite a rendere la scienza più credibile agli occhi dei tanti già prevenuti per loro conto.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.